Note per Suoni Diversi di Curto Quando parliamo di poesia, consapevolmente o no, parliamo
di empatia: chi legge sente il proprio essere abbracciato al poeta forse perché
lo scrittore aveva le braccia spalancate pronto già a farlo quando viaggiava
con la mente e lasciava che i suoi turbamenti, le sue suggestioni, le sue
commozioni si posassero sul foglio trasformandosi in parole e in versi. In
questo abbraccio si racchiude la condivisione di una emozione che può essere
leggera o pesante, dolce o amara, dolorosa o gioiosa; sarà comunque
quell’emozione a catturare gli occhi, la mente, il cuore e dare vita a quella
successione di parole perché sboccino in una poesia. È quasi una magia, che con
Curto si ripete in ogni sua pagina. Il poeta è un po’ mago, soprattutto quando,
come fa Curto, prende parole semplici, banali: le sceglie, le soppesa, le lega
fra loro. Nella loro sconcertante semplicità, come per magia, quelle parole
diventano pietre preziose di uno scrigno che si apre al lettore che strabuzza
gli occhi e si stupisce di tanta bellezza: Al risveglio ogni volta mi gioco un poco della
vita Ogni volta vinco un giorno nuovo d’amore da vivere ancora con te piccolo raggio di sole appeso a questo sogno Eppure quelle pietre preziose altro non sono che
ciottoli comuni, affatto levigati, grezzi, di poco conto. Guarda le piccole cose fermati su di esse sono le piccole cose che ti parlano e ti svelano grandi segreti. Potrebbero essere addirittura banali pezzi di
terra compattati che si polverizzano sfaldandosi e sporcando le mani già
sporche e scabre come quelle delle contadine che tornano dopo una faticosa
giornata passata a raccogliere le olive: Anche oggi è passato a sera le ho viste tornare tutte in fila le donne, arrossate nel volto,
stanche
Hanno ancora le scarpe
sporche Infangate di terriccio, hanno visto per strada il loro volto stanco riflesso in pozzanghere
nere si son guardate le mani nere, sciupate… Ma l’alchimia del poeta trasfigura le piccole cose
quotidiane, dà loro una vita incredibile e meravigliosa al punto che tu diresti
“Questo avrei potuto scriverlo io, avrei voluto scriverlo io”. E chi non avrebbe voluto scrivere: Non vedrà il tramonto
questo giorno Le stelle sono tutte
dentro i tuoi occhi Sono parole semplicissime legate in due frasi in
contraddizione fra di loro, ma che esprimono una passione infinita, senza “tramonto”
e la meraviglia dell’Universo Stellato che scende come fiocchi di neve negli
occhi della donna adorata; pensieri che chiunque dei lettori avrebbe voluto
dedicare alla persona amata. Sono due versi paradigmatici di quella che è la
poesia di Curto e più in generale della Poesia: la rigida consequenzialità, la
logica ferrea non sono indispensabili. Anzi. Perché nel Regno della Poesia non
governa la Mente, ma il Cuore. Questo il Poeta lo sa bene e lo sa Curto. C’è in
lui quasi istintiva una spinta, un sentire spontaneo e per così dire naturale,
a non legarsi a quelli che sono i canoni del linguaggio e del pensiero “normali”.
Perché i Poeti non sono normali. Faccio poesia parlando con
la luna come fanno i pazzi
Il poeta
Sono esseri strani, normali solo all’apparenza,
vivono di nostalgie, si nutrono di sensazioni, si alimentano di attimi fuggenti
che hanno la consistenza delle ombre al sorgere del sole. Eppure vivono una
realtà bella e faticosa: hanno montagne da scalare, deserti da attraversare,
oceani da navigare, quasi sempre in solitudine avendo spesso come compagne di
viaggio la Malinconia e la Nostalgia, solo talvolta la Rabbia e la Rivalsa,
sempre l’Amore per la Vita, in tutte le sue manifestazioni: Quando il mondo finisce dentro un vicolo cieco e la tua vita insulsa è diventata una discarica quando il sogno più bello è finito al mattino prendi il tuo bagaglio e
parti. Ho solo sfiorato la vita navigando fra marosi. E ancora: Ti lascio un mare immenso
da navigare Dentro il cuore di una
donna
La Nostalgia è anche per la Terra d’Origine
cantata nella lingua dei Padri: il Calabrese. Poesie accorate di un amore che
il tempo non riesce a intaccare. Basterebbe poi la sola “Padia” a ritrarre il poeta.
Perché le pennellate con le quali Curto dipinge l’antico quartiere di Acri, sua
città natale, nella loro sincera tristezza, nel trasmettere quel sottile
dolore, difficile da evitare quando il cuore riporta alle proprie radici, ci
dicono più ogni altra confessione la bellezza dell’animo del poeta: Padìa era un mucchio di case e di gente … Padìa era schiamazzi di
bestie rumore di bambini silenzi di piedi nudi … Padìa erano campane di
novene rintocchi a lutto urli di stagnini e cappellari … Padìa erano i vecchi segnati dalla guerra … Padìa era il brigante di
notte e il gioco ai bottoni: Padìa è un mucchio di case
oggi E più niente
Anche quando versi sconsolati ci fanno brillare
gli occhi, anche allora il poeta ci canta la Vita. Ti lascio tutto il tempo
di una vita Che ti regala emozioni e
gioie infinite Non c’è mai finzione e non potrebbe essercene.
Curto, come tutti i Poeti, ci presenta la vita com’è: talvolta bella, talaltra
brutta, quasi mai facile, più spesso faticosa, a volte felice, ma in ogni caso,
sempre, vera. E noi questa vita la riviviamo insieme a lui e nella sua ci
specchiamo, nei suoi versi, nelle sue parole Tento l’ultimo volo per
caderti nel cuore Portarti parole da guarire
le ferite Quanto amore da dare, da condividere, quanta dolce
speranza nel potere taumaturgico della parola, quanta verità che il lettore può
bere fino a saziarsene. Impossibile non sentirsi chiamati in causa in prima
persona. Impossibile non sentirsi abbracciati da ricordi, emozioni già vissute,
almeno una volta. Il desiderio di penetrare nell’animo della persona amata, la
sensazione di essere un tutt’uno con quella, il desiderio di riuscire a dare
consolazione per poter offrire quel briciolo di felicità che rende ancora più
felice chi lo dona. Un Poeta sa bene che la felicità è nel donare,
nell’offrirsi. E può essere dappertutto anche in un gabbiano che ci passa sulla
testa mentre assorti ci assale la consapevolezza di essere poco più che nulla,
un indistinto sospeso fra realtà e immaginazione, fantasia: All’alba non cercarmi sono stato un sogno fuggito sulle ali di un gabbiano felice.
E quale regalo più bello avremmo potuto ricevere
se non il lascito spirituale che ci sollecita a vivere la vita perché il
futuro, per quanto possa fare paura, è li che ci aspetta per donarci i frutti
che la vita ha sempre offerto e che potremo cogliere con la fatica del vivere
quotidiano certamente, ma costruendo noi stessi il nostro avvenire. Ti lascio la mia fantasia in libertà E il pensiero che non
possono imprigionare … Ti lascio un sacco pesante
di parole E una vita da costruire
con i tuoi sogni Ti lascio questi versi
sfusi impastati col vento e il lievito
della speranza per il futuro.