DOPO EXPO
di Jacopo Gardella
Primo piano dell'urbanista Jacopo Gardella con Gaccione nella sede di "ChiAmaMilano" |
A circa dieci anni dal giorno in cui è
stata assegnata all’Italia la Esposizione Internazionale (EXPO 2015) il fatto
che si sia deciso solo ultimamente ed affrettatamente la destinazione dei
terreni in precedenza occupati dalla manifestazione è un fatto grave. Troppo
lungo è stato il tempo necessario per avviare un programma che doveva e poteva
essere tracciato già parecchi anni fa. Ancora più grave è il fatto che la
recente decisione sia stata portata a termine senza una esauriente disamina dei
pro e dei contro che essa comporta. Ed infine gravissimo il fatto che di tutte
le possibili destinazioni quella scelta sia la peggiore.
Sui terreni lasciati liberi dai padiglioni si è deciso
di costruire “Human Techno-pole” ossia un “polo tecnologico di eccellenza”,
senza che mai si sia spiegato in termini chiari in che cosa consista
concretamente questo “polo”. Ci si domanda di quali discipline è previsto
l’insegnamento e la ricerca; in vista di quali sbocchi lavorativi i corsi verranno
orientati? Sono tutte domande legittime e ragionevoli ma per ora rimaste senza
una chiara ed esauriente risposta.
Se si pensa alle condizioni attuali delle nostre
Università, al basso livello delle loro attrezzature, alla scarsità di
personale docente, alla insufficienza dei loro servizi culturali, non si può
che restare stupiti di fronte alla ingiustificabile scelta prevista per i
terreni della EXPO. Perché invece di aprire nuovi costosissimi Atenei non si
pensa di potenziare quelli già in funzione?
Una veduta di Expo |
Avviare dal nulla una nuova Università non è compito da
poco. Non consiste soltanto nella costruzione di immobili e di relative
attrezzature; significa formare un corpo di nuovi docenti, preparati e capaci;
studiare programmi di studio aggiornati ed approfonditi; prevedere una rete di
collegamenti con Università di altri paesi. Annunciare la nascita di una Nuova
Università senza prima avere illustrato come si pensa di farla nascere né avere
spiegato come si intende farla vivere è una dimostrazione di scarsa serietà, un
atto di leggerezza.
Stupisce anzitutto il fatto che i convinti sostenitori
del polo tecnologico non abbiano mai presentato un conto dettagliato di costi e
benefici, un calcolo preliminare dei finanziamenti necessari. Stupisce inoltre
il fatto che non si sia fatta una previsione del numero complessivo di futuri
studenti e neppure una analisi delle loro diverse provenienze. Infine stupisce
che la nascita di un organismo scientifico e culturale di tanta importanza sia
stato prospettato senza una seria e preventiva valutazione geografica estesa a
tutto il territorio nazionale; senza una esauriente e dettagliata mappa dei
centri universitari attualmente distribuiti nelle varie regioni d’Italia.
Con la decisione di inaugurare un nuovo centro nella
Expo si aumentano i già numerosi poli universitari esistenti nel Nord Italia,
mentre si dimenticano le regioni del Sud ancora oggi non sufficientemente
servite di adeguate strutture scientifiche e culturali. Mentre ai giovani che
abitano nel nord Italia sono offerte ampie possibilità di accrescere e
completare il proprio corso di studi superiori, i giovani del sud Italia si
trovano ancora in condizioni di altissima disoccupazione. La preoccupante
mancanza di offerte lavorative è dovuta tra l’altro anche allo scarso livello
di cultura posseduto dai molti giovani meridionali aspiranti ad un impiego
fisso.
Ci si pone la legittima domanda – ovviamente retorica –
se il “polo” proposto sui terreni dell’EXPO sia il modo giusto di attenuare il
gravoso divario socio-economico tra Nord e Sud; se sia la via corretta per
ridurre lo squilibrio fra due Italie tanto disuguali.
