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UNA NUOVA ODISSEA...
L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

(foto di Fabiano Braccini)
Buon compleanno Odissea

1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)
giovedì 13 febbraio 2025
PRODUZIONE INDUSTRIALE
SCRIVETE A XAVIER BETTEL PER ÖCALAN
Mr. Bettel
Chair of the Committee of Ministers of the Council of
Europe
E-Mail: zoltan.taubner@coe.int Boîte.officielle@mae.etat.lu
cc: to Members of the Committee of Ministers
Gentile
signor Bettel,
il 15 febbraio 2025 ricorre il 26° anniversario del rapimento del leader del
popolo curdo Abdullah Öcalan che da allora è detenuto nell'isola-prigione turca
di Imrali. Le visite della sua famiglia e dei suoi avvocati hanno seguito
l'arbitrarietà politica dei governi turchi. Nel 2014, la CEDU ha stabilito che
la condanna all'ergastolo aggravato di Öcalan, che esclude la possibilità di
libertà condizionata, violava la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo. La
Corte ha raccomandato alla Turchia di modificare le proprie leggi per garantire
che i detenuti siano informati della possibilità di essere rilasciati, nota
come Diritto alla Speranza. In occasione della riunione del 17-19 settembre, il
Comitato dei Ministri del Consiglio d'Europa ha nuovamente esortato la Turchia
a prendere provvedimenti immediati per conformarsi alla norma CEDU del 2014. Il
Comitato ha avvertito che avrebbe preso in considerazione la stesura di una
risoluzione provvisoria se non fossero stati compiuti progressi entro il 20
settembre.
Dal 10 ottobre 2023, milioni di persone in Kurdistan e in tutto il mondo hanno
partecipato alla campagna “Libertà per Abdullah Öcalan - Una soluzione politica
per il Kurdistan” per attirare l'attenzione sulla situazione di Öcalan e
richiamare l'attenzione del mondo sulla via della pace.
L'importanza politica di Öcalan per il conflitto turco-curdo non può essere
sottovalutata e una risoluzione del conflitto turco-curdo, che ora si è esteso
oltre i confini della Turchia con l'attacco, l'invasione e l'occupazione da
parte dell'esercito turco di aree nel nord della Siria e dell'Iraq, potrebbe
portare la pace anche in Medio Oriente. Oltre a 69 premi Nobel, 1.500 avvocati
di diversa provenienza insieme a persone di diverse professionalità (sindacati,
movimenti sociali, partiti politici, funzionari eletti, artisti, intellettuali,
attivisti e milioni di curdi e loro sostenitori) hanno lanciato un appello
anche al CoE e al Presidente della Repubblica di Turchia per porre fine alla
detenzione in isolamento di Öcalan e rilasciarlo. Inoltre, sono state fondate
numerose reti internazionali che lavorano per il suo rilascio e i loro sforzi
continuano tuttora.
Il
fatto che le delegazioni politiche del partito DEM (Partito Popolare per
l'Uguaglianza e la Democrazia) ricevano ora selettivamente il permesso di
visitare Öcalan in carcere, grazie alle pressioni del CoE e delle
organizzazioni politiche e della società civile mondiale, può essere uno
sviluppo positivo. Tuttavia, Öcalan è ancora un prigioniero politico detenuto
in violazione di diverse leggi e convenzioni sui diritti umani. La situazione
attuale dimostra quanto poco la leadership e il governo turco credano nella
pace, quando la dichiarazione di Nelson Mandela “solo un uomo libero può
negoziare” risuona vera. È ora che il comitato ministeriale, alla luce dei
recenti sviluppi, assuma una posizione proattiva verso una risoluzione
definitiva della questione. Öcalan ha espresso la sua volontà di trovare una
soluzione pacifica, nonostante le condizioni diseguali.
Al leader curdo Abdullah Öcalan deve essere permesso di incontrare i suoi
avvocati e la sua famiglia e, infine, essere liberato in condizioni che gli
permettano di svolgere un ruolo nella ricerca di una soluzione politica giusta
e democratica al decennale conflitto curdo in Turchia.
