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UNA NUOVA ODISSEA...
L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

(foto di Fabiano Braccini)
Buon compleanno Odissea

1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)
giovedì 10 luglio 2025
CIMITERO DI GUERRA
NORMALE CONFRONTO CIVILE?
L’associazione di
volontariato Idra commenta il blitz al parco eolico in Mugello.
“Un’opera
che ha avuto varie contestazioni, tutte rimaste fino ad ora nell’ambito del
normale confronto civile”. Così le cronache Rai dipingono lo
sfondo del ‘blitz al cantiere del parco eolico’ in Mugello agli onori delle
cronache. Che già chiamarlo ‘parco’, questo scempio ambientale, paesaggistico e
istituzionale, ci vuol coraggio! Sono le stesse immagini trasmesse dal Tgr
Toscana a documentarlo, e i pareri formulati nero su bianco dalla
Soprintendenza di Palazzo Pitti a confermarlo: “La realizzazione
dell’impianto eolico comporterebbe un’alterazione irreversibile dei paesaggi
interessati dalle opere in progetto, causando una irreversibile trasformazione
radicale degli stessi dovuta alla pesante infrastrutturazione di aree collinari
e alla compromissione dei valori paesaggistici oggi esistenti, che debbano
essere assunti come interesse pubblico preminente”.
Quanto al ‘normale
confronto civile’, si dà il caso che sia stato assai poco normale, civile e
democratico quello a cui anche la nostra Associazione ha tentato invano di
partecipare, esponendo le proprie ragioni in maniera laica, garbata e
nonviolenta. Salvo scoprire che quell’opera era già decisa, era già blindata,
prima ancora che il ‘normale confronto civile’ permettesse di entrare nel
merito. E allora, dovendo dedicare le proprie forze al contrasto di un’altra
opera, diversamente ma non meno pesantemente offensiva, l’escavazione TAV sotto
Firenze, Idra ha dovuto abbandonare già cinque anni fa quella parodia di
‘inchiesta pubblica’. Non senza tornare a denunciare come il progetto di pale
eoliche avallato sui monti di Giotto e del Beato Angelico rischiasse di
modificarne lo skyline storico, e di impattare popolazioni, ecosistemi,
viabilità, fauna selvatica, patrimonio arboreo, potenziali contesti
archeologici. Un rischio divenuto tristemente realtà. Un simpatico contributo
‘progressista’ all’incremento del degrado idrogeologico, con buona pace delle
politiche di preteso contrasto al ‘cambiamento climatico’.
Quindi, per cortesia,
signori ‘giornalisti’, raccontatela tutta!
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Le foto sono state trasmesse
dalla cittadinanza attiva del Mugello
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mercoledì 9 luglio 2025
IL SENSO DEL
RIDICOLO
di Romano Rinaldi
La proposta
fatta da Netanyahu di insignire il suo sodale, attuale presidente degli Stati
Uniti d'America, del Premio Nobel per la Pace, è una ulteriore conferma del
totale distacco dalla realtà che accomuna questi due protagonisti delle più
recenti nefandezze nel panorama bellico, bellicista e imbecille internazionale.
Sulle criminali azioni belliche dell’attuale governo di estrema destra del
malcapitato Stato di Israele, c’è ormai poco da arguire, se non per motivi di
pura faziosità. La cronaca giornaliera parla da sé da troppi mesi ormai ed è
inutile aggiungere altro. Analogamente si pongono le azioni belliciste in campo
economico e commerciale internazionale da parte della nuova amministrazione americana,
comprese le azioni di guerra guerreggiata anche se non dichiarata, per togliere
qualche grossa castagna dal fuoco all’amico israeliano nella sua spavalderia nei
confronti del regime iraniano. Quanto all’imbecillità, non c’è che da scegliere
dall’una e dall’altra parte. Le azioni, minacciate poi ritirate e poi ancora
reiterate, in un costante perseguimento del caos dove l’unica certezza è
l’imprevedibilità persino dichiarata, le proposte di tregua e relative
immediate smentite, il turbinio di accuse e controaccuse, uccisioni mirate e
cannonate o fucilate nel mucchio, su scuole, ospedali, distribuzioni di acqua e
cibo e messi diplomatici. Insomma c’è quanto di peggio una mente possa
concepire per dimostrare l’irrazionalità di tutte e ciascuna delle scelte fatte
finora per assicurare ai rispettivi popoli che pro-tempore rappresentano,
alcuni dei miglioramenti promessi in campagna elettorale. Ora, che il
primo avanzi una tale oscena proposta al Comitato di Stoccolma equivale al
fatto che una uguale proposta possa provenire, nei suoi confronti, dal ICC dell’Aia!
O magari si potrebbe ripiegare, per
assegnare il premio all’americano, sulla salvaguardia ambientale e la lotta al
cambiamento climatico. Insomma siamo ormai molto oltre il senso del ridicolo e la farsa è già da
un pezzo avviata verso l’inevitabile trasformazione in tragedia.
