Hanno davvero le attuali donne di potere un potere
decisionale? Benché sia linguisticamente
alienata da termini quali guerra e denaro e nonostante la mia categorica
posizione sia per il disarmo al pari di Gaccione, sono scettica riguardo il
potere decisionale delle attuali donne di potere al potere, (perdonate la
ridondanza delle parole), se rapportate alle strategie geopolitiche su scala
mondiale delle grandi potenze atomiche di cui non sapremo mai il gioco malato
che vi sottende ed il cui fine certamente è di egemonia economica.
Per tale
ragione condivido in toto la riflessione di Romano Rinaldi, così come mi
associo al pensiero di Gabriella Galzio e Laura Margherita Violante a proposito
del millenario patriarcato che grava sulle spalle di noi donne. Dopo tutto, con
le statistiche 2024 alla mano, l’EIGE (Istituto Europeo per l’Uguaglianza di
Genere) ci prospetta una situazione precaria in seno proprio alla violenza di
genere femminile in materia decisionale, tanto negli ambiti istituzionali
europei quanto nelle sfere socio-lavorative: una donna su tre ha sperimentato
violenza di genere di natura fisica, verbale e psicologica, un dato elevato
rispetto al genere maschile, un dato che secondo EIGE porterebbe le donne a non
intraprendere carriere politiche e lavorative anche perché nel ruolo di
“carer”, di tutrici familiari (si consulti il paragrafo 6.3 del Gender
Equality Index 2024 - Sustaining momentum on a fragile path).
A questo si
aggiunga il dato inerente al tasso di occupazione del 32% per le donne con
figli, obbligate a scegliere il lavoro part-time rispetto al solo 6% per gli
uomini con figli. (Ivi, Paragrafo 8 - Conclusions). Nonostante
l’esistenza di donne guerrafondaie nella storia passata e presente, i dati
attuali parlano chiaro: siamo più pacifiste, anche perché scientificamente
produciamo un quantitativo elevato di ossitocina, l’ormone naturale dell’Amore. Anna Rutigliano