UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

giovedì 30 giugno 2022

ELOGIO DEGLI UTOPISTI
di Angelo Gaccione



 
Ho volutamente, nel titolo di questo scritto, messo l’accento sugli artefici, i costruttori, invece che sul concetto, perché è la passione indefessa dei primi (gli utopisti) a dare corpo e sostanza alla “cosa” (l’utopia). Posta così la questione, i detrattori dell’utopia non hanno alibi: i primi sono uomini che agiscono, lottano, producono idee, si impegnano per dare corpo alle loro visioni; mentre i detrattori sono dei morti in vita, degli ignavi; si credono realisti, e se ne vantano, perché accettano il mondo così com’è, storture e disastro ecologico-nucleare compresi. La loro passiva indifferenza non serve che a giustificare lo status quo, il conformismo, il senso comune. Rappresentano la zavorra, “il peso morto della storia”, come ha scritto con molta efficacia Gramsci. Il vero realista è proprio l’utopista, perché entra concretamente in conflitto con una vita disumana e minacciata, e si dà da fare per realizzarne una che rimuova tali minacce. “Una mappa del mondo che non contiene il Paese dell’Utopia non è degno nemmeno di uno sguardo, perché non contempla il solo Paese al quale l’Umanità approda di continuo. E quando vi getta l’àncora, la vedetta scorge un Paese migliore e l’Umanità di nuovo fa vela. Il progresso altro non è che il farsi storia delle utopie”. Conosciamo tutti queste parole di Oscar Wilde a proposito dell’utopia, e non c’è bisogno di alcuna chiosa interpretativa. Mai si era sentita tanta ostilità verso l’idea considerata utopistica del disarmo e della pace, come durante questo insensato, criminale, realistico, concreto, conflitto russo-ucraino. Mai i fautori del realismo, decisi a rispondere a bombe con bombe, a fuoco con fuoco, a guerra con guerra, si sono trovati prigionieri impotenti della loro tragica realtà. Della loro “realpolitik”. Una realtà fatta di morte, di devastazione, di profughi. Una realtà perversa, mortifera, irrazionale. E mai è stato così lungimirante, necessario, concreto, urgente, contrapporre a questa insana e infausta realtà, la forza ragionevole e generosa dell’utopia basata sul dialogo, il cessate il fuoco, il negoziato, la richiesta perentoria della abolizione delle armi di sterminio, dello scioglimento delle alleanze foriere di tensioni, dell’obbligo del disarmo, pena la fine della vita stessa del genere umano. Utopia è basare l’illusione della propria sicurezza e quella del nostro pianeta sull’esistenza di migliaia di testate nucleari, su eserciti sempre più agguerriti e dotati di mezzi altamente distruttivi, su una spesa militare che ha superato i due mila miliardi di dollari. Questa sì è utopia e follia ad un tempo, incapace com’è di trovare una via d’uscita, e il cui esito non potrà che essere il disastro generale. Al contrario, quanti a questo delirio si sono opposti e si oppongono, vogliono preservare vite, impedire odio, suggerire un altro modo di impiegare l’enorme ricchezza sprecata per accumulare ordigni di morte. Quale fra queste due visioni è più razionale, umana, necessaria? Giudicate voi. Il realismo è intellettualmente pigro, prevedibile, ottuso. È impotente e incapace di osare. Gli utopisti tutto questo lo sanno. Sanno che ogni costruzione umana, proprio perché fatta dagli uomini, può da altri uomini essere modificata in meglio. Seppure minoritari si applicano con tenacia a quest’opera di modifica. E si deve alla loro perseveranza se la speranza resta viva, e se non disperiamo del tutto della piega infame che i “realisti” hanno impresso al corso della storia.  

DIFENDERE ASSANGE



Non sono perseguiti i fatti criminali del potere, ma il giornalismo coraggioso che li denuncia.

 

CURDI. NON MUOVEREMO UN DITO




STRAGE DI MELILLA   

 
Il 24 giugno scorso nell’enclave di Melilla, al confine tra Marocco e Spagna, è avvenuta l’ennesima strage di innocenti! Orrore e morte alle frontiere dell’Europa nascono da una politica razzista e criminale che l’Europa ha adottato e che è conosciuta con il nome di “esternalizzazione delle frontiere.”
All’alba del 24 giugno circa duemila profughi africani (in buona parte sudanesi, costretti a fuggire dal Sudan e dal Sud Sudan (in guerra civile) hanno tentato di superare la rete metallica di confine, alta dieci metri! Solo 500 di loro sono riusciti a raggiungere il valico di confine ed hanno assaltato l’ingresso. La polizia è subito intervenuta con il lancio di lacrimogeni, generando una spaventosa calca. Si parla di 37 profughi morti e numerosi feriti gravemente. Solo 130 sono riusciti ad entrare all’interno dell’enclave spagnola, ma purtroppo numerosi sono stati forzatamente costretti a ritornare in Marocco, in violazione della legge internazionale. Molti feriti anche tra i poliziotti marocchini e spagnoli. E’ questo il frutto amaro dei recenti accordi tra Spagna e Marocco in attuazione della cosiddetta politica di “esternalizzazione delle frontiere” che prevede lauti finanziamenti da parte dell’Europa ai governi del Marocco, Libia, Tunisia, Turchia perché trattengano sul loro suolo i profughi in fuga da guerre, da fame e cambiamenti climatici.  Sono i disperati della storia che premono alle nostre frontiere e che noi respingiamo. Questo è un genocidio strutturale. Questa è l’evidente negazione dei diritti umani e, primo tra tutti, del diritto alla vita. 
Sappiamo che le frontiere europee sono altamente ‘permeabili’ al traffico di armi, di organi, di bambini, di donne, di esseri umani, di animali e di sostanze illecite. Ma le stesse frontiere europee sono quasi totalmente ‘impermeabili’ per coloro che, vittime di questo nostro sistema economico finanziario-militarizzato, fuggono e cercano riparo da guerre, povertà, torture e carestie. 
È un crimine contro l’umanità perpetrato in nostro nome.
Non possiamo tacere ma abbiamo il dovere di testimoniare e di opporci ad un genocidio che il nostro mondo occidentale commette legalmente contro decine di migliaia di disperati in cerca di speranza (quasi 50.000 sono sepolti nel Mediterraneo).
“È inaccettabile che il negriero di ieri sopravviva nei governi che oggi tornano a incatenare la libertà degli africani, subordinandola agli stessi interessi e allo stesso potere” così scriveva il vescovo Angelo Agrelo, vescovo di Tangeri (Marocco) quando, il 6 febbraio 2014, 15 profughi furono uccisi nel tentativo di scavalcare la rete metallica dell’enclave di Ceuta.
Per questo invitiamo tutti gli individui e tutte le realtà associative di volontariato e attivismo civile, sensibili a quanto sta accadendo ai nostri fratelli profughi, a scendere nelle piazze d’Italia per dichiarare il nostro No all’esternalizzazione delle frontiere e per chiedere il rispetto del diritto alla libera circolazione dei migranti e a garantire percorsi sicuri e legali di movimento.
 
