L’economista
Olindo
Cervi a proposito dell’articolo di Francesca
Mezzadri apparso su “Odissea” martedì 16 dicembre scorso dal titolo “Il treno
dei bambini”https://libertariam.blogspot.com/2025/12/il-treno-dei-bambini-di-francesca.htmlci ha fatto pervenire
questo scritto. Noi
economisti siamo fortemente disprezzati causa le teorie neoliberiste che hanno
distrutto completamente due continenti, ma le assicuro che tanti di noi sono
ancora persone umane che pensano al bene comune e non al ladrocinio e alla
propaganda tanto di moda al giorno d’oggi. Da economista, oltre ad apprezzare
il valore storico-culturale del suo articolo, vorrei complimentarmi per aver
involontariamente (o forse no) messo in luce un caso di studio esemplare di
fallimento del mercato delle idee e di inefficienza nell’allocazione dei diritti
di proprietà intellettuale. La sua analisi, infatti, può essere letta come un
brillante report sull’asimmetria informativa e sull’esternalità negativa in un
settore cruciale: quello della produzione e distribuzione della memoria
collettiva. Le fornisco una mia lettura: 1.- Fallimento del Mercato e
Asimmetrie di Potere Il suo articolo documenta un
classico caso di “market for lemons” (articolo scritto da GeorgeAkerlof
premio Nobel per l’economia), adattato al mercato editoriale. AsimmetriaInformativa Il lettore (consumatore) non può
facilmente distinguere, nel prodotto finale (il romanzo di successo), la
“qualità” derivante dal lavoro di ricerca originale (di Rinaldi, Cappiello,
Piva) da quella della rielaborazione narrativa. L’informazione sulla provenienza
delle fonti è nascosta o opaca. SpiazzamentodelBenediQualità Il prodotto “low-cost” in termini
di investimento in ricerca (il romanzo che si appropria di narrazioni già
elaborate) cattura la maggior parte del profitto e dell’attenzione, rischiando
di spiazzare dal mercato i produttori del bene originale (la ricerca storica di
prima mano), che ha costi più alti e rendimenti economici più bassi. Questo
crea un incentivo perverso a investire in promozione più che in ricerca.
2.- Diritti di Proprietà
Intellettuale e Beni Pubblici La memoria storica documentata è
un bene pubblico nel senso economico: è non-rivale (molti possono usarla
contemporaneamente) e, in questo caso, non-escludibile (non si può impedire a
un autore di fiction di attingervi). Non si
tratta della sovra-utilizzazione tipica dei beni comuni, ma del problema
opposto: la sotto-ricompensa per i creatori originari. I ricercatori investono
risorse (tempo, denaro, capitale umano) per creare un bene (la narrazione
documentata) che poi diventa un input a costo quasi zero per un altro agente
(l’autore di fiction) che ne cattura la maggior parte del valore di mercato.
Questo disallinea incentivi e può portare a una sotto-produzione futura di
ricerca storica originale. 3.- Esternalità Negative e
Fallimento della Coordinazione Esternalità Negativa sulla
Ricerca: L’atto di non citare le fonti genera una esternalità negativa diretta
sui ricercatori: il loro lavoro viene svalutato economicamente e
simbolicamente, e il loro capitale reputazionale non viene “capitalizzato”. Il
mercato, da solo, non internalizza questo costo. Per i
singoli ricercatori, il costo di far valere i propri diritti morali
(attribuzione) e di negoziare un compenso (se dovuto) è proibitivo rispetto ai
benefici attesi. Questo rende inefficiente la soluzione privata e giustifica la
necessità di una norma sociale forte (l’etica della citazione) che il suo
articolo contribuisce a rafforzare.
4.- Investimento in Capitale
Sociale e Sovranità della Memoria Il suo lavoro tocca un punto
cruciale di economia politica: chi controlla e monetizza la narrazione della
memoria collettiva? Il “lavoro di ricerca povero” descritto è un investimento
in capitale sociale e culturale che produce un bene fondamentale per la
coesione sociale: una memoria condivisa e affidabile. Consentire che questo
bene venga privatizzato e rivenduto senza un riconoscimento adeguato crea una
distorsione nel mercato delle idee e una perdita di sovranità sulla nostra
stessa storia. La sua analisi è un potente argomento per la trasparenza come
regolamentazione necessaria per correggere questa distorsione.
Conclusione da povero economista: Il suo articolo non è solo un
contributo etico o storiografico. È un contributo a un principio caro agli
economisti con un’anima: l’efficienza del mercato culturale. Promuovendo
trasparenza, attribuzione chiara e riconoscimento del lavoro altrui, lei
propone un meccanismo per: a) Ridurre l’asimmetria
informativa tra produttori e consumatori di cultura. b) Allineare gli incentivi, in
modo che investire in ricerca originale torni ad essere premiato, anche
simbolicamente. c) Correggere l’esternalità
negativa sull’ecosistema della ricerca indipendente. d) Proteggere la diversità
produttiva nel mercato delle idee, evitando il monopolio narrativo di pochi
grandi attori. In sostanza, ha scritto un
articolo chiaro, accessibile e fondamentale per la salute del nostro mercato
culturale.