UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

lunedì 29 dicembre 2025

COMUNICATO STAMPA DEL GAP


 

Coordinamento dei Giuristi e Avvocati per la Palestina (GAP) sull’arresto del presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia Mohammed Hannoun. La solidarietà non è reato: fiducia nella Magistratura, ma allarme per la criminalizzazione del dissenso e della tutela dei diritti.
 
Il Coordinamento dei Giuristi e Avvocati per la Palestina esprime stupore e sconcerto per la grancassa mediatica alimentata, in queste ore, da alcune testate dell’area della destra politica e culturale in merito alla notizia di cronaca dell’indagine che ha portato questa mattina all’arresto del presidente dell’Associazione dei Palestinesi in Italia, Mohammed Hannoun, accusato di aver gestito una rete di finanziamenti diretti ad Hamas. I toni allusivi, strumentalmente e farisaicamente scandalistici e spesso deformanti, utilizzati dagli articolisti sembrano perseguire l’obiettivo di trasformare ogni forma di denuncia del Genocidio e delle gravissime violazioni del diritto internazionale perpetrate da Israele in Palestina, nonché ogni manifestazione di solidarietà attiva verso il popolo palestinese, in un sospetto “fiancheggiamento” di presunte attività terroristiche. Riaffermiamo con chiarezza la massima fiducia nell’operato della Magistratura italiana e il pieno rispetto delle sue prerogative costituzionali. Proprio per questo auspichiamo che ogni accertamento venga condotto con rigore, serenità e garanzie piene, senza cedere a pressioni esterne, né lasciarsi condizionare da campagne mediatiche che, al di là dei singoli casi, mirano a disegnare un quadro “politico” utile a intimidire e delegittimare il dissenso. Non è affatto chiaro, allo stato, il motivo per cui i fondi di cui disponevano gli arrestati siano stati ritenuti destinati a finalità diverse da quelle umanitarie. Il ricorso a fonti israeliane per dichiarare l’appartenenza ad Hamas di determinate organizzazioni umanitarie non può essere ritenuto decisivo per la scarsa attendibilità di tali fonti, in quanto provenienti da Stato uso alla manipolazione politica della giustizia oltre che sotto accusa per genocidio e altri gravi crimini internazionali. Peraltro va considerata anche la natura complessa delle organizzazioni politiche palestinesi, sorrette da un certo consenso sociale e legittimate dalle norme di diritto internazionale alla resistenza contro l’occupante.
È doveroso ricordare che la solidarietà, la libertà di manifestazione del pensiero, la libertà di associazione e l’impegno civile a tutela dei diritti fondamentali sono pilastri dell’ordinamento costituzionale. Allo stesso modo, l’azione di informazione, denuncia e tutela legale relativa a gravi violazioni del diritto internazionale umanitario - incluse le condotte genocidarie che la Corte Internazionale di Giustizia e la Corte Penale Internazionale stanno valutando e investigando - non può essere compressa o delegittimata con insinuazioni, etichette infamanti o generalizzazioni che finiscono per colpire indiscriminatamente attivisti, volontari, operatori umanitari, giuristi e cittadini.
In un contesto segnato da una tragedia umanitaria di proporzioni immani, quella dell’Olocausto del popolo palestinese, la pretesa di presentare la solidarietà come “sospetta” e la difesa dei diritti come “pericolosa” costituisce un rovesciamento grave dei principi democratici: si tenta di spostare l’attenzione dalla protezione delle vittime e dall’accertamento delle responsabilità verso un terreno di delegittimazione del movimento di solidarietà e delle sue forme pubbliche e trasparenti di impegno.
Come Giuristi e Avvocati per la Palestina continueremo, con ancora maggiore determinazione, nell’opera di tutela e assistenza legale volontaria a favore di chiunque subisca provvedimenti repressivi ingiusti o sproporzionati, lesivi dei principi del diritto costituzionale e del diritto internazionale. Continueremo a farlo apertamente, in modo trasparente e nel pieno rispetto della legalità, nella convinzione che i principi di solidarietà, eguaglianza e giustizia non siano negoziabili e debbano prevalere su ogni tentativo di intimidazione o criminalizzazione del dissenso, così come continueremo a denunciare e chiedere l’avvio di indagini penali per l’accertamento delle responsabilità e la punizione di autori e complici del genocidio tuttora in atto.
Invitiamo, pertanto, tutte le istituzioni, l’avvocatura, il mondo accademico, la società civile e gli organi di informazione a respingere la logica delle insinuazioni e a difendere lo spazio democratico di chi chiede verità, responsabilità e protezione dei diritti umani per il popolo palestinese, senza ambiguità e senza doppi standard.
 
Coordinamento dei Giuristi e Avvocati per la Palestina (GAP) 

CONFRONTI



Luca Marchesini: precisazioni. 
 
Caro Angelo,
ti ringrazio degli articoli che quasi ogni giorno non ti stanchi di segnalarmi. Ho particolarmente apprezzato quello di Franco Astengo, grazie al quale ho avuto modo di riflettere, tra le altre cose, sulla necessità di impegnarsi, convincendo gli indecisi, al fine di respingere la riforma costituzionale, sottoposta a referendum, tesa a minare l’indipendenza della magistratura e a proteggere la classe politica da ogni sgradita forma di controllo: un compito che la sinistra mi sembra affrontare con assai scarsa determinazione.
Mi hanno invece lasciato non poco perplesso diverse affermazioni contenute in un altro articolo (Attaco alla nostra intelligenza), in particolare là dove, criticando le posizioni dell’economista Jacques Attali, se ne ricordano le origini ebraiche (“l’economista di origini ebraiche Jacques Attali”): un particolare, ai fini dell'argomentazione, del tutto irrilevante, la cui sottolineatura, insieme ad altre precisazioni alquanto gratuite di identico segno sparse qua e là nel testo (“Mario Draghi ha ricevuto il premio (...) direttamente dalle mani del rabbino di New York”), mi induce a pensare, con un certo sgomento, che taluni stereotipi, fino a poco tempo fa confinati entro certe nicchie riconducibili alla destra più impresentabile, stiano ormai dilagando, rotti gli argini, oltre i confini tradizionali.
Un abbraccio
Luca

domenica 28 dicembre 2025

LA “DEFORMA” DELLA CORTE DEI CONTI
di Franco Astengo


 
La Destra approva la schiforma: può valere un referendum?
 