Spetta
ora al Comitato dei Ministri compiere passi concreti sul piano legale,
diplomatico e politico per la liberazione di Öcalan e per una soluzione
politica della questione curda.
Grazie
per il tempo e la considerazione,
Angelo
Gaccione, scrittore, Milano -Italia
e
tutti i collaboratori del giornale “Odissea”
zoltan.taubner@coe.int
Boîte.officielle@mae.etat.lu
LA
BANCAROTTA MORALE DI ISRAELE
di Franco Continolo
Dopo il successo ottenuto con la firma del cessate-il-fuoco a Gaza, un po’ di ottimismo sul piano di Trump era giustificato. Ma ora, dopo l’ennesima conferma - ieri c’è stato l’incontro con il re Abdullah di Giordania - che il piano non è un diversivo, e che Trump intende veramente espellere i palestinesi da Gaza, Larry Johnson ammette l’errore. Va notato che ieri Trump non si è limitato a sostenere il suo irrealistico piano, ma si è schierato apertamente con Israele - ha, per così dire, gettato la maschera del mediatore. Ciò fa pensare che Netanyahu troverà presto il pretesto per rompere la tregua. Il piano di Israele è chiaro: la pulizia etnica di Gaza e della Cisgiordania - il completamento della Nakba. La conferma viene dal robot Smotrich, il ministro delle Finanze. Il fatto che questo piano abbia l’approvazione degli israeliani della Diaspora, in particolare americana, indigna giustamente Peter Beinart che parla di bancarotta morale del mondo ebraico. Di bancarotta morale si può parlare anche nel caso della libreria di Gerusalemme.
mercoledì 12 febbraio 2025
“I
COLORI DEL BORGO” A MARCONIA
Sabato 15 Febbraio 2025, alle ore 18:30, nella sede dell’Associazione Culturale Ce.C.A.M. in Piazza Elettra, a Marconia, sarà presentato il libro I colori del borgo di Donato Mastrangelo. Dopo i saluti di Antonio De Sensi (Assessore alla cultura del Comune di Pisticci) e Giovanni Di Lena (Presidente del Ce.C.A.M.) interverranno Liliana Falotico (Docente di Storia e Filosofia); Antonio Rondilelli (Docente di Letttere); Pasquale Colle (Artista) e Donato Mastrangelo (Autore).
PALAZZO MARINO IN MUSICA

Quartetto Vagus
Domenica 16 febbraio 2024 ore11.00 la Sala Alessi ospita il
Quartetto Vagus, formato da giovani musicisti di diverse nazionalità che con la
loro presenza e il loro impegno testimoniano la vitalità e l’eccellenza nella
formazione musicale del Conservatorio “Giuseppe Verdi” di Milano, che dal 1808
continua a essere un faro per l’arte e la cultura a livello internazionale. In
programma brani di Haydn, Šostakovič e Casella, compositore che ha avuto un
legame importante con Milano attraverso il Teatro alla Scala dove sono state
rappresentate diverse sue opere.

I biglietti d’ingresso sono gratuiti: a partire dalle ore
09.30 del giovedì precedente ogni concerto è possibile prenotarli online sul
sito della rassegna (www.palazzomarinoinmusica.it) oppure ritirarli (fino a un
massimo di due biglietti a persona) presso la biglietteria delle Gallerie
d’Italia - Milano in piazza Scala, 6.
La rassegna
è realizzata in collaborazione con il Comune di Milano, Gallerie d’Italia –
Milano ed è organizzata da EquiVoci Musicali, con il sostegno di Intesa
Sanpaolo.
Sponsor
tecnico Fazioli.
