L’atto libero tra debito, dono e
ri-conoscenza. Il saggio-pamphlet di
Carlo Penati, La restituzione, si configura come una profonda
riflessione sui fondamenti dell'esistenza umana, che l’autore inquadra ineludibilmente
nella relazione e nella dipendenza reciproca. Rivolto a un pubblico colto ma
non elitario, il testo demolisce il mito dell’autosufficienza, ricordando che
nessuno si “fa da solo” e che siamo costantemente generati dagli altri. Penati
invita a una riconsiderazione del concetto di limite. L’essere creature finite,
che vivono in relazione e dipendenza, non è una debolezza, ma la nostra vera
ricchezza, poiché è dal limite che prende forma il desiderio, scaturendo
energie e possibilità nuove (la funzione generativa dei confini). L’identità
che ci distingue non si forma sulla separazione o su una presunta purezza
originaria, ma, al contrario, dalla contaminazione con altre esistenze. L’ineludibilità
della relazione è talmente centrale che essa persiste anche nelle esperienze
più solitarie o negative: anche nell'odio più intenso o nella sfida individuale
si è legati all’Altro. In quest’ottica, persino la mancanza di perdono per i
torti subiti lega la vittima al carnefice, impedendo un “oblio salutare”. Il
perdono, infatti, è visto come la massima espressione del dono, sia per l'Altro
che per sé stessi, un atto che libera dalle catene del passato.
Il concetto cardine del saggio è la
restituzione. Guardando al lato del ricevere, l’autore osserva che qualità come
il genio, la bellezza o un patrimonio sono ricevute senza alcun merito. Il vero
merito risiede nell’uso che di tali qualità viene fatto, nel valorizzarle e nel
metterle a disposizione degli altri, immergendosi nella “danza del ricevere e
del dare”. La restituzione, tuttavia, viene nettamente distinta dal
risarcimento o dall’estinzione di un debito. Il saggio critica costrutti
religiosi e la loro “manipolazione” che intendono la vita stessa come un debito
primario da riscattare attraverso la colpa e il sacrificio. Al contrario, la
restituzione è un atto libero che si fonda sulla ri-conoscenza. La
ri-conoscenza è intesa come il prendere atto, in modo sempre nuovo,
dell’originaria dipendenza dalla relazione, un “sapere nuovo che porta a vedere
l’Altro e se stessi da un inedito punto di vista”. Penati estende l’analisi al contesto sociale
ed economico, osservando come uno dei tratti più negativi degli ultimi decenni
sia la diminuzione della fiducia reciproca, alimentando profonde crepe nella
convivenza comune attraverso la contrapposizione tra “Noi” e “Loro”. Questa crisi relazionale si specchia in
quella economica: da quando l’economia del denaro ha sostituito l’economia del
dono, il valore delle cose e, tragicamente, delle persone, è misurato dalla
loro monetizzabilità e consumabilità. Il capitalismo viene analizzato, in linea
con le intuizioni marxiane, come una vera e propria ideologia religiosa che
diventa l'unica fonte di senso. In alternativa, l’autore valorizza la
collaborazione (che i sistemi naturali sostenibili dimostrano essere più
efficace della competizione del “più forte”) e propone un modello di economia
additiva che, come la condivisione di conoscenze o affetti, arricchisce tutti i
partecipanti. In sintesi, La restituzione sottolinea che la maturità psichica
coincide con l’interiorizzazione della dipendenza reciproca. Accettando la
gratuità dell’atto primo, la vita, e basando il dare sulla ri-conoscenza, si
ottiene la possibilità non solo di curare l’Altro, ma di ri-nascere e farsi
nuovi.
Carlo Penati La restituzione Saggio-Pamphlet filosofico, sociale e
antropologico ChiareVoci Edizioni 2025 Pagg. 120 - € 12.00