UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

giovedì 21 novembre 2024

IPPODROMO. COMPENDIO IMMOBILIARE LA MAURA
Avvio di un processo partecipato per la sua riconversione.


Tetti di amianto

[“Odissea” segnala ai cittadini l’enorme quantità di coperture di amianto presenti e li invita a vigilare per un corretto smaltimento. Dio solo sa come sia stata bonificata l’area di Rho per l’Expo]
 
La società F3A Green S.r.l. è promissaria acquirente del compendio immobiliare dell’Ippodromo “La Maura”, che ricomprende l’Ippodromo di Trenno e l’Ippodromo La Maura, un’area privata di circa 750.000 mq, che contiene le attività ippiche della società Snai (ora Snaitech S.p.a.), in procinto di dismissione. Si tratta di un luogo tra i più significativi e pregevoli della città di Milano, posto a ridosso del parco di Trenno, all’interno del Parco Regionale Agricolo Sud Milano e a cavallo tra i quartieri San Siro e Gallaratese, in cui è sorta un’eccellenza del settore ippico, che ha segnato la storia meneghina e italiana e che si ritrova nelle odierne tracce costruite. Il compendio immobiliare La Maura è da sempre un vasto territorio recintato e inaccessibile al pubblico, che ha separato i quartieri altamente urbanizzati di San Siro e del Gallaratese, facendo da barriera al Parco di Trenno. Tale situazione è destinata a peggiorare ulteriormente con il trasferimento e la conseguente dismissione delle attività ippiche nell’Ippodromo di San Siro. Poiché crediamo fortemente che la riconversione e la valorizzazione ambientale, ricreativa e sociale dell’intero compendio della Maura possa rivestire un ruolo strategico per l’intera Città di Milano e per il territorio metropolitano, ci proponiamo di avviare un dialogo trasparente e costruttivo non solo con tutti gli enti istituzionali coinvolti, ma soprattutto con l’intera cittadinanza milanese. Vorremmo che la nostra proposta progettuale sia una occasione per operare una trasformazione significativa, innovativa e condivisa di uno spazio privato, che si apre alla città. 


Coperture di amianto

A tal fine, avvieremo un processo di progettazione partecipata, reale, che sarà condotto con i seguenti obiettivi e con le seguenti modalità:
1.- attenzione e rispetto per il patrimonio edilizio esistente risalente alla prima metà del XX secolo;
2.- promozione e valorizzazione dell’identità culturale e del paesaggio esistente attraverso la connessione tra le aree verdi private e il parco del Treno;
3.- drastico aumento della dotazione di spazio pubblico; realizzazione di interventi di moderazione della mobilità privata, a favore di quella ciclo/pedonale;
4.- insediamento di attività per la cultura, l’intrattenimento, i servizi di interesse pubblico e generale;
5.- realizzazione di abitazioni per le fasce deboli.
Le nostre linee guida sono:
a) la tutela della salute, dell’ambiente e il contenimento del consumo di suolo a favore della deimpermeabilizzazione;
b) la stretta applicazione di principi ecologici come l’invarianza idraulica, idrologica, la riconversione energetica degli edifici e l’uso di energie rinnovabili;
c) la cura del patrimonio naturalistico con un serio e credibile programma di piantumazione; il potenziamento del sistema della mobilità ciclo-pedonale; la valorizzazione di un bene comune della città;
d) la rigenerazione del patrimonio edilizio e architettonico esistente di valore storico e culturale, le connessioni del tessuto urbano con interventi rispettosi delle caratteristiche del contesto e rispettosi dell’identità del quartiere;
e) l’apertura del compendio immobiliare all’uso pubblico e il suo collegamento con le aree a verdi del Parco di Trenno;
f) la promozione della cosiddetta filiera corta agricola a favore della produzione biologica;
g) la Promozione dell’integrazione sociale e dell’inclusione sociale per invertire i recenti processi di gentrificazione;
h) l’insediamento di sedi e spazi collettivi dove svolgere attività sociali, culturali e ludiche.



