La campana della morte. Una chiamata può distruggere un’intera vita.
Gaza City. Fu una
sola chiamata, fredda e spietata, a informare gli inquilini dell’edificio che
il bombardamento era imminente. In un breve istante, la vita si trasformò in
caos, urla e fughe, una scena che ricordava la fuga da un terremoto o da un
vulcano, ma perpetrata da esseri umani che non sanno nulla dell’umanità. Vidi una
madre che cullava tremante i suoi figli, contandoli uno ad uno affinché nessuno
scappasse. Un uomo si sollevò il padre anziano sulle spalle, lasciando dietro
di sé una sedia a rotelle che lo aveva accompagnato per anni, ma la
sopravvivenza non gli lasciò scelta. Altri se ne andarono seminudi, alcuni con
una piccola borsa come se fossero gli ultimi resti di una lunga vita.
Ogni passo
avanti era intervallato da uno sguardo al passato, un addio al passato, ai
ricordi, alla casa che era stata un rifugio sicuro ma che era diventata una
trappola mortale. Tutto ciò che rimaneva era un presente doloroso e un futuro
incerto. Pochi minuti dopo, il missile colpì. Un soldato premette un pulsante a
sangue freddo, sentendosi vittorioso perché aveva distrutto un edificio, quando
in realtà aveva distrutto un’intera vita. La scena non era crudele solo per i
muri che crollavano e il rumore dell’esplosione, ma anche perché si
verificava nel silenzio di un mondo che osservava. Grida di aiuto si levavano
al cielo: “Oh mondo, salvaci!”. Ma la terra rimase sorda. Era come se i cuori si
fossero spenti, come se il mondo intero fosse diventato spietato.
A tutti
coloro che credono ancora che l’umanità abbia un significato, salvate i bambini
che ci sono rimasti, le madri e i padri, gli anziani e i giovani. Non
lasciate che le grida di aiuto soffochino nell’aria. Il silenzio di fronte a
questi crimini non è neutralità; è partecipazione alla crudeltà. Un mondo che
non riesce a proteggere gli innocenti è un mondo che ha abbandonato i suoi
valori. Non chiediamo l’impossibile; chiediamo solo una vita sicura, un
tetto sopra la testa per proteggere i nostri figli e un futuro che non inizi
con le lacrime e finisca con le macerie. C’è un cuore
che ascolta? C’è una coscienza che risponde?