LA LOTTA NON SI FA CON
LA VOLUTTÀ di Pierpaolo Calonaci
Apprendo
con sanguigno e sommo sdegno che i cosiddetti proPal (una delle tante etichette
create ad hoc) hanno devastato la sede de “La Stampa”. Se essere di
sinistra e lottare significa solo coazione a ripetere la rabbia, con il suo
sostrato di voluttà, allora non appartengo a questo modo di lottare! Non è
troppo difficile né moralista vederci in questo attacco, la medesima volontà
squadrista che colpì, alcuni fa, la sede della Cgil a Roma. La giornata del 29
novembre, in memoria della dignità del popolo palestinese e della sua
interminabile sofferenza, è stata segnata da una piazza pressoché vuota. Ma ciò
passa in secondo piano, quando va bene, rispetto alla notizia di questa
devastazione. Devastazione che diventa, grazie all’indissolubile connubio
informazione-potere, un pericolo pubblico e come tale viene divulgato e
rappresentato. Davanti agli effetti perniciosi e destabilizzanti, questo ordine
delle cose deve accompagnarsi al sentimento diffuso della minaccia. È
l’invenzione ad hoc del primo morto, ossia il nemico da
combattere a prescindere che abbia forma fisica o simbolica, quale elemento
fondativo, ricorda Elias Canetti in Massa e potere, per dare avvio ad
una guerra da parte del despota di turno. Nel nostro caso, il despota del
governo fascista in carica con il suo braccio repressivo. Il primo morto di cui
l’attuale DDL “sicurezza” non aspettava altro per legittimarsi e funzionare.
L’indignazione è una parola ambigua; bisogna usarla con parsimonia. Perché se è
composta esclusivamente dalla rabbia, allora non produce altro che caos. Ogni
atto politico di repressione abbisogna di essere corroborato da un tipo di
risposta sociale che confermi la sua natura repressiva. Ma è così difficile
capire oggi questo? Perciò occorrerebbe ora come mai studiare i movimenti di
liberazione! Studiarne la loro intima essenza quanto le forme di opposizione al
dominio; studiarne le pedagogie con le quali avvicinavano il popolo per istruirlo
a emanciparsi; studiarne con lena duratura i mezzi culturali, linguistici,
comunicativi, le strategie quanto le teorie politiche in consonanza delle quali
stabilire precisi fini. Studiarne la storia che li accomuna e li differenzia!
Studiare i modi grazie ai quali essi abbandonarono la propria comoda sicumera
borghese e intrapresero la via stretta, anzi strettissima, della Resistenza!
Insomma, studiare e sperare così di essere in grado di osservare e analizzare,
ché la testa funziona a patto che la si tenga sulle spalle e non sulle palle!
Studiare e diventare capaci di meta-riflessione, a meno che non vogliamo, come
pare, rimanere alla mercé di una “massa e potere”.