LA
DISCESA IN CAMPO DI ELON MUSK
di Luigi Mazzella
Per usare il linguaggio sportivo, ritenuto popolare e utile (ai suoi
fini) da Berlusconi, la notizia della “discesa in campo” di Elon Musk, con
un proprio partito, del tutto nuovo, nella competizione elettorale per la
Presidenza statunitense ha suscitato reazioni emotive molto contrastanti; e tra
esse non è mancata la rispolveratura (del tutto a sproposito, come dirò) del mito del genio. “Genio” è un termine che deriva dal latino genius, a
sua volta derivante dal verbo geno (generare,
creare). Con genio si intende sia la naturale e oggettiva attitudine umana
volta alla creatività sia la persona stessa in possesso di tale eccezione
abilità produttiva. Il termine è caratterizzato da una pluralità di significati
(che non favorisce la chiarezza e l’univocità dei discorsi) proprio perché
resta indeterminata e multiforme la natura dell’opera creata dal genio: può
essere artistica, scientifica, filosofica (ergo: politica) e
riguardare situazioni della più svariata natura; di tal ché si parla anche
di genio del male, come archetipo di antagonista dell’eroe nelle
opere di fantasia. Dal genio va distinto il talento: la
nota comune è il prerequisito dell’elevata intelligenza; la nota
distintiva è la creatività immaginativa in una data situazione di valore, per
così dire, “universale”. In un’epoca felice come quella greco-romana, dove le umane e
naturali tendenze all’empirismo e alla sperimentazione si combinavano con
la ricerca della razionalità, la genialità in campo artistico esprimeva, a
tacer d'altri, Fidia e Prassitele, nelle scienze Ippocrate, Talete,
Archimede, in filosofia i Presocratici e i Sofisti, con Epicuro in prima linea,
grande maestro di vita felice, intesa come fine ultimo dell’agire umano e
consistente, al tempo stesso, nella rettitudine e nel piacere, vera, duplice
garanzia della serenità interiore. Quel tempo, in Occidente, è,
purtroppo drammaticamente finito:
a) con la penetrazione, pacifica ma nociva e
ugualmente distruttiva, delle tre religioni monoteiste mediorientali ispirate
al senso della morte, della sofferenza terrena (“valle di lacrime”), dei
piaceri dell’eros come “peccati” mortali, puniti da Dio, della
resurrezione della carne (decomposta) in un al di là (infernale o paradisiaco);
b) con il predominio della filosofia del supponente,
aristocratico e autoritario Platone, nemico sostanziale della
democrazia e della conoscenza libera (gli allievi dovevano giurare in
verba magistri, quindi non pensare con la testa propria), propugnatore di
“idee” che molti secoli dopo la sua morte genereranno i due ulteriori cancri
dell’umanità: il nazifascismo e il socialcomunismo.
Nel nuovo Occidente, dominato da credenze mediorientali (anche quelle
platoniche si ispiravano alla medesima fonte “barbara”, fuori dai confini greci) cominciano le fortune, molto alterne, del genio. Nell’accezione rinascimentale esso è associato ai campi del sapere
matematico, astrofisico, filosofico; meno al settore artistico che, invece, il
periodo romantico porta in auge ed accosta al divino. Il suo “mito” decade, poi, paurosamente nel Settecento in Gran
Bretagna dove gli Inglesi diffidano delle intelligenze eccezionali e del loro
amore per la libertà nonché della loro insofferenza delle regole. I tedeschi,
dal canto loro, tendono a magnificare i metodi e le regole scientifiche
collettive seguite nella scienza, non avvedendosi che l’imitazione non ha
niente a che fare con la produzione del genio. Hegel lo liquida come una
“romantica fantasticheria”, non distinguendo il medesimo dal talento
(la qualità da lui definita anche “bravura”).
