Nell’Occidente
dalle cinque “credenze” a diffusa vocazione aggressiva (verbale e manesca ma
che potrebbe diventare, in un batter d’occhio, anche omicida) chiedersi quale
di esse alimenti maggiormente il clima di violenza che caratterizza la vita
politica del “Bel Paese” è un lapalissiano fuor d’opera. Non si può misurare
con il bilancino del farmacista la dose di odio che sviluppano i monoteisti
religiosi in Medio Oriente e in Occidente contro gli infedeli (non importa se
essi sono pur sempre devoti del comune Dio Unico) né quella di cui si nutrono
nazifascisti e socialcomunisti nella loro reciproca avversione, pur nel
dichiarato unico intento benefico di voler salvare l’umanità. Naturalmente
gli stimoli all’odio, ai giorni nostri, sono somministrati, come medicinali per
l’anima e il suo miglioramento molto ben camuffati e racchiusi in “capsule” dai
colori graziosi e allettanti, ma il veleno raggiunge comunque i suoi effetti.
Gli inquinatori, chi si tiene lontano dagli animali, quelli che vorrebbero meno
stupri e meno traffico di droga determinati da immigrazioni massicce di gente
senza arte né parte sono additati al pubblico ludibrio dalle Greta Turmberg,
dalle Brambille che accarezzano le tigri (magari drogate), dai Papi (Francesco
e per imitarlo in tutto: Leone XIV) che si recano a Lampedusa per invitare i
migranti non di certo nei loro conventi vuoti (per il fortunato calo delle
cosiddette “vocazioni’) ma nello Stato estero che pure li ospita. Non
tutti questi “inviti” a essere buoni, aperti, misericordiosi (secondo il
mellifluo linguaggio ecclesiastico) sono ricordati nelle prime pagine
della stampa e nei talk show televisivi del sistema informativo “ufficiale”
(quello che “violentemente” esclude gli interventi eterodossi delle persone
libere ma il tema della violenza resta centrale.Nessuno
ricollega tale clima di intimidazioni, di ingiurie, di scontri alla nostra
cosiddetta “cultura”, intessuta di concezioni tutte ugualmente fantasiose, irrealizzabili
e quando realizzate “catastrofiche”. E neppure, associa a tale degenerazione
della nostra vita politica la progressiva scomparsa di “statisti” e
l’assenza delle voci di persone di pacata saggezza, pubblica o privata.È una mancanza grave.E ciò
anche se lo statista, in modo quasi tautologico è definito da Treccani: un
uomo o una donna che ha una profonda esperienza, teorica e pratica dell’arte di
governare uno Stato, senza enumerare le ulteriori doti che una persona di tal fatta normalmente possiede. È
del tutto evidente, infatti, che dovendo lo statista governare una res
publica, entità composta da tutti i cittadini, dovrebbe, almeno, essere
tutt’altro che fazioso e partigiano. Ora:
che in Occidente tra Capi di Stato e di Governo sia invalso l’uso dello
scambio di ingiurie, di epiteti, anche volgari, nonché di minacciosi gridi di
odio e di battaglia contro chi la pensa diversamente è un segno di
profondo malessere dagli sbocchi prevedibilmente nefasti. La
scomparsa di persone di pacata saggezza politica apre la strada alle guerre,
in-equivoche fonti di distruzione dell’umanità. In
uno dei libri a me più cari (il mio: L’elogio del pensiero libero, edito
daAvagliano)sostengo che, come diceva Luis Bunuel
(ma solo a proposito del suo ateismo e non anche del suo comunismo) si
dovrebbe essere liberi dai condizionamenti religiosi (e io, aggiungo: anche passionali ed emotivi) “da
sempre”. Bisognerebbe essere atei nonché anticomunisti e antifascisti “da
sempre”.