Può valere un referendum la “deforma” della corte dei conti appena approvata dal Senato? Mi permetto di rivolgere questo interrogativo a tutte le forze democratiche che si stanno apprestando a sostenere lo scontro referendario per la difesa dell’indipendenza della magistratura. Ci troviamo dentro allo stesso filone di una destra al governo insofferente alle autorità di controllo e ai contrappesi al potere esecutivo: nella sostanza una destra di governo che non riconosce la separazione dei poteri trascinandoci all’indietro nella successione della storia puntando ad eliminare il processo democratico che aveva portato alla Costituzione Repubblicana (al proposito si veda il ricordo dell’MSI postato in queste ore dal Presidente del Senato).
Per completezza al riguardo del nostro interrogativo di partenza verifichiamo alcuni punti di questa vera e propria “deforma” (ricordando anche come il copyright di questa affermazione appartenga al compianto Felice Besostri).
Andando per ordine:
1) La deforma della Corte dei Conti è devastante prima di tutto nel rapporto tra i cittadini e la Pubblica Amministrazione riducendo sensibilmente la responsabilità di chi amministra il denaro pubblico. Una riduzione di responsabilità che si verificherà in un paese come l’Italia che detiene nell’Unione Europea la più alta percentuale di sprechi del denaro pubblico;
2) La riduzione al 30% del tetto massimo per i risarcimenti dovuti in caso di danno erariale attenua sensibilmente la funzione di deterrenza della pena. Così la condanna diventa irrisoria e potrebbe essere considerata quasi un investimento per un potenziale corruttore (quasi come l’abuso edilizio in attesa della ciclica sanatoria);
3) Nessuno studio conferma il teorema della cosiddetta “paura della firma” che limiterebbe l’operatività della Pubblica Amministrazione. Basta analizzare i dati degli anni successivi al Covid quando nel 2020 il governo Conte introdusse lo “scudo”: la velocità dell’amministrazione è sempre peggiorata;
4) Si sta procedendo nella stessa direzione della separazione delle carriere con il taglio dei procuratori generali e l’unificazione delle funzioni: infatti a livello territoriale ci saranno vice-procuratori coordinati dalla procura generale. Il fatto grave consiste che quando ci si troverà in presenza di una nuova indagine complessa il procuratore generale nominato dal consiglio di presidenza influenzato dagli equilibri politici potrà inserirsi nella gestione del fascicolo. Questo significa che un unico procuratore generale da Roma potrebbe controllare le indagini nelle 20 regioni italiane;
5) Viene introdotto il “silenzio-assenso”: una forma che non si addice alla magistratura e che non esiste come istituto per un ordine “magistratuale”. L’incremento del controllo preventivo non ci dice tutto: il magistrato si limita a verificare la conformità di legge ma non può sapere quel che accadrà dopo in fase di esecuzione ed è lì che si verificano i maggiori casi di spreco.

ATTACCO ALLA NOSTRA INTELLIGENZA
di Chicca Morone


 
“Gli umani sono da oggi degli animali hackerabili. Questa stessa idea che abbiano un’anima o uno spirito, e nessuno di loro sa cosa succeda dentro di loro e che abbiano liberi desideri, da oggi è superata”. Traduzione di una perla di saggezza di Yuval Noah Harari, Top Advisor di Klaus Schwab
  
Siamo probabilmente una delle ultime generazioni di Homo Sapiens in quanto nelle prossime generazioni impareremo a ingegnerizzare corpi, cervelli e menti.
Ma come saranno i futuri padroni del pianeta? Questo sarà deciso dalle persone che possiedono i dati. Perché i dati sono così importanti? Perché abbiamo raggiunto un punto in cui possiamo hackerare non solo i computer, ma anche gli esseri umani e altri organismi. Di che cosa si ha bisogno per hackerare un essere umano? Sono necessarie due cose: di molta potenza di calcolo e di molti dati, specialmente dati biometrici. Ma il controllo dei dati potrebbe consentire alle élites umane di fare qualcosa di ancora più radicale che costituire dittature digitali. Hackerando gli organismi, le élites potrebbero ottenere il potere di reingegnerizzare il futuro della vita stessa, perché una volta che si può hackerare qualcosa, solitamente si può anche ingegnerizzarla. Tutta la vita per 4 miliardi di anni (dinosauri, amebe, pomodori, esseri umani) è stata soggetta alle leggi della selezione naturale e alle leggi della biochimica organica. Ma questo ora sta per cambiare: la scienza sta sostituendo l’evoluzione tramite selezione naturale, con l’evoluzione tramite design intelligente. Non design intelligente di qualche Dio sopra le nuvole, ma il nostro design intelligente: quello delle nostre nuvole (IBM, Microsoft) le nuove forze motrici dell’evoluzione. Nello stesso tempo la scienza può rendere possibile la vita, dopo che è stata confinata per 4 miliardi di anni nel regno limitato dei composti organici, la scienza può permettere alla vita di emergere nel regno inorganico” (Yuval Noah Harari – WEF, 31 gennaio 2018)



Due anni dopo, la pandemia! Un evento che ha distrutto qualsiasi forma di dignità e di tutela della privacy dell’individuo, mettendo le basi alla realizzazione del piano delirante delle invocate élites del filosofo israeliano. Sfortunatamente ciò che allora sembrava una vera e propria follia, oggi pare essere assai prossima e con connotazioni più che inquietanti. Il fatto che il virus sia partito in primis dal laboratorio cinese di Wuhan (forti i legami con il Galveston National Laboratory negli Stati Uniti, il Centre International de Recherche en Infectiologie in Francia e il National Microlology Laboratory in Canada) non è da sottovalutare perché è proprio in Cina che il controllo sulla popolazione è stato ampiamente deformato, rispetto al progetto canadese di incentivazione ad azioni salutari, con ricompense dei comportamenti virtuosi dei cittadini: il sistema di sorveglianza cinese rimane tuttora uno sconcertante esempio di come si diventa schiavi.

