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lunedì 1 dicembre 2025

LA LOTTA NON SI FA CON LA VOLUTTÀ
di Pierpaolo Calonaci



Apprendo con sanguigno e sommo sdegno che i cosiddetti proPal (una delle tante etichette create ad hoc) hanno devastato la sede de “La Stampa”. Se essere di sinistra e lottare significa solo coazione a ripetere la rabbia, con il suo sostrato di voluttà, allora non appartengo a questo modo di lottare! Non è troppo difficile né moralista vederci in questo attacco, la medesima volontà squadrista che colpì, alcuni fa, la sede della Cgil a Roma. La giornata del 29 novembre, in memoria della dignità del popolo palestinese e della sua interminabile sofferenza, è stata segnata da una piazza pressoché vuota. Ma ciò passa in secondo piano, quando va bene, rispetto alla notizia di questa devastazione. Devastazione che diventa, grazie all’indissolubile connubio informazione-potere, un pericolo pubblico e come tale viene divulgato e rappresentato. Davanti agli effetti perniciosi e destabilizzanti, questo ordine delle cose deve accompagnarsi al sentimento diffuso della minaccia. È l’invenzione ad hoc del primo morto, ossia il nemico da combattere a prescindere che abbia forma fisica o simbolica, quale elemento fondativo, ricorda Elias Canetti in Massa e potere, per dare avvio ad una guerra da parte del despota di turno. Nel nostro caso, il despota del governo fascista in carica con il suo braccio repressivo. Il primo morto di cui l’attuale DDL “sicurezza” non aspettava altro per legittimarsi e funzionare. L’indignazione è una parola ambigua; bisogna usarla con parsimonia. Perché se è composta esclusivamente dalla rabbia, allora non produce altro che caos. Ogni atto politico di repressione abbisogna di essere corroborato da un tipo di risposta sociale che confermi la sua natura repressiva. Ma è così difficile capire oggi questo? Perciò occorrerebbe ora come mai studiare i movimenti di liberazione! Studiarne la loro intima essenza quanto le forme di opposizione al dominio; studiarne le pedagogie con le quali avvicinavano il popolo per istruirlo a emanciparsi; studiarne con lena duratura i mezzi culturali, linguistici, comunicativi, le strategie quanto le teorie politiche in consonanza delle quali stabilire precisi fini. Studiarne la storia che li accomuna e li differenzia! Studiare i modi grazie ai quali essi abbandonarono la propria comoda sicumera borghese e intrapresero la via stretta, anzi strettissima, della Resistenza! Insomma, studiare e sperare così di essere in grado di osservare e analizzare, ché la testa funziona a patto che la si tenga sulle spalle e non sulle palle! Studiare e diventare capaci di meta-riflessione, a meno che non vogliamo, come pare, rimanere alla mercé di una “massa e potere”.