Oggi, il genio, pur presente
in ambiti circoscritti del sapere, è più che mai “latitante” (come
“la razionalità” nel mio volume pubblicato, raccogliendo gli scritti apparsi su
“Odissea” di Angelo Gaccione) nei campi della sua vasta estensione ed è
scomparso addirittura dalla filosofia che non esprime più modelli di vita,
esempi di comportamento per gli altri, misure per il proprio naturale gusto
estetico e regole per i giudizi. Nella branca della filosofia pratica
che è la politica non se ne ritrovano neppure i resti. A dispetto di ciò, la gente dell’Occidente, disperata per
l’irrazionalità sempre più devastante che consegue dai suoi cinque pestiferi
ideologismi, religiosi e politici, s’aggrappa a ogni ipotesi di nascente
genialità, nella speranza che un individuo di grande perspicacia possa darle quell’eudemonia,
rifiutata ai tempi di Epicuro. C’è chi ha sperato in Trump, non avvedendosi che il suo unico talento è
stato solo quello di far ricadere esclusivamente su gli Euro-beoti le
conseguenze nefaste dell’improvvida, pazzesca azione di governo del suo
predecessore Joe Biden. Oggi la notizia che ha ridato speranza ai delusi Occidentale riguarda
quella surricordata di Elon Musk. Non credo che la fiducia
riposta nell’uomo che è stato capace di divenire il più ricco del mondo possa
rispondere alle aspettative. E ciò non perché l’uomo non sia un individuo dotato di grande
intelligenza e di acuta perspicacia capace di interessarsi
anche di obiettivi orientati alla ricerca della felicità umana, ma
per l’irrazionalità diffusa, come una peste bubbonica, in tutta la massa
occidentale. Anche se Musk si allontana dal suo genio volto, allo stato,
prevalentemente alle innovazioni digitali e spaziali resterebbe, comunque,
una vox clamans in deserto.
Conclusione: la soluzione del problema
non dipende dalla vox ma dal deserto delle
cinque irrazionalità presenti a scacchiera nelle teste degli
Occidentali.
SOCIALISMO
INTERNAZIONALE
di Franco Astengo
Utilizzo
senz'altro in modo arbitrario alcuni interventi apparsi in questi giorni e
incentrati attorno al tema della forma politica della sinistra in Italia e
altrove. "Domani" ha lanciato un vero e proprio dibattito impostato
sulla base di una lettera inviata da Nadia Urbinati e Carlo Trigilia alla
segreteria del PD Schlein, cui hanno già risposto Gianni Cuperlo e Andrea
Lorenzo Capussela: dibattito nel corso del quale il tema appare essere quello di
una visione alternativa da opporre ai demagoghi, reazionari, moderati o
populisti che hanno rinunciato al tentativo di invertire il declino economico e
civile dell'Italia e da decenni si contendono la prerogativa di gestire il
potere a vantaggio di diversi interessi particolaristici. Nello stesso tempo
dalle colonne del "il Manifesto" Luciana Castellina misura da par suo
l'andamento di una assemblea nazionale dell'ARCI svoltasi a Padova e rilancia -
in sostanza- l'idea del "partito sociale della sinistra". Mi permetto
di collegare a questi due spunti di discussione anche il contenuto di una
intervista rilasciata qualche giorno fa sempre al "il Manifesto" da
Yannis Varoufakis, promotore del movimento Diem25 (in verità l'unico che
utilizza il termine "socialista"). Varoufakis accenna all'idea di
ricostruire un internazionalismo socialista europeo (un vero e proprio
"Socialismo Internazionale") con l'idea di collegare la lotta al
riarmo e il movimento pacifista in un quadro complessivo di prospettiva socialista
per la quale, però, mi permetto di aggiungere va compiuto almeno sul piano
teorico il salto di un mutamento di paradigma inserendo nel concetto di
"sviluppo" quello di "limite" (un tema sul quale mi
permetto un accenno ma che credo occorrerebbe approfondire) in una visione di
"socialismo della società sobria" affrontando sul piano progettuale i
nodi della complessità delle contraddizioni post-moderne poste in relazione
alla "frattura" dello sfruttamento (del lavoro, del territorio, del
genere). In tempi di guerra la ricerca di uno strumento utile per avviare la
discussione farebbe saltare in mente vecchie storie, risalenti addirittura alla
prima guerra mondiale con l'opposizione di alcuni dei socialisti di allora
(dopo la tragedia del voto ai crediti di guerra dell'SPD e del Partito
Socialista Francese e il pratico scioglimento della Seconda Internazionale) e
la convocazione delle conferenze di Zimmerwald e Kienthal. Fin qui soltanto un
accenno ad un itinerario (evidentemente impossibile) riferito soltanto per
tracciare un solco non soltanto nella memoria, ma riflettendo che tant'è un
tasto lo si potrebbe battere nella passività imperante.
CHICO MENDES SI RIVOLTA NELLA TOMBA

Chico Mendes
Dico
subito che non ho mai comprato prodotti di cooperative equosolidali: costano
notoriamente di più e la mia magra pensione non se lo può permettere. Meloni fa
finta di non saperlo, ma ceti popolari e pensionati sono sempre più poveri. Fa
finta di non saperlo neppure la banda Picierno (c’è ancora chi considera queste
cricche come gente di sinistra) che vota spese militari criminali in Europa e
si stupisce che gli astensionisti abbiano superato il 50%), ma le pretese dei
parenti di Chico Mendes sono semplicemente disgustose, come mostra il
Comunicato di Giuste Terre che qui pubblichiamo. Per inciso: credo più alla
disinteressata consanguineità delle idee, non a quella interessata del sangue.
[A. G.]
