UNA RISPOSTA DAL DIALOGO GRAMSCI E MATTEOTTI di Franco Astengo
Da Meloni attacco alla sinistra: Più estremisti di Hamas. La frase
riportata in epigrafe pronunciata dalla signora Presidente del Consiglio merita
una replica immediata: una replica che dovrebbe arrivare prima di tutto da
quella parte dell'intellettualità italiana che conserva la memoria di quella
che fu la sinistra nel nostro Paese, l'intellettualità erede della funzione
pedagogica che i grandi partiti di massa seppero esercitare in particolare
proprio nel momento in cui, vinta la Resistenza ed elaborata la Costituzione
antifascista, fu necessario far crescere e consolidare la democrazia. Allo
scopo di fornire un contributo a questa necessità urgente di replica ponendoci
all'altezza della gravità dell'attacco sferrato ho pensato di recuperare una
parte di elaborazione che avevamo svolto con il compianto compagno socialista
Felice Besostri attraverso il tentativo di dialogo “Gramsci - Matteotti”. Si tratta di rendersi conto
adesso della gravità dell'ora e di almeno due necessità impellenti: quella -
appunto - di replicare e quella di riflettere sull'assenza, nel sistema
politico italiano, di una soggettività chiaramente richiamata alla storia del
movimento operaio e della sinistra. È ora di riavviare,
senza anacronistici riferimenti a modelli passati (Bad Godesberg, Epinay,
Primavera di Praga: tra l’altro tra loro del tutto diversi) l’elaborazione di
un progetto originale che riparta delle contraddizioni e “fratture”
fondamentali, incrociandole però con le nuove contraddizioni imposte dal
presente. Occorre invece tornare a pensare insieme i due piani: materiale e
immateriale, struttura e sovrastruttura, economia e diritto. Le faglie oggi
definite “post- materialiste” devono stare dentro una strategia complessiva di
trasformazione dell’esistente. Per dirla con Carlo Marx: “Non basta
interpretare il mondo, occorre cambiarlo”.Dalle
grandi speranze sorte dalla fine della guerra fredda, alla fase - terribile -
dell'esportazione della democrazia da parte di un solo gendarme del mondo, al
ripresentarsi del razzismo come forma di repressione bellica dalla Jugoslavia
alla Palestina si è aperta un’epoca di tensioni planetarie potenzialmente
antidemocratiche. In sostanza della
crisi di sistema appena richiamata sono indizio anche alcune pulsioni che
pensavamo ormai accantonate, da quelle nazionalistiche, a quelle imperialiste,
al ritorno di fantasmi quali il razzismo e il fascismo. Il tema all'ordine
del giorno rimane quello della guerra attorno al quale riflettere soprattutto
da parte di chi sa benissimo che non è proprio il caso di cadere nella trappola
dello “scontro di civiltà” e che la logica dominante rimane quella dello
sfruttamento dell’uomo e del pianeta e che in gioco c’è proprio la libertà di
poter disporre a proprio piacimento della facoltà di sfruttare al massimo
dell’intensità senza tener conto della necessità di un equilibrio riguardante
la presenza (ormai a rischio) del genere umano sul pianeta. In questo quadro il
“dialogo Gramsci-Matteotti”. Sicuramente qualcuno potrà
trovare fra i due autori testi o passaggi contradditori tra loro: condanne
reciproche, interventi svolti sull’onda del contingente di quell'epoca, che in
apparenza parrebbero smentire la praticabilità di una ricerca su comuni “linee
di successione”, ma si tratterebbe di letture superficiali e strumentali. Non
ci si rapporta così ai classici. E Gramsci e Matteotti sono certamente dei
classici della nostra modernità politica.Di certo a noi non interessa indulgere in polemiche di
corto respiro nel momento in cui cerchiamo di fornire un contributo a una
necessaria risposta verso una provocazione di infima qualità morale come quella
lanciata dalla signora presidente del consiglio.