La direzione
artistica è a cura di Davide Santi e Rachel O’Brien
Palazzo
Marino in Musica: Dal Rinascimento ad oggi
Sala Alessi
- Palazzo Marino
Contatti:
Ufficio Stampa: Andrea Zaniboni
Social Media
Manager: Gledis Gjuzi
Tel. 349
8523022
info@palazzomarinoinmusica.it
www.palazzomarinoinmusica.it
Facebook,
Instagram, YouTube: Palazzo Marino in Musica
martedì 11 febbraio 2025
CRUCOLI
di Cataldo Russo
Crucoli è un
piccolo paese di circa 3.000 anime della fascia ionica calabrese in provincia
di Crotone. È composto da un capoluogo, Crucoli, e dalla sua frazione Torretta.
È lì che sono nato 76 anni fa ed è lì che ho vissuto fino a 21 anni, prima di
esplorare altre realtà e altri mondi. È lì che sono le mie radici inestirpabili
e il mio cuore, anche se ho adottato Milano come mia città di vita e di
passioni. Credo che in questa mia scelta ci sia molto del paradosso di Joyce,
il grande scrittore irlandese, che preferì vivere lontano dalla sua Irlanda
perché in questo modo sentiva di amarla più intensamente. Anch’io sento di
amare più intensamente il mio paese quanto più mi trovo lontano, perché la
lontananza decanta e disintossica da pensieri assurdi di rivalsa e rinverdisce
i ricordi. Inoltre, fa rivivere i momenti belli della mia infanzia, poverissima
ma piena di volti, colori, profumi, ricordi e sogni.
Ritorno
mediamente a Crucoli due volte all’anno e non ho mai tradito, mai! Crollasse il
mondo io devo abbeverarmi alla fonte della mia prima infanzia perché so che
quell’acqua mi darà la forza di superare momenti di sconforto ed ostacoli di
ogni genere. Il fatto di vivere a 1200 chilometri di distanza mi permette di
vedere i tanti problemi in cui si dibatte il mio paese sotto una luce diversa.
Mi rendo conto che spesso chi vive lontano tende a ingigantire le colpe di chi
è rimasto. Difficilmente cado in questo tranello perché so quanto è difficile
la vita giù senza la certezza di un lavoro, una sanità che funziona, una scuola
attenta ai problemi dei più fragili, un’attenzione ai problemi del territorio. Amo
il mio paese, dicevo e di esso conosco storie, volti, leggende, infamie, gesti
eroici, atti di cupidigia e di nobile altruismo. Tutti questi segreti me li
porto dentro e non permetto a nessuno di profanarli.
![]() |
Veduta storica |
Il semplice cittadino, il vacanziere o il forestiero che passeggia per le strade di Torretta di Crucoli, difficilmente si rende conto che sta camminando su 2.500 anni di storia. In effetti la sua architettura urbana, fatta di case, negozi, condomini che non hanno più di ottant’anni, ad eccezione di un paio di costruzioni che risalgono alla fine dell’Ottocento e un’altra che potrebbe essere datata alla metà del Settecento, non aiuta a immaginare che lì tanti anni fa c’erano insediamenti greci, ville patrizie romane, piazze, edifici pubblici, chiese, strade lastricate, muri di templi, eccetera. Io no. Io so che sotto i miei piedi è scorsa l’acqua degli Enotri, dei Greci, dei Romani, dei Turchi, dei Saraceni e di molti altri popoli ed etnie.
Spesso
negli anni ’60 e ’70 durante gli scavi per costruire case, scuole, strade e
piazze sono venute alla luce tombe con i corredi funerari, mura di ville,
lastroni a spalla stretta, anfore onerarie, tubazioni fittili, puntualmente e
frettolosamente distrutte e ricoperte di ghiaia e cemento, con la complicità
delle autorità locali che hanno avuto pochissimo rispetto per la propria
storia, le proprie tradizioni e il proprio passato, per poter andare avanti nei
lavori di costruzione. La giustificazione più ricorrente che veniva data era
che si trattasse semplicemente di fornaci per la costruzione di laterizi, ma
non di ritrovamenti d’epoca greca o romana.
