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domenica 30 novembre 2025

LA POESIA FA PAURA
di Anna Rutigliano

Dareen Tatour
 
Può l’interpretazione traduttiva di una parola costituire un crimine e detenere una poetessa, per quasi tre anni fra reclusione e arresti domiciliari, per incitamento alla violenza, per aver sognato la propria patria libera da qualunque occupazione e aver tramutato il proprio pensiero in poesia sui canali mediatici? Della risposta e della cruda realtà della prigionia vissuta dalla poetessa e attivista palestinese Dareen Tatour e da alcune sue compagne di cella, rimando all’intervista del 12 luglio 2021 con la giornalista indiana Kasturi Chakraborty, mentre di seguito, riporto una delle allucinazioni provate dalla scrittrice durante gli arresti domicliari: quella sulla morte. (Dalla traduzione inglese di Jonathan Wright della poesia di Dareen Tatour A Death Hallucination, appartenente al ciclo di poesie A Poet’s Hallucinations, 2017).



Allucinazione di morte

Domani sarà la mia fine e rinascita insieme.
Scriverò il mio nome sul cuscino,
la mia storia, la mia nascita e morte.
Domani si avvereranno i miei sogni presto all’alba,
al simultaneo risveglio di amici, cigni, passeri
e della rosa di Damasco.
Domani
raccoglierò le mie carte
e ciò che rimane dei ricordi,
alcune foto di persone a me care,
una foto di mia madre e mio padre,
le conserverò in borsa.
Sono così impaziente
di scavarmi la tomba con le mie stesse mani.