Harari

E di schiavitù ne parla il professor Harari, quando considera una nuova enorme classe di gente “inutile”, visto che i computer diventano sempre più potenti, in un numero sempre maggiore di campi: secondo lui esiste la chiara possibilità che diventino migliori di noi nella maggior parte dei compiti, rendendoci superflui; una pia illusione ma con grosse implicazioni per l’uomo nella fiducia i se stesso, vittima della credulità umana. A questo punto la domanda di carattere politico ed economico sorge spontanea nel cervello di alcuni personaggi, facenti parte della famosa élite “A cosa servono gli uomini? A cosa servono così tanti uomini?”
Uno su tutti, l’economista di origini ebraiche Jacques Attali conferma che dopo i sessantacinque anni l’uomo diventa un peso per la società, in quanto consuma più di quanto abbia potuto produrre (L’avenir de la vie, Entretiens avec Michel Salomon, collection Les Visages de l’avenir, éditions Seghers - 1981). Arriva anche a predire che sarà trovato un mezzo per ridurre la popolazione, in un primo tempo, appunto, degli ultra settantenni, “nous nous en débarrasserons en lui faisan croire que c’est pour leur bien”: niente da eccepire, si sono sbarazzati di un bel numero di cittadini obbedienti ai diktat di un altro encomiabile economista, Mario Draghi, la maggior parte provvisti di Greenpass, dalle ambigue implicazioni!
E sul documento che era “una misura con cui gli italiani possono continuare a esercitare le proprie attività, a divertirsi andare al ristorante a partecipare a spettacoli all’aperto o al chiuso con la garanzia di trovarsi tra persone non contagiose” peccato l’illustre statista essere stato smentito dagli abbondanti contagi di chi si era fidato delle sue indicazioni, per altro disattese anche dalla stessa casa farmaceutica produttrice. Niente paura, però, l’onore è salvo: pochi mesi dopo Mario Draghi ha ricevuto il premio come miglior statista dell’anno (“Il primo ministro Mario Draghi è un leader inclusivo, un uomo saggio e con un cuore che ha portato stabilità) direttamente dalle mani del rabbino di New York Arthur Schneier al “World Statesman Award 2022” della Appeal of Conscience Foundation a New York. Immancabile la stretta di mano dell’ormai defunto Henry Kissinger, quello che aveva avvertito Aldo Moro della pericolosa deriva che stava prendendo l’Italia con il suo progetto di compromesso storico. 


 
Oggi ci troviamo in un mondo malato in cui l’Intelligenza Artificiale fatta arrivare alla portata di tutti proprio in periodo pandemico, se da una parte ha velocizzato i tempi per molte operazioni, dall’altra ha manifestamente ridotto la creatività del singolo individuo che poco alla volta si è abituato a ricorrere a lei, convinto di una migliore realizzazione delle proprie idee: nessuno sforzo per trovare una parola, un verbo, una frase migliore… lei ha qualità superiori, è un assioma. Se nel campo lavorativo risolve molti compiti, dapprima espletati dall’uomo, con notevole vantaggio di chi possiede aziende, imprese e organizzazioni volte alla produzione di denaro, nell’ambito del singolo che ha bisogno di lavorare, la sua sostituzione da parte di un macchinario non è certo di buon auspicio: quale soluzione può trovare?
Il diritto al lavoro,
come sancito dagli articoli 4 e 35 della Costituzione Italiana, non è qualcosa di astratto bensì un cardine della democrazia: non può e non deve essere sostituito dal reddito di cittadinanza come palliativo: calpestare la dignità umana non porta grande giovamento alla comunità. La creazione di questa enorme classe di gente “inutile”, la divisione dell’umanità in diverse caste biologiche, con i ricchi che vengono elevati a status di veri e propri Dei e i poveri relegati al livello di gente inetta, non possono produrre che rivolte e guerre: inutile invocare pace ed equilibrio nelle popolazioni se non si estirpa questa arrogante volontà di sopraffazione delle cosiddette élites globaliste.

 

 

  

SU CARACCI
di Rinaldo Caddeo


 
Realtà e personificazioni ctonie e mitologiche, nell'ultima prova narrativa di Roberto Caracci.
 
Caron dimonio, con occhi di bragia,
loro accennando, tutte le raccoglie;
batte col remo qualunque s’adagia.
(Dante, Inferno, C.III, vv.109-111).
 
In misure, contesti e modalità sempre diversi, al centro di questi racconti, della raccolta Come te stesso di Roberto Caracci (Editoriale Delfino 2025), è Caronte. Tranne l'ultimo. In che senso? La prima notte dei pipistrelli: due cani, due pipistrelli, un uomo e una donna. È forse la prima notte di nozze? Non è del tutto certo ma è certo che lui la vuole possedere. Lei preferirebbe rimandare: è prostrata, dopo la festa, forse, di nozze. E poi una scena l'ha scossa: due cagnacci si sono azzuffati, a lungo e con ferocia in cortile. Lava i piatti, rigoverna la cucina, mette in ordine, fa la doccia... poi vanno a letto. La finestra è aperta, fa caldo, è estate, due pipistrelli s'infilano nella stanza. Lei sta per urlare ma lui blocca con una mano il grido sulla bocca. Si alza, prende la scopa, colpisce e ammazza le due creature alate, spargendo piume e sangue, dopo aver mandato in frantumi il lampadario facendolo crollare a terra. È una catastrofe e la messa in scena di un sacrificio: con un lungo coltello da cucina, lui finisce e scotenna le povere creature e ne getta gli avanzi dal terrazzo.
Il dramma è raccontato in prima persona, dal punto di vista e di ascolto della donna. È nel suo vissuto drammatico, una sorta di incubo raccapricciante, che entriamo nella sua cattività che da paura diventa terrore, orrore, in un crescendo rossiniano, che sale al parossismo fino a spegnersi in un adagio paradossale. Siamo in un appartamento borghese di una qualunque periferia urbana. La protagonista vive e noi con lei, una brutalizzazione visionaria dell'ambiente. Si comincia con la zuffa canina, poi arrivano i pipistrelli, due pezzi di notte, due stracci neri e umidi, che ruotano a zig-zag nell'aria della stanza, urtano i muri, si adagiano con un fruscio appena udibile al cuscino. Poi ci si mette il valoroso Alfonso.
Alfonso è il marito. Paragonato a una biscia, a un orso, grugnisce, ringhia, soffia con il naso, morde nel tentativo di possedere la moglie riluttante, sopra e sotto le lenzuola. L'arrivo dei pipistrelli scatena in Alfonso una rabbia belluina e una violenza senza freni che innesca una metamorfosi demoniaca, contrassegnata dagli occhi iniettati di sangue di Caron dimonio. 
Conclusa l'ordalia del sangue e delle piume, la donna rimane paralizzata, supina sul materasso come su di una lastra di marmo. Non le resta che cedere alla furia erotica di Alfonso, trasformato in un demone/angelo alato, ormai spinto oltre l'imbestiamento. Nelle spire vorticose di una grottesca condensazione/sublimazione/transfert si affida al volo dell'immaginazione: «immaginavo di decollare verso la sciame baluginante degli astri, fasciata dalle ali enormi di un pipistrello che aveva il volto della persona a cui sussurravo, ripetendoglielo fino a convincermene prima del sonno, "Ti amo".» (Roberto Caracci, Come te stesso, p.27).