Crucoli capoluogo sorge su un gruppo di colline monche. Non ci sono certezze sull’origine del suo nome. Alcuni sponsorizzano le sue origini greche per cui il nome deriverebbe da “Kara kolos”, vetta monca o piatta; altri invece propendono per la derivazione latina “ocriculum”, ossia piccolo monte. Nell’uno o nell’altro caso il monte c’entra. Su quelle colline e sui muri del vecchio castello mi sono arrampicato tante volte per prendere nidi, catturare uccelli o raccogliere le violacciocche, e tante volte sono caduto riempiendomi il corpo di lividi ed escoriazioni. Crucoli allora era un paese vitale, ricco di fantasia e iniziative e c’era anche il teatro di strada che si ricollegava alla commedia dell’arte e ogni anno preparava la “frazza”, la farsa, ma soprattutto c’erano numerose botteghe artigiane che spesso agivano come luoghi di socializzazione. C’erano una mezza dozzina di sarti, veri artisti del cucito, altrettanti barbieri, calzolai, fabbri ferrai, impagliatori, eccetera. Le loro botteghe pullulavano di apprendisti e persone che vi si recavano per fare quattro chiacchiere. Io ho frequentato tutte quelle botteghe, perché il solo privilegio che i miei potevano permettersi era quello di tenermi a bottega dai 9 ai 15 anni. Lo studio è venuto dopo, quasi per casualità.
![]() |
Palazzo Comunale |
Si dice che dove si nasce si lascia il cuore.
E io il mio cuore l’ho lasciato a Crucoli capoluogo. Come ho detto, ritorno
almeno due volte l’anno, anche perché ho la casa a Torretta che reclama
presenza, ma io sento di essere stato veramente al mio paese solo quando visito
il cimitero del capoluogo, il santuario del 1300 dedicato a Maria santissima di
Manipuglia, la Chiesa di Santa Elia del 1300, mi siedo e chiacchiero nella
piazza Di Bartolo, quando rivisito La Chiesa Madre di San Pietro e Paolo del
1600 o quella di Santa Maria dell’Assunta, ancora più antica della Chiesa
Madre, inspiegabilmente demolita negli
anni’60 per costruire la canonica. Molte le case e i palazzi che da ragazzo ho
guardato con un senso di fascino e mistero pensando ai tesori che potessero
nascondere.
E cosa dire del suo territorio segnato da
grotte, anfratti e precipizi che da bambini esploravamo con la segreta speranza
di impadronirci dei tesori che i briganti vi avevano nascosto nelle loro
rocambolesche fughe.
Certo, la mano dell’uomo verso il territorio non è sempre stata benevole. Si sono abbattuti con troppa facilità vecchi palazzi e case che avevano una storia e un’anima per costruirne delle nuove, si è costruito quasi a ridosso della battigia, sono stati deviati i corsi dei torrenti e della fiumara, sono stati disboscati ettari di boschi ricchi di biodiversità nell’indifferenza di chi avrebbe dovuto vigilare e preservare. Per non dire dei numerosi interventi che sono stati fatti sui muri del castello risalente al X-XI secolo mirati a spalmare malta su malta fino a coprire le pietre di cui era fatto, senza minimamente pensare che invece occorreva scavare per fare emerge stanze, suppellettili, libri, forzieri e armi sepolte sotto le macerie causate da vari crolli.
Un’altra cosa che mi fa rabbia è pensare che
il museo archeologico aperto nella splendida villa Ciuranà più di vent’anni fa,
sia perennemente chiuso per l’incapacità di saperlo o volerlo gestire.
