UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

giovedì 6 novembre 2025

DI MALE IN PEGGIO
di Alessandro Pascolini - Università di Padova
 



La Russia si ritira formalmente dal protocollo per l’eliminazione di plutonio militare.
  
Lo scorso 8 ottobre la camera bassa del parlamento russo (Duma) ha approvato il ritiro dallo storico accordo con gli Stati Uniti sulla gestione e lo smaltimento del plutonio (Plutonium Management and Disposition Agreement, PMDA), un patto in vigore dal luglio 2011 per eliminare 34 tonnellate di plutonio di qualità militare dagli arsenali di ciascun paese (una quantità sufficiente per circa 17 mila armi nucleari). Dopo la ratificata della Duma, la denuncia russa del PMDA passa al voto del Consiglio della Federazione prima di essere promulgata in legge dal presidente Vladimir Putin. Prima del voto della Duma, il vice ministro degli esteri Sergei Ryabkov ha sostenuto che gli Stati Uniti hanno intrapreso una serie di nuove misure anti-russe che cambiano fondamentalmente l’equilibrio strategico esistente al momento della firma dell’Accordo e creano ulteriori minacce alla stabilità strategica”, per cui “nessuna delle condizioni previste può essere soddisfatta”.
In realtà, la Russia aveva già sospeso l'attuazione del patto nel 2016, sostenendo che gli Stati Uniti avessero violato i termini originari per lo smaltimento del plutonio, in una fase di deterioramento dei rapporti fra i due stati a seguito dell’occupazione della Crimea.
L’attuale ritiro formale segnala una nuova erosione del controllo degli armamenti, indebolendo ulteriormente la già fragile rete di accordi nucleari tra Stati Uniti e Russia, in un contesto di continue tensioni, e ripropone con urgenza la delicata questione dell’enorme disponibilità di plutonio nei vari paesi.


 
Il problema: la distruzione delle armi nucleari
La firma del trattato START I (31 luglio 1991) fra la Russia e gli Stati Uniti e le contemporanee Presidential Nuclear Iniatives imposero drastiche riduzioni (per decine di migliaia) delle armi nucleari dei due paesi, con il conseguente aumento per centinaia di tonnellate delle già enormi scorte di materiali fissili, uranio fortemente arricchito nella componente uranio-235 (attorno al 93%, HEU) e plutonio di qualità militare (oltre il 90% di plutonio-239). Era necessario evitare il re-impiego dei materiali fissili per nuove armi (vanificando così gli accordi raggiunti) e prevenire rischi di proliferazione e di terrorismo nucleare; l'Accademia nazionale delle scienze americana e la controparte russa iniziarono nel 1992 ricerche congiunte per individuare metodi per rendere definitivamente inutilizzabili a scopi militari tali materiali.
Mentre è facile eliminare i componenti convenzionali degli ordigni, l’HEU e il plutonio non si degradano naturalmente a elementi non fissili, ma richiedono specifiche procedure per impedirne la valenza militare.
Per l’eliminazione dell’HEU esiste un metodo pressoché immediato: la sua riduzione a basso arricchimento (inferiore al 5%, LEU) mediante miscelamento con uranio a basso tenore di uranio-235. Il LEU così prodotto può venir utilizzato quale combustibile negli impianti elettronucleari, recuperandolo in questo modo per un impiego economicamente utile.
Particolarmente importante è stato l’accordo-quadro intergovernativo Russian-U.S. Agreement concerning the disposition of highly enriched uranium extracted from nuclear weapons (“Megatons to Megawatts”) del febbraio 1993, che nel corso di 18 anni ha convertito in LEU circa 500 t di HEU proveniente da 20.000 bombe nucleari russe, con la produzione di oltre 14.000 t di LEU per le centrali elettronucleari degli USA, coprendo dagli anni 2000 circa il 45% delle loro necessità di combustibile nucleare, e al contempo garantendo lavoro a decine di migliaia di tecnici nucleari russi.