 
Il secondo racconto, Inseguimento a due voci, è una narrazione a specchio in cui il protagonista si capovolge e assume le fattezze demoniache dell'antagonista. In questo caso, l'antagonista/protagonista ha gli occhi neri, i capelli lucidi di gel e porta a un braccio un tatuaggio che raffigura due angeli che volteggiano nello spazio tenendosi per mano. Nella prima sezione del racconto lo sorpassa in montagna rombando e facendogli un gestaccio, nella seconda gli sferra un calcio nella schiena imprimendogli nella schiena l'impronta del suo scarpone. Nel terzo racconto, Delitto senza castigo, ci sono tre esiti diversi della medesima storia: un omicidio, un suicidio, una fuga.
Al centro della narrazione c'è un lavavetri, in una stazione di servizio in autostrada, in tuta da benzinaio, che senza chiedere il permesso lava i vetri delle automobili parcheggiate presso l'auto- grill: alzato un tergicristallo, attende l'obolo per il servizio non richiesto. Il Nostro eroe, assolutamente al verde, non glielo dà.
Nel primo esito il lavavetri s'infuria e piega in due il tergicristallo della Panda scassata del Nostro. Il Nostro stacca il tergicristallo e glielo infilza in gola uccidendolo. Nel secondo e nel terzo esito, il lavavetri si limita ad augurargli, in un napoletano rozzo, di provincia, di precipitare nell'acqua del mare, come poi accade. Basso e tarchiato, il lavavetri, faccione squadrato da bulldog, ha uno sguardo da predatore, i suoi occhi grigio-verdi, sono gelidi e inespressivi come quelli di un rettile.
Nel quarto racconto, L'addomesticamento del lupo famelico, il lupo è la Morte che viene riportata a più miti consigli dalla trasformazione del Lupo cattivo in cane domestico e viene anch'Ella addomesticata con una reciproca accettazione. Favola emblematica, si svolge nella mente di un bambino come sviluppo ed elaborazione della paura della Morte come paura del Lupo. Il lupo non ci mangia se noi gli diamo da mangiare: questa è la scoperta di un bambino avventuroso, nonché inventore e scrittore. La Morte-Lupo, la Grande Bestia, è rappresentata con denti digrignanti e il rosso sangue degli occhi, striati di nero, che, con la sua benefica metamorfosi, assume venature di verde smeraldo.


 
Nel quinto racconto, Tepore d'inverno, si tratta della storia di un viaggio rocambolesco, ancora una volta narrata in prima persona, dentro il punto di vista/ascolto/contatto di uno studente ginnasiale, con il groviglio dei suoi libri, verso la scuola, in un autobus pieno come una scatola di sardine. Caronte, in questo caso, assume le fattezze di un bigliettaio che sgrida e incita i poveri passeggeri a non rimanere fermi come muli ma ad andare avanti: una parola, quando non c'è spazio nemmeno per uno spillo! Anche Lui riscuote le monete (come il lavavetri e come il Caronte pagano) ed ha un faccione con una criniera sale e pepe. I suoi occhi sono tondi e vitrei, da civetta, con una pupilla gelida. Infine diventano rossi da rapace quando puntano il Nostro narratore / protagonista che ha un contatto fisico ravvicinato e prolungato, fino al rapimento (tanto da trasmutare l'autobus sgangherato e traboccante in un'astronave lanciata negli spazi siderali), con la ragazza dal caschetto d'oro. Scatta e si scaraventa sui due l'aspro, ancipite rimprovero/incitamento ad allontanarsi
progredire. Se Caronte sprona con le parole e picchia con il remo chiunque esiti o rallenti l'ingresso nella barca che, attraversando l'Acheronte, conduce nell'aldilà, il nostro bigliettaio esorta a procedere e sgrida i passeggeri che si bloccano all'ingresso o nei punti intermedi dell'autobus.



