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sabato 1 febbraio 2014

L'articolo di Lubrano


CON I MURI SPORCHI 
LA CITTA' S'INCATTIVISCE

Credo che si possa guarire da molte gravi malattie,
ma all’imbecillità non c’è rimedio. Antonio Lubrano
segnala in questo scritto, una pratica divenuta sempre
più invasiva e rovinosa, per le casse pubbliche e per il
patrimonio artistico.

L'ultima offesa in ordine di tempo, e anche la più grave per Milano, è stata la casa di Alessandro Manzoni in via Visconti di Modrone: i vandali dello spray ne hanno devastato la facciata e il portone d'ingresso. Meno male che il Comune, pur avendo dichiarato più e più volte che non ha più soldi per ripulire le 25mila case “offese” dai graffitari e gli edifici pubblici colpiti dai tag(le firme dei vandali, ha provveduto immediatamente a restituire dignità all'abitazione dell'autore de I promessi sposi. Resta il fatto però che il fenomeno degli imbrattamuri si estende sempre di più, con un danno economico per le città di proporzioni spaventose. A Milano è stato calcolato che il colpo di spugna sulle facciate costerebbe cinque-sei miliardi di euro! Lo sgorbio vince, dunque, e i municipi si arrendono.
Ma è ancor più sconcertante, a mio avviso, il fatto che siano nate delle scuole di pensiero in qualche misura tolleranti. Distinguono, cioè, i writers veri (!) dai writers falsi. Non bisogna confondere, ammoniscono con l'indice alzato, gli “artisti della street art” con gli imbrattamuri. Questa tesi in particolare sembra sia stata avallata da una sentenza della Corte d'appello federale americana che qualche anno fa bocciò un'ordinanza del sindaco Bloomberg, in virtù della quale si vietava la vendita degli spray ai giovani dai 18 ai 21 anni. La disposizione del Comune fu ritenuta addirittura anticostituzionale: violazione del “diritto d’artista”! Capite? Cioè togliere il pennello alias bomboletta spray ai giovani cultori dello sgorbio, significa soffocare la libertà d’espressione, la creatività. E se poi in mezzo a loro si nasconde un Tiziano o un Caravaggio, un Picasso o un Raffaello, chi si prende la responsabilità di tarpargli le ali? Naturalmente i graffitari d’oltreoceano si sono subito ringalluzziti: “Ci hanno trattato come criminali mentre invece siamo artisti”.
La riprova di questa compiacenza nei confronti degli eroi dello sgorbio si è avuta qualche mese fa con l'assemblea dei tag in un altro luogo mitico di Milano, il Leoncavallo. I graffitari hanno chiesto al Comune di piantarla con la guerra: si sono detti “vittime di una repressione senza precedenti”. In realtà la giunta Pisapia ha intensificato la lotta agli imbrattamuri con una squadra di agenti municipali specializzati.
E infatti alcune ben mirate azioni di polizia e qualche severa condanna della magistratura cercano di frenare vivaddio lo scempio. Fece colpo, per esempio, nel settembre del 2013 la condanna a sei mesi inflitta dal tribunale di Milano a due writers per associazione a delinquere. E parve una svolta nella pluridecennale lotta ai “cultori della vernice pazza”, come li chiamava un grande giornalista scomparso, Alberto Ronchey, il patrocinio concesso un anno fa dal Ministero dei Beni Culturali all'Associazione Nazionale Antigraffitari, riconoscendo l'utilità delle sue iniziative per salvaguardare il decoro delle città. Ora però la stessa associazione anti si dice “pronta a dialogare con gli artisti”. Gli artisti? E chi sono? Quelli che alla fine del gennaio scorso hanno imbrattato il “Meneghino”, il nuovo treno della metropolitana non ancora in servizio, forzando la porta d'acciaio del deposito?
Secondo una ricerca olandese, avallata da Science, una delle più note riviste scientifiche, l'ambiente degradato da chi sporca le facciate delle case eserciterebbe una influenza negativa sulle persone, renderebbe “cattivi” i cittadini. E mi colpì in proposito l'annotazione di un lettore: “ Quando esco la mattina di casa e guardo i muri sporchi mi sento un po’ sporco anch'io”.
Ecco, alla luce di queste parole vorrei fare un accostamento. Il fenomeno dell’ambiente degradato che induce una parte dei cittadini (mai generalizzare, per carità!)a comportamenti e atti incivili somiglia molto all’altro fenomeno, quello dell’illegalità. Da alcuni anni in qua l’arbitrio sembra dominare le nostre giornate, le illegalità che si commettono sono ormai innumerevoli e ciò che più fa impressione è che gli esempi partono dall’alto: se il politico X, se l’amministratore pubblico Y fa così perché non posso farlo anch’io che sono l’ultima ruota del carro in questo Paese?
E poiché è caduta la certezza del diritto – i ladri non fanno nemmeno un giorno di carcere, i truffatori ad ogni livello evitano la galera con o senza indulto, gli assassini dopo un po’ tornano liberi – si è diffusa l’altra certezza, quella dell’impunità. E dunque, se qualche scapestrato si sveglia la mattina e con lo spray “scrive” sul mio portone perché io devo agire da persona civile? Me ne frego e comincio col fare le cose “cattive”che abitualmente non farei..
È triste, lo so. Mi piacerebbe avere torto. Poi, però, che cosa si scopre? Che i presunti o reali esponenti della street art farebbero il doppio gioco: di giorno creano “capolavori” sui muri della città e di notte devastano gli stessi muri con la loro firma(tag). A sospettarlo, badate, è la polizia, come ha scritto il Corriere della sera il 19 gennaio scorso. Un vero colpo di scena.E adesso, per colmo, il nuovo regolamento edilizio prevede l'obbligo per chi ci abita di tenere pulito il “volto” dello stabile. Con tanto di sanzione per i trasgressori. E noi, i condomini multati, non solo pagheremo di tasca nostra ma dovremmo pure distinguere tra writers artisti e cultori della vernice pazza? In realtà quello che sul piano culturale ci preoccupa, o ci dovrebbe preoccupare di più, è il fatto che con i muri violentati dai tag la città si incattivisce.

Antonio Lubrano