Aderiscono:
Digiuno di giustizia in solidarietà con i migranti 
Le Veglie contro le Morti in Mare 
Refugees Welcome Napoli
Donne in Nero Napoli
Donne in Nero Bergamo
Centro Sociale ex Canapificio
Movimento Migranti e Rifugiati di Caserta
Mediterranea SH Napoli
Mediterranea SH Milano
Rete Antirazzista Catanese
ANPI Codè Montagnani Marelli (MI)
BAOBAB Experience
Gruppo Porti Aperti Milano
Rete Milano Senza Frontiere
UDI
Associazione Energia per i Diritti Umani
Ora in silenzio per la Pace Genova

 

 

VILLA PALLAVICINI


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POETI AL PASSANTE
Milano 10 - 16 - 17 luglio ore 16
Stazione di Porta Vittoria.


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mercoledì 29 giugno 2022

IN DIALOGO

 
Guerra e potere.
 
Pozzi. Il potere quando si autorizza da sé senza l’approvazione del popolo che dovrebbe rappresentare è sempre segreto e diabolico. Una domanda aggiuntiva, allora, interrogando ciò che non hai scritto nel tuo pamphlet Scritti contro la guerra, ma che sottolinei nel tono, nello stile deciso ed irruento contro i “guerrafondai” e chi “ama le armi”. Prendo piccoli spunti dalla psicoanalisi. Eistein fu molto deluso da Freud, nel loro carteggio «Perché la guerra?». Ascoltando i suoi pazienti sul lettino, Freud sapeva che il conflitto e la guerra non sono eradicabili ma scrive indicazioni illuminanti sull’atto criminale per senso di colpa, per esempio. Non aveva conosciuto lo scempio delle bombe atomiche sulle città del Giappone. Fornari e Lacan conoscevano questa devastazione apocalittica. L’utopia di Fornari vuole insegnare la psicoanalisi attraverso i banchi di scuola come strumento utile alla elaborazione dei conflitti. L’antidoto alla guerra ed ai conflitti siamo proprio noi, ciascuno di noi, avendo imparato a riconoscere, interpretare e svelare il potere pantoclastico del sogno onnipotente anche di uno solo dei codici affettivi che regolano il funzionamento della “buona famiglia interna”. Un sogno da cui salvarci svegliandoci insieme, nelle istituzioni e nella società in cui viviamo. Lacan arriva a mettere l’accento sulla potenza del godimento mortifero che trascina il soggetto nel gorgo della pulsione di morte allo stato puro. La via di uscita è la necessità di un legame operante tra desiderio e pulsione. Il valore complesso e salvifico dell’annodamento tra immaginario, simbolico e reale offre il campo per elaborare e trovare risposte possibili alla gestione soggettiva e sociale del godimento distruttivo. Lo strapotere devastante ed inarrestabile del godimento è alla portata di tutti. Il generale ceceno senza pudore né senso di colpa e spavaldamente dice al giornalista: Mi piace fare la guerra ed uccidere. Il godimento di uccidere è lo stesso godimento di chi detiene il potere ed imbroglia il suo popolo? Che rimedio abbiamo davanti a tale potere godente? Freud si è chiamato fuori, Fornari non ha avuto seguito e Lacan è considerato troppo difficile. Eppure l’antidoto siamo noi, uno per uno. La guerra Russia-Ucraina ha sdoganato l’odio come grande godimento che pervade e contamina tutti gli strati della popolazione, centuplicando il suo potere grazie alla propaganda che reinventa la storia e gli eventi. I social e le immagini della televisione ci illudono di assistere ad uno spettacolo senza farci incontrare l’esperienza reale della distruzione. La stampa come quarto potere e la società delle immagini, al servizio dei potenti, sono catalizzatori di godimento al servizio della distruzione e dello sterile dibattito spazzatura che non informa. Come innescare, allora, processi e movimenti utili per far ripartire una dialettica possibile tra autorità e potere  che ci svegli dall’incubo che stiamo vivendo e disinnescare il rischio della tragedia finale annunciata? Un modo quello della popolazione e dei volontari civili di elaborare il godimento distruttivo mostrando come sia possibile, concretamente, annodare pulsione e desiderio? Di fatto i volontari e la società civile non hanno alcun potere sui Governi che hanno contribuito ad eleggere.  
 