Il plutonio presenta problematiche maggiori dell’HEU per quanto riguarda l’abbattimento delle sue potenzialità militari, dato che, a differenza dell’HEU, non può venir diluito con suoi isotopi non fissili, dato che praticamente tutti i suoi isotopi sono in grado di produrre una reazione a catena esplosiva.
Gli studi compiuti nel 1997 da uno specifico gruppo di lavoro russo-americano (co-diretto da John P. Holdren e Evgeny P. Velikhov) hanno individuato come obiettivo per la messa in sicurezza del plutonio militare “la sua trasformazione in una forma che presenti la stessa inaccessibilità del plutonio presente nel combustibile esausto dei reattori commerciali”, ossia fortemente contaminato da materiale altamente radioattivo. In pratica sono stati considerati possibili solo tre metodi:
immagazzinare definitivamente il plutonio in strutture di massima sicurezza sotto continua sorveglianza;
mescolare il plutonio con uranio naturale o impoverito e fabbricare combustibile MOX (Mixed-Oxide) da utilizzare in reattori elettronucleari moderati ad acqua;
immobilizzare il plutonio con scorie altamente radioattive.
Il primo metodo apparve subito inadeguato, richiedendo sistemi di controllo e di garanzie praticamente improponibili. Sia il plutonio irradiato come MOX, sia quello immobilizzato finiscono mescolati in modo praticamente inestricabile con materiali altamente radioattivi e finiscono in depositi geologici.
Nel rapporto non veniva considerata l'opzione di produrre combustibile costituito da plutonio quasi puro per reattori nucleari operanti con neutroni non moderati (“reattori veloci”), viste le negative esperienze dei reattori Phenix e Superphenix francesi e i loro rischi di sicurezza e ambientali.
Per la produzione di MOX, si inizia col separare il nucleo di plutonio metallico dagli altri componenti dell’arma nucleare, lo si polverizzaza e riduce a ossido PuO2, che viene quindi miscelato con ossido di uranio UO2; la miscela viene cotta a formare pastiglie ceramiche cilindriche per gli elementi di combustibile, che contengono 7-11% di plutonio (impiegando il plutonio delle armi nucleari è sufficiente un 5% di plutonio nella miscela).



La velocità di eliminazione del plutonio come combustibile MOX per reattori ad acqua leggera è più lenta di quella dell’HEU, poiché per ragioni di sicurezza solo un terzo del combustibile di tali reattori può essere MOX; tipicamente un impianto da 1 GWe impiega tre anni a eliminare 1 t di plutonio, mentre consuma LEU equivalente a circa 1 t di HEU all'anno.
Molti esperti erano scettici riguardo all’opzione MOX, anche perché essa avrebbe fornito un notevole impulso all’economia del plutonio, portando alla fine a una più ampia accettazione del plutonio nell’industria nucleare civile. Inoltre, era più costosa, complessa e potenzialmente meno sicura rispetto all’immobilizzazione.
Nel metodo d’immobilizzazione, l’ossido di plutonio viene vetrificato o reso in forma ceramica insieme a prodotti di fissione altamente radioattivi. La vetrificazione è una tecnologia già sviluppata per il trattamento delle scorie altamente radioattive e correntemente impiegata in vari paesi, ma presenta limiti per l’applicazione al plutonio, poiché il vetro è instabile dal punto di vista termodinamico e su tempi geologici può cristallizzare, perdendo le capacità di contenimento. La ceramizzazione sembra più stabile chimicamente su tempi lunghi e permette l’immagazzinamento di una maggiore quantità di materiali altamente radioattivi.


