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giovedì 23 luglio 2015

Sedurre o governare?
di Giovanni Bianchi


Sedurre?
Sedurre è diventata una funzione da tempo interna e centrale al politico. Non è una novità. Delle capacità seduttive del generale De Gaulle si occuparono politologi non frivoli. Del carisma del generale si giovò la Resistenza francese e l'intera Repubblica dopo la crisi d'Algeria. Charles De Gaulle, uscito dal suo sdegnoso riserbo, chiuse la vicenda algerina in senso contrario rispetto alle aspettative di Salan e Massu, fece scrivere a Debré una nuova costituzione in una settimana e rimise la Francia e i francesi sul binario repubblicano. L'operazione fu indubbiamente consentita dal suo fascino seduttivo. E tuttavia seduzione e governo non coincidono. Giolitti, nella famosa lettera alla figlia, non solo non cercava di sedurre la Bella Italia, ma si spingeva a dire che il suo Paese aveva la gobba, e che lui a Palazzo Chigi si era dovuto industriare a confezionare un abito da gobbo…
Se ho evocato questa strana coppia del politico odierno è perché le esigenze mediatiche della leadership hanno di molto aumentato il tasso di seduzione necessario per governare. Con tutta una serie di insidie, di problemi e perfino di aporie. Altro infatti è sedurre e altro governare. Cosicché dai tempi del Generale molti hanno cercato di imitarlo senza averne la statura. Vale ancora la pena di osservare che la seduzione si giova di blandizie, di bugie, di sogni a occhi aperti raccontati agli spettatori.

Bonus o riforme?
Uscendo rapidamente di metafora si può per esempio dire che il seduttore politico odierno (le cose viaggiano così in Lombardia da qualche decennio) preferisce elargire bonus piuttosto che impegnarsi in riforme di struttura, in particolare per quel che riguarda il welfare e la sanità.
Il guaio palese è che il bonus crea affezione e tifo, mentre le riforme del welfare creano, in tempi un poco più lunghi, cittadinanza. Lo stesso vale circa il discorso sulle tasse e in generale sui temi che alludono alle riforme che interessano la gente, a partire dal fisco. Ho richiamato elementi che stanno sotto gli occhi di tutti perché il discorso sugli annunci si è fatto ancora una volta insistente, dal momento che tutti i leaders e i partiti appaiono più interessati a inseguire il consenso che a riformare il Paese. Insomma, non si mira a raddrizzare la gobba italica, ma dire che non c'è, che si può nascondere con un atto di felice sartoria o con un intervento chirurgico di tipo estetico, più acrobatico che possibile.
E gli italiani, o gli italici, come scrive Piero Bassetti?  Si tratta di vedere fino a quando staranno al gioco, perché la fine della credulità e del gioco segnerà, difficile dire quando, la fine delle arti seduttive. O almeno la fine di queste arti seduttive.

Confusione elettorale
E infatti grande sotto il cielo è la confusione non soltanto elettorale.
La Lega cresce, ma ancora ancorata alla divisione sinistra/destra. Il Movimento 5 Stelle è riuscito a far passare l'idea che loro non sono né a  destra né a sinistra, ma sono da qualche altra parte. Di volta in volta si tratterà di stabilire quale. Nel frattempo, nelle ultime tornate elettorali, il PD ha palesatto scarsa capacità di mobilitare il proprio elettorato. Dopo il grande risultato conseguito con un pieno di voti imprevisto alle europee giocate tutte su temi casalinghi, una scarsa capacità di sfondare a destra lo ha invece penalizzato nelle ultime elezioni regionali. Detto alle spicce, il PD si conferma comunque partito di centrosinistra.
Contemporaneamente si sta riorganizzando il centrodestra, che tenta disperatamente di diversificare la propria offerta politica. Tutto ciò ripropone il problema degli appelli e della capacità di far sognare -qui la seduzione- il proprio elettorato potenziale.
Renzi annuncia una "rivoluzione copernicana" del fisco nella direzione auspicata dalla maggioranza degli italiani, ma abbonda di etichette più che di contenuti, e imbocca una strada troppe volte indicata e incominciata dai suoi predecessori di diverso orientamento.
Problema. Intorno a che cosa si unisce un partito? Basta la leadership? Basta la leadership mediatica? Non è forse vero che alla fine anche la leadership deve dare un'idea e un orizzonte, e non degli spot?

