Caro Angelo, Concordo in pieno sulla intrinseca bellezza dei luoghi della
nostra vita come descrivi nel tuo articolo di sabato 19 luglio(https://libertariam.blogspot.com/2025/07/detrattori-di-angelo-gaccione-n-on.html?m=1).E che dire
della improvvisa fittissima nebbia che ci sapeva regalare, nei freddi inverni
della mia adolescenza, la città di Modena? Un’avvolgente bambagia bianca che
ondeggiava per le strade e i viali fino a fare all’improvviso scomparire le
sagome di case e palazzi dietro una coltre che chiamavamo “fumana” per la sua
somiglianza con una effettiva cortina fumogena. A pensarci bene, una situazione di estremo pericolo per il
traffico, vista dall’angolazione degli anni successivi ma per me un’occasione
per sentire tutto il fascino di quel fenomeno naturale che ti fa immaginare di
vivere in un sogno, oltre che nella realtà.
Oggi quella nebbia “che si taglia col coltello” non scende più
sulla città che emanando calore ne impedisce la formazione e pochi la ricordano
col mio stesso rimpianto. Romano Rinaldi
Caro
Angelo, grazie
mille. Animali e territorio, se potessero giudicare, avrebbero molte infamie da
mostrare. Chi sa se gli esseri parlanti riusciranno ad imparare un giorno a
leggere quanto la natura ci sta dicendo? Qualcuno, come Stefano Mancuso, o lo
stesso san Francesco hanno saputo leggere il mondo che ci ospita ed hanno anche
capito come fare a rispettarlo. Grazie del lavoro che fai e buona estate. Giuseppe O.
Pozzi
Mi
commuove l’amore che senti per la tua terra. Anch’io negli anni della giovinezza
mi sono allontanata il più possibile dalla mia terra prendendone le distanze
sia fisiche che culturali. E sicuramente all’origine vi era un rapporto di
conflitto con la famiglia che poi veniva esteso a tutto quel mondo da cui essa
proveniva. Un mondo che con l’età ricordo con tenerezza. Ma ci sono anche degli
aspetti della propria terra da cui inconsciamente si fugge che non sono legati
alla famiglia, ma anche alla storia che lascia delle tracce nella convivenza
sociale e spesso non buone. Gianna Caliari
Sono
d’accordo con il tuo pensiero: non è la terra, sono le persone sulla terra.
Tuttavia, mi sento di difendere il poeta. Non conosco il contesto e vedo solo
quel verso, ma forse intendeva proprio il contrario. Ad esempio, anch’io ho
scritto versi simili che esprimono in realtà l’opposto – il dolore per ciò che
accade alla mia terra, occupata da gente indegna. Per esempio: “Non mi manca
affatto la neve. Non amo affatto nulla”. È chiaro che una persona non può
davvero non amare nulla. La stessa cosa in una poesia che hai pubblicato tu su
“Odissea”: “Patria che divori i tuoi figli, belva nel rosso mantello”.
Certo, non è la patria a divorare i suoi figli - sono gli uomini stessi a
divorare altri uomini. L’intera poesia permetterebbe di cogliere il tono amaro… Complimenti
per il tuo ritratto della terra natia – così vivo, palpitante, pieno dei suoi
profumi estivi. Ne ho ricavato un vero piacere nel leggerlo. Julia
Pikalova
I luoghi
non hanno nessuna colpa delle disavventure umane. Maurizio Nocera