Queste sono le idee progettuali che vorremo realizzare sull’intera area, con il coinvolgimento della società civile milanese, necessaria ed indispensabile per la sua ridefinizione. Giovedì 21 novembre alle ore 20.30 il percorso avrà inizio, con lo svolgimento del primo incontro, presso l’auditorium civico Enzo Baldoni, del Municipio 8, in via Giacomo Quarenghi 21 presso il centro commerciale Bonola.
Si invita a partecipare.
Cordialità F3A GREEN S.r.l.
Il legale rappresentante Tel: 02-43982008
Pec: f3agreen@pecimprese.it

GERMANIA. VIA I GUERRAFONDAI



Cari amici
Come BSW, siamo pronti ad assumerci la responsabilità di un cambiamento reale, di una politica di pace, giustizia sociale e ragione economica. Le elezioni di febbraio saranno per noi una grande sfida, ma la supereremo con il vostro sostegno! Entro la fine dell'anno avremo fondato le tre associazioni regionali mancanti, dopo che lo scorso fine settimana gli amici bavaresi hanno lanciato con successo la loro associazione regionale. Fortunatamente non sarà necessario raccogliere firme per le elezioni federali.



Tuttavia, la campagna elettorale anticipata ci porrà grandi esigenze finanziarie. Vorremmo quindi chiedervi di donare, se possibile. Anche piccole somme aiutano. Ci battiamo affinché la politica in Germania possa finalmente rappresentare nuovamente gli interessi della maggioranza. La nostra occasione per questo è adesso. Iniziamo insieme la prossima campagna elettorale per far uscire il nostro Paese dalla crisi nel 2025 e, soprattutto, per contenere la minaccia sempre crescente della guerra.
Cordiali saluti
Sahra Wagenknecht
Amira Mohamed Ali 
Christian Leye
 

GLI INFAMI DEMOCRATICI AMERICANI



Anbamed, notizie dal Sud Est del Mediterraneo
(testata giornalistica online fondata da Farid Adly. 
Direttore responsabile Federico Pedrocchi)


LA RASSEGNA OGGI NON ESCE

Vi proponiamo questo articolo del grande giornalista Eric Salerno. 

Il silenzio complice degli USA in Medio Oriente qui

È stato pubblicato il 5 novembre. La sua analisi viene confermata dal veto di Washington, ieri 20 novembre, al Consiglio di Sicurezza, sulla mozione dei 10 paesi non permanenti. Una risoluzione che chiedeva il cessate il fuoco a Gaza e Libano e il passaggio degli aiuti umanitari. 14 paesi hanno votato a favore. Un solo paese, gli USA, ha fatto scudo per prolungare il genocidio palestinese perpetrato da Netanyahu. 

La Redazione

POETI CONTRO LA GUERRA. DA BERNA A BERLINO


Max Hamlet Sauvage
Gli sterminatori - 2024

Cari amici,
 
Sono molto felice di condividere con voi il video del nostro progetto contro la guerra: La Prospettiva degli Altri da una Prospettiva Diversa https://youtu.be/wo544Bl2ulc 
che sarà presentato durante una lettura a Berlino, domenica 8 dicembre. La presentazione a Berna all’inizio di settembre è stata un grande successo. I visitatori sono stati profondamente commossi e impressionati da tutti i video, e le traduzioni in tedesco hanno permesso loro di cogliere appieno il messaggio. È fondamentale dare voce a ciò che molte persone sentono, ma spesso esitano a esprimere apertamente. 
Un caro saluto
Antje Stehn

 

  

ANCONA
Accordi- Parole e Paradossi




 

mercoledì 20 novembre 2024

KAFKA A MONTICHIARI
Con Migliorati e Borzi




L’UOMO CHE PIANTAVA I POMODORI
di Pierpaolo Calonaci


Youssef Abu Rabie
 
Quando penso che un uomo solo, ridotto alle proprie semplici risorse fisiche e morali, è bastato a far uscire dal deserto quel paese di Canaan, trovo che, malgrado tutto, la condizione umana sia ammirevole”.
Jean Giono - L’uomo che piantava gli alberi


* 

Perché la banalità della testimonianza come falsa obiettività e ritorno del mondo reale non può restituire il significato politico e umano profondamente tragico di quella carneficina.
Albert Dichy sul testo di Jean Genet - Quattro ore a Chatila 
 
