PELLIZZA DA VOLPEDO AL CINEMA di Alberto Figliolia
Ogni
età ha un’arte speciale. L’artista deve studiare la società in cui vive e
capire l’arte che gli è data. (Giuseppe Pellizza) Giuseppe Pellizza da Volpedo, professione:
genio, morto suicida a neanche 39 anni dopo essere caduto in un abisso di
disperazione, un nero irreversibile baratro. Non più amore né gloria. Pellizza
da Volpedo deve principalmente la sua grande fama all'olio su tela ‘Il Quarto
Stato’, monumentale opera conservata alla GAM di Milano, spettacolare e
commovente emblema di pittura sociale e quadro di rarissima perfezione formale
e tecnica. Una rappresentazione che durò, nella composizione da parte del
pittore, anni di studio, fatica, preparazione e prove. Un lavoro che gli avrebbe
dato celebrità imperitura e che invece in vita non riuscì a vendere (per 50.000
lire nel 1921 acquistò infine l'opera il Comune di Milano, ma durante il
ventennio fu sostanzialmente abbandonata, rimossa e non esposta). La gloria fu
postuma per l'artista.
Ma Pellizza non è solo 'Il Quarto
Stato', che pure è una tela di immane bellezza nonché giustamente icona mondiale
dell'arte pittorica; il giovane talentuoso, iscrittosi quindicenne,
all’Accademia di Brera ha lasciato innumerevoli opere, fra il verismo iniziale
e la successiva scelta divisionista. Quanti e quali capolavori avrebbe saputo
ancora realizzare e donare al mondo Giuseppe, che, salito su una scala a pioli,
con un fil di ferro si sarebbe tolto la vita dopo le morti della moglie per
un’infezione post partum e del figlio neonato? Correva l’anno 1907 - l’Italia
stava assestandosi dopo i tumultuosi anni appena trascorsi (la turpe violenza
di Bava Beccaris durante i moti milanesi è del 1898 e del 1900 il regicidio) e
prima del venturo gran bagno di sangue -e il Paese perdeva uno dei suoi figli migliori, più grandi, puro poeta
di colori e sentimenti.
Pellizza da Volpedo rivive in
quella che fu a ogni modo, nonostante la tragica conclusione, una splendida
parabola nel docufilm Pellizza pittore da Volpedo di Francesco Fei,
girato nei luoghi d’elezione del pittore, da cui mutuò il nome che l’avrebbe
consacrato all’ammirazione dei contemporanei e, soprattutto, dei posteri. La
voce narrante è quella, quieta eppur vibrante, calda, di Fabrizio Bentivoglio,
che legge, “coscienza narrante, con sentitissimo trasporto e soave empito le
lettere e gli scritti lasciatici da Pellizza: meravigliosi esempi di finezza
critica e teorica, spaccati di una mente curiosa, di un’anima in cerca.
Scriveva in maniera splendida Giuseppe, al pari delle sue esecuzioni artistiche. “Il film si apre nello studio di Pellizza a
Volpedo, rimasto identico a come l’ha lasciato l’artista. È qui che Bentivoglio
accoglie lo spettatore leggendo le toccanti lettere del pittore che rivivono
attraverso la sua voce, ma anche attraverso la fotografia, arte così preziosa
per lo stesso Pellizza: Fei ha infatti privilegiato tonalità che rimandano alle
opere dell’artista piemontese e tagli di inquadratura che appaiono quasi quadri
viventi.”
