Leggere
questa recensione di Massimo Del Pizzo apparsa ieri su “Odissea”https://libertariam.blogspot.com/2025/11/scaffali-di-massimo-del-pizzo-il-senso.html, mi ha
riportato immediatamente alle sensazioni che ho provato quando, per ‘Satisfiction’,
mi sono immerso anch’io ne Il giallodel Semaforo di Valeria Di
Felice. Ritrovo qui, con piacere, quella stessa percezione di sospensione e di
scarto che mi aveva colpito: la capacità dell’autrice di prendere l’ordinario e
di decentrarlo, di collocarlo in un altrove che non è evasione, ma
intensificazione del reale. Mi ritrovo soprattutto nell’idea - così ben messa a
fuoco - che la poesia di Di Felice non offra appigli consolatori. Anche nella
mia lettura era emersa questa postura radicale: una poesia che non “traduce” il
mondo, ma lo disturba, lo incrina, lo apre a un’interrogazione che non vuole
chiudersi. Ritrovo con particolare nitidezza la potenza della sua oggettistica
“stravolta”: quegli oggetti minimi, quasi sempre laterali nella vita
quotidiana, che nelle sue mani diventano rivelatori di uno smarrimento lucido,
di un’attenzione che non concede semplificazioni. Mi ha colpito anche il riferimento
a Baudelaire e alla sua scandalosa fratellanza: è vero, in queste poesie la
relazione tra chi scrive e chi legge è sorprendentemente diretta, quasi
brutale, come se la voce poetica ci spingesse in avanti, dentro quella soglia
gialla dove nulla è ancora definito. Anch’io, nel mio commento, avevo insistito
su questa idea del giallo come stato dell’essere, come luogo intermedio in cui
la visione si affila. È una recensione che mi trova in sintonia profonda: mette
in rilievo la vibrazione verticale, inquieta, del libro senza addomesticarne le
asperità. E mi conferma una volta di più quanto questo volume, sotto il suo
apparente minimalismo iconico, custodisca un modo di guardare la realtà che non
si lascia ridurre né pacificare. Un bel contributo al dialogo intorno a
un’opera che merita davvero attenzione.