Pagine

lunedì 13 ottobre 2025

UNA RISPOSTA DAL DIALOGO GRAMSCI E MATTEOTTI
di Franco Astengo



Da Meloni attacco alla sinistra: Più estremisti di Hamas.
 
La frase riportata in epigrafe pronunciata dalla signora Presidente del Consiglio merita una replica immediata: una replica che dovrebbe arrivare prima di tutto da quella parte dell'intellettualità italiana che conserva la memoria di quella che fu la sinistra nel nostro Paese, l'intellettualità erede della funzione pedagogica che i grandi partiti di massa seppero esercitare in particolare proprio nel momento in cui, vinta la Resistenza ed elaborata la Costituzione antifascista, fu necessario far crescere e consolidare la democrazia. Allo scopo di fornire un contributo a questa necessità urgente di replica ponendoci all'altezza della gravità dell'attacco sferrato ho pensato di recuperare una parte di elaborazione che avevamo svolto con il compianto compagno socialista Felice Besostri attraverso il tentativo di dialogo “Gramsci - Matteotti”.
Si tratta di rendersi conto adesso della gravità dell'ora e di almeno due necessità impellenti: quella - appunto - di replicare e quella di riflettere sull'assenza, nel sistema politico italiano, di una soggettività chiaramente richiamata alla storia del movimento operaio e della sinistra.
È ora di riavviare, senza anacronistici riferimenti a modelli passati (Bad Godesberg, Epinay, Primavera di Praga: tra l’altro tra loro del tutto diversi) l’elaborazione di un progetto originale che riparta delle contraddizioni e “fratture” fondamentali, incrociandole però con le nuove contraddizioni imposte dal presente. Occorre invece tornare a pensare insieme i due piani: materiale e immateriale, struttura e sovrastruttura, economia e diritto. Le faglie oggi definite “post- materialiste” devono stare dentro una strategia complessiva di trasformazione dell’esistente. Per dirla con Carlo Marx: “Non basta interpretare il mondo, occorre cambiarlo”. Dalle grandi speranze sorte dalla fine della guerra fredda, alla fase - terribile - dell'esportazione della democrazia da parte di un solo gendarme del mondo, al ripresentarsi del razzismo come forma di repressione bellica dalla Jugoslavia alla Palestina si è aperta un’epoca di tensioni planetarie potenzialmente antidemocratiche.
In sostanza della crisi di sistema appena richiamata sono indizio anche alcune pulsioni che pensavamo ormai accantonate, da quelle nazionalistiche, a quelle imperialiste, al ritorno di fantasmi quali il razzismo e il fascismo.
Il tema all'ordine del giorno rimane quello della guerra attorno al quale riflettere soprattutto da parte di chi sa benissimo che non è proprio il caso di cadere nella trappola dello “scontro di civiltà” e che la logica dominante rimane quella dello sfruttamento dell’uomo e del pianeta e che in gioco c’è proprio la libertà di poter disporre a proprio piacimento della facoltà di sfruttare al massimo dell’intensità senza tener conto della necessità di un equilibrio riguardante la presenza (ormai a rischio) del genere umano sul pianeta.
In questo quadro il “dialogo Gramsci-Matteotti”.
Sicuramente qualcuno potrà trovare fra i due autori testi o passaggi contradditori tra loro: condanne reciproche, interventi svolti sull’onda del contingente di quell'epoca, che in apparenza parrebbero smentire la praticabilità di una ricerca su comuni “linee di successione”, ma si tratterebbe di letture superficiali e strumentali. Non ci si rapporta così ai classici. E Gramsci e Matteotti sono certamente dei classici della nostra modernità politica. Di certo a noi non interessa indulgere in polemiche di corto respiro nel momento in cui cerchiamo di fornire un contributo a una necessaria risposta verso una provocazione di infima qualità morale come quella lanciata dalla signora presidente del consiglio.