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venerdì 4 luglio 2025

EGEMONIA E SOVRASTRUTTURA
di Franco Astengo


 
Sulle colonne de ‘il Manifesto1 (4 luglio 2025) Vincenzo Vita interviene sulla crisi del Ministero della Cultura, segnato da abbandoni e uscite di scena da parte di importanti dirigenti: la contesa in atto per il Ministro Giuli è l’impadronirsi del cinema italiano considerato un fattore dirimente per la conquista di quell’egemonia cui la destra aspira cercando addirittura di utilizzare - come giustificazione teorica - categorie gramsciane. Giuseppe Giulietti commenta l’articolo inserendo il tema del come l’assalto al pensiero critico sia il tema centrale: la destra non riuscendo a realizzare egemonia con la forza degli argomenti ora sta passando alla fase dello squadrismo e delle epurazioni, che arrivano a colpire anche i più moderati. Il punto allora risiede davvero nell’assalto al pensiero critico e la realizzazione di un’egemonia che lo escluda dalla dialettica e dal dibattito pubblico. Vale la pena allora andare a fondo anche perché è necessario non sottovalutare, attrezzarci, respingere e ribaltare questo attacco. Occorre individuare l’oggetto del contendere, quello che Vita individua così: “Il sovranismo in salsa italiota ha compiuto un vero disastro, miscelando passati ingloriosi e ossequio ai poteri contemporanei”.
Possiamo allora ben affermare che in questa miscela risiede davvero un potenziale esplosivo. L’agire politico sembra ormai ristretto in un confronto tra l’etica e l’estetica. Da un lato oggi, almeno nell’Occidente capitalistico sviluppato, appare, infatti, ormai egemone il rapporto tra l’estetica e la politica. L’egemonia nel rapporto tra estetica e politica trova il suo fondamento nell’obiettivo di stravolgere funzione dei mezzi di comunicazione.


Alberto Casiraghi
Omaggio a Odissea (2025)

L’estetica è ormai intesa come “visibilità” del fenomeno politico portato nella dimensione pubblica. Meglio ancora, nell’esercizio di riti collettivi e consensuali portati alla mostra della scena pubblica. La prospettiva è quella della teatralità della scena politica e il ruolo di “attori” degli agenti politici.
Si è così valorizzato l’agire comunicativo in luogo di quello strategico ed è questo il vero punto di contatto con la dimensione “orizzontale” nel rapporto tra cultura e informazione. Una “forma del politico” armoniosa e composta dentro la cornice da un conflitto al più agonistico: laddove anche la più stridente contraddizione rimane “sovrastruttura” e il pubblico può essere oggetto soltanto di un processo di una gigantesca “rivoluzione passiva” mascherata da “democrazia del pubblico”. Una “democrazia del pubblico” (da qualcuno mistificata da democrazia diretta) che viene esercitata in gran parte in agorà virtuali nelle quali si sta proprio imponendo una “egemonia della sovrastruttura”. È stato anche detto: un’estetica utilizzata da una politica il cui obiettivo è quello dell’anestetizzazione del “dolore sociale”. Il “dolore sociale” ha però bisogno di essere rielaborato partendo da quella che storicamente abbiamo definito come “contraddizione principale” e che adesso come adesso deve essere intrecciata da altri due elementi: quello del limite che incontra il dominio umano sulla natura e quello del nuovo tipo di esercizio dello sfruttamento dell’uomo sull’uomo, comprensivo anche dell’ulteriore livello dello sfruttamento di genere. Lo sfruttamento è comunque agito nella società in una dimensione ben più vasta dello sfruttamento esercitato a suo tempo sul “lavoro vivo” e classificato - appunto - come “contraddizione principale”. La domanda finale è questa: nell’era digitale è forse quello dell’egemonia della sovrastruttura il solo orizzonte possibile e occuparsene in quei termini diventerà la forma esclusiva dell’azione politica all’interno della logica dominante della ricerca di un “potere sull’estetica”?
Sarebbe necessario essere capaci di esprimere con semplicità un secco “No” ma la replica appare invece quanto mai difficile e complicata. La deriva che sta assumendo la riflessione culturale posta sotto il dominio della tecnica della casualità intesa come solo strumento di accesso al nodo vitale dell’informazione pare essere il punto di una riflessione che avrebbe bisogno di recuperare antiche categorie e inventarne di nuove.