Il programma
Siamo alle solite: senza un pensiero capace di programma e di orizzonte, c'è qualcosa che drammaticamente e malinconicamente assomiglia troppo al tifo sportivo. Michele Salvati evocava al convegno di val Tartano un programma di governo per il PD. Non posso che concordare: questa è l'idea di fondo e fondante di Luigi Sturzo. L'idea di programma, anzi il programma in sé caratterizza il Partito Popolare. Solo che dopo l'esaltazione del programma, Luigi Sturzo fa un'esortazione molto precisa: "Programmi, non persone". Valeva solo per la sua stagione politica? Un brillante dirigente del partito democratico lombardo ha osservato con molta franchezza nella sua analisi che "Renzi ha preso a sberle troppo persone".
Si tratta evidentemente di un benefico errore. Ma credo che il mio punto di vista sia diametralmente opposto allo spirito dell'osservazione dell’onesto dirigente lombardo. Perché? Perché ho sempre considerato e valutato i comportamenti del giovane leader democratico seguendo i canoni tradizionali del pensiero politico e non quelli dell'età evolutiva di Piaget. La giovane età non tragga in inganno. Napoleone Bonaparte aveva solo 27 anni quando intraprese la Campagna d'Italia. Quindi anche per Renzi, che è politico non solo di successo, più Machiavelli e meno Piaget. E infatti cosa diceva l'autore del Principe? Che gli avversari e le posizioni contrarie si spengono: "tale che la più sicura via è spegnerle". Verbo forte, deciso, violento, mortuario, col sentore di pugnali e di veleni che accompagna il governo nella stagione di Machiavelli. E siccome debbo smentire che un sortilegio notturno mi abbia trasformato improvvisamente in Jack lo squartatore o in un Renato Curcio di ritorno, mi sento obbligato a chiarire che il verbo spegnere in questo caso indica un'azione risolutiva: quella che spetta cioè al vero decisionista. L'icona c'è, vincente e precisa. In un pomeriggio Renzi porta il PD nella famiglia socialista europea. Bindi e Fioroni non emettono un lamento. Renzi dunque come Alessandro Magno ha tagliato il nodo gordiano? Non esageriamo e cerchiamo di essere in circostanziati. Matteo Renzi ha vista politicamente acutissima e si era da tempo accorto che il nodo, lasciamo perdere il gordiano, non c'era proprio più. L'azione è stata netta, rapida, risolutiva. Qui il corrusco verbo di Machiavelli, spegnere, s'è mostrato e ha funzionato.
Il dubbio allora è semmai un altro. Perché questo inseguimento costante, e non poco fastidioso, alle posizioni di Bindi, Bersani, Cuperlo, Speranza? Perché non li invita mai a togliere finalmente il disturbo, anziché minacciarlo continuamente, ed anzi afferma che non è nelle sue intenzioni metterli fuori dal partito? Credo che questa volta lo "stai sereno" di Matteo sia assolutamente sincero e motivato. Finché le scelte e le convinzioni del leader dei rottamatori e della velocità hanno come termine di confronto quelle degli avversari richiamati, il profilo renziano non solo risulta vincente, ma accattivante e in qualche caso perfino "gigantesco". E invece tolti di mezzo Bersani e la Rosy, il capo carismatico del PD apparirebbe probabilmente assai meno convincente e politicamente aitante. Il sano relativismo della politica risulta comunque un fattore ineliminabile di comparazione e di forza. Renzi ovviamente lo sa. Per questo si tiene stretti avversari, concorrenti e denigratori.