Comunicato
Milano, 2025 - La storica cooperativa di
commercio equo e solidale “Chico Mendes” di Milano, nata il 18 dicembre 1990,
cambia nome e diventa “Giuste Terre”. Una scelta sofferta quella assunta
dall’assemblea dei soci il 30 giugno 2025 e che nasce da una richiesta degli
eredi del sindacalista, politico e ambientalista brasiliano assassinato il 22
dicembre 1988 per il suo impegno sociale e per la sua lotta per i contadini, i
seringueiros, e l’Amazzonia. “Nel corso del 2024 infatti i familiari di Chico
hanno contestato alla cooperativa l’uso del nome e della sua immagine, e hanno
chiesto il pagamento di un risarcimento per l’utilizzo pregresso e di un
importo a titolo di royalty per ogni eventuale utilizzo futuro. Il tutto
sull’assunto che non avrebbero mai prestato alcun consenso a tale uso, che
sarebbe dunque, dal loro punto, di vista illegittimo”. Nella consapevolezza di
aver sempre agito in buona fede e in piena trasparenza quella che oggi diventa
“Giuste Terre” ha nei primi anni 90 spinto e sostenuto attraverso il Consorzio
Altromercato una collaborazione con la Coop Agroexatrivista de Xapuri che Chico
Mendes stesso aveva creato in America Latina, si è dovuto prendere atto del
venir meno del consenso e, dall’altro lato, del dovere di agire con prudenza
rispetto a pretese economiche (anche se infondate). “Anche per queste ragioni,
senza nulla riconoscere circa la fondatezza delle tesi giuridiche avanzate dai
familiari di Mendes, già in occasione delle prime interlocuzioni avute con i
loro legali, la cooperativa si era detta disponibile a rinunciare all’uso del
nome, dell’immagine e dei marchi di Chico Mendes. Ma non di sottostare alle
loro pretese economiche”. Ecco dunque spiegato il perché della scelta sofferta,
per certi versi paradossale, di cambiare denominazione sociale e cessare ogni
utilizzo del nome e dell’immagine di Chico. “D’altra parte - aggiungono gli
amministratori di ‘Giuste Terre’ - siamo convinti che possiamo continuare a
diffondere e sostenere il messaggio e i valori di Chico pur senza spenderne il
nome che ci hanno ispirato nel portare giustizia e solidarietà ai contadini di
ogni latitudine”. La decisione di cambiare nome vuole anche essere un segnale
agli eredi di Chico Mendes: il 17 giugno infatti la cooperativa ha ricevuto la
notifica di un atto di citazione da parte dei familiari, che reiterano le
richieste già formulate l’anno scorso in sede stragiudiziale. “Confidiamo che
il mutamento di denominazione e tutti gli altri cambiamenti - a cui stavamo già
lavorando quando abbiamo ricevuto la citazione - ci possano aiutare a
riprendere un dialogo compositivo con le nostre controparti, al fine di evitare
gli oneri e i costi di un contenzioso che ha un tratto paradossale e che
davvero mal si concilia con la nostra storia”, concludono gli amministratori di
“Giuste Terre”. Il nuovo nome, frutto di un'attenta riflessione strategica,
vuole esprimere con più forza l’origine e l’evoluzione del lavoro e la volontà
di affrontare le sfide del futuro con coerenza e determinazione. “È un segno di
continuità con i valori in cui crediamo e che continueremo a promuovere con
immutato impegno. Abbiamo scelto di trasformare questa difficoltà in
un’opportunità”.
Contatti Ufficio stampa:
Ombretta Sparacino - giusteterre@gmail.com
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Chico Mendes |
martedì 8 luglio 2025
GACCIONE E I SUOI CONTRAPPUNTI
di
Anna Rutigliano

Angelo Gaccione
Piacenza, 29 maggio 2025
Un vero Zibaldone
del terzo millennio, la recente opera di Angelo Gaccione dal titolo Contrappunti,
(Arca Edizioni, Milano 2025, pagine 184 euro 14). Una raccolta di scritti composti
da 50 capitoli che spaziano sulle più disparate tematiche: dalla sfera semplice
e sacra della quotidianità agli ambiti più complessi filosofico-letterari,
socio-antropologici e linguistici. Riflessioni a tratti dal tono amaro e
ironico conditi da una prosa spesso aforistica godibile alla lettura e
coinvolgente. Il libro di Gaccione si correda di una risonante introduzione dovuta
alla penna profondamente puntuale di Gabriella Galzio, la quale, per mezzo di
un parallelismo con l’arte del contrappunto bachiano, ci immette su una partitura
di note discorsive indipendenti ma dal carattere polifonico, accomunate da un
profondo sentire dello scrittore, le quali assurgono a coro universale
dell’intera esistenza.