Gaccione. “Mai pensare che la guerra, anche se giustificata, non sia un crimine” (Ernest Hemingway). E Tibullo nelle Elegie: “Ma che follia è questa, di andarsela a cercare in guerra, la buia morte?”. Sull’istinto belluino alla sopraffazione, sulle cause economiche, geopolitiche, di rapina, di dominio, sugli oscuri moventi psicologici, le pulsioni di morte, sappiamo tutto; ma il “sottosuolo” individuale ci rimane oscuro, nonostante tutti i progressi delle scienze che lo hanno indagato. E forse è per questo che abbiamo bisogno della letteratura: ma con la assoluta certezza di non poter porre alcun argine al male. Abbiamo conosciuto il potere staccato da ogni controllo, ed abbiamo conosciuto le conseguenze di un potere che accentra nelle sue mani tutta la violenza, tutta la forza necessaria. Gli strumenti di sterminio totale hanno reso questo potere mostruoso. Nessuna epoca prima della nostra ha conferito un potere così smisurato ad un pugno di uomini: i bottoni nucleari in poche mani. È da oltre mezzo secolo che pongo l’attenzione su un pericolo così urgente e che non trova precedenti nella storia. So che la psicanalisi non si è arresa, ma è divenuta impotente come qualsiasi altra forma di pensiero. La componente morale delle fedi non incide; non incide l’etica di ampli strati della società civile. Non ci rimane che l’azione militante unita ad un residuo di pensiero critico che sottotraccia è rimasto vigile; per fortuna non ha abdicato e nonostante le difficoltà è disposto a battersi. Sul conformismo della stampa e della reazionaria cultura dominante non si può contare. Sulla visione mortifera dei partiti in circolazione men che meno. Il conflitto russo-ucraino ha mostrato ampiamente la saldatura tra pensiero conformista e inettitudine degli apparati istituzionali ad ogni livello. Tutto questo compone un portato mortifero deleterio sia di idee che di pratica. Idee aberranti e pratica mortifera. La parola disarmo non è stata pronunciata che da noi oppositori di ogni guerra. L’idea di Stato disarmato, di obsolescenza del concetto di difesa in era nucleare, di riconversione dell’industria bellica, di scioglimento degli eserciti, di fine delle alleanze militari e quant’altro, sono tutti concetti che non hanno trovato legittimità su alcun giornale o dentro i programmi televisivi; li abbiamo espressi noi in luoghi e ambiti pubblici o su organi di stampa non dominati. Dobbiamo lavorare perché la pressione contro i poteri venga dal basso, dobbiamo fare in modo che i rapporti di forza siano a nostro vantaggio se vogliamo mutare le cose. Non vedo altra scelta: o prevaliamo noi disarmisti o prevarranno i guerrafondai. Se prevarranno loro sarà la fine per tutti.

 

 

L’ASTENSIONISMO 
di Luigi Mazzella 

 
Il crescente e cospicuo aumento dell’astensionismo dovrebbe indurre i responsabili delle forze politiche italiane più che a ricercare unità fittizie e formali tra i partiti esistenti, dominati programmaticamente dalla confusione e dalla ricerca di un qualunque spazio tattico per governare, a tentare di capire che cosa realmente vogliono gli Italiani che non vanno a votare disgustati dalla pratica del non movere.
Probabilmente essi vogliono qualcosa di “diverso” da quello che c’è. Proviamo a chiedercelo:
Rapporti internazionali.
1) Sono soddisfatti dell’Unione Europea attuale o ne vogliono una diversa attraverso la Costituzione degli Stati Uniti d’Europa governati da un Parlamento e da un Esecutivo liberamente eletti da tutti i Paesi-membri, con un Presidente non condizionato né dalla Banca Europea né da un Deep State nelle mani dei servizi segreti o dei militari? un Esecutivo autonomo che liberi gli Europei dall’innaturale dipendenza degli Stati Uniti d’America (ex colonia divenuta sostanzialmente colonizzatrice) e dall’egemonia diplomatica della parte anglosassone dell’Occidente?
2) Vogliono ancora la NATO o ritengono la costituzione di un Esercito Europeo condizione necessaria e sufficiente per consentire, sul piano delle alleanze militari difensive, indipendenza da ogni altra potenza straniera?
Organi legislativi ed esecutivi.
1) Per gli Stati Uniti d’Europa, vogliono una o due Camere (prevedendo, cioè, il Senato) e intendono ridimensionare il potere dei Partiti (prevedendo comunque una regolamentazione interna) attraverso l’uninominalismo maggioritario con esclusione di liste predisposte nelle segreterie politiche?
2) Preferiscono limitare l’elezione diretta e popolare del solo Presidente, affidando al Parlamento la composizione dell’Esecutivo?
3) Ritengono che l’utilizzo della selezione dei pubblici dipendenti per concorso pubblico debba essere regolata con severità e sottratta a ogni ingerenza del potere politico?
Giustizia.
1) Preferiscono che al sistema italiano e israeliano di porre i giudici al di sopra di ogni altro potere dello Stato sia sostituito il principio dell’equilibrio, peraltro dei soli magistrati giudicanti, con i poteri legislativo ed esecutivo, riconducendo i rappresentanti della pubblica accusa nell’alveo della pubblica amministrazione?
2) Ritengono che a ricoprire il ruolo di “giudici” debbano essere chiamati solo professionisti esperti del giure di collaudata esperienza e non giovani laureati ricchi solo di nozionismo universitario?
3) Ritengono prioritaria la disciplina della responsabilità dei giudici con norme di particolare rigore?
4) Ritengono che l’esecuzione della pena, dato lo spaventoso aumento della criminalità anche giovanile, non debba essere contaminata da facili perdonismi (che attengono alla sfera religiosa dei peccati non a quella laica dei crimini)? 
Istruzione.
1) Ritengono di tenere nettamente separata l’istruzione medio-superiore impartita in scuole pubbliche e laiche da quella delle scuole gestite da religiosi o da privati che promettono, con pubblicità vergognosa, promozioni a fine anno scolastico, cui dovrebbe essere negata ogni parità ai fini della rilevanza dei titoli finali?
Conclusione.
Proviamo a chiedercelo non solo per capire che cosa vogliano veramente gli astensionisti ma anche per scoprire, in caso di mancata risposta, a quale livello sia giunto l’allontanamento degli Italiani dalla politica.
 

