Pagine

giovedì 27 novembre 2025

ARMI O MANICOMI? 
di Luigi Mazzella 


 
 
Mameli Barbara è stato un disegnatore italiano, nato a Trapani nel primo decennio del Novecento: era vignettista del “Marc’Aurelio” e de “Il Travaso” ed io lo ricordo non solo per i celebri disegni di ragazze prosperose ed avvenenti ma anche per le vignette sulle “guerre pacioccone”. Purtroppo non ho conservato copie dei due giornali satirici del dopoguerra di cui ero appassionato lettore ma il ricordo del titolo di “guerre pacioccone” mi ha stimolato una riflessione che voglio rappresentarvi. Ritengo che un tempo anche i conflitti armati tra i Paesi erano più semplici di quelli attuali. Si cominciava con pubbliche e solenni “dichiarazioni di guerra”, scritte e ripetute nelle piazze da gracchianti microfoni con le voci dei Capi. Non si voleva, in altre parole, che fosse necessario (confondendosi, magari, le idee) interpretare norme di patti, protocolli, carteggi. Erano chiari e ben palesi, cioè, i nemici e gli alleati. Ciò chiarito, si lanciavano bombe e si sparavano colpi di cannone e di mitragliatrici, le case crollavano e i morti si contavano a molte migliaia, le truppe avanzavano nei territori dei nemici e quando le rovine raggiungevano un certo livello, il Paese (o i Paesi) che riteneva (o ritenevano) di non potercela fare più a vincere si arrendeva (o siarrendevano).
Chi si arrendeva, poteva chiedere qualche condizione o accettare una resa incondizionata, ma, comunque, era ben chiaro chi era il vincitore (o erano i vincitori) e chi il perdente (o erano i perdenti). Oggi è tutto più fluido e confuso. Nella guerra cosiddetta “ucraina”, l’unico Paese che ha parlato di resa è stata l’America di Donald Trump ed è sembrata una resa senza condizioni perché l’argomento di eventuali condizioni non è stato neppure affrontato. I Paesi Europei che erano entrati in guerra con la Russia (violando il disposto dell’articolo 5 del patto Atlantico perché l’Ucraina non era un membro della NATO) non si sono arresi, ma anzi hanno strombazzato ai quattro venti di volersi riarmare adeguatamente per ottenere una più rapida e completa vittoria (c’è chi ritiene che fosse implicito il grido di sapore garibaldino: o Mosca o Morte!). In un chiassoso, reciproco, convergente tripudio di inni alla Vittoria che richiamavano alla mente il canto Manzoniano in morte di Napoleone, altro amante delle steppe nevose (S’ode a destra uno squillo di trombe, a sinistra risponde uno squillo), Donald Trump, solitario amante della pace in un Occidente pullulante di “volenterosi della guerra”, presentava un piano di pace, per porre fine alla guerra. 



Conclusioni: razionalità vorrebbe che fosse chiara la posizione: chi dei due intende fermarsi, ponendo fine alla guerra. È conseguente che chi si arrende debba sapere a quali condizioni sia concessa “la resa”. Il resto del mondo è curioso, invece, solo di sapere se non vi siano tra i suoi abitanti dei “perdenti” che pretendano essi di dettare le condizioni di pace ai vincitori. Se così fosse le spese per gli armamenti dovrebbero essere presto convertite dall’Unione Europea in fondo per la costruzione di capaci manicomi.