Youssef Abu Rabie aveva 24 anni, era palestinese e faceva l’agronomo. È stato ucciso qualche settimana fa nella sua casa con la madre da un missile israeliano. La scorsa estate cominciò a piantare una coltivazione di pomodori nel bel mezzo delle macerie e della morte che il genocidio del nazionalismo sionista/messianico israeliano compie impunemente. Come può scoccare la resistenza qui? Quando scocca la resistenza? In queste domande si può condensare, oltretutto, la conoscenza che Genet esperisce della Rivoluzione palestinese vivendo con i “fedayn” per sei mesi, definendola, quale “forza di questa gioia d’esistere, sinonimo di bellezza, la bellezza verticale dei combattenti e della loro strana leggerezza.
Quando la storia si rivela nella materialità della quotidianità, allora scocca la resistenza; come freccia utopica, ben più radicata nel reale e ben più desiderosa di libertà e giustizia di un qualsiasi Don Chisciotte, fa breccia nell’oscurità dei vivi e dei morti. Non l’accetti né la rifiuti: ne senti il fardello. Dentro la storia, quella ufficiale, istituzionalizzata e normalizzata, quella della scuola della “democrazia” insomma, che si allinea con i “buoni” contro i “cattivi”, col “bene” contro il “male”, quel fardello è stato rimosso (fanno bene perciò i pochi studenti a rifiutare di imparare una storia siffatta poiché intuiscono che seguendola mai matureranno la disobbedienza né l'esser pronti per la resistenza). Credo piuttosto che alla storia servano uomini e donne che se ne facciano carico, tanto nella sofferenza, quanto possibilmente nella gioia, quanto nell’azione responsabile. Non educazione “civica” serve.
Youssef aveva “scelto” di incarnare la vita con la sua idea di resistenza. Come una brezza riparatrice che sorprende il volto troppo esposto alla brutalità.  Possiamo immaginarlo stretto tra questo dualismo che schiaccia l'uomo da tempo immemore che così recita: - Per quanto si eviti di vedere la violenza, la violenza viene a cercarti. Uno o la subisce o la fa. O, comunque, se a te non fanno niente, la fanno ad altri, ed è lì che interviene la coscienza. Perché se uno permette che la facciamo ad altri diventa, dichiaratamente o no, complice. (Gioconda Belli, La donna abitata).


 
Ci sono molte forme di resistenza, lo dimentichiamo sovente. Tante quante le traiettorie degli aquiloni, tante quanto il desiderio, il bisogno di libertà e giustizia che il cuore umano può contenere e che spesso, oggi troppo spesso, e nel vicino futuro ancora molto meno, non riesce più a immaginare. Youssef aveva “scelto” di raccontare la condizione del proprio popolo coltivando pomodori. È stato il suo atto di responsabilità davanti all’oppressore. Chissà se l’avrà scelto, ma questo non ci riguarda. L’ha visto, ecco ciò che conta. Aveva perciò colorato le macerie che stavano intorno alle sue coltivazioni con le sue piantine. Ma all’assassino nazionalista, che non è solo Israele, tutto ciò che ricordi la vita fa paura. Il nazionalismo sopprime la vita: essere di sinistra è combatterlo. Tutte le armi sarebbero buone per farlo? No, perché la resistenza mai e poi mai colpirà i civili inermi. Youssef, come i personaggi de Le rose di Atacama fa emergere altre prospettive di resistenza, un’altra speranza di cui non si vede nemmeno l’aurora, per cui bisogna tacere. Quelli che credono nella violenza proscrivono Youssef e i suoi pomodori. Quelli che rifiutano la violenza se ne appropriano per sostanziare dogmaticamente la propria lotta. Ma entrambi si cacciano nella prigionia degli schemi con cui guardano la realtà, cristallizzandola, poiché ne rifiutando la dialettica e la poetica della storia che intesse ogni rivoluzione. Nessuno schema nell’azione di Youssef, nessun manuale di tecnica della resistenza: solo vita spogliata da ogni ipocrisia redentrice di speranza e difesa fino all’indifendibile. Come nei fiori di Atacama. Eppure, resistenza. Resistenza che si spoglia fino all’annullamento. Resistenza e resa disse Dietrich Bonhoeffer, spogliarsi della creatura che ci è stata appiccicata addosso disse la coeva Simone Weil ai quali fa da controcanto l’opera rivoluzionaria di Rosa Luxembourg.


 
Non so se Giono nell’affermare la meraviglia davanti alla condizione umana avesse potuto essere più cauto con l’incanto. A guardare in che condizioni versi oggi l’umanità un salto nella reductio per absurdum avrebbe dato a quell’enunciazione un senso più pragmatico (forse la letteratura, forse l’arte quando rifuggono la reductio per absurdum dell’essere umano ne devono invocare la speranza quale bisogno auto-conservativo, rischiando di compiere un attentato a se stesse: uccidere la negazione, anche solo in veste speculativa, che fa paura, poiché fa emergere il non-detto. Perciò il Nichilismo, quello nietzschiano, è stato ridotto a nozioni). 
Poiché dopo la Shoah, dopo Sabra e Chatila, dopo Srebrenica, davanti all’orrore indicibile contro il popolo palestinese, che “il nostro mondo” ripaga con l’ignavia di guardarlo da lontano, la condizione umana pare si sia definitivamente arresa, continuando a vestire armature, a se stessa, in un vortice antropofago nel quale il vaso di Pandora è risucchiato, diversamente dal mito.