Giuseppe era refrattario al caos
metropolitano - nonostante gli studi milanesi e le incursioni a Roma e Firenze -
e distante anche dalle relazioni eccellenti: Per lui Volpedo era più che un buen
retiro; era un luogo dell’anima, incubatoio di idee e ispirazioni, privilegiato
posto di osservazione delle dinamiche del mondo e dei moti interiori. Quanti quadri nati percorrendo
quelle sue amate contrade, la campagna, la Natura che tutto avvolge, e
riempiendoli poi di persone e situazioni: Speranze deluse, Sul fienile (visibile
sino al 6 aprile nella magnifica mostra organizzata
da METS, e a cura di Elisabetta Chiodini, al
Castello di Novara e intitolata Paesaggi. Realtà
Impressione Simbolo. Da Migliara a Pellizza da Volpedo), Lo specchio della vita (E ciò che l'una
fa e l'altre fanno), Il pennello del ponte sul Curone, La Processione, Il
ponte, Nubi di sera sul Curone, Il girotondo (Idillio campestre nella pieve a
Volpedo). E, ancora, L'amore nella vita, Membra stanche, Il sole, Ricordo di un
dolore e i paesaggi, i ritratti... La pellicola esplora di Pellizza
il precoce talento - mai ostacolato dai genitori (il padre amministrava un
fondo agricolo) - e la genesi, la formazione culturale, i primi, già
notevolissimi, tentativi, le opere della maturità in un crescendo di sapienza
tecnica sempre congiunta a forti ideali e a un pensiero profondo, l’attenzione
volta al mondo degli umili, dei lavoratori (colti nella loro intrinseca
bellezza), all’universo naturale e ai suoi cicli.
Un’interpretazione diretta e
carica di simboli, che lo avvicinava artisticamente e umanamente all’altro
gigante della nostra arte, il coevo Giovanni Segantini. I due si erano
incontrati e si scrivevano. Si stimavano e si assomigliavano nell’intimo
(anche, incredibilmente, dal punto di vista fisico), nonostante le apparenti
differenze caratteriali. Magnifica la fotografia del film,
nella bucolicità non convenzionale, delle colline tortonesi, un pezzo di mondo
che pare ancora in equilibrio in tutti i suoi elementi, al riparo dalle
convulsioni del presente. La pellicola si avvale del
prezioso contributo di vari specialisti, storici, critici dell’arte, fra cui Aurora Scotti,
la più importante critica e studiosa dell’arte di Pellizza, e responsabili
di musei e collezioni. Interviene anche un pronipote dell’artista, che lasciò comunque
due figlie ed è da citare pure l’Associazione
Pellizza da Volpedo, “nata per la valorizzazione del patrimonio culturale
legato alla figura e all’opera del pittore e custode della maggior parte dei
documenti e delle immagini relative alla sua vita.”
Camminiamo anche noi per le vie
del borgo con Pellizza, circondati da un’umanità feconda, e da campi e colli,
lontani da rumori e frenesie, nel cuore delle cose, di cui Giuseppe sapeva o,
meglio, con umiltà sperava di poter svelare (parzialmente) i segreti in una
ricerca continua, empatica. Un soffio mistico, sposato al
concreto delle figurazioni, sembra pervadere i quadri di Pellizza, scavando
dolcemente nel profondo, pizzicando le corde più intime, messaggio di pace e
forza, armonia e bellezza. Da Volpedo. Giuseppe Pellizza.
Pellizza da Volpedo. Professione: genio. Un corpus di opere che lascia
stupefatti, sempre... 39 (quasi) anni di vita fulgida, nel segno della kalokagathia.
Il bello e l’utile dei suoi quadri ancora ci colmano gli occhi con la vastità
dell’ideale e ci consolano di un presente talora infetto o insulso. Sei nel grano che ondeggia,
Pellizza, nel tramonto che imporpora il cielo, nel vento che corre fra i
ciottoli; sei fra coloro che, saldi, solidali e in sé fidenti, le mani parlanti,
ci guardano negli occhi marciando verso un futuro di giustizia e amore. Pellizza pittore da Volpedo, prodotto da Apnea Film, in
collaborazione con Sky Arte, con la partecipazione di METS Percorsi
d’Arte e presentato in anteprima alla scorsa Festa del Cinema di Roma,
inaugura la nuova Stagione della
Grande Arte al Cinema di Nexo Studios e sarà proiettato in 200 sale
cinematografiche il 4 e il 5 febbraio prossimi. L'emozione è garantita insieme
con un totale appagamentoestetico.