LA
DISCESA IN CAMPO DI ELON MUSK di Luigi Mazzella
Per usare il linguaggio sportivo, ritenuto popolare e utile (ai suoi
fini) da Berlusconi, la notizia della “discesa in campo” di Elon Musk, con
un proprio partito, del tutto nuovo, nella competizione elettorale per la
Presidenza statunitense ha suscitato reazioni emotive molto contrastanti; e tra
esse non è mancata la rispolveratura (del tutto a sproposito, come dirò) del mito del genio.“Genio” è un termine che deriva dal latino genius, a
sua volta derivantedal verbo geno (generare,
creare). Con genio si intende sia la naturale e oggettiva attitudine umana
volta alla creatività sia la persona stessa in possesso di tale eccezione
abilità produttiva. Il termine è caratterizzato da una pluralità di significati
(che non favorisce la chiarezza e l’univocità dei discorsi) proprio perché
resta indeterminata e multiforme la natura dell’opera creata dal genio: può
essere artistica, scientifica, filosofica (ergo: politica) e
riguardare situazioni della più svariata natura; di tal ché si parla anche
di genio del male, come archetipo di antagonista dell’eroe nelle
opere di fantasia.Dal genio va distinto il talento:la
nota comuneè il prerequisito dell’elevata intelligenza; la nota
distintiva è la creatività immaginativa in una data situazione di valore, per
così dire, “universale”.In un’epoca felice come quella greco-romana, dove le umane e
naturali tendenze all’empirismo e alla sperimentazione si combinavano con
la ricerca della razionalità, la genialità in campo artistico esprimeva, a
tacer d'altri, Fidia e Prassitele, nelle scienze Ippocrate, Talete,
Archimede, in filosofia i Presocratici e i Sofisti, con Epicuro in prima linea,
grande maestro di vita felice, intesa come fine ultimo dell’agire umano e
consistente, al tempo stesso, nella rettitudine e nel piacere, vera, duplice
garanzia della serenità interiore. Quel tempo, in Occidente, è,
purtroppo drammaticamente finito:
a) con la penetrazione, pacifica ma nociva e
ugualmente distruttiva, delle tre religioni monoteiste mediorientali ispirate
al senso della morte, della sofferenza terrena (“valle di lacrime”), dei
piaceri dell’eros come “peccati” mortali, puniti da Dio, della
resurrezione della carne (decomposta) in un al di là (infernale o paradisiaco); b) con il predominio della filosofia del supponente,
aristocratico e autoritario Platone, nemico sostanziale della
democrazia e della conoscenza libera (gli allievi dovevano giurare in
verba magistri, quindi non pensare con la testa propria), propugnatore di
“idee” che molti secoli dopo la sua morte genereranno i due ulteriori cancri
dell’umanità: il nazifascismo e il socialcomunismo. Nel nuovo Occidente, dominato da credenze mediorientali (anche quelle
platoniche si ispiravano alla medesima fonte “barbara”, fuori dai confini greci) cominciano le fortune, molto alterne, del genio.Nell’accezione rinascimentale esso è associato ai campi del sapere
matematico, astrofisico, filosofico; meno al settore artistico che, invece, il
periodo romantico porta in auge ed accosta al divino.Il suo “mito” decade, poi, paurosamente nel Settecento in Gran
Bretagna dove gli Inglesi diffidano delle intelligenze eccezionali e del loro
amore per la libertà nonché della loro insofferenza delle regole. I tedeschi,
dal canto loro, tendono a magnificare i metodi e le regole scientifiche
collettive seguite nella scienza, non avvedendosi che l’imitazione non ha
niente a che fare con la produzione del genio. Hegel lo liquida come una
“romantica fantasticheria”, non distinguendo il medesimo dal talento
(la qualità da lui definita anche “bravura”).
Oggi, il genio, pur presente
in ambiti circoscritti del sapere, è più che mai “latitante” (come
“la razionalità” nel mio volume pubblicato, raccogliendo gli scritti apparsi su
“Odissea” di Angelo Gaccione) nei campi della sua vasta estensione ed è
scomparso addirittura dalla filosofia che non esprime più modelli di vita,
esempi di comportamento per gli altri, misure per il proprio naturale gusto
estetico e regole per i giudizi. Nella branca della filosofia pratica
che è la politica non se ne ritrovano neppure i resti.A dispetto di ciò, la gente dell’Occidente, disperata per
l’irrazionalità sempre più devastante che consegue dai suoi cinque pestiferi
ideologismi, religiosi e politici, s’aggrappa a ogni ipotesi di nascente
genialità, nella speranza che un individuo di grande perspicacia possa darle quell’eudemonia,
rifiutata ai tempi di Epicuro.C’è chi ha sperato in Trump, non avvedendosi che il suo unico talento è
stato solo quello di far ricadere esclusivamente su gli Euro-beoti le
conseguenze nefaste dell’improvvida, pazzesca azione di governo del suo
predecessore Joe Biden.Oggi la notizia che ha ridato speranza ai delusi Occidentale riguarda
quella surricordata di Elon Musk.Non credo che la fiducia
riposta nell’uomo che è stato capace di divenire il più ricco del mondo possa
rispondere alle aspettative.E ciò non perché l’uomo non sia un individuo dotato di grande
intelligenza e di acuta perspicacia capace di interessarsi
anche di obiettivi orientati alla ricerca della felicità umana, ma
per l’irrazionalità diffusa, come una peste bubbonica, in tutta la massa
occidentale. Anche se Musk si allontana dal suo genio volto, allo stato,
prevalentemente alle innovazioni digitali e spaziali resterebbe, comunque,
una vox clamansin deserto. Conclusione: la soluzione del problema
non dipende dalla vox ma dal deserto delle
cinque irrazionalitàpresenti a scacchiera nelle teste degli
Occidentali.