Quando attraverso le vie di Crucoli sento
ancora gli antichi profumi di fagioli cotti nelle pignatte di terracotta, di
salsiccia e pancetta arrostita sulla brace, di “pipi e patate”, ma soprattutto
sento l’odore della sardella, il caviale dei poveri, un impasto di neonata di sarda,
dopo averla fatta maturare in salamoia, con pepe rosso e aromatizzata con
finocchio selvatico. Con la sardella si possono condire gli spaghetti, fare le
uova strapazzate o semplicemente spalmarla su una fetta di pane con un po’ di
olio di oliva e gustarla accompagnandosi con un buon bicchiere di vino locale,
il Cirò, perché Crucoli fa parte del comprensorio che produce questo prezioso
nettare risalente ai tempi degli Enotri e dei Greci.
ALBUM
Santi Pietro e Paolo La Torretta
POETI
di Laura
Margherita Volante
Colibrì
Diamanti
nella vetrina
son le
gioie del mercato.
Il nero
velluto e le luci ne
esaltano
la bellezza.
il valore
glielo dà il mercato...
Tutto è
un mercato!
Questione
di mercato!
Quel
dipinto non ha mercato!
Il mercato
decide ricchezza e
povertà,
pure l’uomo
è una merce
a peso d’oro
o di niente.
Il
mercato va su e giù...
Il valore
va su e giù
come il
calcio in un
pallone...
Tutto un sali
e scendi
Osiris
non c’è più a
far
sognare e neppure
Maradona.
L’amica o
l’amico
a ridere, a piangere e a vivere
insieme
non si
compra e non si vende
sul
tramonto.
Son gemme
senza cartellino
i monti,
il mare, il cinguettio del
colibrì.
Vola
felice, avanti e indietro
librandosi
fra mille colori
su sé
stesso,
tuffatore
dell’aria e
delle
nuvole compare e scompare
Non è che
la vita che si fa sogno
in un
sorriso.
CONFLITTO GIUDICI GOVERNI
di Luigi Mazzella
Il match che appassiona
l’Occidente
Non si è
rilevato a sufficienza che l’uso dei tazebao con slogan
propagandistici delle varie parti politiche nelle aule parlamentari è un chiaro
segno del decadimento dell’istituzione rappresentativa della nostra cosiddetta “democrazia”. Gli eletti dal popolo Italiano, verosimilmente,
non credono più di poter raggiungere risultati utili a una accettabile se
non tranquilla convivenza grazie all’uso colloquiale del linguaggio e
delle parole, consapevoli, come, molto probabilmente, sono diventati, che
una cultura composta da tre assolutismi religiosi e due politici, irriducibili
e inconciliabili, determinando il sonno della ragione possa solo generare
mostri (come insegna il dipinto di Goya). Dopo l’uso dei telegrafici
cartelli propagandistici c’è solo da attendersi che deputati
e senatori emettendo aspri rumori gutturali (più simili ai
ruggiti, agli ululati e ai barriti che non ai
miagolii), affrontino l’inevitabile lotta corporale, con esito
disastroso per gli esemplari più deboli. Nella sovrana assenza del potere
legislativo, gli altri due (esecutivo e giudiziario) si menano botte da orbi,
imitando ciò che avviene anche negli Stati Uniti d’America ritenuto (non si sa
ancora per quanto tempo, dato il visceralismo anti-Trumpiano diffuso dai “Democratici”
transnazionali presenti in tutto l’Occidente) “Paese Guida” delle “Democrazie”
(in cui il popolo con somma e callida ironia, continua a essere
definito “sovrano”). In quel
Paese, ritenuto supremo garante dei diritti umani nonostante l’ inutile atomica
a Nagasaki, il napalm in Vietnam e il waterboarding a Guantanamo, il Ministro
per l’efficienza nella vita amministrativa del Paese, su incarico del
Presidente della Repubblica, si apprestava a eseguire un controllo sulle spese
militari, quando è stato “bloccato” da un ordine del potere giudiziario
che gli vietava e impediva di svolgere un ruolo che, secondo il
risultato delle nobili fatiche del volenteroso Montesquieu di qualche secolo
fa, si doveva ritenere appartenente al governo. Gli esempi fanno scuola. In Italia, mentre le forze
politiche sostengono accese discussioni sulla linea del governo di sistemare
gli emigranti in Albania con l’uso di dispendiosi mezzi economici (ritenuti
dalle opposizioni degni di miglior causa) un organo giudiziario decide non di
togliere ma di aggiungere “castagne al fuoco” (id est: altre spese per il
viaggio di ritorno) ordinando il rientro degli immigrati “deportati” nei nostri
confini. Ciò non
basta. A bloccare sostanzialmente o a perseguire, in vario modo, sul piano
giudiziario, iniziative del governo si pongono addirittura i
rappresentanti della pubblica accusa, sorretti nelle loro iniziative dal
clamore suscitato da rappresentanti del sistema mass-mediatico nazionale.