 
“[…] di tutto ciò, cosa è rimasto di buono? mi chiedo. Gli uomini continuano a fuggire. Ci sono governanti sanguinari. Si continuano a straziare i corpi, si continua a far guerre. Il suono dei nostri tamburi deve continuare a battere nel sangue delle attuali generazioni. È l’unica cosa che di noi è rimasta, Yarince: la resistenza (G. Belli, La donna abitata).

 

IL POTERE DELLA MUSICA
 

Amati

La musica è il pieno assoluto
[A. Gaccione - 1991]


Oh, ma voi non avete bisogno di parole per arrivare all’anima…”.
“Vede? Lei ha usato delle parole così belle e poetiche che noi non sapremmo assolutamente formulare”.
“Lei mi lusinga, maestro, ma io resto della mia opinione: nulla è superiore alla musica…”.
“Eppure le parole dei poeti commuovono di più”.
“Glielo riconosco, ma se voglio sentire lo spazio, la vastità dell’universo, è solo la musica che me li fa sentire, me li fa immaginare…”.
“Oh, no, lei si sbaglia, per questo basta guardarsi intorno: c’è il cielo infinito, la luce, ci sono i colori…”.
Angelo Gaccione [Sonata in due movimenti, Di Felice Ed. 2023]


 
Guarneri
 

La musica, fin dalle sue origini, è stata parte integrante di antichi riti comunitari e del processo di formazione dell’identità sociale. Essa, oltre a rappresentare un potente mezzo per entrare in contatto con le energie presenti in natura, è in grado di manifestare il logos universale e le armonie celesti. La musica di fatto crea un sodalizio tra gli istinti primitivi e le più elevate virtù dell’anima trasformando la materia sonora in racconto di mondi e di visioni, immaginari o reali, trasmettendo a chi l’ascolta il senso profondo del sacro, del fantastico, del mistero e di infinite sfumature dell’universo umano. La musica agisce come mediatrice tra il mondo visibile e quello invisibile. Come un ponte sospeso tra l’esperienza tangibile e il mistero dell’impercettibile, ci conduce oltre i confini della realtà fisica, aprendo le porte a dimensioni sconosciute e rarefatte, dove le emozioni prendono forma e si fondono con la nostra interiorità”.

Davide Santi e Rachel O’Brien 
[Viaggio sonoro nell’invisibile, 2024]


Stradivari

La civiltà occidentale è abituata a identificare l’esistenza con il visibile: vedere per credere. La vista predomina i parametri della verità, dell’esistenza di ciò che può produrre effetti nel mondo, o sul nostro corpo, e nell’anima. Eppure, la musica fa ballare, muove i corpi e stimola chi ascolta a sondare i confini e le sfumature della propria vita emotiva. Ma tali effetti non attraversano lo spazio del visibile, quanto piuttosto l’udibile: la potenza della musica sfida continuamente il pregiudizio che l’esistenza o l’effettualità si identifichi con il visibile. Dal mito di Orfeo, il cui canto sospende la lotta tra le specie dettata dalle esigenze di autoconservazione, o le Sirene omeriche, o ancora la leggenda di Santa Cecilia, la cui musica preservò il convento contro atti iconoclastici per tutta la Guerra dei Trent’anni, fino ad Hildegard von Bingen, che spiega il mistero della Trinità radicandolo nella capacità sonora della carne umana, lo spazio sonoro appare investito di un potere magico, o meglio farmacologico: al contempo veleno e rimedio. Oltre alla dimensione somatica dell’effettualità musicale, va oggi sempre più esplorata la specifica grammatica emotiva implicita nei diversi generi e forme musicali. Ma più che di grammatica emotiva, che suggerisce una staticità, si dovrebbe parlare di economia libidica quando un brano musicale si struttura e trasmette una specifica organizzazione temporale che non è altro che la temporalità propria di determinate tonalità emotive. Non è un caso per esempio che Monteverdi insistesse sulla figura ritmica attraverso cui restituire una stessa nota: diversa è la tonalità emotiva di una singola nota di lunga durata o la medesima nota ripetuta assillantemente in sedicesimi. L’invisibile non solo esiste, ma nel caso della musica è anche potente”
Mousikè. Ist. di critica e farmacologia della musica
[Il potere invisibile della musica, 2024] 