DANTE E L’UNIVERSO FEMMINILE
di Laura Margherita Volante
 
 
 
In questo periodo molto complesso e non privo di contraddizioni, per il passaggio epocale dinamico e di dimensione platanaria, i cui cardini sono il contesto e la cultura fra senso di appartenenza e comunità mondiale, Dante suscita da sempre curiosità e suggestione nell’immaginario collettivo per il sommo poeta, in occasione del VII centenario della morte. Il sottotitolo: “Dante ad continuum e l’universo femminile”, vuole significare la vitalità prorompente che l’Alighieri ha, senza spazio e senza tempo, per la dimensione dell’Amore nell’evoluzione personale, il cui ciclo poetico si risolve nella Vita Nova con Beatrice, la donna amata.  Infatti, la donna attraverso i secoli, i cui simboli sono le rappresentazioni vitali dei geni dalla Letteratura all’Arte visiva, è di attualità vigorosa con Beatrice fino a Monna Lisa e non solo.
Le figure femminili all'interno dell'opera di Dante sono innumerevoli e pur nella varietà dei soggetti, sono sempre legate al concetto di Amore in tutte le sue sfaccettature.
Amor Sacro e Amor Profano da Beatrice a Francesca da Rimini. Parlando di donne, Dante non perde occasione di narrarne sia il sentimento platonico e puro sia quello passionale e sessuale, in tutte le sue forme ed espressioni, in una ricerca di unità e unicità. La donna, sempre uguale a sé stessa, attraversa secoli di cambiamenti, trovandosi idealizzata o disprezzata. Maria o Maddalena. Cambia il contesto, cambia la cultura, ma Lei è adorata o torturata fino ad arrivare ai femminicidi. L’Amore tormentato passa dall’Inferno al Paradiso ed è sempre un inferno o paradiso deciso dalla dimensione culturale, gestita dai maschi o uomini. Donne e la famiglia, donne e il lavoro, donne e i figli, arma spesso di ricatto e ritorsioni fino alla sindrome di Stoccolma o di Medea. Ecco che si percepisce la continuità del tema dantesco, dove il tempo scorre senza scorrere, dove lo spazio è ovunque in una ricerca di sublimazione infinita.
Ecco che Beatrice rappresenta il miracolo dell’amore eterno, non c’è vita ma neppure morte. Lei è.
“Nel sonetto Tanto gentile e tanto onesta pare”, Dante dice che Beatrice par che sia una cosa venuta / da cielo in terra a miracol mostrare.
Oggi le donne sono un po’ Beatrice un po’ Francesca in una sorta di borderline, in questa ansia di amore sublime del sogno e amore romantico, passionale, che si fa geisha pur di sentirsi amata, e così non è, ma solo apparenza trasparente, nel continuo dinamismo di un labirinto di specchi, dove non c’è il filo d’Arianna per uscire libera farfalla.
Dante per raggiungere Beatrice scrive il suo viaggio di purificazione passando dall’Inferno al Purgatorio e infine al Paradiso.
L’ascesa in paradiso avviene attraverso la luce del sole che Dante vede attraverso gli occhi di Beatrice, la donna ideale, nella sua maturazione animica. Qui si realizza il superamento tra la divinità e l'amante, oltre in un altrove, proprio perché Beatrice non viene circoscritta in una dimensione terrena, ma come una creatura che trascende la sua stessa collocazione, in cui si riflette la bellezza del Creatore e che conduce alla fonte dell’Amore, quella fonte dove non ci si disseta mai abbastanza. Grazie alla bellezza divina riflessa in lei, si avvia la salita paradisiaca di Dante. E così si compie il sogno di ogni donna perdendosi nell’Amore assoluto, fra illusione e inganno.

 

 

 

 

 

 

martedì 28 giugno 2022

MATER SEMPER CERTA DIRITTO ALL’ABORTO
di Gabriella Galzio

 

Dopo quattro mesi di martellamento continuo sulla guerra, non una voce si è levata finora sulle pagine di Odissea sul pronunciamento della Corte suprema americana in materia di aborto; grave non solo perché consegna metà degli Stati Uniti (quelli conservatori) e 70 milioni di donne (più della popolazione italiana) a una regressione senza precedenti, ma perché rovescia sulle cittadine americane “l’onere della prova”, ossia l’onere di dimostrare di aver subito incesto o stupro, nonché di aver subito un’interruzione di gravidanza di natura spontanea. Se poi consideriamo il vento reazionario clerico-fascista che spira nel nostro paese unitamente all’atteggiamento prono agli Stati Uniti del nostro governo, dovremmo entrare in allarme rosso rispetto al rischio di importazione di simili oscurantismi; tanto più se nel conto mettiamo anche le nostre regioni di centro-destra che chiedono “l’autonomia differenziata”, autonomia sanitaria in testa (poiché ricca), oltre quella che già hanno, che ha già dato i suoi velenosi frutti in termini di ostruzionismo nelle procedure di accesso all’aborto ambulatoriale.
Ma il silenzio di Odissea (che pure considero dotata di onestà intellettuale) mi fa ricordare il Bergoglio antiabortista (molto citato invece come antimilitarista) o anche il Pasolini cattolico (altrimenti lucido intellettuale) per il quale l’aborto equivaleva alla “legalizzazione dell’omicidio”. Di che natura è dunque questo silenzio? A mio avviso nasce da una visione produttiva e politica oscurata della sua parte “riproduttiva”, che pure è la premessa e la garanzia per il mantenimento della prima. Ben lo sapeva il “nostro Duce” che favoriva la natalità per ottenere il risaldarsi della “stirpe” guerriera. Ed ecco che sotto il fascismo politiche antiabortiste e politiche militariste erano felicemente saldate insieme. Com’è che oggi questo nesso non lo si vede? Come mai gli Stati Uniti campioni di liberalismo (anche nell’uso delle armi) sono così restrittivi nel controllo delle nascite? Semplice: perché - a dispetto dell’ipocrita retorica pro-life che anche molte donne si bevono - controllo “riproduttivo” (cui è preposta la Chiesa) significa mantenimento della patrilinearità, che è la dorsale su cui regge la trasmissione del capitale. Chi avesse qualche dubbio in proposito vada a farsi un ripasso del vecchio diritto di famiglia italiano in auge fino a tutto il 1975: morto il marito, la donna non ereditava nulla, e il figlio poteva tranquillamente sbatterla fuori di casa. Da allora è passato mezzo secolo, ma la mentalità patriarcale più o meno inconscia è ancora tale da imporre il cognome del padre per default, e da lasciare inalterato il dettato costituzionale che recita la famiglia patriarcale essere “famiglia naturale”, quando le madri sono esautorate persino nel nome. Mater semper certa era detto dalla notte dei tempi, poiché la vera famiglia naturale poggia sulla dorsale matrilineare (nome compreso). E quelle matrilinee erano organizzate socialmente in reti di mutuo soccorso, dedite alla distribuzione e non all’accumulazione. Ancora nelle società contadine se ne conservavano echi, quando le donne si passavano l’un l’altra il lievito madre. Storicamente le donne sono state esautorate e defraudate della titolarità e dignità della maternità, perdendo il duplice diritto di creare una famiglia e fondare una società, vero è che la “ragazza madre” di per sé è ancora considerata una disgraziata, una madre di serie B, senza tutele (patriarcali). Deprivate della titolarità della maternità, le donne sono state terreno di conquista nel nome e nel corpo (dal matrimonio al divieto di aborto).



