Ormai da anni stiamo assistendo a
forti mutamenti nella cultura, nella politica ambientale, in quella sociale ed economica:
qualcosa che ci sta portando verso un cambio d’epoca globale, che rischia nel
prossimo futuro di infiammare il pianeta, sotto ogni punto di vista. Qual è
oggi il parametro che ci permette di distinguere quello che è bene da ciò che è
male, in un clima di rivolta ininterrotta? Non sono venuti a mancare solo i
valori, ma anche gli orientamenti, i richiami, gli esempi, le figure simbolo
alle quali fare riferimento: dal medico all’insegnante, dal magistrato al
giornalista. Ogni giorno abbiamo le segnalazioni sugli assalti a ospedali e ai
pronto soccorso, sulle aggressioni scolastiche, sugli oltraggi ai giudici,
sulla discriminazione dei diversi, sulle torture negli istituti di pena, sulla soppressione
delle opinioni e in moltissimi casi persino delle notizie.Uno dei
sintomi più allarmanti di questa manifestazione di intolleranza, sempre più
diffusa, è il ritorno di quelle destre che, sino alla catastrofe della Seconda guerra
mondiale, hanno dato fuoco al mondo nel Novecento. C’è da sottolineare che,
l’elezione recente di Trump alla Casa Bianca è gravida di notevoli
preoccupazioni a livello globale, soprattutto, ad esempio, sulle scelte della
politica climatica internazionale. Il precedente ritiro degli Stati Uniti dall’accordo
di Parigi sul clima e sul riscaldamento globale, avvenuto durante il suo primo
mandato, amplifica i timori su come, nell’immediato futuro, potrà aggravarsi
una crisi ambientale, il cui pericolo, per la stessa sopravvivenza del genere
umano, è ancora troppo sottovalutato.
La vittoria del tycoon americano
fortificherà i sostenitori della sua campagna elettorale, titolari degli
interessi legati ai combustibili fossili, cosa questa che avrà un impatto fortemente
negativo su tutte quelle industrie che in Europa e in Italia propongono
soluzioni credibili per contenere e ridurre la crisi climatica. Nel
frattempo l’estrema destra seguita a fare il pieno di consensi in molti paesi
europei, e non soltanto. Sconcerta l’entità di questo sintomo, che si ripete
spesso in modi analoghi, come se si trattasse di un solo modello e come fosse con
chiarezza segnale di un malessere generale.Andamento delle cose che sembra
incontenibile, sebbene molto spesso queste espressioni dell’estrema destra
populista slittino ben oltre il confine del politicamente accettabile. Si deve
prendere atto che sicuramente l’irritazione, l’insoddisfazione degli elettori,
che non scorgono più soluzioni nuove e credibili nelle proposte politiche dei
partiti tradizionali, lo sconforto derivante dalla crisi sociale ed economica
che sta spostando, sempre più grandi parti del ceto medio, verso la soglia
della povertà, sia alla base di questo fenomeno, non nuovissimo, ma che seguita
a crescere. E quando non giungono soluzioni precise ed efficaci, ecco che la soluzione
più semplice nell’immaginario collettivo o comunque la più veloce è quella dare
fiducia a chi suggerisce di far crollare quel sistema.
Smantellare un tale processo implica,
nondimeno, delle incognite, anche se questa “demolizione” dovesse avvenire con
strumenti all’apparenza innocui, graduali. In uno studio, divulgato alcuni
giorni fa, sul sito Open Democracy, si leggeva, tra l’altro, che la violenza
non è più il metodo preferito con cui per i partiti di estrema destra è
possibile rovesciare l’ordine democratico. Negli ultimi anni, personaggi come
Bolsonaro, Orban, Trump e forse anche la stessa Meloni, hanno capito, con
livelli di validità sempre maggiori, che possono utilizzare la libertà e le istituzioni
democratiche per rendere instabile la democrazia dall’interno.Le
minoranze sono utilizzate come oggetti da colpire indiscriminatamente, e senza
un vero confronto politico sulle cose da fare, e non è raro che si servano in
modi sottili, trappole mascherate, di alcuni intellettuali, anche di sinistra, come
veicoli per mobilitare i loro seguaci alle loro idee antidemocratiche. E una
volta al potere, corrodono, nera ruggine, le istituzioni democratiche, gli
organi di informazione, le istituzioni sociali, la cultura, la scuola, i luoghi
della erogazione dei servizi, dalla sanità ai diritti civili di ogni tipo e di
ogni genere. Ed eleggono la magistratura a nemico pubblico, stravolgendo
completamente il concetto di bilanciamento dei poteri, previsto da quella
“scomoda per loro” Carta Costituzionale, nata dalla lotta al fascismo e dal
martirio nella Resistenza.
