Per una genealogia dei campi di
sterminio Tracciare
una genealogia critica dei campi di sterminio: tale è l’intento di Franco
Sarcinelli nell’ottantesimo anniversario della liberazione di Auschwitz. Un intento
necessario, benvenuto anzi, condotto con l’ampiezza culturale e l’acribia che
caratterizza l’autore, ma anche con la sua sensibilità che possiamo ben
chiamare “umana”. Vi sono due fotografie nel testo, e si riferiscono ad
Auschwitz. Ma in gioco è l’intero universo dei Vernichtungslager:
tornano in mente non solo Treblinka, Sobibor, Chelmno, Belzec, Majdanek, ma
soprattutto Buchenwald, che può essere considerato un caso unico nel suo genere,
ed esemplare: Jedem das Seine sta scritto all’ingresso (al posto del più
scontato Arbeit macht frei). È vicino a uno dei centri pulsanti della
civiltà tedesca, Weimar, e contiene al proprio interno la perturbante “quercia di
Goethe”, emblema della assurdità dei campi. Perché proprio sulla collina dove
passeggiava Goethe, a pochi minuti dalla città, è poi stato collocato uno dei
Lager più devastanti. Riprendo qui quanto ho sostenuto
in Non dimenticare il meglio (“Scelte”, Mimesis, Milano-Udine 2021, pp.
9-17). Non basta ricordare, è necessario, assolutamente, non farne una stanca e
insipida cerimonia; pena la perdita di ogni sapore del passato e di ogni presa
sul presente. Occorre qualcosa che dal di dentro animi la memoria, la sorregga,
le dia senso; e questo può ben essere simbolizzato dalla musica: il 27 gennaio è
anche la data della nascita di Mozart e della morte di Verdi. Per questa via il
Giorno della Memoria può esser vissuto non solo come giorno del grande peggio;
ma anche come giorno di una possibile rinascita; chi vuol ricordare è mosso
esclusivamente da tristezza e lutto? Una coincidenza per certi versi
inquietante può trasformarsi in una chance: per ricordare i valori che
sorreggono e rendono possibile la memoria. Perché si traduca in un giorno di
riscatto, di impegno a vivere, di ritrovamento di valori: l’ultimo libro di
Liliana Segre ha per titolo Ho scelto la vita, e la musica per me è un
grande aiuto a ritrovare motivi di questa scelta. Ricordare sì, ma non come
obbligo imposto, vuoto rituale: le celebrazioni non devono ricadere in una
routine stantia, vuota, privo di quel “principio Speranza” che solo può dar
loro senso. Mozart e Verdi danno pur carne al 27 gennaio. “Vergiβ das Beste
nicht!”: “Non dimenticare il meglio!” ci raccomanda Walter Benjamin, e
l’esortazione, aggiunge, proviene “da una quantità infinita di antichi
racconti, senza tuttavia che appaia mai in alcuno di essi”. E conclude: “la
dimenticanza riguarda sempre il meglio, poiché riguarda la possibilità della
salvezza”. Per conto nostro - per chi come
noi “ha scelto di vivere”, e di tener vivo ciò che ci ha permesso questa scelta
- continuiamo a sentir musica, a frequentare la Scala, come fa Liliana Segre. Idealmente
in sua compagnia, finché sarà possibile. Quanto a Franco Sarcinelli, ciò
che sorregge la sua ricerca si ritrova nel suo recente, impegnativo, Essere
umano. Per un’etica del ben-essere (Mimesis, Milano-Udine 2024), dove sono
da segnalare anche la prefazione di Alberto Frigo, La presunta banalità del
bene e la postfazione di Fabio Fossa, Le domande dell’essere umano e le
risposte dell’intelligenza artificiale. È da ascrivere a merito di questo
libro il coraggio di tornare ancora una volta (e perché immer wieder si riprenda)
al termine “umano”, per tanti versi usurato e compromesso - “com’è umano lei”,
dice Fracchia al superiore che lo schiaccia. E soprattutto il coraggio di
riproporre domande considerate vane e “inattuali”, eppure così incombenti,
circa l’essenza e il destino dell’uomo. Sta qui quanto dà senso alla ricerca
sullo sterminio nazista, mille volte tentata e quest’anno di nuovo condotta,
con partecipata sensibilità, da Franco Sarcinelli.
Franco Sarcinelli Vita e morte nei campi di sterminio. Dall’ascesa del nazismo al
compimento della Shoah Mimesis, Milano-Udine 2025 Pagine 312, € 22.