Chi voglia considerarsi di sinistra oggi non può più ignorare tutto questo. Le vecchie utopie non sono più riproponibili, non perché fallite alla prova di realtà, ma perché orbe e monche del nesso che esiste tra imposizione della dorsale patrilineare e trasmissione del capitale, entrambe espressione di una medesima volontà di dominio. Per formulare un nuovo progetto di civiltà bisogna svecchiare le proprie categorie cognitive e abbracciare nuovi paradigmi, rischiare di perdere rassicuranti certezze e comode alleanze. In una visione sistemica società-economia-politica-cultura (religione) devono essere riconcepite nel loro insieme, non pensiate di andare lontano, se una di esse rimane al palo!                  
 

              

DECLINO
di Luigi Mazzella

 
Il cocktail di irrazionalismi che segna il destino dell’Occidente.
 
 
Se la mentalità Occidentale è costituita da un cocktail di irrazionalismi, a) da quelli religiosi delle credenze monoteistiche mediorientali con le relative fantasie di un Dio unico, presente nell’alto dei cieli e Creatore dell’Universo, oltre che di una vita ultraterrena  che spunta dopo la morte e la decomposizione del corpo  dei soli  esseri umani viventi (gli animali e le piante muoiono invece per sempre) e b) da quelli pseudo filosofici dei platonismi che immaginano mondi iperuranici e anime vaganti che piombano sulla terra non c’è speranza alcuna di evitare il tramonto di quella parte di mondo in cui siamo nati e viviamo.
Per la gloria del Dio unico in cui, senza alcuna prova e ragionevole verosimiglianza credono, i fedeli ebrei, cristiani e islamici sono facile preda dell’irrazionalismo bellico e sono portati a sterminarsi a vicenda, oltre che a massacrare popoli atei, politeisti, animisti, panteisti e chi più ne ha ne metta. Per il fanatismo politico di raggiungere, a chiacchiere, il Bene di tutti, fascisti e comunisti, figli dell’idealismo filosofico tedesco di Hegel e nipoti di Platone si impegnano ugualmente in genocidi e conflitti feroci, macchiandosi di clamorosi crimini verso l’umanità perpetrati in nome di conclamati nobili fini.
Paradossalmente, tutti si dichiarano liberali, come quelli che utilizzano tale termine, pur condividendo le premesse filosofiche dell’illiberale idealismo post-hegeliano (vedasi, per l’Italia, Croce e Gentile, fanatici dell’universale e non solo in poesia). Si dichiarano amanti di una libertà che tolgono, però, con ostracismi e dinieghi di accesso al sistema massmediatico, a chi non la pensa come loro.
In un tale guazzabuglio caotico e passionale, dove non trovano spazio la logica e la ragione, chi non avverte o non condivide la cieca fiducia dei fideisti religiosi e dei fanatici dell’ideologia fascista o comunista non ha altra scelta che il silenzio e la rinuncia: in termini politici l’astensionismo o il voto nullo (quello in bianco, è utilizzato da gente corrotta nei seggi elettorali). Anche se ciò significa porre un altro tassello per la costruzione mostruosa dell’Irrazionale.
Non vi è via di scampo. Le vecchie etichette di Destra, Centro e Sinistra, sono soltanto espressioni di un inane nome.
Negli Stati Uniti d’America, Paese padrone sostanziale dell’intero Occidente, all’irrazionalismo guerrafondaio, voluto dalle necessità usuraie delle banche ebraiche, del “democratico” Joe Biden fa riscontro la becera esultanza di Donald Trump per la decisione della Corte suprema che abolisce il diritto delle donne all’aborto in nome di principi cristiani di una religione di Morte che finge di inneggiare alla Vita e che sostanzialmente odia il genere femminile.



In Gran Bretagna, un “folletto” tragicomico subissa il Pianeta di parole e iniziative stravaganti, sicuro che nel fronte opposto non ci siano alternative.
In Francia, un esangue Macron deve dimenarsi tra i passionali Melénchon e Le Pen e ai francesi non resta che la protesta dei giubbotti gialli, vero trionfo dell’irrazionalismo a livello popolare. In Italia, i “democratici” di Enrico Letta e i “fascisti” di Giorgia Meloni, riconoscendo la “paternità” hegeliana comune, sono attualmente uniti nel trovare aggettivazioni infamanti ed epiteti da trivio contro la Russia Europea: il tutto a maggior gloria del Nuovo Continente Nord-americano, divenuto il sostanziale padrone dell’Unione Europea E ciò, attraverso Wall Street e i tecnocrati bancari di Bruxelles e il meccanismo perverso della NATO.  
Che fare? Albert Einstein diceva che per cambiare le cose, occorre modificare la mentalità che le ha prodotte. Ora la mentalità dominante in Occidente è la conseguenza del cocktail religioso e filosofico di cui si è detto all’inizio. Cambiarla significa ristabilire il valore dell’insegnamento filosofico dei presocratici e dei sofisti non dissimile da quello di Confucio, Tao, Buddha e altri pensatori con i piedi per terra e senza le fantasie sognate dai cammellieri nell’arsura del deserto mesopotamico.
Dubito che le generazioni al tramonto della loro vita possano essere capaci di un tale cambiamento; anche perché non saranno esse ad assistere al tramonto definitivo e inevitabile dell’Occidente, pur avendo contribuito fortemente a determinarlo, insieme alle generazioni precedenti i cui postulati folli e irrazionali non sono state capaci di rimuovere.
 