 Capacità di visione
Renzi insomma non deve abbassare la narrazione, ma dimostrare che la capacità di visione e di decisione non è troppo lontana dal suo mito mediatico. Di questo ha bisogno il Paese molto più del partito. È lo scarto troppo evidente tra il mito di Renzi (non c'è politica senza mito) e il decisionismo reale di Renzi che è troppo grande. La vicenda europea del confronto tra la Germania di Merkel e Schӓuble e la Grecia di Tsipras ha detto questo. E devo dire che il giudizio assolutorio di alcuni commentatori (Stefano Folli) non mi ha convinto. Non credo sia stata furbizia strategica la cautela e tantomeno la latitanza del nostro Premier. Chi ha visto che l'acqua può essere bassa può incamminarsi la prossima volta nel mare italiano, senza bisogno del costume da bagno, semplicemente risvoltando i pantaloni o la gonna. Altri interrogativi ovviamente si affollano, in particolare quelli che si interrogano sul passaggio da una democrazia consociativa a una democrazia dei leaders. Dal partito ideologico al partito programma? Non bisogna fare le cose troppo complicate. Diciamo il luogo, la natura, la sostanza del problema: Renzi ha saputo sedurre il Paese, ma adesso c'è bisogno di convincerlo di una missione e della capacità di farcela con il governo. Sullo sfondo evidentemente la sfida europea, che ci riguarda molto da vicino. Sedurre va bene, ma governare necesse est. Una necessità che con un altro verbo era dichiarata da quella Hansa Alemanna che pare viaggiare nell'inconscio e nello sfondo delle proposte europee della strana coppia di Berlino. Le cose vanno migliorando per la congiuntura globale ed europea anche nel nostro Paese. Viaggia positivamente la svalutazione introdotta. Il debito è molto grande, ma i tassi molto bassi. Ci stiamo anche avvantaggiando di un prezzo dell'energia a sua volta basso. Ma un interrogativo da tempo mi rode: la squadra di governo è in grado di affrontare la sfida? È in grado di farlo se l'Europa non è una soluzione, ma è diventata il problema? So benissimo, e mi fa piacere, che in termini di voti assoluti il PD è il più grosso partito in Europa. Ma si tratta anche di fare i conti con forze produttive sottoutilizzate. E poi: quali le competenze nella squadra di governo? Qualcuna c'è e non si può non vederla, ma la squadra è in troppi settori decisamente oratoriana, e non in nome della cultura cattolica del Paese o del leader. Le stesse ingegnerie che si affannano intorno al partito non paiono in grado di convincere. E allora? Andiamo ancora una volta per rimpasti? Nulla deve essere tralasciato...

Oltre la noia quotidiana
Ma siccome questa politica alla fine annoia non soltanto me con la sua quotidianità, voglio concludere con un riferimento al giubileo indetto da papa Francesco. L'uomo più impolitico che fa più politica nella nostra lunga penisola e nel mondo globale malamente globalizzato. Tutti sappiamo che, quasi ad aggredire alle fondamenta l'avidità che domina il mondo, papa Francesco ha intitolato il giubileo imprevisto alla misericordia. Il cardinale Martini amava ripetere che "la Bibbia non dà mai una definizione di misericordia". Forse per questo il Papa in carica ha moltiplicato le prove e gli esperimenti. A partire dal primo viaggio a Lampedusa.
Ha detto che la Chiesa non è un ospedale da campo e che è inutile fare diagnosi a chi sta morendo: più saggio provvedere a nutrirlo in fretta. La misericordia appare semanticamente e biblicamente legata a un moto delle viscere, non al calcolo delle statistiche. È un legame che genera popolo: non solo con un contratto, ma con qualcosa di antropologicamente viscerale.
Implica una visione universale. Non solo un legame, ma il rispetto radicale di tutti. (Quel rispetto da cui è attraversata tutta l'enciclica ecologica.) Come si lega tutto ciò con il programmato giubileo? Si tratterà di trovare dispositivi concreti. Anzitutto per ridare speranza a ogni generazione. Ricordava il solito Martini: "Il nostro è un Dio che non può sopportare che quanti ha amato e liberato siano ancor oppressi".
Già nella Evangelii gaudium il criterio di giudizio sono i poveri. Un forte pensiero sociale attraversa tutto il magistero di papa Bergoglio. Un atto d'accusa contro il paganesimo individualista. Un invito a costruire legami solidali all'interno della "società liquida".
A essere operatori di pace in un mondo in cui si sta combattendo la terza guerra mondiale "a pezzi". L'insistenza nel ripetere che "l'economia uccide". Ovviamente non si tratta di un invito a ritornare a baratto. Un invito piuttosto alla ecologia integrale. A riflettere sull'importanza dei processi partecipativi e a provare a metterli in atto. E, ribadito che Dio non è cattolico, si tratta di pensarlo come agente in tutti gli uomini. A tutto ciò allude e può alludere il giubileo della misericordia. Oltre un'Expo che altrimenti rischia di essere bella ma vuota. E soprattutto senza dimenticare che l'ecologia integrale è legata al bene comune. Ma allora, fino a quando dovremo leggere il Papa per dare qualche contenuto ai troppi discorsi politici che ci affliggono a reti unificate?