La gente comincia a capire sempre
meno ciò che accade e si dimena nel marasma di idee più assoluto. Le
polemiche in corso per la separazione delle carriere di organi giudicanti e
requirenti aumentano la sua confusione mentale. C’è chi si oppone alla
separazione, dando un’interpretazione del tutto anomala e contraria alla
sua etimologia della parola “giurisdizione” (dal romano iuris dictio)
di cui i pubblici ministeri pretendono di fare parte (come, a loro
dire, dimostrerebbe l’unificazione della loro carriera a quella dei
giudici). C’è
invece chi auspica la separazione, sostenendo che la verità è ben diversa. Il
potere di ius dicere (id est: giurisdizionale = stabilire qual
è il diritto e dalla parte di chi sta) competerebbe solo a chi giudica e non a
chi accusa. Altrimenti, si osserva, si finirebbe con il dire che una
parte del processo, a differenza dell’altra, abbia un ruolo diverso e
più pregnante nella decisione.
Anche un “quidam de populo”
comincia a chiedersi dove vada a finire la tanto millantata equivalenza di
accusa e difesa nel contraddittorio. Essa varrebbe nelle cause civili per gli
avvocati dell’Avvocatura dello Stato e non in quelle penali per gli
avvocati della Pubblica Accusa? Perché mai?
Esaminare quali effetti sulla
vita sociale e collettiva italiana abbia prodotto e produca una situazione così
confusa potrebbe avere un senso se lo scontro tra Magistratura e Governo non
avesse assunto proporzioni di tale entità da mettere a rischio di
crollo tutta l’impalcatura di uno Stato, ancora detto, senza pudore
alcuno, “di diritto”. Allo stato delle cose non c’è che da attendere e
chiedersi nel frattempo, se non si condivide la mia tesi sui cinque assolutismi
inconciliabili e generatori di irrazionalismi irriducibili, quali siano le
ragioni di tanto caos nella vita dell’Occidente.
.
lunedì 10 febbraio 2025
LA CINA È VICINA
di
Luigi Mazzella
Non
è solo il titolo di un film.
Se si ritiene che l’agire con raziocinio,
con lucida e logica determinazione, rappresenti la condizione umana migliore
per il progredire di una civiltà e per stabilire relazioni di buona convivenza
con gente di altra cultura, non v'è dubbio che la Cina con la percentuale del
67% di non credenti, di atei, agnostici e razionalisti sia in posizione di
netto vantaggio rispetto al resto del mondo. Persino il contagio subito dell’assolutismo
marxista comunista di matrice teutonica è stato neutralizzato dall’uso del
raziocinio ed oggi l’economia cinese è tra le più floride e avanzate del mondo.
L’Africa e la zona Medio
Orientale, con la loro percentuale del 15% di non credenti, costituiscono il
fanalino di coda del Pianeta, quanto a evoluzione del pensiero e della
civiltà, e probabilmente sono destinate a logorarsi anche in
futuro da quelle guerre che da millenni rappresentano il loro pane
quotidiano. Chi crede in Dio è portato a distruggere, annientare,
massacrare gli “inimici sui” senza limiti temporali,
permanentemente.