LA POESIA DI GACCIONE
di Marina Corona

A. Gaccione
 
Non a caso la prima e più importante sezione dell’ultimo libro di poesia di Angelo Gaccione Spore (Interlinea 2020 pagg. 88 € 12,00) si chiama “Per il verso giusto”. L’evidente doppio senso impronta infatti di sé tutta l’opera: da un lato il testo è delicatamente poetico, i suoi brevissimi componimenti sono uno per uno conclusi in un’armonia fatta di sensibilità, suggerimenti, impressioni, dall’altro il contenuto si muove su un piano etico che ha a tratti accenti addirittura mistici, riferimenti al Nuovo Testamento, ma anche consigli sapienziali tratteggiati con la modestia di chi sa che le grandi lezioni non hanno bisogno di toni roboanti ma dell’umile e semplice verità che ci viene dalla vita vissuta. Ma non pensate per questo a un testo algido o dogmatico, fin dall’inizio infatti possiamo notare una tenera vena ironica che forma uno dei tratti portanti di questo lavoro:
 
Piantò il pianto.
lo seppellì profondo,
voleva eliminarlo
dalla faccia del mondo.
Nacque il salice.
Ne fu contento.
 
La leggerezza dell’autore nel trattare questa delicata materia arriva al punto che alcuni componimenti sembrano addirittura indovinelli. Ma le sfumature tra l’una e l’altra poesia, pur nella compattezza della forma e dell’argomento, sono infinite. Ecco, ad esempio, un componimento con addirittura un accento macabro:
 
Il tempo prende a tutti le misure.
Un metro o poco più.
È tutto.
 
Oppure, dietro l’ironia e l’apparente nonsenso troviamo un componimento dal contenuto attualissimo:
 
All’uomo! All’uomo!
gridò il lupo.
E non fu il solo
a prendere la via del bosco.
 
Il contenuto religioso, sentito e puro nell’animo del poeta, traluce in tutta un’ampia parte di “Per il verso giusto”. Lontanissimo dalle disinvolte tematiche che imprigionano il nostro tempo in una tragica assenza del senso della vita, Gaccione è però ben conscio della pochezza e anche della eventuale malvagità umana. Il suo non vuole essere un testo consolatorio, ciò a cui tende con la delicatezza del lirismo è un realismo esistenziale che può essere anche impietoso:
 
Calzavano scarpe robuste,
fin troppo per quella stagione.
Avevano seminato spine
in ogni dove.
 
L’autore è certamente un uomo coraggioso, estraneo agli schemi narcisistici e iper-erotizzati della nostra società, non teme di far riferimento a considerazioni di profonda umanità e saggezza, più in voga forse nei tempi passati ma che, presentati nel loro involucro poetico, sembrano ritornare di toccante attualità:
 
Quel che ci mancò fu l’affetto.
Di amore ne avevamo fin troppo.
Sempre rimpiangeremo,
fino alla fine dei giorni,
una semplice carezza sul viso,
una parola buona.
 
E, come abbiamo già detto, da questa consapevolezza molto umana si passa, non con uno slancio volontaristico ed esibito, ma con una sorta di blanda ascensione ad una saggezza evangelica:
 
Tutto il male del mondo non bastò,
a fare dei nostri cuori una pietra.
Si era seminato bene in quella stagione.
Molto bene.
 
Con il tema del granello di senape seminato su di un terreno fecondo, la prima e più ampia sezione del libro, “Per il verso giusto” appunto, procede verso una sezione più breve che ha la funzione anche di commiato da parte dell’autore e che si chiama “La presenza di morti”. Sono queste liriche tutte di narrazione dove si racconta di un ritorno ad immagini legate ad un passato, ormai tramontato, trascorso con persone molto amate. Ma la strada verso questa sezione, che dall’alto dei cieli ci riporta sulla terra, è un incipit passionale, carnale quasi, dove l’afflato poetico diviene tragico:
 
Amore che lontano stai partendo,
su un bastimento che mi dà la morte,
non bussare mai più alla mia porta,
nessuno quella porta ti aprirà.
 
E più avanti, verso l’ingresso ne “La presenza dei morti.” Troviamo:
 
Lei mi dà la sua dose
di veleno quotidiano,
ma è divenuto così necessario per me,
che senza il suo veleno,
sarei già morto.
 
Le poche poesie che seguono sono soffuse da una malinconia che è resa da una sapientissima perizia psicologica:
 
Si privò un po’ alla volta di tutto:
mobili, quadri, libri…
Restarono solo i segni sui muri,
le impronte sulle pareti.
Finalmente la casa fu vuota.
Ma fu un’impresa vana,
i ricordi lo assediavano da ogni lato.
 
Ma eccoci giunti finalmente ne “La presenza dei morti” che oltre ai ricordi è anche una malinconica meditazione da parte dell’autore sulla fine della nostra vita:
 
Sulla poltrona di vimini in giardino,
la sua forma vi si è rappresa.
Vivida, come se un torchio, ve l’avesse incisa.
Un ramo del pesco le fa ombra al viso.
E ogni volta che riapro la casa,
ho quasi la tentazione di svegliarla.
 
Le immagini dei propri cari assediano dunque l’autore come presenze fantasmatiche indelebili che formano un corteo silenzioso nelle ore della sua vita, prima descritta con tanta vivacità e partecipazione:
 
Di te, non voglio che ricordare il lutto
che mi ha reso orfano.
Il vuoto che ho provato all’improvviso,
d’essere solo al mondo.
Ero padre anch’io, ma me ne accorsi,
quando persi te.