 
La tormentata storia del PMDA
L’accordo bilaterale russo-americano Concerning the Management and Disposition of Plutonium Designated as No Longer Required for Defense Purposes and Related Cooperation (PMDA) venne firmato nel 2000 ed emendato nel 2006; finalmente, col Plutonium Disposition Protocol dell’aprile 2010, entrò in vigore nel luglio 2011.
Gli USA avevano una riserva di circa 92 t di plutonio separato, 61,5 t dichiarate in eccesso rispetto alle loro esigenze militari. La Russia dichiarò di avere 50 t di plutonio di qualità militare in eccesso rispetto alle proprie necessità, mentre la scorta totale era stimata a 128 t.
L’accordo prevedeva che ciascuna parte eliminasse almeno 34 t di plutonio di qualità militare (al ritmo di almeno 1,3 t annue) e collaborasse all’eliminazione di quantità ulteriori, o come combustibile MOX o altri metodi concordati, sotto controllo reciproco e ispezioni coinvolgenti la IAEA, garantendo la sicurezza sanitaria e il rispetto dell’ambiente. L’accordo del 2000 prevedeva la riduzione del plutonio in MOX da utilizzare in reattori con neutroni moderati secondo un preciso programma ventennale a partire dal 2002. Il piano iniziale si rivelò irrealizzabile, sia per ritardi nella realizzazione delle strutture per la produzione di MOX, sia per l’insufficienza dei contributi americani a sostegno del programma russo. La Russia nel 2007 cancellò il progetto di impiego di MOX in reattori moderati ad acqua, avendo deciso di privilegiare l’impiego del plutonio nei reattori a neutroni veloci BN-600 e BN-800 (allora in costruzione). Nello stesso anno gli USA iniziarono la costruzione di un impianto per la produzione di MOX presso il Savannah River Site del Dipartimento dell’energia, che subito si rivelò problematico. A seguito di queste difficoltà, nel corso del 2008 iniziarono negoziati per rivedere il PMDA adattandolo alla nuova situazione, giungendo alla redazione del protocollo definitivo del 2010.



Il nuovo protocollo permetteva alla Russia di utilizzare solo reattori veloci, introducendo specifiche condizioni sul loro modo di operare e sul riprocessamento del combustibile esausto di tutti i reattori russi, sia quelli veloci che quelli moderati ad acqua; vennero definite forme di controllo più stringenti; i due paesi si impegnarono a iniziare l’effettiva eliminazione del plutonio entro il 2018; gli USA prevedevano un contributo finanziario di 400 M$ alla Russia, distribuito nel corso degli anni, a fronte dei risultati via via raggiunti dai russi.
Il protocollo riconfermava anche il coinvolgimento della IAEA per il monitoraggio e la verifica internazionali del processo di smaltimento.
Il programma americano della via del MOX” trovò seri problemi tecnici e organizzativi oltre a notevoli aumenti dei costi stimati (da qualche miliardo a molte decine di miliadi di dollari), per cui l’amministrazione Obama nel gennaio 2016 decise di terminare il progetto e perseguire un approccio alternativo di “diluizione e smaltimento”.



Il metodo individuato consiste nel miscelare il plutonio con un materiale inerte non radioattivo per il suo smaltimento diretto nel deposito sotterraneo WIPP (Waste Isolation Pilot Plant) nel New Mexico, un deposito geologico sperimentale profondo 500 m, autorizzato a conservare rifiuti radioattivi transuranici per 10.000 anni. Tale approccio veniva stimato attuabile decenni prima della produzione del MOX, a un costo molto inferiore e con rischi minori.
La Russia sostenne che il nuovo piano statunitense non rispettava i termini dell’accordo perché non cambiava la composizione del plutonio da qualità per armi a qualità per reattori. L’accordo originale consentiva modifiche nel metodo di smaltimento, previo accordo di entrambe le parti, ma gli Stati Uniti non avevano ancora iniziato colloqui formali con la Russia sull’approccio alternativo statunitense.
Così il 3 ottobre 2016, il presidente russo Vladimir Putin ordinò la sospensione dell'accordo perché con il nuovo approccio, gli Stati Uniti avrebbero potuto recuperare il plutonio, riprocessarlo e riconvertirlo a qualità militare. Da allora non ci sono stati tentativi di negoziati per rivitalizzare l'accordo o comunque affrontare il problema dell'eliminazione di plutonio di qualità militare.


