di
Luigi Mazzella
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Valery Gergiev |
Che
lo stato di ebbrezza prodotto da alcolici o da altre sostanze stupefacenti)
possa essere addirittura “procurato” per delinquere “meglio” era già noto ai
nostri antichi antenati romani (che, per incidens, conoscevano
altrettanto bene anche la violenza soprattutto sessuale, indotta dalla società
patriarcale).
In
epoca moderna, la forte correlazione tra l’alcol, da un lato (e i costumi
patriarcali, dall’altro) con l’insorgenza, sul fronte opposto, di
comportamenti umani aggressivi di particolare violenza è stata dimostrata
da serie ricerche scientifiche. Non sono, però, altrettanto numerosi,
studi approfonditi tra il nutrimento di credenze, religiose o politiche, di
tipo assolutistico, astratto e in buona sostanza irrazionale e il ricorso
all’aggressività e alla violenza fisica.
In
altre parole, si è indagato, ma non a sufficienza, sulla correlazione esistente
tra chi crede fermamente in un’ideologia, religiosa o filosofica, ritenendola
(purtroppo anche in buona fede) “salvifica”, e chi si pone volontariamente in
stato di ubriachezza per esercitare la propria aggressività.
E,
invece, l’odio, il rancore che sospinge un ebreo contro un islamico (e
viceversa), un fascista contro un comunista (e viceversa) è il medesimo di chi,
nei fumi dell’alcol, scatena la sua violenza contro chi gli viene a tiro.
In
particolare, soprattutto la storia del fascismo nei suoi rapporti con la
cultura soprattutto musicale offre numerosi esempi di intolleranza aggressiva e
violenta, non determinata da conoscenza personale ma solo dall’ideologia e
senza alcun sostegno alcolico: dalla schiaffo ad Arturo Toscanini al Teatro
Comunale di Bologna, il 14 maggio 1931, alla persecuzione di Schoenberg come
autore di “musica degenerata”, alla fuga di Igor Stravinsky, Paul Hindemith e di
Kurt Weill costretti a lasciare i loro Paesi fino al recentissimo
annullamento del programmato concerto alla Reggia di Caserta del grande
direttore d’orchestra Valery Gergiev, osannato al Bol’šoj di Mosca, a San
Pietroburgo e in tutto il mondo, apprezzato e stimato da Vincenzo De Luca,
governatore della Regione Campania non ancora (e si spera anche per il futuro)
in mani fasciste, ma svillaneggiato da tutti quelli che, ignorando tutto di
lui, lo hanno qualificato, con furia iconoclasta eccitata dalle
critiche di Yulia Navalny, un mero propagandista di Vladimir Putin. Le pretese “colpe” attribuite a Gergiev, peraltro, non
dovrebbero essere considerate tali neppure dalla Presidente del
Consiglio, Giorgia Meloni, se è stato sincero il suo bacio della pantofola
di Trump (dopo quello di Biden), visto che il neo Presidente Statunitense tra
le due opposte versioni sulla guerra in Ucraina non si è discostato molto da
quella putiniana considerando Zelensky un dittatore senza elezioni e vivente in
una bolla di disinformazione.
Conclusione:
è giunto il momento di cominciare a provare pena per la
“pulzella” della Garbatella, che dopo l’infortunio della scelta di Gennaro
Sangiuliano, è incappata addirittura in un Ministro che pur restando “amletico”
fino all’ultimo ha finito per dimostrarsi emulo dei nazisti nella persecuzione
dei musicisti di grande talento ed è circondata da un Barnum di
pseudo-Ministri, per i quali la cultura è solo una bestemmia? Per una Giorgia sempre più minuta in vestiti sempre
più sovrabbondanti sembra proprio che “mala tempora currunt sed peiora
parantur”.