Gli Europei, invece, con il 43%
di credenti e il 57% di atei, agnostici e razionalisti costituirebbero la
parte di mondo più vicina a quella cinese; anche ai fini della
possibilità di un dialogo, in vista di un diverso assetto geopolitico del
globo. Esso, infatti, si svolgerebbe, senza lo schermo della
passionalità e dell’emotività religiosa e ideologica che ha un effetto
obnubilante per intelligenza e per la razionalità dei comportamenti
politici.
Certo, pesa ancora sugli Europei il
condizionamento ideologico che gli Stati Uniti d’America ai fini del “divide et
impera” hanno mantenuto in vita, appoggiandosi ora ai post fascisti e ora ai
post-comunisti per avere il controllo delle loro colonie europee e che anni di
malgoverno emotivo nel vecchio continente in nome dell’una o
dell’altra aberrante ideologia post-hegeliana hanno rafforzato,
generando illogici, irrazionali e innaturali legami geopolitici. Oggi, però, la politica annunciata
da Trump per l’Europa consentirebbe alla libertà degli Europei di affrancarsi
non solo dagli assolutismi religiosi ereditati dagli usi e costumi rimasti
primitivi dei mediorientali ma anche delle utopie, ugualmente irrazionali e irrealizzabili
degli eredi di Hitler, Mussolini e Franco, da una parte, e
Lenin, Stalin e Fidel Castro dall’altra. In soccorso di una tale
politica verrebbero sia la lezione della Storia con la memoria delle catastrofi
provocate da tutti i fascismi e comunismi tirannicamente realizzati nel corso
dei tempi, sia il ricordo di quella d luminosa filosofia stoica e presocratica
del mondo greco-romano, impostata sull’empirismo, sulla sperimentazione e sulla
razionalità più libera.
In conclusione: se i giovani del futuro liberi dai
condizionamenti dei loro padri, creduli e non pensanti, sapranno
razionalmente intessere rapporti creativi e positivi con altri abitanti del
globo, legati ugualmente alla ragione, alla concretezza della realtà,
all’edonismo vitale (che solo legittima l’esistenza terrena dei
viventi), si potrà pensare che con vi sarà quel tramonto ipotizzato da Oswald
Spengler se non per tutto l’Occidente, almeno per quella parte di
esso che avrà saputo liberarsi dalla logica del “credere”, instaurando quella
del “pensare”.
domenica 9 febbraio 2025
CHI TUTELA I TRAFFICANTI?
di Gian Giacomo Migone
È ormai chiaro che la presidente del consiglio è
riuscita a trasformare il caso Almasri in una disputa contro il potere
giudiziario in Italia, oscurando il patto scellerato tuttora vigente che
consegna i sopravvissuti delle traversate clandestine alle guardie costiere
libiche e, quindi, a campi di concentramento al di fuori di ogni controllo. È
meno chiaro che buona parte dell’opposizione, rispondendo nella stessa chiave,
sta contribuendo, a sua volta, ad oscurare la vera posta in gioco: quella di
vittime inermi, prima ancora dell’indipendenza della magistratura. Resta,
invece, del tutto nascosta la cattiva coscienza che spinge l’opposizione, consapevolmente
o meno, a non smascherare se non, addirittura, a concorrere a questo espediente
tattico del governo. Salvo la protesta delle SOS e qualche singola battuta - ad
esempio di Formigli e della presidente di Magistratura Democratica - nessuno
denuncia la radice del problema di cui la liberazione di Almasri, gestore del
sistema di oppressione nei confronti degli emigranti, costituisce la coerente conseguenza.
Si tratta dell’accordo sottoscritto dall’Italia - Renzi e Gentiloni consulibus - e poi assecondato dall’UE,
con cui essa s’impegna a privilegiare la guardia costiera libica, consegnando
ad essa i migranti sopravvissuti nelle acque del Mediterraneo. Per poi
restituirli al porto libico tuttora dichiarato “insicuro” dalle competenti
organizzazioni internazionali. Una parte, ma non tutta la maggioranza
governativa di centro sinistra, a suo tempo si è opposta al rinnovo di quell’accordo,
previsto in un comma surrettiziamente inserito in un provvedimento di altra
natura. Non così Marco Minniti - prima sottosegretario con delega ai servizi
segreti del governo Renzi e, successivamente, ministro dell’Interno del governo
Gentiloni - autore dell’accordo raggiunto d’intesa con la rete degli scafisti,
nel contempo adibiti a gestori di campi di concentramento libici, ad oggi
inaccessibili dall’UNHCR e dall’OIM.