La preoccupazione, alimentata ad arte, sulla sicurezza
della vita dei cittadini e l’incertezza del futuro, unite alla rassegnazione e
diffidenza verso la politica tradizionale, che spinge alla astensione dal voto,
è il motivo comune di cui si giovano le destre. Promettere genericamente la
protezione, ha più effetto rispetto alla presa di coscienza collettiva dei
problemi economici che si presentano in tempo di crisi (pandemica,
economico-finanziaria, energetica, perfino bellica) e sostiene i consensi. Non
dobbiamo anche dimenticare che siamo in una situazione nella quale si sta concretizzando
velocemente anche una forte perdita del potere sociale delle persone, una
marginalizzazione dovuta alla crescita delle disuguaglianze, al progressivo
impoverimento: tutti effetti provocati da quello che si può definire “dominio
del neoliberismo”. Non si è in grado di rispondere ai bisogni dei cittadini,
soprattutto della classe media, che con la polarizzazione sociale fra poveri e
molto ricchi, appare in via di estinzione; un processo di trasformazione della
stessa democrazia per il contrasto tra una maggioranza senza potere e una
minoranza con pieni poteri, intollerante alle regole, alle istituzioni, ai
controlli e ai bilanciamenti del potere, considerati come ostacoli alla
governabilità.
La progressiva perdita di fiducia nella
democrazia, in nome di una immaginata razionalità neoliberista, comporta una offerta
autoritaria e conservatrice, rimuovendo dal vocabolario sociale parole come
giustizia sociale, accoglienza, diminuzione delle disuguaglianze. È la
esaltazione della grande efficacia del “fare da sé”, quella proposta del potere
personale come metodo per “riuscire nella vita”, rendendo di fatto inutili e
obsoleti termini come uguaglianza, solidarietà, libertà.Attenzione però a non guardare bene la realtà
e a non porci una domanda: solo la destra ha responsabilità di questa
pericolosa deriva? O anche qualcosa dobbiamo addebitare alla sinistra? In
questi ultimi anni, alcune proposte politiche della sinistra sono apparse non
molto lontane da quelle della destra liberista, soprattutto in campo economico
e sociale, dando un certo rilievo alle privatizzazioni, alla competitività e a
un graduale cambiamento dell'intervento pubblico.Si deve essere assolutamente molto più fermi
nel denunciare, contrastare qualsiasi discorso o intervento razzista: il grave
rischio è che consentire, ogni giorno, discorsi razzisti e di emarginazione,
può facilmente far passare la concezione di distinguere tra un “noi” e un “loro”.
Fatalmente si creano i presupposti per un
imbarbarimento della società. È il seme del populismo, che salta composizioni e
filtri, e viene sparso in modo tale che si creino le condizioni attraverso cui
accettare che un leader sia il solo idoneo ad interpretare la volontà del
popolo attraverso una falsa governabilità La democrazia finisce per
trasformarsi in autoritarismo, come la storia ci ha già insegnato e come oggi
appare nella Ungheria di Orban.Da qui scaturiscono le proposte di
premierato e di autonomia differenziata, che dovrebbero essere antitetiche, ma
che un governo senza regole, che non siano quelle di un potere senza controllo,
riesce a cavalcare. Riemergono i nazionalismi, e diventano spesso origine
fatale di ostilità tra le nazioni accrescendo quella “angoscia bellicista”, con
la quale ormai viviamo quotidianamente.Stiamo scivolando, quasi senza
rendercene conto, verso una mentalità che accetta la guerra, non solo come possibilità,
ma anche come fatto inevitabile.Quando gli stati si riarmano,
ogni tragedia sembra diventare possibile. La speranza che questo non avvenga è
affidata ancora una volta a quegli uomini, donne, giovani, a quelle forze
politiche che devono venir fuori dalla indifferenza e dalla rassegnazione e
riprendere in mano con forza e partecipazione la bandiera della ragione. È già
stato possibile in passato. Si può fare di nuovo!