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mercoledì 23 luglio 2025

CULTURA E GOVERNO
di Luigi Mazzella

Valery Gergiev
 
Che lo stato di ebbrezza prodotto da alcolici o da altre sostanze stupefacenti) possa essere addirittura “procurato” per delinquere “meglio” era già noto ai nostri antichi antenati romani (che, per incidens, conoscevano altrettanto bene anche la violenza soprattutto sessuale, indotta dalla società patriarcale). 
In epoca moderna, la forte correlazione tra l’alcol, da un lato (e i costumi patriarcali, dall’altro) con l’insorgenza, sul fronte opposto, di comportamenti umani aggressivi di particolare violenza è stata dimostrata da serie ricerche scientifiche. Non sono, però, altrettanto numerosi, studi approfonditi tra il nutrimento di credenze, religiose o politiche, di tipo assolutistico, astratto e in buona sostanza irrazionale e il ricorso all’aggressività e alla violenza fisica. 
In altre parole, si è indagato, ma non a sufficienza, sulla correlazione esistente tra chi crede fermamente in un’ideologia, religiosa o filosofica, ritenendola (purtroppo anche in buona fede) “salvifica”, e chi si pone volontariamente in stato di ubriachezza per esercitare la propria aggressività.
E, invece, l’odio, il rancore che sospinge un ebreo contro un islamico (e viceversa), un fascista contro un comunista (e viceversa) è il medesimo di chi, nei fumi dell’alcol, scatena la sua violenza contro chi gli viene a tiro.
In particolare, soprattutto la storia del fascismo nei suoi rapporti con la cultura soprattutto musicale offre numerosi esempi di intolleranza aggressiva e violenta, non determinata da conoscenza personale ma solo dall’ideologia e senza alcun sostegno alcolico: dalla schiaffo ad Arturo Toscanini al Teatro Comunale di Bologna, il 14 maggio 1931, alla persecuzione di Schoenberg come autore di “musica degenerata”, alla fuga di Igor Stravinsky, Paul Hindemith e di Kurt Weill costretti a lasciare i loro Paesi  fino al recentissimo annullamento del programmato concerto alla Reggia di Caserta del grande direttore d’orchestra Valery Gergiev, osannato al Bol’šoj di Mosca, a San Pietroburgo e in tutto il mondo, apprezzato e stimato da Vincenzo De Luca, governatore della Regione Campania non ancora (e si spera anche per il futuro) in mani fasciste, ma svillaneggiato da tutti quelli che, ignorando tutto di lui, lo hanno qualificato, con furia iconoclasta eccitata dalle critiche di Yulia Navalny, un mero propagandista di Vladimir Putin. Le pretese “colpe” attribuite a Gergiev, peraltro, non dovrebbero essere considerate tali neppure dalla Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, se è stato sincero il suo bacio della pantofola di Trump (dopo quello di Biden), visto che il neo Presidente Statunitense tra le due opposte versioni sulla guerra in Ucraina non si è discostato molto da quella putiniana considerando Zelensky un dittatore senza elezioni e vivente in una bolla di disinformazione.
Conclusione: è giunto il momento di cominciare a provare pena per la “pulzella” della Garbatella, che dopo l’infortunio della scelta di Gennaro Sangiuliano, è incappata addirittura in un Ministro che pur restando “amletico” fino all’ultimo ha finito per dimostrarsi emulo dei nazisti nella persecuzione dei musicisti di grande talento ed è circondata da un Barnum di pseudo-Ministri, per i quali la cultura è solo una bestemmia? Per una Giorgia sempre più minuta in vestiti sempre più sovrabbondanti sembra proprio che “mala tempora currunt sed peiora parantur”.