Non vi è capitolo che non lanci
un monito o un segnale di riflessione e di sprone a scegliere da che parte
stare se vogliamo che l’umanità non si inaridisca totalmente nella sua
componente più immateriale e spirituale. Leggiamo, così, nell’incipit del
capitolo intitolato ‘Pane, Pasqua e Povertà’: “Cosa c’è di più sacro del
pane, e cosa c’è di più umano di una mano che allunga un pezzo di pane ad
un’altra mano? (...) di povertà ne ho vista tanta nella mia vita, ne
conosco l’odore”. La potente assonanza creata dalle sillabe iniziali delle tre
parole del titolo svela, nell’immediato, una peculiarità fondamentale dell’autore:
prima ancora che scrittore ed intellettuale attivamente impegnato, Gaccione è
un uomo che ha sperimentato le difficoltà della vita e di cui, nonostante
tutto, ne conserva e preserva il valore sacro attraverso l’odore del pane ed il
rito dello scambio del ramoscello d’ulivo, simbolo di pace e riconciliazione mondiale.
L’umiltà dell’autore si completa nella semplicità della vita, un binomio fatto di
piccoli piaceri salutari per l’anima, come può esserlo una conversazione
disinteressata con amici o il silenzioso sostare su una delle tante belle
piazze italiane, in un giardino, pubblico o privato che sia, per assaporare
quella parvenza di magia ed incanto che solo l’hic et nunc sa donarci, pur
nella consapevolezza della sua transitorietà. Leggiamo in proposito un breve
estratto dal capitolo ‘Piaceri’: “(…) uno spazio che permetta il
raccoglimento, lo scorrere lento delle ore in cui l’anima possa rinfrancarsi,
dove conversare diventa un modesto privilegio che non esibisce arroganza, ed
alzare il bicchiere per brindare all’amicizia, alla nostra vita precaria e
transeunte, un gesto semplicemente umano, solidale”.

Piacenza, 29 maggio 2025
Ma l’armonia si è rotta da tempo, è scomparsa, a detta di Gaccione e le note pian piano si susseguono con tono più grave e dolente, se queste riflettono un presente si spera non eterno, consegnato alla mercificazione non solo delle cose ma soprattutto dell’anima, tanto che la leggerezza dell’aria di cui è stato riempito un paio di scarpe, prodotte dall’industria moderna, fa da contrappunto non solo alla genuinità della manifattura delle botteghe artigiane di un tempo del Bel Paese, ma anche alle pesanti conseguenze di un atteggiamento indifferente alla nostra Terra da parte dell’homo sapiens-sapiens, figlio di una società consumista e capitalista. Trovo emblematici, a tal proposito, sia il capitolo dedicato alla ‘Modernità’, in cui l’autore ironicamente denuncia la società massificata su scala globale: “(…) le merci industriali, quelle elettroniche e di alta tecnologia, soprattutto, sono programmate per il suicidio e non debbono superare in esistenza, un certo numero di anni preventivamente stabilito. (…) È un ottimo modo perché il consumismo, religione pagana ed empia del capitalismo, divori sempre più risorse, devasti la natura, aumenti a dismisura i rifiuti industriali inquinando in ogni dove…”); sia quello intitolato ‘Alienazione da telefonino’. Nelle pagine dedicate a questo oggetto di consumo, trasformatosi in bene di prima necessità, più del sacro pane, l’ironia dell’autore diviene più pungente riferendosi al telefonino, quale strumento ormai invasivo e pervasivo a tutte le età e dal carattere democraticamente alienante, tanto da esprimersi sarcasticamente, a cui si accompagna una visione al limite del surrealismo nella parte conclusiva del capitolo: “(…) il pollice, il dito che ha permesso alla mano dei nostri progenitori umanoidi diventando prensile di afferrare oggetti, è divenuto nei digitatori da telefonino, duttile e super veloce. È possibile che col tempo acquisirà un’abilità così esclusiva per questa funzione, da surclassare l’intera mano”.
Ma l’opera di Gaccione è soprattutto preziosa, non solo per gli interessanti stimoli riflessivi a cui sottopone il lettore/lettrice, quanto per una caratteristica, a mio avviso fondamentale dal punto di vista linguistico: la sua funzione comunicativa esortativa e pragmatica. L’autore tenta di trovare una sorta di sintesi di matrice hegeliana, invitando il suo pubblico di lettori/lettrici a dare concretezza a concetti che invece rimarrebbero nella mera sfera dell’idealità; esorta difatti, in forma aforistica e meta-discorsiva a leggere per vivere, come nelle pagine dedicate al valore vitale della lettura, in grado di modificare la Weltanschauung di ognuno, tanto che nel capitolo ‘Leggete per vivere’, Gaccione afferma che “i libri sono la cosa più importante della mia vita”. D’altro canto le parole possono essere involucri di menzogna ed inganno se non si attribuisce loro il giusto peso, alimentando il fenomeno dell’alienazione linguistica di stampo rossi-landiano in omologia con il fenomeno economico dell’alienazione del lavoro (Die Arbeitsentfremdung), eredità del pensiero scientifico marxiano. Significative, in tal senso, sono le riflessioni dedicate all’ambiguità delle parole nel capitolo ‘Il senso ambiguo delle parole’, in cui lo scrittore oppone, con fermezza, una controinformazione capace di smascherare l’abuso di potere insito nei processi socio-economici: “I giornali sono pieni di menzogne, come lo sono tutti i linguaggi dei poteri, come lo sono le pubblicità: pubblicità ingannevoli, esiste addirittura un lemma per connotarle. La propaganda è quasi sempre basata sulla menzogna (…) Chi vi si oppone si è dato anche gli strumenti di contrasto e ha chiamato questa pratica controinformazione”.