I LIBRI DI BORGNA
di Gabriele Scaramuzza
 


J. H. Fragonard
Giovane che legge

Due preziosi, snelli libri di Eugenio Borgna sono apparsi quest’anno; ed è già di per sé miracoloso, data l’età dell’autore. Tuttavia non hanno età i temi proposti, che ripercorrono in nuovi profili l’ampia disamina del mondo letteralmente “estetico” (nel senso di sensibile-emotivo) cui Borgna ha dedicato tutta la vita - nei modi più diversi, da professionale-psichiatrico a teorico, da letterario a senz’altro poetico. Illustre esponente della psichiatria fenomenologica, Borgna continua qui l’ampia fenomenologia delle emozioni umane da tempo intrapresa, e che include la mitezza, la solitudine, la fragilità, la follia, la gentilezza, la speranza e la disperazione, la nostalgia, la tenerezza - emozioni tante volte neglette, o sottovalutate. Esse costituiscono un quadro umano aggressivamente contrastato dalla realtà dei tempi in cui viviamo; quadro che invece è indispensabile tener vivo, per motivi morali, etico-politici, ampiamente umani.
La scrittura di Borgna è come sempre duttile, avvolgente - terapeutica, nei modi in cui l’autore intende la cura. Modi che certo includono l’uso della parola anche nei suoi aspetti non “scientifici”. Il tema “affascinante e complesso” del silenzio è affrontato da più punti di vista, e in diverse connessioni: “nella sua vertiginose articolazioni tematiche e nelle sue infinite forme di espressione”. Verso la fine scrive lo stesso Borgna: “questo mio libro […] ha cercato di sciogliere gli snodi tematici complessi e sfuggenti del silenzio nel corso della vita e della mia vita, e sulla scia di pensieri che venivano dal cuore. La strada maestra di questo mio libro è stata tracciata dalla psichiatria, certo, ma anche dalla poesia. Così noi viviamo, e di giorno in giorno prendiamo commiato dalla vita, e non sempre ne riconosciamo i sentieri di senso. La cosa più importante è quella di guardare al silenzio come ad una esperienza che non sia mai estranea alla vita, e alla cura in psichiatria. Al di là dei suoi molteplici aspetti, quello che unifica i diversi modi di essere nel silenzio è la loro sorgente: quella della interiorità”.
Gli scritti di Borgna sono stati da me per lo più recensiti su “Odissea”, e in buona parte anche raccolti nei miei Smarrimento e scrittura e Passaggi.
So che Borgna conosce Massimo Camisasca, e in qualcosa, anche per certi sfondi in senso lato religiosi (comunque assai diversi tra loro), i suoi scritti sono da associare al saggio di Camisasca appunto, Il silenzio, pubblicato in “Materiali di Estetica”, 10.2 (2023), pp. 339-349.
Se religiosità è senso della trascendenza, in qualsiasi modo venga agito, sta all’opposto di ogni fanatismo, dei fondamentalismi, delle guerre che purtroppo nella storia delle religioni continuano ma non mancare. Il rifiuto di ogni violenza, di ogni sopraffazione, non dovrebbe mai esserle estraneo.
Enrico Berti, da me lontano negli anni di insegnamento a Padova, ma che ho sentito vicino negli ultimi anni (come del resto Franco Chiereghin), ha scritto Le prove dell’esistenza di Dio nella filosofia (Morcelliana, Brescia 2022). Ho sempre diffidato di simili “prove”, più che altro si tratta di motivazioni, rilevanti certo, ma non decisive; Berti se ne mostra cosciente. C’è un motivo comunque che percorre l’esigenza di “prove”, ed è la coscienza del non bastare a sé dell’esperienza, e l’inquietudine che ne deriva, e cerca di placarsi: Et inquietum est cor nostrum donec requiescat in te.
Termini riconducibili all’ansietà, all’irrequietudine, all’insoddisfazione percorrono con insistenza le pagine di Borgna, e non solo in riferimento ai suoi pazienti: insondabile, indicibile, arcano, speranza, sfuggente, nostalgia, silenzio, vertigine, fragilità, vulnerabilità, depressione, speranza… indicano tutte una carenza, e anche l’urgenza di rispondervi. A un trauma originario seguono i reiterati, affannosi tentativi, per mille vie, di “ricomporre l’infranto”, e di reagire all’inquietudine che ne deriva. Al disfarsi delle vite
è necessario far fronte, se si vuol sopravvivere.
 