Nel sesto racconto, Il tunnel tra le dita, un bambino scava un buco nella sabbia, lungo la spiaggia del mare, che diventa un tunnel che entra in contatto con il tunnel di un amico. Ma il Nostro (sempre più un alter ego dell'autore, un altro te stesso) non si accontenta e continua a scavare e a coltivare con l'immaginazione lo scavo di nuovi tunnel fino a costruire un labirinto.
In questo caso non c'è un demone ma solo un monello, tale Diego, che insulta e cerca di ostacolare l'attività scavatoria del Nostro, senza riuscirci. Il protagonista diviene il Caronte di se stesso che in se stesso trova la coscienza per un cambiamento. Con il suo ingegno e la sua tenacia riesce a scavare e a trovare le sotterranee vie dell'altrove. In questi personaggi dei racconti di Caracci ritroviamo alcune caratteristiche che richiamano sia il Caronte pagano sia quello cristiano. Nel VI Canto dell'Eneide di Virgilio e nel III dell'Inferno di Dante, Caronte è sia guardiano implacabile e severo custode sia psicopompo, traghettatore, mediatore dell'oltre. Sia per Virgilio sia per Dante oltre alla barba e ai capelli bianchi, gli occhi sono infuocati dall'ira. Al centro del centro del libro, Caracci smette di raccontare il racconto ma si mette a raccontare il raccontare cioè ci recapita il suo metaracconto, un'altra forma di racconto. Lo scrittore si chiede, nel corso del racconto, che cosa significa raccontare: rivelare la realtà o inventare storie o tutte e due le cose?
«raccontare è come passeggiare, errare, vagabondare. Raccontando esco e non vado da nessuna parte, vado e basta. [...] Così il primo oggetto del tuo racconto può essere tradito, senza alcun senso di colpa, sopravanzato da altri oggetti, a loro volta destinati a essere traditi, perché non indispensabili. E se l'oggetto del raccontare è la tua stessa vita, prima o poi sarà quella vita, semplice e angusta, ad essere scavalcata e tradita, sostituita da altre vite, che sono comunque le tue, perché 'potevano' essere le tue.» (Ibidem, p.68).



 
A una divaricazione narrativa in una molteplicità di sbocchi/percorsi ci avevano già abituato scrittori come Calvino o Borges ma non con la radicalità di una equazione così paradossale tra realtà e allucinazione. Mai come in questi racconti la narrazione lucida, minuziosa, iper-realista di Caracci s'imbatte nel visionario- parossistico e fa i conti con il simbolico. È una stratificazione simbolica che si può disporre su diversi piani. Uno di questi è quello mitologico. La narrazione stessa propone ironicamente figure come il Minotauro, il Lupo di Cappuccetto Rosso e di San Francesco, Polifemo, Pulcinella, Mangiafuoco, mostri, maschere, diavoli, pianeti ctonii, gassosi, labirintici, della mitologia e della fiaba. Ho individuato Caronte come una figurazione inconscia, a un incrocio di questo passeggiare/errare della narrazione riflessiva e della riflessione narrativa di Caracci. Una figurazione comica, cosmica e drammatica, duplice, ambigua e ancipite: minaccia, arresto e impedimento, ma anche passaggio, promozione.
Nell'ultimo racconto questa figurazione sembra essersi risolta nella stessa narrazione. Non appare più necessaria. Il giovanissimo scavatore non ha bisogno di chiedere il permesso o l'aiuto di nessuno. Ha imparato come si fa. E come Dante, nella Vita Nuova, spiega a un gruppo di donne gentili che lui, d'ora in avanti, può fare a meno di tutto e di tutti, anche del saluto di Beatrice, per celebrare il suo amore: gli basta scriverlo, elaborarlo nella e con la scrittura. Così: «domani avrei continuato a scavare, e così ancora dopodomani, e tutti i giorni successivi. Io stesso non sapevo quale percorso avrei compiuto. E non lo volevo neanche sapere. Sarei andato avanti. Nessuno avrebbe potuto fermarmi, né Diego né il sole cocente. Me ne sarei dato tutto il tempo. Sarebbe stato il mio labirinto, la mia trincea, la mia strada.» (Ibidem, p.124).

sabato 27 dicembre 2025

GAZA: È STATO GENOCIDIO
Un tribunale come Norimberga per processare il Governo di Israele. 

 



CINA E ARMI
di Alessandro Pascolini - Università di Padova



Il libro bianco cinese sul controllo degli armamenti nella nuova era.
 
Lo scorso 27 novembre, il Consiglio di Stato della Repubblica Popolare Cinese (RPC) ha pubblicato un libro bianco specifico sul controllo degli armamenti “nella nuova era di Xi Jinping”, terzo dopo quelli di Jiang Zemin (novembre 1995) e di Hu Jintao (settembre 2005). Il nuovo libro bianco è anche la prima dichiarazione sulle politiche nucleari cinesi dalla rivelazione pubblica della rapida espansione delle loro forze nucleari. In un clima globale di acuta inquietudine nucleare, crescente competizione tra le grandi potenze ed erosione del regime di controllo degliarmamenti, la pubblicazione ha l’obiettivo di “presentare in modo completo le politiche e le pratiche della Cina in materia di controllo degli armamenti, disarmo e non proliferazione”.
Levoluzione più significativa dei tre libri bianchi è lespansione delle aree tematiche. Il documento del 1995 si concentrava sui domini tradizionali, ovvero principi di disarmo globale, regimi nucleari e di altre armi di distruzione di massa e riduzioni delle forze convenzionali; il libro bianco del 2005 aggiungeva a questi temi sezioni distinte sui missili e la corsa agli armamenti nello spazio esterno, ampliando la dimensione convenzionale per includere mine terrestri e armi leggere.
Il libro bianco del 2025 segna un salto qualitativo. Introduce un capitolo su guidare la governance della sicurezza internazionale nei campi emergenti, coprendo spazio esterno, cyberspazio, intelligenza artificiale (AI) e controllo delle tecnologie. In questa nuova cornice, il controllo degli armamenti diventa un progetto multidominio e la RPC articola esplicitamente l’ambizione di plasmare norme e regole in queste aree, rispecchiando la sua più ampia spinta ad assumere un ruolo di leadership nella governance globale.
Il documento è articolato in una prefazione, 5 capitoli (I. dure realtà, la sicurezza internazionale e il controllo degli armamenti; II. posizione e politiche, il controllo degli armamenti della Cina nella nuova era; III. svolgere un ruolo costruttivo nel controllo internazionale degli armamenti; IV. guidare la governance della sicurezza internazionale nei settori emergenti; V. rafforzare la cooperazione internazionale sulla non proliferazione e sugli usi pacifici della scienza e della tecnologia), una conclusione e due allegati: elenco dei trattati sul controllo degli armamenti, il disarmo e la non proliferazione cui la Cina ha aderito; leggi e regolamenti della Cina relativi alla non proliferazione e ai controlli sulle esportazioni.