E come non menzionare, i due capitoli,
rispettivamente ‘Quotidianità’ e ‘Ironia’, quali potenti antidoti all’orrido
dominante, per dirla con Gaccione, all’empietà, di cui è capace l’essere umano
tanto nei confronti dei propri simili, quanto dell’intero eco-sistema? Sarà,
allora, quella parte eroica della quotidianità, fatta di piccoli gesti di cura
e considerazione a non farci del tutto disperare e che nelle parole dell’autore
“ha del miracoloso e si incarna in gesti affettuosi, di attenzione, di cura;
piccoli gesti che rivelano un radicato substrato di umanità che pervicacemente
resiste ad ogni intemperia…”. O sarà, l’ironia, mai oltraggiosa, il
contrappunto più saggio e scaltro fra tutti, “il più efficace rimedio contro
l’idiozia, senza la quale, uno spirito in conflitto con questo tempo indegno
non potrebbe sopravvivere”.
Ma l’ironia e l’eroismo
quotidiano, in ultima analisi, non bastano a salvarci da una società mortifera
e improntata alla distruzione, quale quella che stiamo vivendo. Nell’ottica
utopisticamente reale dell’autore di Contrappunti occorre
fare i conti col passato, ricordarlo in modo ostinato e vigile, perché, come
recita la frase finale che chiude il capitolo ‘Viaggio della memoria nella memoria’:
“Chi non sa ricordare il passato, viene condannato a riviverlo”.
I Cinquanta capitoli di Contrappunti.
Sul mestiere di scrittore,
Parigi, oh cara!, Modernità, Il Re dell’orto, La
responsabilità del linguaggio, Frasi sulle magliette, Intelligenza e
sensibilità, Alienazione da telefonino, Viaggio della memoria nella memoria,
Umani come gli alberi, Il dèmone della scrittura, Pane, Pasqua e povertà, Povero
Dante, Del prestare i libri e non solo, Piaceri, La storia e i se, De
Senectute, Di
tutti i colori, Pietre di inciampo, Il peso delle parole, Speriamo,
Fraintendimenti, Tempo e vita, La zona d’ombra, Leggete per vivere, Germinie
e l’indipendenza, Elogio degli utopisti, La condizione umana, L’orrido
dominante, Quotidianità, Il senso ambiguo delle parole, Cose e beni, Lingue
vive, Idola e miti, Melville e il cassonetto dell’immondizia, Ferragosto di luci
e ombre, Musei e coscienza, Pietà per gli animali, Ironia, L’eterno presente, Povero Thoreau, Il Novellino e la musica, Musica e
letteratura, Lo scorrere del tempo, Volere l’impossibile, Umanoidi, Labirinti,
Le parole perdute, Atomi, L’animo
e il cielo.
NUCLEARE:
USO PACIFICO?
di Alessandro
Pascolini - Università di Padova
L’operazione
Midnight Hammer e il Trattato di non proliferazione.
La notte del 21 giugno scorso con l'operazione
Midnight Hammer gli Stati Uniti hanno colpito i siti del programma nucleare iraniano a Natanz, Isfahan e Fordo; sette
bombardieri strategici stealth B-2 Spirit hanno rilasciato circa 75 bombe di precisione guidate, inclusi
14 penetratori GBU-57 Massive Ordnance da 30000 libbre (13,6 t), in grado di
colpire anche strutture sotterranee, mai usati in precedenza; l'attacco fu
completato da 30 missili
cruise Tomahawk lanciati da un sottomarino nucleare della classe Ohio dal golfo
di Oman. Una forza imprecisata di caccia americani di quarta e quinta
generazione hanno colpito i sistemi di difesa antiaerea iraniani a protezione
dei B-2.
L'operazione è avvenuta di sorpresa, in assenza di una dichiarazione
di guerra (una specie di "operazione militare speciale") e non è
stata preceduta da forme di ultimatum, ma mentre erano in corso negoziati fra
Iran e gli USA appunto sul programma nucleare di Teheran.