 
Sviluppi attuali
La Russia continua a ritenere il plutonio una risorsa energetica fondamentale. Ha sviluppato la produzione di MOX, impiegando plutonio di qualità sia militare che da reattore, per il reattore veloce BN-800, in pieno funzionamento dal 2020. Per l’impianto autofertilizzante veloce Brest 300 in avanzata fase di realizzazione è stato sviluppato come combustibile un materiale ceramico composto da nitruro di uranio e plutonio, con il 13,2% di plutonio, offrendo maggiore stabilità termica e resistenza alle radiazioni rispetto ai tradizionali combustibili a base di ossido. Negli USA, la strategia di diluizione e smaltimento andò incontro a notevoli problemi tecnici e organizzativi, nonché riguardanti la sicurezza e il controllo dell’impatto ambientale. Solo nel gennaio 2024 la National Nuclear Security Administration rilasciò il suo rapporto con la definizione operativa del metodo, precisando il ruolo dei vari laboratori del Dipartimento dell’energia coinvolti: il plutonio va convertito in ossido, miscelato con un adulterante, compresso e incapsulato in contenitori per lo smaltimento finale nel deposito sotterraneo del WIPP. Si stima che nel WIPP vi siano attualmente disposti 400 kg di plutonio militare. Il 23 maggio 2025 con quattro ordini esecutivi il presidente Donald Trump ha completamente rovesciato la posizione americana sul plutonio, riconoscendolo come risorsa energetica fondamentale.
L'ordine esecutivo Deploying Advanced Nuclear Reactor Technologies for National Security, incarica il Dipartimento dell’Energia (DOE) di “identificare tutto l’uranio e il plutonio utili presenti negli inventari del DOE che possano essere riciclati o trasformati in combustibile nucleare per reattori negli Stati Uniti”, mentre l’ordine esecutivo Reinvigorating the Nuclear Industrial Base ordina: il Segretario dell’Energia sospenderà il programma di diluizione e smaltimento del plutonio in eccesso. Al posto di tale programma, il Segretario dell’Energia istituirà un programma per lo smaltimento del plutonio in eccesso mediante la sua lavorazione e la sua messa a disposizione dell'industria in una forma che possa essere utilizzata per la fabbricazione di combustibile per tecnologie nucleari avanzate”.  Il 21 ottobre scorso, il Dipartimento dell'Energia ha effettivamente pubblicato il piano per “smaltire il plutonio in eccedenza” circa 19,7 tonnellate sia in forma di ossido che di metallo. Una richiesta di candidature di aziende private descrive il plutonio offerto e le “soglie” che i potenziali candidati devono soddisfare. Il DOE richiede candidature “con piani dettagliati di riciclaggio e lavorazione, compresi gli impegni di finanziamento e il calendario per l'utilizzo dei materiali di plutonio per il combustibile nucleare destinato ai reattori negli Stati Uniti”.



Le candidature devono essere presentate entro il 21 novembre e la selezione iniziale è prevista entro la fine dell'anno. Già quattro compagnie hanno espresso interesse per l'acquisizione di tale plutonio.
Secondo l'International Panel on Fissile Materials, nel 2024 le scorte mondiali di plutonio separato hanno raggiunto 565 tonnellate. Di questo materiale, 425 t sono state prodotte al di fuori di programmi bellici, sono coperte da obblighi a non usarle in armi o non sono direttamente idonee all'impiego militare. Gli stati non dotati di armi nucleari possiedono globalmente 46,08 tonnellate di plutonio separato, quasi tutto del Giappone (45,1 t di cui 9,2 t in loco). Spagna, Svizzera e i Paesi Bassi detengono plutonio civile tutto immagazzinato all’estero. Il 26 febbraio scorso le 1,58 t di plutonio italiano depositate in Inghilterra sono passate in possesso del Regno Unito.
Restano circa 140 tonnellate di plutonio presenti in armi o disponibili per tale utilizzo, sufficienti per 35 mila armi, in assenza di alcuna forma di controllo internazionale, dato che i lavori lanciati dall'ONU per un trattato multilaterale non discriminatorio e verificabile internazionalmente in modo efficace che bandisca la produzione di materiale fissile per armi nucleari o altri ordigni esplosivi nucleari (Fissile Material Cutoff Treaty, FMCT) sono arenati da decenni nella Conferenza per il disarmo a Ginevra.
La necessità di un bando viene regolarmente riproposta nelle Conferenze di revisione del Trattato di non-proliferazione, finora senza alcun progresso: saprà la prossima conferenza, prevista il prossimo anno, sbloccare la situazione o stiamo definitivamente entrando in una civiltà del plutonio?