 

La “nuova era”
I tre libri bianchi differiscono significativamente anche rispetto alle descrizioni dell’ambiente internazionale. Caratterizzato da cauto ottimismo, il libro bianco del 1995 riconosceva le sfide ma evidenziava principalmente le opportunità create dalla fine della Guerra Fredda e il documento del 2005 vedeva le questioni relative al controllo degli armamenti giunte a un “crocevia cruciale” e indicava minacce emergenti.
Al contrario, il libro bianco del 2025 ritrae un mondo in profonda crisi sistemica: l’egemonismo, la politica di potenza e l’unilateralismo rappresentano una grave minaccia per l’ordine internazionale; la rivalità geopolitica si sta intensificando; i conflitti regionali e le instabilità stanno diventando più frequenti; mentre assistiamo all’accelerazione della corsa agli armamenti in molteplici domini. Contemporaneamente, le questioni relative al controllo internazionale degli armamenti, al disarmo e alla non proliferazione “stanno diventando più complesse e multidimensionali”.
Lintroduzione del documento attribuisce questo deterioramento unicamente alle azioni di un certo paese, una formulazione che si riferisce agli Stati Uniti, il cui comportamento strategico viene più volte contestato nei vari capitoli. Al contrario, “la nazione cinese ha sempre valorizzato la pace e l'armonia tra le nazioni, sostenuto la giustizia e si è opposta all’abuso dei deboli da parte dei forti e all’uso eccessivo della forza. E la RPC dal 1949 ha perseguito un percorso di sviluppo pacifico e una politica di difesa nazionale di natura difensiva, e si è fermamente opposta a tutte le forme di egemonia, aggressione, espansione e corsa agli armamenti.
Tuttavia, il documento non spiega la continua espansione della RPC in atto nei mari Cinese Meridionale e Cinese Orientale con l'occupazione di isole a danno del Vietnam, delle Filippine e del Giappone (https://ilbolive.unipd.it/it/news/barbie-conflitti-mar-cinese-meridionale) e non viene nemmeno chiarita la consistenza dell’affermazione con i vasti e accelerati programmi cinesi di riarmo in tutti i settori (http://ilbolive.unipd.it/it/cina-difesa-strategia-militare), a parte l’affermazione che “un esercito cinese più forte rafforza le potenze pacifiche del mondo
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Armamenti nucleari
Il documento ripresenta sostanzialmente le note posizioni della Cina, evita una maggiore trasparenza sulla consistenza del suo arsenale nucleare e sull’effettiva dottrina militare, ribadendo che l’opacità delle forze e della strategia è un elemento cruciale della deterrenza stessa. La reticenza cinese rimane una delle preoccupazioni centrali nei dibattiti contemporanei sul controllo degli armamenti.
A motivare l’acquisizione nucleare, si afferma che la Cina è stata costretta a fare la scelta strategica di sviluppare armi nucleari in un particolare momento storico per affrontare le minacce nucleari e i ricatti, spezzare il monopolio nucleare esistente e prevenire le guerre nucleari. Le armi nucleari della Cina non sono destinate a minacciare altri paesi, ma alla difesa e all’autoprotezione. La Cina si è sempre impegnata nella sua politica di non uso per primi’ (NFU) delle armi nucleari, ha fermamente sostenuto una strategia nucleare di autodifesa, e ha promosso la modernizzazione delle sue forze nucleari per salvaguardare la propria sicurezza strategica e la stabilità strategica globale complessiva”.
In mancanza di precisi dettagli operativi riguardo alla sua effettiva implementazione, il NFU non è verificabile e rimane una mera dichiarazione politica unilaterale volutamente opaca e lasciata all’interpretazione del dichiarante. Il corrente processo di modernizzazione delle forze nucleari cinesi per “migliorare le capacità in materia di allerta strategica precoce, comando e controllo, penetrazione missilistica e risposta rapida, suggerisce agli osservatori che la Cina stia in realtà sviluppando una postura di lancio-sotto-attacco o lancio-su-allarme, che supererebbe una dottrina di NFU.
Il documento dichiara l’aspirazione cinese al disarmo nucleare, ma questo “dovrebbe essere un processo giusto e ragionevole di riduzione graduale verso un equilibrio al ribasso che mantenga la stabilità strategica globale e una sicurezza non diminuita per tutti, e dovrebbe procedere in modo graduale. I paesi che possiedono i maggiori arsenali nucleari dovrebbero apportare riduzioni drastiche e sostanziali delle loro forze in modo verificabile, irreversibile e giuridicamente vincolante, in modo da creare le condizioni per un disarmo nucleare completo e totale. Quando le condizioni saranno mature, tutti gli stati dotati di armi nucleari dovrebbero partecipare al processo di negoziazione multilaterale sul disarmo nucleare”.
Quindi, la RPC non è attualmente disponibile per negoziati in qualsiasi formato finalizzati a riduzioni concordate delle forze nucleari e mantiene il rifiuto del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari del 2017, sostenuto dai paesi del Sud globale e ignorato, senza alcun commento, nel libro bianco.
Forse anche in risposta alle affermazioni americane e russe su ventilati test nucleari, “la Cina sostiene fermamente gli scopi e gli obiettivi del Trattato per la messa al bando totale degli esperimenti nucleari. Essendo uno dei primi paesi a firmare il Trattato, la Cina ha sempre onorato il suo impegno per la moratoria sui test nucleari, ha sostenuto l'entrata in vigore anticipata del Trattato e ha promosso i lavori preparatori nazionali per la sua attuazione”; non viene tuttavia motivata la mancata ratifica del trattato stesso.
Opponendosi fermamente ai doppi standard sulla non proliferazione nucleare”, la Cina considera la cooperazione sui sottomarini nucleari tra Stati Uniti, Regno Unito e Australia andare contro l’oggetto e lo scopo del Trattato di non proliferazione e minare gravemente il regime internazionale di non proliferazione nucleare.
Una nuova critica viene espressa contro “questo determinato paese”, che “nel perseguire una sicurezza assoluta, ha promosso senza limiti il sistema globale di difesa missilistica Golden Dome e ... ha promosso lo schieramento avanzato di sistemi missilistici a medio raggio nella regione Asia-Pacifico e in Europa ... minando l’equilibrio e la stabilità strategica globale. Invece, “lo sviluppo da parte della Cina delle tecnologie missilistiche e delle capacità di difesa missilistica è motivato esclusivamente dall’autodifesa e non è diretto contro alcun paese o regione”.
In realtà, mentre i missili a gittata intermedia americani non sono ancora operativi, la Cina ha già schierato una varietà di tali missili. Significativi sono anche i programmi anti-missile cinesi, attualmente considerati analoghi ai THAAD americani (operativi per la difesa terminale), con sviluppi per una capacità di attacco anche nella fase di volo intermedia.


