Venti di
guerra soffiano sulla coscienza del mondo. Venti di barbarie travolgono le
anime che vogliono la pace. La libertà, la vita, la felicità sono diritti
violati continuamente. Senza sosta, in gran parte della terra, dalle guerre e
dall’assenza si pace. Chi dobbiamo interrogare allora, qui, oggi? Ascoltiamo le
pietre. Oggetti all’apparenza inerti, ma picchetti di campi e ovili. Guanciali
per il Cristo dormiente, armadi per i vestiti del bagnante, sedili, riassunti
plastici di una giornata. Sì, le pietre… le nostre pietre. Queste pietre!
Quelle che vivono da secoli e salutano il sole quando nasce, la luna quando le
bagna di luce, le stelle che cantano la canzone della notte. Nella memoria,
queste pietre hanno perso il loro rigore, si sono ammorbidite, come cose di
carne, levigate dal vento, molate dal tempo. Conservano tesori di saggezza.
Ascoltiamo la loro voce. La sentite?
Un impercettibile battito che viene da
sotto la loro scorza e che dice: guardateci! Siamo quattro, messe qui, di
pietra. Siamo il Dolmen. Io mi chiamo Rispetto: non ci potrà mai essere pace,
senza il rispetto delle differenze. Io mi chiamo Etica: non ci potrà mai essere
pace, se l’uomo non rinuncia ad armare gli altri uomini. Io mi chiamo Libertà:
mai pace potrà esserci nel cuore e nell’anima di un uomo schiavo di un
altro uomo, di un popolo schiavo di un altro popolo, non ci potrà essere pace in
un paese che diventa una prigione, perché uomini e donne e bambini non possono
muoversi liberamente; non potrà esserci pace, fino a che un uomo sfrutterà un
altro uomo. E, infine, io mi chiamo Giustizia: non potrà mai esserci pace nel
mondo, fino a quando ci saranno i poveri, gli affamati, gli assetati, i senza
casa e senza lavoro.
Queste quattro grandi pietre, così come sono messe, in
questo posto, ci parlano delle condizioni necessarie perché la pace non sia una
parola vana e non è un caso che questo Dolmen, che così ci parla, sia stato
scelto come monumento della e per la pace dall’Unesco. Non poteva esserci
scelta migliore, e mi piace pensare, infine che sia stato eretto da qualcuno di
quegli uomini che dal Neolitico, all’età del ferro, abitarono nelle nostre
contrade, provenendo magari dalla grotta di Scaloria, vicino a Manfredonia,
dove dieci anni fa una grande archeologa, Maria Gimbutas ha fatto una scoperta
che ha rivoluzionato le nostre conoscenze. In quel posto, infatti, Maria Gimbutas
ha scoperto che è esistita una società policentrica, che non ha mai usato le
armi e non ha costruito fortificazioni e che ha fatto del suo grande senso del
Sacro verso la terra, la Dea Madre, una società edificata sulla pace. Proprio
qui da noi. Nella nostra terra. Nella nostra Puglia.