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lunedì 1 settembre 2025

SE PERMETTETE, NON PARLIAMO DI GUERRE SANTE!  
di Luigi Mazzella
 

Al di là delle espressioni di inappellabile condanna degli stermini di massa che, a causa di “credi” religiosi diversi, sono ancora oggi, nel terzo millennio (!), perpetrati in alcune parti del mondo, nonché delle manifestazioni di sconcertante sorpresa per l’uso che si fa del diritto di veto all’ONU sulle risoluzioni del Consiglio di Sicurezza su tali tipi di assurde guerre di inaudita barbarie (per quella israeliana, il 20 novembre 2024, gli Stati Uniti di Biden hanno escluso la possibilità di interventi diretti a ordinare il cessate il fuoco nella striscia di Gaza) un razionalista laico (id est: non credente e sempre più convinto di essere nel giusto posto per l’osservazione della realtà) trova una certa difficoltà a occuparsi delle guerre di religione.
Egli sa di doversi rivolgere a una società che è divenuta multiculturale e multireligiosa, ma certamente tutt’altro che razionalista e, quindi, solo in senso molto limitato, laica. Certo: egli non vive più in tempi e luoghi di fondamentalismo e integralismo religioso ma essere razionalista (e non solo laico) significa essere libero di non credere passionalmente in fedi, con conseguente rinuncia a pensare, e di esprimere nell’ambito filosofico convinzioni ispirate alla ragione non a indimostrabili verità.
Non che gli sia più agevole scrivere, invece, su un conflitto provocato dallo scontro tra contrapposte ideologie politiche (con o senza conseguenti  mire territoriali), perché anche in tale caso si tratta  dell’effetto di altre demenze sia pure di altro  tipo della cultura Occidentale, che sono di pari, identica, smisurata irrazionalità. 
Vi sono però, delle differenze. Vediamole.
1) Le guerre di religione non si mostrano mai per quello che sono in realtà. Neppure Ignazio di Loyola, nel “santificare” l’uccisione di un “infedele”, ipotizzava una sorta di caccia all’uomo. Il fondatore della Compagnia di Gesù (divenuto santo dopo avere predicato la santità di tante “occisioni” di infedeli) era un hidalgo con una forte mentalità cavalleresca e la sua Spagna, al tempo della sua gioventù, stava riconquistando i suoi territori. Naturalmente, nella sua fuorviata e fuorviante visione, la guerra pur con finalità territoriali, serviva anche per assicurare il trionfo della fede cristiana. In buona sostanza, Ignazio si considerava un guerriero, al servizio del Re ma si sentiva pure investito da una missione divina. In altre parole difendeva interessi particolari del suo Monarca ma svolgeva anche compiti universali, propri di Gerusalemme e di Roma. In altre parole, egli uccideva sì per la gloria del suo Re, ma anche per il fine superiore di eliminare dalla faccia della Terra un “nemico di Dio”. 



Orbene, per un laico razionalista, è difficile entrare in un simile discorso restando ancorato al buon senso: che Netanyahu lotti anche per la gloria del Dio di Mosè è per un religioso ben possibile: Hernan Cortes diceva la stessa cosa per quello cattolico, massacrando Maya e Aztechi!
2) Le guerre ideologiche hanno, invece, pur nella loro medesima, disumana ferocia, motivazioni che pretendono di essere non astratte ma concretamente “umane’: come quelle della necessità (ovviamente falsa) di un popolo-guida destinato da Dio a condurre per mano altre popolazioni verso il benessere o quelle (altrettanto fasulle) di affidare al popolo il compito di rendere tutti gli uomini uguali con la rivoluzione proletaria. Sono fandonie ugualmente inverosimili come quella della promessa di una felicità ultraterrena, che ovviamente nascondono anch’esse altre inconfessabili verità di odi insanabili “umani, troppo umani” tra figli di Dio che dovrebbero amarsi e che si scoprono, invece, “fratelli-coltelli” (come del resto Caino e Abele) ma un discorso su di esse è ben possibile: non si tratta di fantasie pure e senza addentellati concreti ma di utopie che, quando si è voluto e potuto  realizzarle, hanno mostrato il loro vero volto di morte e di distruzione, su cui  è ben possibile discutere.



Conclusione: Fermo restando che la tragedia dell’uno e dell’altro tipo di guerra prodotto dalla diversità religiosa o ideologica della demenza tipicamente (ed esclusivamente) Occidentale che li produce è ugualmente immane e irreparabile, per continuare a discuterne, sembra essere d’uopo: 
a) senza addentrarsi nei dettagli del conflitto israeliano, criticare ancora e insistentemente il comportamento dell’attuale Presidente degli Stati Uniti d’America, il repubblicano Trump, per non avere ancora rimosso il veto posto dai Democratici di Biden alla risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU sulla strage di Gaza. Egli dimostra, in tal modo, un’imprevedibile (data la sua ordinaria tracotanza) debolezza e pavidità verso un Partito da lui sconfitto (e che resterà sempre, qualsiasi cosa egli faccia, nelle grazie della lobby ebraica di Wall Street, della CIA e del restante Deep State che lo controllano e sostanzialmente dirigono) nonché verso le sue propaggini transnazionali Europee (che a lui saranno sempre più ostili);



b) scrivere  del conflitto russo-ucraino, facendo pulizia di tutte le fake-news della propaganda Democratica, iniziata da Biden e fatta propria dalla massa dei tanti partitucoli Europei costituenti, nell’insieme, una sorta di partito democratico transnazionale con il suo bagaglio di pietistiche elemosine (bonus per tutto e il contrario di tutto, sussidi di sostegno, flat-tax per poveri, redditi  di varia denominazione) che tengano “buoni” i poveri cittadini che, per altro verso, sono inevitabilmente destinati alla fame, a causa dell’acquisto di armi americane ordinato da Trump; solo così sarà chiara la dinamica di una guerra definita di aggressione a territori (peraltro mai attribuiti all’Ucraina) e che invece è unicamente  la ripetizione vichiana dello scontro tra seguaci della destra e della sinistra hegeliana;
c) insistere perché sia illustrato e realizzato il punto nevralgico per una svolta politica veramente soddisfacente, per grandi potenze mondiali, in buona pace tra di loro con accordi economici e commerciali e, soprattutto, senza veleni né religiosi né ideologici; 
d) lasciare alle Autorità religiose di discutere dei sommi principi che, al di là della lite territoriale, sono di certo alla base della tragedia palestinese. E sperare che l’Europa capisca, alfine, che si è cacciata in un cul de sac e riscopra l’importanza di avere governanti politici degni di tale nome e non scelti o accettati, sia di destra che di sinistra, dalla massoneria (quella vicina, per sotterranee connessioni, ai Democratici statunitensi).