 

 

 

 

 

LUTTI NOSTRI
di Chicca Morone


Tomaso Kemeny

Addio al poeta Tomaso Kemeny
 
Versare lacrime da coccodrillo” significa “pentirsi” e quando nel vocabolario giornalistico compare tale termine su una testata, si presume che l’autore dell’articolo non sia solo dispiaciuto in sé, ma racconti anche del perché la tristezza possa diventare un sentimento diffuso. In generale per chi non lo avesse conosciuto il ritratto potrà dare una vaga idea di chi sia stato il personaggio e dispiacersi di non aver potuto entrare in sintonia con lui; per quanti invece hanno vissuto esperienze comuni, anche per poco tempo, il pensiero di rammarico potrebbe essere “non abbastanza”. Non ho trascorso abbastanza tempo vicino a lui da quel lontano 1994 sulla scalinata di Santa Croce a Firenze, quando indossando una autentica divisa da generale ungherese aveva dichiarato la sua appartenenza al mondo degli Heroi indomiti (e suo padre era morto davvero combattendo), quegli uomini pervasi anche dal sacro fuoco delle Muse, pronti alla battaglia, sotto il vessillo della Bellezza.
Fondatore insieme a Giuseppe Conte e Stefano Zecchi della corrente letteraria Mitomodernismo ne era un “capitano” per le azioni poetiche, battaglie nei luoghi che conservavano tracce di un passato eroico, come letture poetiche sull’ermo colle di Recanati, l’Accoglienza della Primavera sul Ticino nel 1995, una “parata dionisiaca” dal titolo Omaggio alla Madre Terra a Bergamo nel 2000.
“Fight for Beauty” era il suo grido ogni volta che ci radunavamo intorno a lui, spesso davanti a un pubblico attonito, ma letteralmente sedotto dal suo potente carisma; un pubblico probabilmente allibito qualora si aspettasse dotte dissertazioni sulla Poesia o sulla storia della letteratura inglese… no, Tomaso non era per nulla il rappresentante di quella categoria di professori universitari che, dall’alto del loro sapere, effondono perle di saggezza senza coinvolgere l’ascoltatore.
Tomaso era il bambino scappato da Budapest, con passaporti procurati da un amico di famiglia, quando i carri armati russi stavano invadendo l’Ungheria: un viaggio durissimo e un arrivo a Napoli tra mille peripezie dove lo attendevano vere e proprie difficoltà di sopravvivenza; ma una madre determinata a dare al figlio più nutrimento intellettuale che fisico.
Tomaso non aveva bisogno di grancassa ed effetti speciali per essere introdotto come autore di uno dei suoi tanti “Bambini di carta”: l’innato garbo, la raffinatezza nell’eloquio erano preceduti dalla presenza di un uomo pieno di vita, il cui senso dell’umorismo lo portava a vedere anche il lato ironico delle situazioni.
Un giocherellone che aveva mandato i suoi testi anonimi a una edizione del Premio letterario per la poesia “Rodolfo Valentino - Sogni ad occhi aperti” come se i suoi scritti non fossero riconoscibili: da allora ha sempre lavorato come giurato con una lucidità e una percezione dell’autenticità - o meno - della cifra poetica in ogni autore incredibile.
Il ricordo più intenso che mi è rimasto di lui è a Moncalieri quando abbiamo festeggiato il suo ottantesimo compleanno: ognuno di noi gli aveva dedicato un pensiero e lui era ritornato quel bambino con gli occhi lucidi e il sorriso sornione…
Tomaso ha lasciato il corpo ieri mattina 5 novembre nella sua casa di Milano: aveva compiuto 87 anni a settembre.
Possiamo solo augurargli: buon viaggio, Tomaso!   
  