 
E con questo infinito scorrere di una catena che dal regno dei defunti ci porta nel futuro degli affetti che ci sopravviveranno giunge al suo termine il percorso di Gaccione. Sono parole estremamente sincere le sue, grazie alle quali l’abbiamo accompagnato nel corso della vita fino al tema del commiato. Possiamo dire che ogni poesia, nella sua grazia formale e nella sua luce di verità, è simile ad una conchiglia che riflette la dura madreperla della vita e del tempo che fugge con la sua bianca luce di sincerità e tutte queste conchiglie, collegate dal filo sottile della poesia, formano una bellissima collana che, a libro chiuso, porteremo con noi come talismano.
                                                                                      

 

 

lunedì 27 giugno 2022

NUMERI DAI BALLOTTAGGI
di Franco Astengo

 
Elezioni del 26 giugno.
 
Le prime annotazioni che possono essere ricavate dalla lettura dei numeri emersi dai ballottaggi per i 13 comuni capoluogo impegnati nelle elezioni comunali del 26 giugno possono essere riassunte nella raccomandazione, per poter esprimere giudizi sulle tendenze espresse dall'elettorato, di leggere attentamente le cifre. In questi casi non ci può limitare al solo conteggio dei comuni conquistati o perduti ma è necessario andare a fondo nell'esame di ciò che è realmente accaduto: naturalmente questo lavoro è del tutto parziale essendo stato elaborato immediatamente dopo la chiusura degli scrutini esaminando soltanto alcuni aspetti dell'esito delle urne. Alcune indicazioni di carattere generale però si possono già individuare. Nei 13 comuni capoluogo dove si sono svolte le votazioni di secondo turno non avendo 15 giorni fa nessuno dei candidati sindaci superato il 50% dei voti avevano diritto al voto 1.074.837 elettrici ed elettori. Nel primo turno erano state deposte nelle urne 559.780 voti validi; nel secondo turno il numero dei voti validi è sceso a 429.007: ciò significa che l'effettivo tasso di astensione tra le due tornate è salito del 23,34% (comprensivo delle schede bianche e delle schede nulle). Il totale della partecipazione al voto nel secondo turno si è quindi collocato al di sotto del 40%, 39,91% per la precisione. Ed è questo il dato sul quale bisognerebbe puntare direttamente l'attenzione. Per essere più precisi rispetto all'entità del fenomeno (sempre riferendoci ai 13 comuni capoluogo) deve essere fatto notare che al termine del primo turno per i candidati sindaci esclusi dal ballottaggio si erano espressi 142.768 suffragi: di questi soltanto 8.197 sono stati utilizzati per esprimere il sostegno ad uno dei candidati nel turno successivo. Su 26 candidati al secondo turno 8 hanno peggiorato la  performance realizzata nella precedente tornata: ciò nonostante si sono verificati 4 sorpassi (Como, Lucca, Monza, Catanzaro: uno a favore di un candidato civico; uno di un candidato centro-sinistra e Cinque Stelle; uno di un candidato di centro-sinistra e uno di centro destra) a conferma del permanere di una tendenza alla volatilità nonostante la ristrettezza dei numeri disponibili.
Esaminiamo allora i dati complessivi per i 13 comuni capoluogo:
Candidature di centro-sinistra: al primo turno 165.476 voti, al secondo turno 179.425 con un incremento di 13.949 suffragi.
Candidature di centro-sinistra comprendenti il M5S: al primo turno 51.869 voti, al secondo 55.693 con un incremento di 3.824 voti.
Candidature di centro-destra (considerata tale quella di Sboarina a Verona escludendo quella di Tosi): al primo turno 160.332 voti; al secondo 183.600 con una crescita di 23.268 suffragi.
Candidature civiche: al primo turno 28.897 voti al secondo 20.227 con un decremento di 8.670 voti.
Candidatura Lega con Forza Italia: primo turno 15.666 secondo turno 19.062.
 
I casi specifici di maggiore interesse nell'analisi dei voti tra il primo e il secondo turno sono rappresentati da Como, Verona e Catanzaro.
A Como si è verificato il sorpasso da parte della candidatura civica Rapinese passata da 8.443 voti a   14.067 mentre la candidatura Minghetti espressione del centro-sinistra è scesa da 12.173 voti a 11.345.
A Verona l'attesa era per il comportamento degli elettori della candidatura Tosi che nel primo turno aveva raccolto 25.843 suffragi rompendo il fronte del centro destra rappresentato dal sindaco uscente Sboarina arrivato al ballottaggio con 35.404 voti al secondo posto dietro il candidato del centro-sinistra Tommasi con 43.106 voti. Al secondo turno Sboarina ha incrementato il proprio numero di voti da 35.404 a 43.730, mentre il neo- sindaco Tommasi è salito a 50.118 voti. Si può quindi valutare che se almeno un terzo delle elettrici e degli elettori di Tosi hanno votato Sboarina al ballottaggio un certo numero di suffragi della stessa provenienza si sia fermato sulla candidatura Tommasi.
Molto rilevante il sorpasso realizzato a Catanzaro dalla candidatura Fiorita (espressione del centro-sinistra e del movimento 5Stelle) che al primo turno aveva ottenuto 14.966 voti risultato la seconda alle spalle della candidatura Donato espressione del centro destra con 20.768 voti. Situazione completamente ribaltata al ballottaggio con Fiorita eletto sindaco con 17.823 voti e Donato sceso a 12.778 per un caso di volatilità che sembra essere davvero " di scuola".
In conclusione per quel che ha riguardato i 13 comuni capoluogo nei quali si è svolto il turno di ballottaggio il 26 giugno si può affermare:
1) l'ulteriore crescita dell'astensione: i voti validi, alla fine, hanno rappresentato una percentuale inferiore al 40% dell'intero corpo elettorale;
2) è stato utilizzato soltanto il 5,74% dei voti attribuiti al primo turno ai candidati esclusi e disponibili per il secondo turno, a conferma dell'esistenza di un fenomeno non secondario di volatilità elettorale anche tra due turni della stessa elezione;
3) le candidature di centro-sinistra hanno avuto un incremento tra i due turni passando dal 15,39% al 16,69% sul totale del corpo elettorale (e non dei soli voti validi); le candidature del centro-sinistra con il movimento 5Stelle sono salite dal 4,82% al 5,18%; centro-destra da 12,99 a 15,89%; la candidatura Lega-Forza Italia di Parma dal 1,45% al 1,77%.
4) Muovendosi sul terreno della pura curiosità statistica si può dunque affermare che il "campo largo" nel ballottaggio del 26 giugno abbia ottenuto il 21,87% dell'intero corpo elettorale dei 13 comuni capoluogo e il centro-destra il 17,66% in un quadro complessivo segnato da un'astensione (comprensiva di bianche e nulle) del 60.09%.