Impianti di arricchimento e NPT
Poiché l'unico e preciso obiettivo di
Midnight Hammer è stato la distruzione totale del programma iraniano di
arricchimento dell'uranio (a completamento degli attacchi di Israele dei giorni
precedenti) vale la pena considerare l'operazione alla luce del Trattato di non
proliferazione (NPT), di cui sia l'Iran che gli USA sono parte.
Gli articoli III e IV del NPT riguardano specificatamente lo sviluppo
pacifico dell’energia nucleare e il suo controllo. L’art. III impegna ogni stato
militarmente non nucleare (NNWS) parte del trattato a sottoporre i propri impianti e i materiali
fissili al controllo e a speciali salvaguardie da parte dell’Agenzia atomica
internazionale (IAEA) per impedire la diversione dalle utilizzazioni pacifiche
ad armi nucleari. Il terzo comma
attenua il rigore dei controlli, precisandone la necessaria compatibilità col
diritto di tutte le parti alla tecnologia nucleare e che devono evitare di
ostacolare lo sviluppo economico e tecnologico delle parti, o la cooperazione
internazionale nel campo delle attività nucleari pacifiche.
L'articolo IV recita precisamente:
1. Nessuna
disposizione del presente Trattato deve essere considerata come pregiudizievole per il diritto
inalienabile delle Parti di promuovere la ricerca, la produzione e l’utilizzazione pacifica dell’energia
nucleare, senza discriminazione e
conformemente alle disposizioni degli articoli I e II qui innanzi.
2. Tutte le Parti
si impegnano a facilitare lo scambio più intenso possibile di attrezzature, materiali e informazioni scientifiche e tecnologiche, per l’uso pacifico dell’energia
nucleare, e hanno diritto a partecipare
a tale scambio. Le Parti, in condizioni di farlo, debbono anche collaborare contribuendo, sia individualmente
sia assieme ad altri Stati od organizzazioni
internazionali, all’ulteriore sviluppo delle applicazioni pacifiche dell’energia nucleare soprattutto
nei territori degli Stati non nucleari,
che siano Parti del Trattato, tenendo debitamente conto delle necessità delle regioni in via di sviluppo.
Sull’uso pacifico
dell’energia nucleare si sono contrapposte le posizioni di coloro che difendono
i diritti di accesso alla tecnologia in sé e di coloro che leggono nell’NPT un
forte impegno a condividere i benefici nucleari ma al contempo la necessità di
trattare le richieste di accesso a specifiche tecnologie come questioni
politiche da stabilire caso per caso, tenendo conto di varie condizioni quali
la capacità delle salvaguardie di fornire un avviso tempestivo di usi impropri.
Le tecnologie in questione riguardano essenzialmente l’arricchimento
dell’uranio e la separazione del plutonio, che a molti appaiono difficilmente
verificabili con la necessaria precisione, ingiustificate dal punto di vista
economico e che troppo facilmente possono venir convertite a scopi militari. Gli impianti a centrifugazione richiedono la
massima attenzione per prevenire la proliferazione nucleare, dato che uno
stesso impianto può produrre in un anno, a partire da 150 t di uranio naturale,
o 20 t di LEU al 4% (il consumo annuo di un reattore da 1 GWe) o 550 kg di HEU
al 93%, sufficiente per 26 bombe; nel primo caso la centrifugazione procede in
una cascata a 10 stadi, nel secondo a 32 stadi.
Impianti di
arricchimento sono stati comunque accettati come "diritto
inalienabile" anche dei NNWS e sottoposti alle salvaguardie della IAEA; ne
esistono in Argentina (capacità di 20k SWU/anno), Brasile (capacità di 60k
SWU/anno), Germania (capacità di 3600k SWU/anno), Olanda (capacità di 5100k
SWU/anno) e Iran (capacità di 43k SWU/anno); anche il Giappone sta realizzando
un impianto. Lo SWU (separative work unit) misura la capacità di arricchimento;
la grande capacità degli impianti europei Urenco è dovuta all'alta capacità
delle singole centrifughe (fino a 300 SWU/anno) mentre le più avanzate
centrifughe IR-6 iraniane non superano i 10 SWU/anno.
Rispetto
dello spirito e della lettera del NPT
Una volta
accettata la possibilità per gli NNWS di creare impianti di arricchimento, purché
sottoposti alle salvaguardie della IAEA, tutte le parti del NPT sono impegnate
a garantire anche all'Iran il diritto inalienabile al proprio programma di
arricchimento; appare quindi evidente che la missione americana finalizzata
alla distruzione degli impianti nucleari iraniani viola lo spirito del NPT, in
particolare essendo stati appunto gli USA a formulare (con l'Unione Sovietica)
lo stesso testo del trattato, di cui costituiscono uno stato depositario.
