LA POESIA FA PAURA
di Anna Rutigliano
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| Dareen Tatour |
Può l’interpretazione traduttiva di una parola costituire un crimine e
detenere una poetessa, per quasi tre anni fra reclusione e arresti domiciliari,
per incitamento alla violenza, per aver sognato la propria patria libera da
qualunque occupazione e aver tramutato il proprio pensiero in poesia sui canali
mediatici? Della risposta e della cruda realtà della prigionia vissuta dalla
poetessa e attivista palestinese Dareen Tatour e da alcune sue compagne di
cella, rimando all’intervista del 12 luglio 2021 con la giornalista indiana
Kasturi Chakraborty, mentre di seguito, riporto una delle allucinazioni provate
dalla scrittrice durante gli arresti domicliari: quella sulla morte. (Dalla
traduzione inglese di Jonathan Wright della poesia di Dareen Tatour A Death
Hallucination, appartenente al ciclo di poesie A Poet’s Hallucinations, 2017).
Allucinazione di morte
Domani sarà la mia fine e rinascita
insieme.
Scriverò il mio nome sul cuscino,
la mia storia, la mia nascita e morte.
Domani si avvereranno i miei sogni presto
all’alba,
al simultaneo risveglio di amici, cigni,
passeri
e della rosa di Damasco.
Domani
raccoglierò le mie carte
e ciò che rimane dei ricordi,
alcune foto di persone a me care,
una foto di mia madre e mio padre,
le conserverò in borsa.
Sono così impaziente
di scavarmi la tomba con le mie stesse
mani.