PRIVATIZZARE. A QUANDO ANCHE L’ARIA?
di Franco Bordoli
La Palazzina Liberty deve rimanere un bene a gestione
pubblica.
La “Palazzina Liberty Dario Fo e Franca Rame”, ad
oggi ancora di proprietà del Comune di Milano, non è semplicemente un edificio
dedicato alla fruizione culturale tra i più rappresentativi di Milano, ma anche
luogo-simbolo della storia del commercio, del dibattito
artistico-intellettuale, della partecipazione politica, delle rivendicazioni
della stagione dei Movimenti degli anni Settanta che l'hanno coinvolta come testimone
privilegiato di alcuni momenti propedeutici alla definizione dell'identità non
solo del nostro quartiere, ma anche della nostra città.
La costruzione risale al 1908, su progetto dell'architetto
Alberto Migliorini, che la concepisce come centro di ristoro della nuova sede
del mercato ortofrutticolo milanese. La crisi economica italiana in quell'anno
raggiunge il suo livello più aggressivo, con riflessi devastanti sulle
industrie tessili, metallurgiche e meccaniche ai quali si cerca di porre
rimedio mediante i consorzi monopolistici. La crisi colpisce solo in parte il
settore agricolo, e il nuovo mercato necessitava di un suo “quartier generale”.
Non solo caffè- ristorante, quindi, ma anche sede delle contrattazioni economiche
tra grossisti, rivenditori, semplici contadini, la Palazzina diviene il centro
degli affari del nuovo impianto a gestione municipale che, come da delibera
approvata dalla Giunta nel dicembre 1908, è trasferito da corso di Porta
Vittoria nello spazio già parzialmente occupato dall'antico Fortino austriaco
tra le vie Cadore, Anfossi, viale Umbria e corso XXII marzo. Un’area di più di
73.000 metri quadrati, complementare agli spazi adibiti ai servizi accessori
tra le vie Cadore, Anfossi, Anzani e Bezzecca.
Sfruttando la vicinanza dello scalo di Porta Vittoria, quella
di viale Umbria è sicuramente una collocazione più favorevole alla gestione e
allo sviluppo del mercato rispetto alle tre precedenti (piazza Fontana, fino al
1799, piazza Santo Stefano, fino al 1873 e corso di Porta Vittoria), tant’è che
lì rimarrà per una sessantina di anni, fino al trasferimento definitivo in via
Lombroso. L'elegante cancellata del Mercato si apre ogni giorno a 9.000 persone
con titolo di ingresso (dal personale di servizio ai grossisti), il Comune
vigila sulla qualità delle derrate esposte e sui prezzi che vengono pubblicati
sul bollettino giornaliero e poi diffusi sulla rete nazionale. Magazzini,
tettoie per produttori e rivenditori, edifici che ospitavano gli uffici di direzione,
poste e telegrafi, decine di lampade elettriche su colonne di ghisa e
fontanelle circondavano la Palazzina Liberty, unico edificio ad oggi conservato
dell'intera struttura e, sicuramente, il più interessante agli occhi di chi si
lascia coinvolgere e affascinare dalla sua architettura. La facciata è in stile
Art Nouveau (come veniva definito lo
stile Liberty fuori dai confini italiani), sede di ampie vetrate in ferro e
ricca di motivi decorativi in cemento martellinato, piastrelle ceramicate ornate
con motivi floreali dai colori vivaci. L’area interna è divisa in tre parti
longitudinali: al centro una grande e luminosa sala con colonne a sezione
quadrangolare decorati in coerenza agli elementi esterni, e, ai lati, due aree
più contenute dotate di palchi sopraelevati. Osservando la Palazzina, appare
evidente come la “nuova arte”, contrapponendosi all’eclettismo, agli stili
storici e alla meccanizzazione del prodotto artistico, preludio alla
degenerazione del gusto che l’industrializzazione aveva portato, sia in grado
di rivalutare la capacità dell’artista come artigiano (non a caso, in
territorio anglosassone si parla di Arts and Crafts) e il valore estetico di
ogni oggetto prodotto, anche di quelli più quotidiani. Un’arte apprezzata dalla
borghesia milanese (della quale facevano parte i compratori all’ingrosso e i
grossisti che frequentavano il Mercato) che qualcuno definisce un autentico
tentativo di riforma di vita e che, grazie ai suoi richiami alle strutture dal
perimetro arrotondato e dalle linee eleganti (come le due parti laterali della
Palazzina) richiama e rappresenta, nei motivi delle decorazioni, l’elemento
naturale che viene, in questo contesto non solo rappresentato ma anche vissuto,
acquistato, venduto, osservato, dibattuto. Il valore estetico con il Liberty e,
in generale, con l’arte nuova, viene così portato all’esterno, diventa simbolo
della classe dirigente e non più egoisticamente conservato in rifugi chiusi
come nel caso degli eroi dei romanzi decadenti di Wilde e di Huysmans. Già due
anni prima della costruzione della Palazzina, lo stile Liberty aveva
caratterizzato il Padiglione Agraria dell’Esposizione Internazionale di Milano,
celebrazione del commercio e della scienza alla luce dell'inaugurazione
dell'apertura del Traforo del Sempione, ad uso della prima linea ferroviaria
diretta tra Milano e Parigi.
