Luigi Melandri artista
accattivante e protagonista dell’invenzione grafica. Confesso
che non avevo capito bene. Ho capito adesso, dopo aver guardato e letto questo
bellissimo libro di Rina Melandri, che parla di un vero artista, elegante,
rapinoso, intelligente, accattivante, un autentico protagonista dell’invenzione
grafica in tutta la prima metà del XX secolo. A me incanta anche come pittore.
E come potrebbe non farlo, quando vedo l’affondo dei campi, e là in fondo lo
zuccherificio, ripreso con l’inquadratura esatta di una fotografia che scattai
da ragazzino, all’alba, dalla finestra sul retro della mia casa in Via Reale?
Come potrei non emozionarmi quando vedo il molo “corto” di Marina di Ravenna,
dove pescavo i “pidocchi” nelle mie prime immersioni subacquee (dico “corto”
perché poi sono arrivati i moli “grandi”, protesi nel mare, e lì è veramente
cambiato il mondo)? Come potrei non commuovermi, quando vedo i mazzi di fiori,
così simili a quelli che Giulio Ruffini dipinse per mascherare una crepa su uno
specchio di casa, con me che lo guardavo, nella mattina di primavera, per capire
il mistero di quei colori infinitamente attraenti, morbidi e lucidi come
gelati?
Luigi Melandri
Ho capito, da questo libro, che i cromosomi, le aure, il Dna di Luigi
Melandri, sono esattamente quelli in cui affonda la mia esistenza. Come potrei
non farlo, quando leggo del Teatro, che per me vuol dire le notti di Capodanno,
quando i suonatori, a mezzanotte e mezzo, interrompevano le danze e venivano a
mangiare a casa mia, e io li spiavo, sotto i lampadari decò che illuminano il
mio tavolo anche in questo momento? Mi offesi moltissimo quando, un anno, mi
misero a dormire a casa della zia, in Via Bassa, perché a casa non avrei potuto
riposare. Ma già: il mio orizzonte vitale originario è tutto lì, fra la Via
Bassa e la via Reale… Come potrei non emozionarmi, quando leggo del padre del
mio amatissimo cugino Mario Salvagiani, il senatore Rodolfo che scappa a Milano
per salvare la pelle, e chi gliela salva è proprio Luigi Melandri? E poi c’è la
Drusilla… Ecco: la Drusilla è certamente la prima persona che ha preso la mia
testa fra le mani, perché è stata lei (l’ho sempre saputo) a tirarmi fuori
dalla mia mamma, nell’alba mi dicono gelida del 9 marzo 1945. La Drusilla
abitava vicino al prof. Achille Melandri (padre della nostra Autrice), cui
dedico queste righe. È stato lui a insegnarmi i rudimenti (un po’ anche i trucchi)
della lingua italiana. Se un po’, in queste righe, mi sono spiegato, lo devo
prima di tutto a lui, e al lontano vento di poesia che arriva da Luigi
Melandri, lo devo alla catena cromosomica che un giorno è cominciata, che
ancora vive evidentemente, e che durerà finché durerà.