Un
tentativo di riflessione sul tema “Intelligenza Artificiale e Democrazia” Dal coacervo di contraddizioni, oggi mai così
complicate, che segnano la presenza umana sul globo terracqueo sta sorgendo un
interrogativo di fondo: la democrazia fa parte della coscienza umana? Alla democrazia sarà
possibile affrontare quei veri e propri incubi che stanno tornando sulla testa
del mondo: il rinnovarsi dello spavento nucleare (apparentemente non più
regolato dall’equilibrio del terrore, in una situazione di vera e proprio “confusione
storica”) e quella che è stata definita intelligenza artificiale attraverso cui
si pensa di spegnere la creatività umana, il senso stesso dell’operare umano
tra teoria e prassi, riducendone l’azione esclusivamente al “problem solving”? Il
tema è quello del triangolo: sapere scientifico - applicazione tecnica - mezzi
della decisione umana. L’idea dell’esistenza
di altri mondi che tanto ci appassionò all’epoca delle prime imprese spaziali
negli anni ’60 del XX, al tempo della gara tra URSS e USA, si è forse mutata
nell’ipotesi della presenza di un mondo parallelo, qui accanto a noi che
proprio lo sviluppo scientifico avrebbe consentito di realizzare?Un mondo parallelo dal quale potrebbero
scaturire, alla fine, soggetti costruiti artificialmente (almeno secondo la
nostra concezione della procreazione naturale) capaci di marginalizzare se non sostituire
il genere umano proprio sul terreno della creatività, fin qui fondamentale per
proseguire nella scia di quel fenomeno che è stato definito come “sviluppo” di
cui seguendo la “coscienza storica” fa parte l’ideale democratico?Ancora una domanda: sarà forse questa, della
sopravvivenza e/o della sostituzione della specie la nuova frontiere delle
“fratture” da affrontare nel prosieguo della modernità? Interrogativi che
valgono, a prima vista, quelli che agitarono il mondo della filosofia e delle
scienze al tempo della “prima modernità”, quella segnata dall’idea
dell’universo infinito che portò al rogo Giordano Bruno.
Il bilancio di questa prima modernità è
quello che si indicava prima al riguardo del coacervo complicato delle
contraddizioni: dopo i secoli delle guerre e delle rivoluzioni siamo al secolo
della disuguaglianza planetaria.Ci troviamo, infatti, nella fase
in cui emerge la concretezza di un’impossibilità di estendere a tutto il genere
umano gli (apparenti) benefici del sapere così come questi si sono accomodati,
nel determinare l’agiatezza dell’individuo nella vita quotidiana, in una sola -
ristretta - parte del mondo.Individuo scritto al
maschile non per distrazione o voglia di semplicità ma perché rimangono intere
anche nella parte opulenta del mondo, le insensatezze della presunta
superiorità di genere e dell’altrettanto presunta superiorità razziale.Proseguendo negli interrogativi: quale senso,
allora, possono avere parole come “lavoro vivo” oppure - addirittura -
“sicurezza” in questo contesto? Tanto per citare la denominazione di due temi
che stanno a cuore a gran parte di coloro che abitano la parte “ingiusta” del
pianeta vivendo in quelle che un tempo avevamo definito “società affluenti”. Interrogativi come
macigni per coloro che intendono proseguire a pensare in termini di uguaglianza,
affidando l’idea di progresso alla materialità del divenire storico. Che risposta può dare la sinistra che si è per lungo tempo identificata
nel “fuoco prometeico” nei “soviet più elettrificazione uguale socialismo”
e nelle “magnifiche sorti e progressive”? Nei secoli il flusso tra conoscenza e
realizzazione, tra teoria e prassi ha costruito il mondo nel quale viviamo e
che, noi abbiamo giudicato comunque sempre migliore rispetto a quello
precedente: in fondo nessuno si è mai accontentato dell’affermazione di Candide
sul “migliore dei mondi possibili”.
Oggi, forse, su
questo punto siamo almeno all’antivigilia di una svolta epocale. Come ricordano
Bernabè e Gaggi (Profeti, Oligarchi e Spie) tra i temi più delicati c’è,
ovviamente, l’impatto che la tecnologia ha sul sistema politico e sulla stessa
dinamica democratica: questa trasformazione si coglie con sempre e maggiore
evidenza nel passaggio da una dimensione collettiva dei fenomeni sociali alla
fase dell’individualismocompetitivo. Si dovrà sicuramente
affrontare il tema della struttura delle rivoluzioni scientifiche, quella
nozione “centrale” che Kuhn ha individuato nel paradigma inteso come
costellazione di credenze, tecniche, criteri, e indicazioni metodologiche
condivisi dalla comunità degli scienziati e dei ricercatori che oggi, come ha
scritto Jerry Kaplan (Le persone non servono. Lavoro ericchezza
nell’epoca dell’intelligenza artificiale a suo tempo pubblicato dalla
Luiss) è chiamata a rendersi conto che “i saperi necessari cambiano troppo in
fretta” e diventa sempre più difficile inseguirne il senso.
È il caso dunque di fermarci?Il senso del limite potrà essere oggetto di
concreta riflessione? Apparirà un orizzonte
di “socialismo della finitudine”con
gran parte del mondo che vive in condizioni neppure immaginabili da parte di
chi invece, vive nella realtà dell’individualismo consumista e sta ormai
completamente immerso nella sfera del tecnologico che supera l’umano?
Seicento milioni di
africani non usufruiscono dell’energia elettrica: tanto per esemplificare una
delle tante diversità.All’ordine del giorno della riflessione della
sinistra che combatte la disuguaglianza (e non rinuncia all’idea di abolirla:
cioè all’idea del comunismo) forse ci si può ancora riferire a Noam Chomsky e alle
sue Tre lezioni sull’uomo nel cui testo il grande filologo ha cercato di
fare il punto sul linguaggio, la coscienza, la fisiologia, la biologia e la
teoria politica, senza trascurare neppure la fisica e la chimica. Al centro del
pensiero di Chomsky l’idea, ripresa soprattutto dai grandi del ’600 - ’700
Newton, Locke, Hume e ancor prima da Galileo che la natura abbia costituito
l’intelletto umano con limiti intrinseci alle capacità conoscitive, limiti che
non potranno essere valicati e che di fatto quei pensatori riconobbero e che,
fin qui, effettivamente non sono mai stati varcati (in questo modo potrebbe
porsi il tema dell'uguaglianza e della proprietà da materiale a virtuale).
Compare così il grande tema che molti stanno
sollevando nell’oggi del rapporto tra intelligenza umana e intelligenza artificiale,
quel tema che Federico Faggin riassume nel suo Irriducibile: “La
coscienza umana è fondamentale, quindi irriducibile perché esiste prima della
materia”.