 

Il controllo degli armamenti
Il documento presenta in modo puntiglioso e dettagliato la posizione cinese positiva e propositiva in tutti i vari trattati, convenzioni e regimi di controllo internazionale degli armamenti, sostenendo fermamente lo status e l’autorità delle Nazioni Unite. Dichiara di voler “sostenere un quadro di governance più inclusivo, meccanismi multilaterali più efficaci e una cooperazione internazionale più proattiva”.
In particolare, per affrontare le sfide globali di biosicurezza, la Cina promuove l’istituzione di un’agenzia globale dedicata al controllo delle armi biologiche e alla biosicurezza; la necessità di una specifica istituzione internazionale a sostegno della Convenzione sulle armi biologiche è uno dei punti cruciali per un solido regime di disarmo e non-proliferazione di tali armi, ma la comunità internazionale non è ancora riuscita a risolverlo positivamente e trova l’opposizione degli Stati Uniti.
La RPC sostiene indagini complete, obiettive e imparziali, in conformità con la Convenzione sulle armi chimiche, sugli incidenti che potrebbero coinvolgere l’uso di armi chimiche, per giungere a conclusioni che rispettino i fatti e che resistano alla prova del tempo. Il documento lamenta il ritardo con cui il Giappone procede alla distruzione delle armi chimiche abbandonate in Cina durante la Seconda guerra mondiale.
Per quanto riguarda lo spazio, il libro bianco ribadisce il sostegno della RPC all’ONU nel giocare un ruolo chiave nel rafforzare la sicurezza dello spazio esterno, sebbene non offra dettagli su come questo ruolo possa essere adempiuto.
La sezione sulla sicurezza informatica ribadisce il principio della RPC della sovranità informatica nazionale col diritto dei singoli paesi di “esercitare la giurisdizione sull’infrastruttura di informazione e comunicazione, sulle risorse, sui dati e sulle attività pertinenti all’interno dei loro territori, e di proteggere i loro sistemi informativi e dati importanti da minacce, interferenze, attacchi, furti e distruzione. Il documento suggerisce quattro principi nel cyberspazio per la riforma della governance globale di internet: rispetto della sovranità cibernetica, mantenimento della pace e della sicurezza, promozione della trasparenza e della cooperazione, e formulazione di un buon ordine”.
Per quanto riguarda le applicazioni militari dellAI, la RPC invita tutti i paesi ad adottare un approccio prudente e responsabile nello sviluppo e nell’utilizzo della tecnologia AI nel settore militare”; ribadisce la sua posizione che i sistemi di AI debbano rimanere sempre sotto controllo umano. Il libro bianco invoca anche un quadro di governance internazionale per lapplicazione militare dellAI e sottolinea i contributi della RPC allo sviluppo di un relativo quadro ONU.
Il documento nota che “i paesi in via di sviluppo sono ancora soggetti a restrizioni sugli usi pacifici della scienza e della tecnologia. La Cina promuove la cooperazione internazionale sugli usi pacifici della scienza e della tecnologia, e facilita il miglioramento della governance globale della non proliferazione.


 

Qualche osservazione
Rispetto ai due precedenti libri bianchi, lultima versione ridefinisce la RPC da difensore reattivo dello status quo a proponente proattivo della governance della sicurezza globale, con un ruolo più attivo nei futuri negoziati sul controllo degli armamenti, salvaguardando al contempo i propri obiettivi di modernizzazione ed evitando vincoli al proprio comportamento.
I libri bianchi della RPC hanno sempre una funzione di promozione e di messaggistica, sia interna che internazionale. Lenfasi del libro bianco del 2025 su correttezza, equità tecnologica e diritti dei paesi in via di sviluppo suggerisce un appello deliberato a pubblici del Sud globale, che si sentono emarginati negli attuali regimi di controllo allesportazione e di governance. Ma la proliferazione di armi di fabbricazione cinese nei conflitti africani in corso, per esempio, potrebbe minare la retorica ufficiale proveniente da Pechino.
Il documento sottolinea più volte e con forza che “la Cina appoggia il ruolo indispensabile dell’ONU nella governance globale” e sostiene l’autorità e la funzionalità delle organizzazioni internazionali come l’Agenzia atomica internazionale di Vienna e l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche.
Questa posizione cinese è tanto più significativa a fronte di quella americana espressa fra i principi della recente National Security Strategy, che non riconosce nessun ruolo al controllo degli armamenti per la sicurezza nazionale e dove l’ONU e le agenzie internazionali di controllo compaiono solo in forma negativa: “gli Stati Uniti proteggeranno senza scuse la propria sovranità. Ciò include prevenire la sua erosione da parte di organizzazioni transnazionali e internazionali. Gli Stati Uniti tracceranno il proprio corso nel mondo e determineranno il proprio destino, liberi da interferenze esterne”.

 

 

venerdì 26 dicembre 2025

L’EUROPA SANZIONA IL GENERALE BAUD
di Gilbert Doctorow



Tutto potevo immaginare, tranne che alla mia età, e con le mie idee, mi sarei trovato un giorno a difendere un generale. Ma è talmente scandalosamente idiota la decisione dei burocrati e guerrafondai di Bruxelles, che non si poteva non prendere posizione. E ha fatto bene Franco Continolo a premettere allo scritto di Doctorow la nota che segue. [A. G.]