A
suo tempo un editoriale del “New York Times” (25 settembre 2017) imputò all’Italia
- dopo una precedente inchiesta (NYT, 17.9.2017) - a Minniti, la responsabilità
di “essersi collocata nel ruolo di chi assume come sorveglianti [dei campi] la
stessa gente che trae profitto con l’estorcere denaro, affamare, vendere come
schiavi, torturare e stuprare migranti”. Una macchia, che annullò il credito
conquistato in precedenza dalla nostra guardia costiera con il salvataggio di
numerose vite umane, come riconosciuto dagli alti commissari per i diritti
umani del Consiglio d’Europa e dell’ONU. Resta da spiegare la rinuncia,
apparentemente paradossale, da parte di Meloni ad una chiamata a correo di una
buona parte dell’opposizione, come in molti altri casi. La risposta è semplice.
L’attuale governo non intende rinunciare alla paternità (o maternità) di una
politica spregiudicatamente ostile ad ogni forma di immigrazione, anche legale
e controllata, mettendo in pericolo l’accordo libico tuttora vigente.
Preferisce tutelarlo con il ricorso al segreto di stato. È appena il caso di
aggiungere che ogni opposizione, per risultare efficace, deve partire dal
riconoscimento delle proprie responsabilità passate ed esigere la tardiva
denuncia dell’accordo.
RICORDO DI GIORGIO ROCHAT
di Gabriele Scaramuzza

Giorgio Rochat
È mancato a Torre Pellice sabato 19
ottobre 2024 Giorgio Rochat, nato a Pavia il 4 aprile 1936. Conservava
sicuramente ricordi personali della seconda guerra mondiale, che aveva
attraversato da bambino. È stato allievo del Ghislieri, l’ho conosciuto al mio
arrivo in collegio nell’autunno del 1958; era ormai laureando. L’anno
successivo si laureò in Lettere (con 110 e lode) con una tesi su “Giovanni
Breganze e la convenzione militare di Parigi (2 maggio 1915)”. Gli erano
compagni d’anno Diego Lanza (grecista), Giuseppe Nava (italianista), Franco
Pesenti (storico dell’arte), Mario Vegetti (filosofo); tutti appartenenti
all’allora Facoltà di Lettere e Filosofia, e tutti studiosi di fama poi. Poco
discosto Marco Vitale, tuttora attivo nel mondo degli studi
giuridico-economici.
Insigne studioso di storia militare e politico-coloniale,
era, presumo proprio per questo, animato da un profondo pacifismo. Dal 1978 al
1996 Rochat fece parte del direttivo dell’Istituto nazionale per la storia del
movimento di Liberazione in Italia, e ne divenne presidente per quattro anni.
Dal 1981 al 1989 ricoprì la carica di vicepresidente del Centro
interuniversitario di studi e ricerche storico-militari. Dal 1990 al 1999
fu presidente della Società di studi valdesi a Torre Pellice.
A Pavia mi ha da subito colpito il suo modo
singolare, unico anzi, di gestire il cosiddetto tirocinio matricolare (così era
eufemisticamente chiamato dall’allora rettore del collegio, Aurelio Bernardi).
Un modo allegramente umano, del tutto benevolo nei miei confronti; gliene sono
sempre restato grato. Mi è rimasto vivo nella memoria, anche se non l’ho più
rivisto; se non occasionalmente una volta in cui non ci siamo riconosciuti, su
un treno verso Milano.
UN PENSIERO PER ROCHAT
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Giorgio Rochat |