Si tratta in
realtà della seconda volta in cui gli USA distruggono gli impianti nucleari di
un paese non militarmente nucleare parte del NPT. Nell'ambito dell'operazione "Package Q" il
19 gennaio 1991 forze aeree americane attaccarono pesantemente il centro irakeno
di Al Tuwaitha distruggendo i due reattori di ricerca operativi IRT-5000 e
Tammuz 2 oltre a laboratori di fisica nucleare e radiochimica, strutture per la
fabbricazione di combustibile, la stazione per il trattamento delle scorie e
depositi di materiali nucleari.
Secondo il generale Norman Schwartzkopf, a seguito
dell'azione la capacità del paese di sviluppare armi nucleari aveva subito
"una battuta d'arresto considerevole, se non una battuta d'arresto
totale", mentre in realtà le strutture di Al Tuwaitha servivano solo per
ricerche civili, coperte dalle salvaguardie della IAEA.
A quel tempo, il bombardamento di Al Tuwaitha non provocò
alcuna protesta o azione diplomatica significativa. La guerra del Golfo
avveniva per un mandato del Consiglio di sicurezza dell'ONU a "utilizzare
ogni possibile mezzo per costringere l'Iraq a ritirarsi dal Kuwait e per
ristabilire la pace e la sicurezza internazionali nell'area". La generale
ostilità internazionale all'Iraq e il diffuso consenso alla distruzione del suo
programma nucleare "militare" resero accettabile l'operazione e non
vi fu alcuna segnalazione al Consiglio di sicurezza dell'ONU.
Solo in seguito giuristi internazionali cominciarono a
esaminare se l'operazione non fosse andata oltre i limiti del mandato dell'ONU
e un riflesso degli eventi si trova nella formulazione delle decisioni prese
nella Conferenza di revisione ed estensione del NPT del 1995, vincolanti
appunto all'estensione indefinita del trattato; si decise appunto che:
20. Gli attacchi o le minacce di attacco a impianti
nucleari destinati a scopi pacifici mettono a repentaglio la sicurezza nucleare
e sollevano serie preoccupazioni riguardo all'applicazione del diritto
internazionale sull'uso della forza in questi casi, che potrebbero giustificare
un'azione appropriata in conformità alle disposizioni della Carta delle Nazioni
Unite.
Anche nell'ultima Conferenza di Revisione che ha prodotto
un documento approvato all'unanimità (2010) viene ribadita la condanna per
attacchi a impianti nucleari civili e proposta una precisa
"raccomandazione per azioni successive":
Azione 64: la
Conferenza invita tutti gli Stati a rispettare la decisione adottata per consenso dalla Conferenza generale
dell'AIEA il 18 settembre 2009 sul divieto di attacco armato o di minaccia di attacco contro impianti
nucleari, in funzione o in
costruzione.
Poiché sia le "decisioni"
della conferenza di estensione del 1995 che le "azioni" raccomandate
nella conferenza di revisione del 2010 sono tuttora valide e vincolanti,
dobbiamo concludere che con l'operazione Midnight Hammer gli Stati Uniti hanno
violato sia lo spirito che la lettera del Trattato di non proliferazione.
Inoltre, il
ricorso all'operazione militare dimostra che il governo americano non ha alcuna
fiducia nei meccanismi previsti dal NPT per la gestione di eventuali infrazioni
del trattato e nella stessa IAEA.
Questa mia
lettura degli eventi nella sua ingenuità può venir dimostrata errata da esperti
di diritto internazionale, e il comportamento americano considerato consistente
con il NPT.
L'evento è
comunque un viatico ominoso per la prossima Conferenza di revisione del trattato
prevista fra meno di 10 mesi, aggiungendosi a una crescente serie di incidenti
e difficoltà del regime di non proliferazione: i fallimenti delle Conferenze
del 2015 e del 2022, l'incapacità
di raggiungere un documento condiviso nei lavori dei tre comitati preparatori
della Conferenza del 2026, i problemi posti dall'occupazione russa della
centrale ucraina di Zaporizhzhia; nuove propulsioni nucleari di significativi
settori dell'opinione pubblica e politica di vari paesi; la recente (25 giugno)
approvazione da parte del Parlamento
iraniano di una legge che sospende la cooperazione con l'AIEA, condizionando il
futuro accesso degli ispettori all'approvazione del Consiglio Supremo di
Sicurezza Nazionale, un provvedimento che potrebbe preludere a un ritiro dell'Iran dal trattato.
Va infine osservato che nel febbraio del 2026 viene a
cessare il trattato new START, unico trattato di limitazione delle armi nucleari strategiche di USA e Russia, in
assenza di negoziati per un qualche controllo degli armamenti atomici.
Con queste
prospettive, diviene difficile anche sperare che il Trattato di non
proliferazione, unico a disciplinare globalmente l'energia nucleare e a imporre
il disarmo degli ordigni atomici, possa avere la durata imperitura decisa nella
Conferenza del 1995.