Una veduta di Porta Nuova |
Dal momento che il “polo tecnologico” è da considerare
una scelta indubbiamente sbagliata, quale potrebbe essere la destinazione
alternativa da assegnare all’area della EXPO? A questa domanda occorre saper
dare una risposta chiara ed esauriente dal momento che non è sufficiente
individuare un errore senza cercarne un giusto rimedio; non basta rivolgere una
critica senza proporne una appropriata correzione.
Il rimedio e la correzione risultano evidenti se si
procede ad un esame della situazione socio-demografica in cui si trova oggi
Milano. E’ sufficiente interrogare la maggior parte degli impiegati assunti in
uffici pubblici e privati; e chiedere a loro dove abitano e quanto tempo
impiegano per trasferirsi in ufficio alla mattina e rientrare in casa alla
sera. Si scoprirebbe che la grande maggioranza degli intervistati non abitano
in città e neppure in periferia, ma risiedono in località del territorio alquanto
lontane. Ogni giorno essi perdono più di due ore in viaggi disagiati e lenti
subendo una grave perdita di tempo, un nocivo accumulo di stanchezza, una
logorante fatica psicologica. Tutto ciò mette in evidenza la impellente
necessità di offrire ai molti lavoratori non ancora residenti nel territorio
comunale una urgente sistemazione abitativa in prossimità delle loro sedi di
lavoro. Un insediamento nei terreni EXPO 2015 a destinazione residenziale
riservata a classi di ceto medio è da considerare la vera soluzione
ragionevole, necessaria, meritevole di urgente realizzazione.
Foto di Giuseppe Denti |
A Milano mancano case a prezzi accessibili; residenze a
basso costo; appartamenti di valore commerciale adeguato agli stipendi
correnti. Non vi possono essere dubbi sulla destinazione da dare ai terreni
lasciati liberi dall’EXPO 2015: in quei terreni non dovrà nascere un inutile
complesso scientifico-culturale ma un necessario insediamento residenziale; non
dovrà sorgere una superflua struttura universitaria ma un utile quartiere di abitazioni;
il quale sarà ben diverso tuttavia dai “ghetti” di lusso per classi agiate
sorti in un passato più o meno recente: Milano San Felice, Milano Due, Milano
Santa Giulia.
Due sono le spiegazioni che chiariscono come si sia
potuti arrivare alla infelice scelta dello “Human Techno-pole”:
La prima spiegazione è la mancanza di una analisi
urbanistica preliminare che giustifichi in modo convincente la scelta fatta
senza che sia stata preceduta da un pensiero urbanistico approfondito e
ponderato. La scelta, al contrario, è il risultato di una decisione affrettata,
precipitosa, improvvisata frettolosamente per riempire il vuoto di programmi
succeduto alla chiusura dell'EXPO.
La seconda spiegazione è la consapevolezza di poter
vantare la destinazione universitaria come una scelta di grande prestigio, e
quindi di difficile contestazione. Quale esperto di urbanistica potrebbe
infatti censurare la destinazione proposta? Mettere in dubbio la sua missione
così nobile e prestigiosa? Quale partito politico oserebbe contrastare il
progetto presentato? Ostacolare le sue finalità così eccelse ed autorevoli?
L'albero della vita o Natura morta? |
Ecco il motivo per cui si è preferita una destinazione
sicura, prudente, esente da ogni rischio; una destinazione “politicamente molto
corretta” se lo scopo consiste nel vederla rapidamente approvata; ma
urbanisticamente “molto scorretta” se lo scopo è di migliorare lo sviluppo
della nostra città.
Bocciare questa sconsiderata scelta richiederebbe la
capacità di vedute urbanistiche larghe e lungimiranti; implicherebbe il
coraggio di una opposizione ferma ed agguerrita. Nell’attuale clima di
dilagante conformismo nessun politico nessun professionista nessun
universitario dimostra di avere quella capacità né di possedere quel coraggio.