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domenica 31 luglio 2016

DOPO EXPO
di Jacopo Gardella


Primo piano dell'urbanista Jacopo Gardella con Gaccione
nella sede di "ChiAmaMilano"


A circa dieci anni dal giorno in cui è stata assegnata all’Italia la Esposizione Internazionale (EXPO 2015) il fatto che si sia deciso solo ultimamente ed affrettatamente la destinazione dei terreni in precedenza occupati dalla manifestazione è un fatto grave. Troppo lungo è stato il tempo necessario per avviare un programma che doveva e poteva essere tracciato già parecchi anni fa. Ancora più grave è il fatto che la recente decisione sia stata portata a termine senza una esauriente disamina dei pro e dei contro che essa comporta. Ed infine gravissimo il fatto che di tutte le possibili destinazioni quella scelta sia la peggiore.
Sui terreni lasciati liberi dai padiglioni si è deciso di costruire “Human Techno-pole” ossia un “polo tecnologico di eccellenza”, senza che mai si sia spiegato in termini chiari in che cosa consista concretamente questo “polo”. Ci si domanda di quali discipline è previsto l’insegnamento e la ricerca; in vista di quali sbocchi lavorativi i corsi verranno orientati? Sono tutte domande legittime e ragionevoli ma per ora rimaste senza una chiara ed esauriente risposta.
Se si pensa alle condizioni attuali delle nostre Università, al basso livello delle loro attrezzature, alla scarsità di personale docente, alla insufficienza dei loro servizi culturali, non si può che restare stupiti di fronte alla ingiustificabile scelta prevista per i terreni della EXPO. Perché invece di aprire nuovi costosissimi Atenei non si pensa di potenziare quelli già in funzione?

Una veduta di Expo

Avviare dal nulla una nuova Università non è compito da poco. Non consiste soltanto nella costruzione di immobili e di relative attrezzature; significa formare un corpo di nuovi docenti, preparati e capaci; studiare programmi di studio aggiornati ed approfonditi; prevedere una rete di collegamenti con Università di altri paesi. Annunciare la nascita di una Nuova Università senza prima avere illustrato come si pensa di farla nascere né avere spiegato come si intende farla vivere è una dimostrazione di scarsa serietà, un atto di leggerezza.
Stupisce anzitutto il fatto che i convinti sostenitori del polo tecnologico non abbiano mai presentato un conto dettagliato di costi e benefici, un calcolo preliminare dei finanziamenti necessari. Stupisce inoltre il fatto che non si sia fatta una previsione del numero complessivo di futuri studenti e neppure una analisi delle loro diverse provenienze. Infine stupisce che la nascita di un organismo scientifico e culturale di tanta importanza sia stato prospettato senza una seria e preventiva valutazione geografica estesa a tutto il territorio nazionale; senza una esauriente e dettagliata mappa dei centri universitari attualmente distribuiti nelle varie regioni d’Italia.
Con la decisione di inaugurare un nuovo centro nella Expo si aumentano i già numerosi poli universitari esistenti nel Nord Italia, mentre si dimenticano le regioni del Sud ancora oggi non sufficientemente servite di adeguate strutture scientifiche e culturali. Mentre ai giovani che abitano nel nord Italia sono offerte ampie possibilità di accrescere e completare il proprio corso di studi superiori, i giovani del sud Italia si trovano ancora in condizioni di altissima disoccupazione. La preoccupante mancanza di offerte lavorative è dovuta tra l’altro anche allo scarso livello di cultura posseduto dai molti giovani meridionali aspiranti ad un impiego fisso.
Ci si pone la legittima domanda – ovviamente retorica – se il “polo” proposto sui terreni dell’EXPO sia il modo giusto di attenuare il gravoso divario socio-economico tra Nord e Sud; se sia la via corretta per ridurre lo squilibrio fra due Italie tanto disuguali.

Una veduta di Porta Nuova

Dal momento che il “polo tecnologico” è da considerare una scelta indubbiamente sbagliata, quale potrebbe essere la destinazione alternativa da assegnare all’area della EXPO? A questa domanda occorre saper dare una risposta chiara ed esauriente dal momento che non è sufficiente individuare un errore senza cercarne un giusto rimedio; non basta rivolgere una critica senza proporne una appropriata correzione.
Il rimedio e la correzione risultano evidenti se si procede ad un esame della situazione socio-demografica in cui si trova oggi Milano. E’ sufficiente interrogare la maggior parte degli impiegati assunti in uffici pubblici e privati; e chiedere a loro dove abitano e quanto tempo impiegano per trasferirsi in ufficio alla mattina e rientrare in casa alla sera. Si scoprirebbe che la grande maggioranza degli intervistati non abitano in città e neppure in periferia, ma risiedono in località del territorio alquanto lontane. Ogni giorno essi perdono più di due ore in viaggi disagiati e lenti subendo una grave perdita di tempo, un nocivo accumulo di stanchezza, una logorante fatica psicologica. Tutto ciò mette in evidenza la impellente necessità di offrire ai molti lavoratori non ancora residenti nel territorio comunale una urgente sistemazione abitativa in prossimità delle loro sedi di lavoro. Un insediamento nei terreni EXPO 2015 a destinazione residenziale riservata a classi di ceto medio è da considerare la vera soluzione ragionevole, necessaria, meritevole di urgente realizzazione.


Foto di Giuseppe Denti

A Milano mancano case a prezzi accessibili; residenze a basso costo; appartamenti di valore commerciale adeguato agli stipendi correnti. Non vi possono essere dubbi sulla destinazione da dare ai terreni lasciati liberi dall’EXPO 2015: in quei terreni non dovrà nascere un inutile complesso scientifico-culturale ma un necessario insediamento residenziale; non dovrà sorgere una superflua struttura universitaria ma un utile quartiere di abitazioni; il quale sarà ben diverso tuttavia dai “ghetti” di lusso per classi agiate sorti in un passato più o meno recente: Milano San Felice, Milano Due, Milano Santa Giulia.
Due sono le spiegazioni che chiariscono come si sia potuti arrivare alla infelice scelta dello “Human Techno-pole”:
La prima spiegazione è la mancanza di una analisi urbanistica preliminare che giustifichi in modo convincente la scelta fatta senza che sia stata preceduta da un pensiero urbanistico approfondito e ponderato. La scelta, al contrario, è il risultato di una decisione affrettata, precipitosa, improvvisata frettolosamente per riempire il vuoto di programmi succeduto alla chiusura dell'EXPO.
La seconda spiegazione è la consapevolezza di poter vantare la destinazione universitaria come una scelta di grande prestigio, e quindi di difficile contestazione. Quale esperto di urbanistica potrebbe infatti censurare la destinazione proposta? Mettere in dubbio la sua missione così nobile e prestigiosa? Quale partito politico oserebbe contrastare il progetto presentato? Ostacolare le sue finalità così eccelse ed autorevoli?

L'albero della vita o Natura morta?

Ecco il motivo per cui si è preferita una destinazione sicura, prudente, esente da ogni rischio; una destinazione “politicamente molto corretta” se lo scopo consiste nel vederla rapidamente approvata; ma urbanisticamente “molto scorretta” se lo scopo è di migliorare lo sviluppo della nostra città.
Bocciare questa sconsiderata scelta richiederebbe la capacità di vedute urbanistiche larghe e lungimiranti; implicherebbe il coraggio di una opposizione ferma ed agguerrita. Nell’attuale clima di dilagante conformismo nessun politico nessun professionista nessun universitario dimostra di avere quella capacità né di possedere quel coraggio.