DI MAIO PRENDE GUSTO ALLA POLTRONA



Per la prossima legislatura la moda parlamentare si rifarà a quella di Di Maio e Conte: Volta & Gabbana.
Il Petragalensis


 
DI MAIO



Annuncio per nuovo gruppo parlamentare.
Cercasi voltagabbana, anche usati.
Il Triestinus

domenica 26 giugno 2022

PER ASSANGE
 


DOMENICA 3 LUGLIO 2022 ALLE ORE 17.30
PIAZZA DEL LIBERTY A MILANO (MM1 SAN BABILA)
nel giorno del suo 51° compleanno.
 
Julian Assange è sull'orlo del baratro, poiché è vicinissimo ad essere estradato negli Stati Uniti d'America.
 
Giovedì 16 giugno ci siamo recati alla Prefettura di Milano per consegnare i moduli con oltre 2000 firme rivolte al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Nell'appello rivolto al Capo dello Stato abbiamo chiesto che egli si facesse parte attiva nella difesa del giornalista Julian Assange. Sergio Mattarella ha dichiarato spesso il suo sostegno alla libertà di stampa, quindi, abbiamo pensato di fare anche questo tentativo.
In questi giorni i suoi legali stanno facendo un ricorso rivolto alla Giustizia del Regno Unito affinché si riesamini il suo caso. Il loro scopo è che si riesca ad impedire alla Gran Bretagna di estradare Julian Assange consegnandolo agli Stati Uniti d'America. La stampa ed il nostro mondo dell'informazione non hanno brillato in lungimiranza; infatti, ci si sarebbe potuto aspettare ragionevolmente che più voci si levassero in difesa della causa di Julian Assange. Così non è stato. Si potrebbe quasi pensare che, avendo da tempo rinunciato alla propria indipendenza, la nostra stampa ed informazione non abbiano alcun motivo per difenderla. Sono rari i casi in cui si eserciti nel nostro Paese il vero giornalismo di inchiesta.
Sono ben 175 anni di reclusione quelli a cui Julian Assange potrebbe essere condannato negli Stati Uniti d'America. Tra le cause principali per cui Washington lo vuole sotto accusa ci sono le azioni dell'esercito statunitense in Afghanistan e Iraq. Julian Assange, attraverso WikiLeaks, ha infatti reso pubblici i crimini di guerra compiuti in quei Paesi, crimini di cui la Casa Bianca porta la responsabilità, esattamente come per le torture praticate durante gli interrogatori svoltisi in Iraq così come a Guantanamo. WikiLeaks ha inoltre reso pubbliche quelle e-mail della signora Hillary Clinton, nelle quali l'allora Segretario di Stato USA scriveva idee per destabilizzare Stati come la Siria, oppure per sabotare la candidatura di Bernie Sanders durante campagna presidenziale del 2016. Sappiamo che questa tragica partita non è ancora finita. Così come ci eravamo detti il 16 giugno scorso, alla consegna delle firme per Sergio Mattarella, proseguiremo con il rispetto e la gratitudine che si devono al grande coraggio di una figura, un uomo di altri tempi, come Julian Assange. Naturalmente non dimentichiamo che i Paesi maggiormente coinvolti nel tentativo di cancellare il nostro diritto di sapere per poter decidere, quel diritto che ci ha riconosciuto proprio Julian Assange, sono gli Stati Uniti d'America e la Gran Bretagna. 
Ritroviamoci domenica 3 luglio 2022 alle ore 17.30, davanti al Consolato britannico, in piazza del Liberty a Milano (MM1 San Babila).
 
Comitato per la Liberazione di Julian Assange - Italia
Comitato Contro La Guerra Milano
 
La scelta di appoggiare questa causa riguarda coloro che sono rivolti al progresso ed alla emancipazione. Per questo chiediamo di portare solo bandiere di nazioni, tra cui ci potrebbero essere Messico, Venezuela, Cuba e Siria, le quali si siano pronunciate in difesa di Julian Assange o combattano per la propria libertà ed indipendenza da Washington, Londra, Parigi ed altri ancora.
 
Evento Facebook: 
https://www.facebook.com/events/577523800423644/

IL FASCISMO AMERICANO

 
Viterbo. Nell'arco di 48 ore la maggioranza reazionaria e fondamentalista della Corte suprema degli Stati Uniti d'America ha stabilito ed imposto che:
1) è lecito ad ogni assassino aggirarsi armato ovunque voglia in cerca delle sue vittime;
2) le donne non sono esseri umani dotati degli stessi diritti degli uomini, ma devono essere sottomesse a ideologie politico-religiose torturatrici, schiaviste e genocide ed alla totalitaria dominazione maschilista e patriarcale.
 
*
Molti anni fa, quando ero giovane e in tutto il mondo i popoli oppressi (e con loro ogni persona decente) insorgevano contro il razzismo, il colonialismo, l'imperialismo e la guerra, si parlava sovente del fascismo americano.
Già, il fascismo americano. Da quanto tempo non se ne parla più.
Ecco, è questo.
 
Peppe Sini
Responsabile del "Centro di ricerca per la pace, i diritti umani
e la difesa della biosfera" di Viterbo

 

 

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