  
      
Eugenio Borgna
In ascolto del silenzio
Einaudi, 2024 pp. 101, € 12



Mi ha grandemente coinvolto L’ora che non ha più sorelle, e non solo per la sua originalità (non ho letto molto sul peculiare suicidio femminile e sul tema della specifica “fragilità” che gli è annesso) e per il ritorno a mo’ di leitmotiv del silenzio e per le sottili venature “estetiche” che lo percorre. Ma anche perché Borgna dedica di fatto questo suo libro ad Antonia Pozzi - poetessa che ho amato e con cui mi sono, per quanto possibile, identificato. Estremamente significativo è che (tra i non pochi cui ha volto la sua sensibile attenzione) proprio lei sia al centro di questo ultimo (per ora) lavoro di Borgna; e che tenga conto di scritti su di lei quali quelli di Eugenio Montale e, in senso più approfondito e specifico, Graziella Bernabò. Leggiamo: “Una malinconia leopardiana ha accompagnato la breve vita di Antonia Pozzi, che moriva suicida a ventisei anni, scrivendo poesie, sommesse e arcane, fosforescenti e luminose, immerse nella grazia ferita e nel mistero del continuo desiderio di morire, che le sue relazioni, ogni volta franate, e incomprese, hanno concorso a realizzare”. “La sua testimonianza di vita e di morte ha nondimeno un grande indicibile valore psicologico e umano, e ci induce a meditare sul senso del vivere e del morire, e a ricercare le ragioni che mantengono aperto il cuore alla speranza anche nelle ore dolorose e oscure della vita”. E ancora: “Nelle poesie di Antonia Pozzi, anche in quelle divorate dal desiderio di suicidio, non mancano mai una fragile eterea dolcezza e una morente speranza”. Altrove Borgna dice di “parole gentili e tenere” che “si sono accompagnate al suicidio di Antonia Pozzi”. Atri nomi che ricorrono sono Antigone (via George Steiner), Virginia Woolf, Simone Weil, Amelia Rosselli; Margherita (di cui è riportata una poesia a mio parere molto “vera”), Emilia e Stefania (tutte e tre pazienti di Borgna). Ma non sono assenti nomi quali Paul Celan, Giacomo Leopardi e Cesare Pavese - di cui Borgna legge le ultime poesie con una profonda sensibilità, purtroppo spesso assente. Più volte sottolinea comunque le differenze di genere nei confronti del suicidio. Ci sono notazioni di Borgna che condivido profondamente: il suo “ripensare a quello che si sarebbe potuto fare, e non è stato fatto, al fine di evitare che dilagasse il deserto delle speranze”. “Una psichiatria che non sappia ascoltare e interpretare la disperazione e il silenzio di una persona che chieda aiuto non è psichiatria”. “Non saremmo vissuti invano, se siamo stati capaci di ascoltare le voci del dolore e della disperazione che fanno rivivere il suicidio”. “Nelle famiglie e nelle scuole si dovrebbe senza fine insegnar a essere gentili, come a essere capaci di tenerezza e di mitezza, che sono molto più importanti di quelle che sono le conoscenze tecnologiche”. E infine “Non dovremmo mai lasciarci trasportare dalle fretta e dalla impazienza, dalla smania di concludere e dalla leggerezza, ad aggredire il silenzio senza cercare di intenderne le motivazioni”. 



Eugenio Borgna
L’ora che non ha più sorelle. Sul suicidio femminile
Einaudi, Torino 2024, pp. 115, € 13

 

 

 

 

RADIO “NUOVA RESISTENZA”



C
arissimo, solo per informarti che collaboro, per passione, come con “Odissea” con la radio fiorentina “Nuova Resistenza”, abbiamo un sito Facebook (io non ce l’ho privatamente), un canale Youtube dove stiamo cominciando a fare approfondimenti di temi generali, e uno Telegram. Solo per dirti che le riflessioni edite da “Odissea” stanno girando anche su questo canale... spero contribuisca a mantenere alto il livello della riflessione, dell’attenzione e della partecipazione non solo per il blog ma anche per la pace.
Un caro saluto
Pierpaolo Calonaci

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