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martedì 20 maggio 2025

ADDIO AL PRESIDENTE
di Enrico Vigna



Ci ha lasciato José “Pepe” Mujica “Facundo”, uno straordinario uomo e combattente dei popoli. Il Presidente “Tupamaro”. 

         
È morto l’ex presidente dell’Uruguay, ricordato e raccontato in ogni angolo del mondo, con commozione e ammirazione non descrivibili con le parole. Se ne è andato “l’ultimo eroe con una vita suprema”, come lo ha descritto Emir Kusturica. Della sua storia non comune ed eccezionale umanamente, sono piene le pagine in questi giorni. Vorrei invece qui sottolinearne due aspetti, che hanno marcato profondamente il suo percorso di vita e impegno, vissuti con le parole e con i fatti, con scelte pagate durissimamente. Soprattutto rivolgerli ai nostri giovani, ai nostri figli, con la speranza che se ne impossessino, come patrimonio utile per vivere la vita. Uno è la sua continua attenzione e il suo rivolgersi verso le nuove generazioni e i giovani, il futuro del pianeta, come diceva lui, la speranza dell’umanità. E l’altro lascar parlare lui, unico modo per capire fino in fondo chi è stato “Facundo”, che resterà con noi per sempre, con i suoi atti, pensieri ed esempio di lotta e di vita, per un mondo migliore. Come esempio di vita vissuta, in piedi, anche quando si è in ginocchio.
Chi era e cosa è stato Pepe Mujica, comandante Facundo.
Fu spesso definito «il presidente più povero del mondo» perché dopo la sua elezione alla presidenza dell’Uruguay, nel 2009, continuò a vivere in una piccola casa di campagna vicino alla capitale Montevideo, continuando a lavorare nel suo orto e andare al lavoro ogni giorno al Palazzo presidenziale con il suo Maggiolino blu del 1987 e a fare le visite di stato nel mondo, volando in classe economica e devolvendo quasi il 90 per cento del suo stipendio mensile di presidente uruguaiano, alle persone più bisognose. La sua vita e la sua storia, al di là dei gesti pubblici, lo hanno reso un punto di riferimento e una figura amatissima dai movimenti popolari e socialisti non solo dell’America Latina, ma in tutto il mondo dei popoli oppressi e soggiogati dall’imperialismo. Un uomo allo stesso tempo potente e umile, visionario e concreto, autentico e fermo, amabile ma determinato nelle scelte di campo.


 


L’ultima lettera
Io, Pepe Mujica, vi racconto.



Sono stato guerrigliero tupamaro, agricoltore e politico. Ma ora sono stanco. Senza smettere di essere ciò che sono stato, soprattutto, guerriero. Ma ora sto morendo e pure un guerriero ha diritto al suo riposo, lo impone il tumore che mi sovrasta. Tutte le strade della mia terra portano al mio cuore e so distinguere ciò che è passeggero da ciò che è definitivo. Sono stato io ad aver scelto questa strada e non mi lagno dall’essere arrivato qui, a 89 anni. Ora ho bisogno di silenzio. Il silenzio è la fonte dei venti, che portano via l’eco della vita, le pugnalate ostili, i denti, le spille, le bare, gli strappi delle migliaia di brividi, i turbinii di pianti e cordogli. Lasciatemi nel silenzio, all’ombra dei miei fichi e dei miei meli, della lingua che resiste alle parole che feriscono a tradimento, delle sponde che baciano i tramonti, leccati dalle onde. Ridatemi il silenzio, poiché voglio curare la ferita, che mi lascio nell’anima, il dolore delle foreste devastate, dei boschi di cemento dove crescono la povertà indomabile, la giustizia non realizzata, le libertà infrante. Ridatemi il silenzio, poiché voglio ritornare ai miei ortaggi, mentre, tranquillamente, in attesa della pace inevitabile, medito sulla bellezza della vita, su quante volte sono caduto e su quante altre mi sono rialzato, sui buoni amici che mi accompagnarono e hanno persino ballato insieme a me. Ridatemi la pace e non chiedetemi più parole. Ho bisogno del miracolo delle labbra chiuse, delle bocche mute, delle ombre tiepide, dei battiti assenti. Guerriero sono e continuerò a lottare, senza tregua, mai sconfitto. La vita è sempre avvenire. La vita mi perseguita, pur se sto morendo. Quanta vita c’è nella morte! Ma quanta di più c’è nella vita!