 
 
Spesso
 
Spesso
mi sono arruolato
su Argo Navis
(sulla costellazione di Argo)
con la testa ben alzata
tra le nuvole
ma gli occhi fissi
sugli aghi calamitati
delle bussole celesti
di luce e di vento
spesso
all’inseguimento
dell’avventura più fugace
nella voce delle sirene
vagando
verso la perfezione
irraggiungibile
ma verace
 
Nella luce della mia vita cercavo
la parola che trasfigurasse la condizione
umana in forme di bellezza nuova
 
cercavo la parola che il tempo possedesse
ripartendolo nel fulgore di attimi
di infinita gioia
 
ma ora trovo la parola di magnitudine
tale da oscurare ogni splendore stellare:
so che la sua luce potrà illuminare
 
i seni favolosi
della prima notte d’amore eterno.
 

    

PER TOMASO KEMENY


Tomaso Kemeny

Non era possibile, entrando in rapporti di amicizia con Tomaso Kemeny, non provare un’istantanea simpatia. Per me, che ero strettissimo amico del suo grande amico Fulvio Papi, volergli bene mi veniva naturale. Potrei scrivere pagine e pagine su di lui: ha collaborato con “Odissea”, è presente in almeno un paio di volumi da me curati, ha scritto di me e io ho parlato di lui, abbiamo delle foto assieme… L’amica Chicca Morone ne ha delineato un ottimo affettuoso ritratto su questa stessa prima pagina e vale per tutti noi. Io voglio ricordarlo con le parole semplici che lui ha adoperato per sé stesso e che ho spesso citato: “Da grande voglio fare il bambino”. E tale è rimasto ai miei occhi il suo animo, quello di un gioioso e ironico bambino.
Angelo Gaccione

Testo Autografo di Kemeny
 
Addio Tomaso
Ho appena appreso che Tomaso Kemeny ci ha lasciati. E voglio ricordare la sua presenza in molte iniziative importanti di Milanocosa. Tomaso è stato, per me e per tutta l’Associazione fonte di contributi che hanno arricchito il comune percorso, con uno stile umano e letterario, su un crinale di sapienza e ironia, tra distacco e condivisione profonda. Un amico e un compagno di viaggio che non dimenticheremo.
Adam Vaccaro



Ricordo di Gabriella Cinti
Tomaso Kemeny: la visione più “oltre” che la poesia contemporanea abbia creato, un oltre che era, tutto insieme, futuro, sogno, passato mitico e slancio di irrefrenabile fantasia.
Consacrato alla poesia, ha animato crociate mitiche e memorabili cui ho avuto l’onore di far parte. Ha “visto” il mondo ellenico come pochi, nella luce di un’adesione iniziatica che aveva il grande dono di condividere. Gli Argonauti e le Argonaute che hanno solcato i navigli di Milano, lo ricorderanno in modo indelebile, vero bardo eroico di straordinarie azioni mito-poetiche. Un uomo così appartiene per intero al Mito e ora il suo essere leggenda continuerà il suo corso nello spazio aureo dove il tempo vive della sua fulgida presenza in anima e sogno. Un dono a noi tutti. Grazie Tomaso per il tuo essere!

 

 

  

RIPROPOSTE
di Francesca Mezzadri


Earl Thompson

Tattoo di Earl Thompson esce in Italia tradotto da Tommaso Pincio.
 
Il romanzo Tattoo, apparso per la prima volta nel 1974, segna un momento importante nella carriera di Earl Thompson, autore statunitense originario del Kansas, noto per una prosa di forte matrice naturalista. La versione italiana, con curatela, traduzione e postfazione di Tommaso Pincio, (Gramma - Feltrinelli 2025, pagine 768, € 25) rappresenta la prima pubblicazione in italiano del libro. Siamo nel Kansas del 1945: il protagonista, Jack (quindicenne), è segnato da un’infanzia segnata da abusi, violenza domestica, povertà, un patrigno in galera e una madre al margine della società. La cosiddetta “pace” dopo la Seconda Guerra Mondiale non è per lui una realtà: invece, la guerra appare quasi come un’occasione, una liberazione, un modo di essere visto, di esistere, di lasciare un segno. Jack falsifica il certificato di nascita e si arruola: da Wichita passa alla Marina, poi a Shanghai, alla Germania, alla Corea - un viaggio in cui la violenza, il desiderio, la sopravvivenza diventano inscritti nel corpo e nella mente. 



