Riprendo
la citazione da un articolo di Anne Cècile Robert apparso su “Le Monde Diplomatique” di Febbraio 2025: “Pierre Augustin Caron de Beaumarchais: Le
folle journée ou le Mariage de Figaro. Ne abbiamo abbastanza delle lettere del
re. Siamo stanchi di essere gettati in carcere per ragioni segrete. Stanchi
dello scandalo quotidiano che ci si presenta ogni giorno al risveglio e che la
sera stessa cadrà nell’oblio. Stanchi dei ministri scialbi che pretendono di
dirigerci quando loro per primi non sanno come comportarsi”. Ci
troviamo nel 1778 (Mozart comporrà l’opera omonima nel 1786) alla vigilia della
rivoluzione francese. Oggi nel momento dell’assunzione
della Presidenza USA da parte di Donald Trump e al cospetto dei suoi primi atti
di governo ci troviamo per certi versi in una situazione analoga a quella di
quasi 250 anni fa. Sembra che non sia trascorso il tempo della costruzione dei
regimi politici fondati sulla democrazia, sull’uguaglianza, sul riconoscimento
del lavoro come valore fondamentale. Quale esempio del “nuovo corso” viene
citata la dichiarazione dello stato d’emergenza al confine messicano
immediatamente proclamata da Trump all’indomani dell’entrata in carica, ma come
giudicare il salto in avanti sui temi scottanti delle principali guerre in
corso (Gaza, Ucraina) se non nella proclamazione di una eccezionalità che si
erge nel superamento delle regole stabilite e propugna la creazione di nuove
condizioni di imposizione del dominio applicando una presunta “legge del più
forte?”. Del resto il modello del governo italiano, pur nella sua marginalità
geopolitica, è sicuramente su analoghe posizioni: come giudicare la
reiterazione del tentativo di modificare la legislazione nel caso del
trasferimento dei migranti in Albania, tema che fa parte del complesso scontro
aperto sulla magistratura (situazione del resto già anticipata con il caso Open
Arms nella precedente legislatura) o l’evidente disprezzo per l’opera di
mediazione dei corpi intermedi?
Tutto questo fa parte della
filosofia “Il popolo ha scelto!” e della linea del dialogo diretto “Capo-Masse”
che riduce la politica a forma plebiscitaria di espressione del consenso nell’esaltazione
di immagini che non esitiamo ad accostare ad una sorta di assolutismo
esercitato nel più totale disprezzo dell’articolazione culturale della
rappresentanza politica. Attorno al monarca si collocano i portatori di interessi
che chiedono il ripristino degli antichi privilegi un tempo riservati alla
nobiltà oggi rappresentata dagli over-the-top e da personaggi sedicenti “fatti
da sé”. Personaggi che intendono non dovere nulla al potere politico e
pretendono deroghe al diritto comune (sociale o fiscale) in nome della
necessità di innovazione della quale detengono gelosamente l’esclusiva: si
pensi allaereazioni riguardo il tentativo dell’Unione Europea di cercare di
rendersi in una qualche misura autonoma nell’AI e alla sua “sperimentazione
normativa” in materia. Si pensa addirittura di affidare
agli algoritmi l’amministrazione della giustizia in modo che il tutto sia
somministrato riproducendo lo “status quo” in materia di disuguaglianze
sociali. Ci troviamo in un ambito di scelte ideologiche ostili alle libertà
fondamentali attorno alle quali andrebbe organizzata una difesa cosciente del
fatto che si sta combattendo una nuova fase della lotta di classe nel momento
in cui il pensiero egualitario e umanista sta cedendo il passo. Per quanto
riguarda l’Italia non è sicuramente sufficiente aver applicato la logica
parlamentare di scambio per la nomina (delicata) dei giudici costituzionali: la
democrazia è in difficoltà e non basterà porsi in una condizione difensiva e di
mera ricerca d’equilibrio su basi politiche e giuridiche che la destra
considera come già evidentemente sorpassate.