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martedì 4 agosto 2015

ANIMALI E GUERRA
di Angelo Gaccione

Nel “Genesi”, nel paragrafo della creazione dell’uomo si legge: “Crescite et multiplicamini, et dominamini piscibus maris, volatibus coeli et omnibus animalibus”. Dio dà dunque all’uomo, creato a sua immagine e somiglianza, il dominio su tutte le creature della natura, animali compresi. Gli uomini hanno asservito gli animali per il loro tornaconto, ben prima che venissero a conoscenza delle parole contenute nel primo libro del Pentateuco. La domesticazione non ne ha attenuato lo sfruttamento, se non in quelle civiltà che hanno considerato sacrali alcuni di essi, elevandoli ad ornamento della casa e addirittura adorandoli. Impiegati per la fatica fino allo stremo, gli uomini li hanno seppelliti persino nel buio delle miniere dopo averli “pietosamente” accecati. Il massimo della degradazione, gli uomini lo raggiungono, coinvolgendo queste povere creature nella più barbara e criminale pratica partorita dalla mente umana: la guerra. Elefanti, buoi, cammelli, cavalli, muli, asini, cani, gatti, piccioni… adoperati come macchine da guerra, come supporti logistici. Esistono fotografie in cui si vedono cavalli e muli bardati con maschere antigas; gatti adoperati per verificare l’esistenza di campi minati; cani con addosso esplosivo, volatili ammaestrati per rilievi fotografici dotati di macchine da ripresa. La pittura che li ritrae, così come la fotografia, non hanno suscitato nei critici d’arte e negli osservatori di quelle immagini, mai un solo commento di indignazione o di pietà verso queste involontarie vittime della follia umana. La battaglia di Anghiari con il suo terribile, forsennato scintillio di lance e di spade, come lo stordente clangore di una qualsiasi battaglia campale fatta di cannonate e di tamburi, non è drammatica solo per i corpi dei cavalieri e dei soldati che vi sono coinvolti. Guardate attentamente il pazzo terrore che promana dagli occhi di quelle creature coinvolte in un massacro di cui non capiscono il senso. Immaginate per un momento il battito dei loro cuori a mille per la pulsione del sangue, la lacerazione della carne, le amputazioni, gli urla, le grida, le esplosioni assordanti delle granate. Sono convinto che neppure i pittori che li hanno raffigurati nelle loro tavole o affrescati sulle pareti, si siano mai domandati che cosa potessero sentire nel loro corpo, che fremiti li attraversasse.
Nessun essere vivente potrà mai eguagliare la spietata, gratuita ferocia degli uomini. La guerra dimostra che la catalogazione imposta da questi ultimi alla natura, è arbitraria e falsa e i generi andrebbero capovolti. Alla luce di ciò che sappiamo e da come il suo comportamento si è rivelato nella storia, bisognerebbe operare una ulteriore distinzione-correzione all’interno dei cosiddetti regni della natura, secondo lo schema qui suggerito: minerale, vegetale, animale, bestiale-artificiale. Dove per regno animale (esseri dotati di un’anima), è da intendersi qualsiasi specie, (compreso quelle che l’uomo ha fatto scomparire), presente in terra, acqua e aria, e per regno bestiale-artificiale, la specie bipede dotata di parola. A quest’ultima categoria va attribuita senz’altro la nominazione che più le si addice: quella di bestia. Umanizzare gli anima-li, im-bestia-lire quelli che finora abbiamo definiti uomini, non solo è più vicino alla verità, ma è un atto di giustizia. Non esiste in natura nessun animale capace di fare più danni della bestia-artificiale definita uomo. Neppure le forze endogene come le abbiamo conosciute: terremoti, maremoti, meteoriti, uragani, e così enumerando. La sua crudeltà è razionalmente organizzata, scientificamente programmata, artificialmente elaborata e premeditata. Si fa torto agli animali facendo derivare da un retaggio primigenio appartenuto a questi ultimi, il comportamento belluino della bestia-artificiale. Evolvendo, cioè diventando altro, l’uomo ha perso la natura animale. Se ne è allontanato definitivamente fino al punto di non somigliarle più. Diventando bestiale-artificiale, la sua crudeltà è figlia di questa seconda e nuova natura. Questa sì belluina. La parola belluina era sconosciuta agli antichi e non era di certo riferita agli animali. La parola belluina (e dunque la sua natura) appartiene alla bestia-artificiale chiamata uomo e alla pratica da cui deriva: guerra. Guerra è un termine neutro: Bellum. Da bellum a belluino: la traslitterazione ha una solare evidenza. Guerra: la più spietata, crudele, fredda, impassibile e disumana pratica civica, concepita dalla bestia divenuta artificiale.