Incontro nel parco della Palazzina
Il contesto milanese in cui si colloca il nuovo
mercato ortofrutticolo del Parco Formentano non è solamente quello che vede il
trionfo e l’esaltazione del commercio e della nuova borghesia nata col progresso
tecnico-scientifico (all’alba del nuovo secolo in Italia circolavano 226
automobili, la maggior parte delle quali a Milano), ma anche dei primi,
importanti, conflitti di classe iniziati con il sorgere delle prime grandi industrie.
Dopo la morte dell’anarchico Bresci in carcere nel 1901 viene proclamato lo
sciopero generale, l’anno seguente scioperano le piscinine (le ragazze che consegnavano gli abiti confezionati dalle
sarte alle clienti); il Primo Maggio dell’anno seguente, per la prima volta,
anche le operaie entrano all’Arena per celebrare la Festa del Lavoro; il 16
settembre 1904 la Camera del Lavoro di Milano proclama lo sciopero generale
dopo l’uccisione da parte delle truppe regie di quattro minatori di Buggerru,
in Sardegna, durante una manifestazione.
Lo sciopero, che dura cinque giorni, viene ricordato come la prima
mobilitazione nazionale italiana. Nel 1906 viene completata la costruzione del
Quartiere Operaio di via Solaro (oggi via Solari) su iniziativa della Società
Umanitaria. All’opposto del Liberty amato dalla borghesia milanese, l’iconografia
dei proletari ha come sua rappresentazione il divisionismo del Quarto Stato
di Pellizza da Volpedo, ultimato nel 1901 dopo i moti di Milano del 6-9 maggio
1898, duramente repressi (più di cento furono i morti) dai cannoni del generale
Bava Beccaris che ancora risuonano nelle coscienze dei lavoratori milanesi dei
primissimi anni del Novecento. La Milano che assiste alla costruzione della
Palazzina Liberty non è, quindi, solamente quella del commercio, ma anche
quella delle lotte per la giustizia sociale, che contribuiscono alla vittoria
dei socialisti alle elezioni amministrative del 1913 e alla nomina di Sindaco
di Emilio Caldara.
Dario Fo in una vignetta di
Gianluca Costantini
Durante gli anni del Primo e Secondo dopoguerra la Palazzina
prosegue la sua funzione di ristoro all’interno del Mercato che, durante gli
anni Cinquanta, viene adeguato alle nuove esigenze imposte dall’incremento
della richiesta di derrate: le operazioni di vendita sono rese più rapide e
agevoli, il sistema della formazione dei prezzi viene ammodernato grazie a un
tabellone automatico, i 1500 facchini vengono regolarizzati con salari adeguati
e oneri previdenziali (mai pagati fino ad allora), viene intensificata la lotta
alle frodi. Tuttavia, a ridosso degli anni Sessanta, la Giunta inizia a cercare
una collocazione più idonea alle nuove esigenze di conservazione e
distribuzione dei prodotti ortofrutticoli. I magazzini, le tettoie, il
tabellone dei prezzi vengono smontati e il Mercato trasferito in via Lombroso,
dove verrà inaugurato il 25 giugno del 1960 alla presenza del Presidente della
Repubblica Giuseppe Ronchi. È la nascita del Nuovo Mercato Ortofrutticolo.
Della vecchia struttura rimane solo la Palazzina Liberty.
Gianluca Costantini