ANIMALI E GUERRA
di Angelo Gaccione
Nel
“Genesi”, nel paragrafo della creazione dell’uomo si legge: “Crescite et
multiplicamini, et dominamini piscibus maris, volatibus coeli et omnibus
animalibus”. Dio dà dunque all’uomo, creato a sua immagine e somiglianza, il
dominio su tutte le creature della natura, animali compresi. Gli uomini hanno
asservito gli animali per il loro tornaconto, ben prima che venissero a
conoscenza delle parole contenute nel primo libro del Pentateuco. La
domesticazione non ne ha attenuato lo sfruttamento, se non in quelle civiltà
che hanno considerato sacrali alcuni di essi, elevandoli ad ornamento della
casa e addirittura adorandoli. Impiegati per la fatica fino allo stremo, gli
uomini li hanno seppelliti persino nel buio delle miniere dopo averli
“pietosamente” accecati. Il massimo della degradazione, gli uomini lo
raggiungono, coinvolgendo queste povere creature nella più barbara e criminale
pratica partorita dalla mente umana: la guerra. Elefanti, buoi, cammelli,
cavalli, muli, asini, cani, gatti, piccioni… adoperati come macchine da guerra,
come supporti logistici. Esistono fotografie in cui si vedono cavalli e muli
bardati con maschere antigas; gatti adoperati per verificare l’esistenza di
campi minati; cani con addosso esplosivo, volatili ammaestrati per rilievi fotografici
dotati di macchine da ripresa. La pittura che li ritrae, così come la
fotografia, non hanno suscitato nei critici d’arte e negli osservatori di
quelle immagini, mai un solo commento di indignazione o di pietà verso queste
involontarie vittime della follia umana. La battaglia di Anghiari con il suo
terribile, forsennato scintillio di lance e di spade, come lo stordente
clangore di una qualsiasi battaglia campale fatta di cannonate e di tamburi,
non è drammatica solo per i corpi dei cavalieri e dei soldati che vi sono
coinvolti. Guardate attentamente il pazzo terrore che promana dagli occhi di
quelle creature coinvolte in un massacro di cui non capiscono il senso.
Immaginate per un momento il battito dei loro cuori a mille per la pulsione del
sangue, la lacerazione della carne, le amputazioni, gli urla, le grida, le
esplosioni assordanti delle granate. Sono convinto che neppure i pittori che li
hanno raffigurati nelle loro tavole o affrescati sulle pareti, si siano mai
domandati che cosa potessero sentire nel loro corpo, che fremiti li
attraversasse.
Nessun essere vivente
potrà mai eguagliare la spietata, gratuita ferocia degli uomini. La guerra
dimostra che la catalogazione imposta da questi ultimi alla natura, è
arbitraria e falsa e i generi andrebbero capovolti. Alla luce di ciò che
sappiamo e da come il suo comportamento si è rivelato nella storia,
bisognerebbe operare una ulteriore distinzione-correzione all’interno dei
cosiddetti regni della natura, secondo lo schema qui suggerito: minerale, vegetale,
animale, bestiale-artificiale. Dove per regno animale (esseri dotati di
un’anima), è da intendersi qualsiasi specie, (compreso quelle che l’uomo ha
fatto scomparire), presente in terra, acqua e aria, e per regno
bestiale-artificiale, la specie bipede dotata di parola. A quest’ultima
categoria va attribuita senz’altro la nominazione che più le si addice: quella
di bestia. Umanizzare gli anima-li,
im-bestia-lire quelli che finora
abbiamo definiti uomini, non solo è più vicino alla verità, ma è un atto di giustizia.
Non esiste in natura nessun animale capace di fare più danni della
bestia-artificiale definita uomo. Neppure le forze endogene come le abbiamo
conosciute: terremoti, maremoti, meteoriti, uragani, e così enumerando. La sua
crudeltà è razionalmente organizzata, scientificamente programmata,
artificialmente elaborata e premeditata. Si fa torto agli animali facendo
derivare da un retaggio primigenio appartenuto a questi ultimi, il
comportamento belluino della bestia-artificiale. Evolvendo, cioè diventando
altro, l’uomo ha perso la natura animale. Se ne è allontanato definitivamente
fino al punto di non somigliarle più. Diventando bestiale-artificiale, la sua
crudeltà è figlia di questa seconda e nuova natura. Questa sì belluina. La
parola belluina era sconosciuta agli antichi e non era di certo riferita agli
animali. La parola belluina (e dunque la sua natura) appartiene alla
bestia-artificiale chiamata uomo e alla pratica da cui deriva: guerra. Guerra è
un termine neutro: Bellum. Da bellum a belluino: la traslitterazione ha una
solare evidenza. Guerra: la più spietata, crudele, fredda, impassibile e
disumana pratica civica, concepita dalla bestia divenuta artificiale.