La ragazza dal giubbino rosso Ormai la
vedevo da mesi ogni sabato pomeriggio infagottata nel suo giubbino rosso e un
berretto nero che le copriva capelli e gran parte del viso. Un signore alto con
barba, capelli lunghi e bandiera palestinese sulle spalle la spingeva sulla
sedia a rotelle. Lei affossata e ripiegata di lato senza forze sembrava assente
nel frastuono della manifestazione. Eppure una piccola banda di ottoni ruotava
intorno a lei. Musiciste e musicisti di mezza età imboccavano trombe, tromboni,
clarinetti, sax e tuba partendo all'unisono e intonando canzoni resistenziali.
E poi i canti spontanei di noi vicini del corteo attoniti e divertiti e
danzanti di una musica viva e piena di speranze. Non riuscivo a capire l’intesa
dei quindici fino a quando non ho visto uno dei suonatori di sax inginocchiato
davanti a lei. Confabulavano amichevolmente e ho capito che lei riusciva a dare
un segnale direttoriale con la minuscola mano da bambina. Era una musicista
anche lei? Sembrava contenta per l’incoraggiamento dell’amico ed alzando la
testa si era intravisto il viso e i capelli neri. Non appena la banda ripose
gli strumenti nella custodia la donna dal giubbino rosso chiuse gli occhi nel
silenzio interrotto dal suono di una lacrima.