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domenica 4 maggio 2025

SCAFFALI
di Filippo Vincenzo Maiolo



 
Note per Suoni Diversi di Curto
 
Quando parliamo di poesia, consapevolmente o no, parliamo di empatia: chi legge sente il proprio essere abbracciato al poeta forse perché lo scrittore aveva le braccia spalancate pronto già a farlo quando viaggiava con la mente e lasciava che i suoi turbamenti, le sue suggestioni, le sue commozioni si posassero sul foglio trasformandosi in parole e in versi. In questo abbraccio si racchiude la condivisione di una emozione che può essere leggera o pesante, dolce o amara, dolorosa o gioiosa; sarà comunque quell’emozione a catturare gli occhi, la mente, il cuore e dare vita a quella successione di parole perché sboccino in una poesia. È quasi una magia, che con Curto si ripete in ogni sua pagina. Il poeta è un po’ mago, soprattutto quando, come fa Curto, prende parole semplici, banali: le sceglie, le soppesa, le lega fra loro. Nella loro sconcertante semplicità, come per magia, quelle parole diventano pietre preziose di uno scrigno che si apre al lettore che strabuzza gli occhi e si stupisce di tanta bellezza:
 
Al risveglio ogni volta
mi gioco un poco della vita
Ogni volta vinco
un giorno nuovo d’amore
da vivere ancora con te
piccolo raggio di sole
appeso a questo sogno
 
Eppure quelle pietre preziose altro non sono che ciottoli comuni, affatto levigati, grezzi, di poco conto.
 
Guarda le piccole
cose
fermati su di esse
sono le piccole
cose
che ti parlano
e ti svelano
grandi segreti.
 
Potrebbero essere addirittura banali pezzi di terra compattati che si polverizzano sfaldandosi e sporcando le mani già sporche e scabre come quelle delle contadine che tornano dopo una faticosa giornata passata a raccogliere le olive:
 
Anche oggi è passato
a sera le ho viste tornare
tutte in fila le donne,
arrossate nel volto, stanche
 
 
Hanno ancora le scarpe sporche
Infangate di terriccio,
hanno visto per strada
il loro volto stanco
riflesso in pozzanghere nere
si son guardate le mani
nere, sciupate…
 
Ma l’alchimia del poeta trasfigura le piccole cose quotidiane, dà loro una vita incredibile e meravigliosa al punto che tu diresti “Questo avrei potuto scriverlo io, avrei voluto scriverlo io”.
 
E chi non avrebbe voluto scrivere:
Non vedrà il tramonto questo giorno
Le stelle sono tutte dentro i tuoi occhi
 
Sono parole semplicissime legate in due frasi in contraddizione fra di loro, ma che esprimono una passione infinita, senza “tramonto” e la meraviglia dell’Universo Stellato che scende come fiocchi di neve negli occhi della donna adorata; pensieri che chiunque dei lettori avrebbe voluto dedicare alla persona amata. Sono due versi paradigmatici di quella che è la poesia di Curto e più in generale della Poesia: la rigida consequenzialità, la logica ferrea non sono indispensabili. Anzi. Perché nel Regno della Poesia non governa la Mente, ma il Cuore. Questo il Poeta lo sa bene e lo sa Curto. C’è in lui quasi istintiva una spinta, un sentire spontaneo e per così dire naturale, a non legarsi a quelli che sono i canoni del linguaggio e del pensiero “normali”. Perché i Poeti non sono normali.
 
Faccio poesia parlando con la luna
come fanno i pazzi

Il poeta
 
Sono esseri strani, normali solo all’apparenza, vivono di nostalgie, si nutrono di sensazioni, si alimentano di attimi fuggenti che hanno la consistenza delle ombre al sorgere del sole. Eppure vivono una realtà bella e faticosa: hanno montagne da scalare, deserti da attraversare, oceani da navigare, quasi sempre in solitudine avendo spesso come compagne di viaggio la Malinconia e la Nostalgia, solo talvolta la Rabbia e la Rivalsa, sempre l’Amore per la Vita, in tutte le sue manifestazioni:
 
Quando il mondo finisce
dentro un vicolo cieco
e la tua vita insulsa
è diventata una discarica
quando il sogno più bello
è finito al mattino
prendi il tuo bagaglio e parti.
Ho solo sfiorato la vita
navigando fra marosi.
 
E ancora:
 
Ti lascio un mare immenso da navigare
Dentro il cuore di una donna



La Nostalgia è anche per la Terra d’Origine cantata nella lingua dei Padri: il Calabrese. Poesie accorate di un amore che il tempo non riesce a intaccare. Basterebbe poi la sola “Padia” a ritrarre il poeta. Perché le pennellate con le quali Curto dipinge l’antico quartiere di Acri, sua città natale, nella loro sincera tristezza, nel trasmettere quel sottile dolore, difficile da evitare quando il cuore riporta alle proprie radici, ci dicono più ogni altra confessione la bellezza dell’animo del poeta:
 
Padìa era un mucchio di case
e di gente

 
Padìa era schiamazzi di bestie
rumore di bambini
silenzi di piedi nudi

 
Padìa erano campane di novene
rintocchi a lutto
urli di stagnini e cappellari

 
Padìa erano i vecchi
segnati dalla guerra

 
Padìa era il brigante di notte
e il gioco ai bottoni:
Padìa è un mucchio di case oggi
E più niente

 
Anche quando versi sconsolati ci fanno brillare gli occhi, anche allora il poeta ci canta la Vita.
 
Ti lascio tutto il tempo di una vita
Che ti regala emozioni e gioie infinite
 
Non c’è mai finzione e non potrebbe essercene. Curto, come tutti i Poeti, ci presenta la vita com’è: talvolta bella, talaltra brutta, quasi mai facile, più spesso faticosa, a volte felice, ma in ogni caso, sempre, vera. E noi questa vita la riviviamo insieme a lui e nella sua ci specchiamo, nei suoi versi, nelle sue parole
 
Tento l’ultimo volo per caderti nel cuore
Portarti parole da guarire le ferite
 
Quanto amore da dare, da condividere, quanta dolce speranza nel potere taumaturgico della parola, quanta verità che il lettore può bere fino a saziarsene. Impossibile non sentirsi chiamati in causa in prima persona. Impossibile non sentirsi abbracciati da ricordi, emozioni già vissute, almeno una volta. Il desiderio di penetrare nell’animo della persona amata, la sensazione di essere un tutt’uno con quella, il desiderio di riuscire a dare consolazione per poter offrire quel briciolo di felicità che rende ancora più felice chi lo dona. Un Poeta sa bene che la felicità è nel donare, nell’offrirsi. E può essere dappertutto anche in un gabbiano che ci passa sulla testa mentre assorti ci assale la consapevolezza di essere poco più che nulla, un indistinto sospeso fra realtà e immaginazione, fantasia:
 
All’alba non cercarmi
sono stato un sogno
fuggito sulle ali
di un gabbiano felice.
 


E quale regalo più bello avremmo potuto ricevere se non il lascito spirituale che ci sollecita a vivere la vita perché il futuro, per quanto possa fare paura, è li che ci aspetta per donarci i frutti che la vita ha sempre offerto e che potremo cogliere con la fatica del vivere quotidiano certamente, ma costruendo noi stessi il nostro avvenire.
 
Ti lascio la mia fantasia in libertà
E il pensiero che non possono imprigionare

 
Ti lascio un sacco pesante di parole
E una vita da costruire con i tuoi sogni
Ti lascio questi versi sfusi impastati
col vento e il lievito della speranza per il futuro.