La scrittura è caratterizzata da una energia bruta, viscerale: le citazioni riportate nella scheda editoriale evocano “Violenza e sessualità… crudo, potente e travolgente”. Un’altra recensione citata afferma: “Thompson passa da una scena di combattimento a una di sesso con una prosa scoppiettante come un tubo di scappamento. Per quindici giorni, Tattoo è diventato la mia bibbia personale”. E ancora: “Gioiosamente osceno… il dono di Earl Thompson per la narrazione, la sua capacità di scrivere scene di combattimento o le dozzine di scene d’amore esplicite, la sua abilità nel dipingere il lato più sfaccettato di un ambiente sociale sono avvincenti e profondamente potenti”. Questi giudizi mostrano quanto l’opera non cerchi compromessi: è una narrazione che va dritta al corpo, al desiderio, alla ferita. Non è un racconto edulcorato, ma un romanzo che vive degli scarti, delle ferite, delle tracce che restano, appunto come un tatuaggio.
Marginalità e riscatto: Jack è ai margini del sogno americano, nasce senza privilegi, e la sua aspirazione non è tanto “andare avanti” quanto “lascio un segno”. Il corpo è come un territorio di memoria e violenza: la guerra, il sesso, l’abuso, la povertà, tutto lascia un marchio. Si percepisce anche un forte senso di identità e appartenenza; nascere in Kansas, appartenere a una classe sociale degradate, sentirsi escluso e scegliere, in qualche modo, la violenza come affermazione. Il sogno americano infranto: la promessa di avanzamento sociale, di pace e stabilità, appare come illusione, mentre la realtà è fatta di sopravvivenza, spinta, lotta. La voce narrante è potente: “voce proletaria, roca, feroce ed esplicita del suo protagonista” come segnala la presentazione italiana. L’ambientazione è ampia e ambiziosa, passando da Wichita a Shanghai, dalla Germania alla Corea - dona al romanzo una dimensione epica di difficile equilibrio nel romanzo di formazione. La traduzione di Pincio e la cura editoriale della Feltrinelli danno fiducia che questa edizione italiana mantenga la potenza dell’originale.
Disclaimer: non è una lettura facile: il tono forte, la violenza, la sessualità esplicita possono risultare disturbanti e non adatti a chi cerca una trama rassicurante. Il protagonista non viene risparmiato - raramente ottiene consolazione o redenzione piena - e il ritmo narrativo può risultare incalzante, senza molte pause. Se ti aspetti un classico romanzo di formazione confortante, questo non è quel tipo di opera.
Consigliato a chi ama la narrativa americana dura, che non si ferma davanti al bordo del racconto “di classe” e non teme scene forti e vuole essere “portato dentro” la ferita e l’appartenenza. Notevole anche per chi apprezza storie ambientate nel dopoguerra e nelle pieghe nascoste del sogno americano.
In sintesi, Tattoo rappresenta una grande occasione in italiano per riscoprire un autore che - nonostante abbia scritto solo tre romanzi - ha lasciato un’impronta nella letteratura americana del secondo Novecento. Se la traduzione e l’edizione mantengono la densità dell’originale, il volume si propone come una lettura memorabile - non semplice, ma intensa e significativa.

 

  

LA POESIA
di Laura Margherita Volante 


 
Sulle rive del fiume 
 
Cantare sulle note 
della balalaica 
la nenia del silenzio 
sulle rive del fiume
è la preghiera del
peregrino nella 
polvere del tempo.
 

MILANO. IN CORTEO PER LA PALESTINA




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