 
Ci si poteva aspettare un “Buon Natale” migliore da una ignorante, faccia di m. come Kaja Kallas? Di quale sovranità sta parlando, emerita alta rappresentante? È forse l’UE, sono forse i paesi membri dell’UE e della NATO, sovrani? È poi la decisione di sanzionare un distinto studioso di cose militari come il colonnello svizzero Jacques Baud, la dimostrazione della vostra concezione della libertà di espressione? Il motivo per cui non sanzionate Gilbert Doctorow, cittadino americano, ma residente a Bruxelles, il quale è assai più esplicito nella critica delle politiche UE, è perché avete paura della reazione di Washington, e questo dice tutto sulla sovranità europea. La vostra decisione di sanzionare il dissenso trova non a caso il pieno sostegno del governo tedesco, espressione di un paese che ha rinunciato alla sovranità per poter soddisfare le spinte revansciste che oggi si sono estese anche fuori dalla Germania, grazie all’UE a trazione tedesca, e all’assiduo lavoro dei pataccari di Londra. Ha ragione l’autore del servizio sulla dichiarazione del ministero degli Esteri di Berlino, il quale, dopo ave citato Giuseppe Gioachino Belli, conclude con una sentenza fulminante: se va avanti così, l’UE farà la fine della DDR. [Franco Continolo]  https://eir.news/2025/12/news/german-government-on-the-jacques-baud-case/
 

Presumo che tutti siate ben consapevoli del brutale atto di censura e della prevista rovina finanziaria perpetrata dalle autorità dell'UE una settimana fa contro il veterano dell'intelligence svizzera e autore di grande successo sulla Via Russa della Guerra, Jacques Baud. Vi rimando alla sua pagina Wikipedia per dettagli sulla sua carriera in patria, sulle operazioni delle Nazioni Unite e sui suoi scritti più recenti.
I conti bancari di Baud e altri beni nell'UE sono stati congelati. Ciò è ancora più doloroso in quanto egli vive a Bruxelles. È soggetto a un divieto di viaggio che, in linea di principio, esclude la possibilità che si rechi in Svizzera per ritirare denaro e poi tornare alla sua residenza di Bruxelles. Ora dipende dalla generosità di amici e sostenitori per mettere il pane in tavola, e coloro che lo aiutano rischiano a loro volta di essere sanzionati per questo stesso atto.
Quel che è peggio è che le sanzioni non sono state pronunciate da un tribunale. Lo stato di diritto non si applica, perché le sanzioni sono un atto politico emanato all'interno dell'organo esecutivo dell'UE, il Consiglio, contro il quale sembra non esserci appello alle istanze di giustizia europee. Tanto per parlare di pesi e contrappesi, che gli architetti dell'UE negli anni '90, tutti intellettuali altamente qualificati di sinistra, sembrano aver trascurato a causa del loro infondato ottimismo sulla bontà della natura umana, soprattutto tra gli strati sociali istruiti come loro. Questa situazione è un ulteriore argomento a favore della necessità di reinventare la struttura dell'UE se si vuole che la democrazia e le libertà civili abbiano un futuro. Il problema non è solo il bassissimo livello intellettuale e di istruzione degli attuali leader e dirigenti nazionali all'interno delle istituzioni dell'UE; è radicato nei documenti fondativi dell'UE.
Chi di voi ha letto gli scritti di Baud o ha ascoltato le sue interviste occasionali sui principali podcast sa che quest'uomo è quanto di più umanamente possibile lontano da un propagandista in generale e una risorsa preziosa per il Cremlino. Ho trovato il suo libro sulla struttura delle forze armate russe impenetrabile oltre il primo capitolo, adatto agli esperti e non ai profani. Inoltre, ha rifiutato gli inviti a comparire su RT, ha evitato di utilizzare fonti russe nelle sue ricerche. Si è tenuto a freno durante le poche apparizioni video concesse a media alternativi. In breve, ha cercato consapevolmente di evitare qualsiasi sospetto di parzialità sulla guerra. Tutto invano! In effetti, il caso è così strano che sospetto che sia stato sottoposto a sanzioni su istigazione di alcuni nemici personali, non da esaminatori disinteressati del suo caso all'interno dell'UE. Ma questa è solo una mia ipotesi. Ora, per andare al dunque: cosa significa il caso Baud per i relatori, per i conduttori di programmi come "Judging Freedom" o il canale di Glenn Diesen, per citare solo due dei podcast più importanti? Quasi tutti i partecipanti e i conduttori violano quotidianamente il politicamente corretto dell'eurolinguaggio e potrebbero essere accusati di promuovere le opinioni russe sulla guerra. Nel programma di ieri "Judging Freedom", Scott Ritter ha dichiarato senza mezzi termini che non si recherà più in Europa, perché teme la detenzione e altri gravi disagi per le sue dichiarazioni politiche e la sua partecipazione ai media russi. Questa è una questione che anch’io, cittadino americano, devo prendere con la massima serietà, dato che non mi limito a viaggiare in Europa, ma ci vivo davvero, da 45 anni e oltre. Prenderò precauzioni, per quanto possibile, per non farmi cogliere impreparato come è successo a Jacques Baud. Tuttavia, ritengo altamente improbabile che il Consiglio europeo sanzioni gli americani nelle attuali condizioni di guerra ideologica con l'amministrazione Trump. Faccio riferimento al discorso del vicepresidente J.D. Vance alla Conferenza sulla sicurezza di Monaco di Baviera a febbraio e ora, un paio di settimane fa, al documento di recente pubblicazione sulla Strategia per la sicurezza nazionale, che denuncia l'Unione europea per violazione delle libertà civili e per privare i cittadini della libertà di parola. Qualsiasi sanzione dell'UE contro singoli cittadini americani per aver espresso le proprie opinioni sulla guerra andrebbe direttamente contro i frenetici sforzi della Commissione per mantenere Trump dalla parte della guerra in Ucraina e garantire che gli Stati Uniti partecipino in modo essenziale a qualsiasi garanzia di sicurezza postbellica a Kiev.

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