UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

venerdì 22 luglio 2022

SPIGOLATURE
di Angelo Gaccione
 


La lapide vuota di via Dante.
 
Sono decenni che una lapide vuota fa bella mostra di sé su un palazzo di via Dante a Milano. Via Dante è una via importante, centralissima, unisce Piazza del Duomo al Castello Sforzesco. Da Piazza Mercanti con le sue belle Logge Medievali (ora memoriale della Resistenza), il Palazzo della Ragione, e proseguendo il Cordusio con il monumento al poeta Giuseppe Parini, fino al Castello con il monumento a Garibaldi, e la “torta nuziale”, la fontana tanto preziosa ora con i quaranta gradi che ci opprimono. Non dimentichiamo però che ad un angolo di via Dante c’è lo storico Piccolo Teatro di cui molto vi potrei raccontare. Insomma, lungo questa ricca direttiva c’è un via vai continuo, ma tutte le volte che ho provato a controllare se qualcuno dei passanti alzasse gli occhi verso quella curiosa lapide priva di scritte e di qual si voglia altra indicazione, non mi è mai capitato di vedere una testa staccare lo sguardo dalle vetrine per levare gli occhi in alto. Potenza delle merci e del consumismo. Ora che i miei poveri occhi fanno sempre più fatica, è difficile anche per me scrutare. Scrutare è il verbo adatto. Uno scrittore innamorato di Milano come me che la racconta da anni ed anni, che la spia fin dentro i suoi angoli più riposti e remoti, che la va a cercare, che le entra fin nelle viscere, come ho scritto in un racconto ora inserito nel volume di recente pubblicazione dal titolo Sonata in due movimenti, sa che i suoi occhi sono preziosi quanto le gambe che lo portano in giro: non può farne a meno. Negli ultimi tempi però mi hanno tradito e le immagini sono diventate doppie; diplopia definiscono i medici questa patologia. Mi sono tornate alla mente le parole di Leopardi in un passo dello Zibaldone in cui scrive che per l’uomo immaginoso il mondo e gli oggetti sono in un certo modo doppi, possono diventare non uno, ma due, tre, e così via. In effetti non posso dire di non essere “immaginoso” e così giorni fa trovandomi a passare per via Dante la mia fantasia ha immaginato una scritta di riempimento della lapide vuota. Il giorno (…) luglio del 2022 cadeva il governo guerrafondaio di Draghi. Era stato definito “dei migliori”. L’aggettivo non gli portò fortuna. I pacifisti milanesi posero. È impressionante cosa può fare l’immaginazione: mancava solo la data.

CRISI IDRICA
di Alba Gobbato

 

La mattina del 4 luglio, ascoltando la rassegna stampa nel programma radio di Florencia Abichain, quando ho sentito il titolo “Tragedia imprevedibile” in riferimento al ghiacciaio Marmolada, sono insorta e ho provato lurgenza di rispondere.
Nel 1994 lavoravo al dipartimento dell’acqua dell’ONU a New York. I miei colleghi idrologi, tra i più famosi al mondo, andavano a tutte le conferenze internazionali a diffondere uno studio che dava l’acqua come potenziale origine di conflitti nel 2025, cioè fra 3 anni. Non accetto chi dice che tutto ciò non si poteva prevedere. Era tutto previsto e bastava ascoltare gli scienziati!
E difatti il mio dipartimento dava così fastidio agli Stati Uniti (era il tempo di Erin Brockovich, il film con Julia Roberts sull’inquinamento delle acque in una comunità statunitense) che riuscirono a farci trasferire sotto UNEP a Nairobi… Praticamente l’oblio. UNEP (come Roma per le indagini = un porto delle nebbie) è l’agenzia dell’ambiente; quindi, in teoria lo spostamento aveva un senso. Ma si dava il caso che per l’ONU l’acqua fosse una questione così prioritaria (giustamente) che noi stavamo a New York a diretto contatto con la commissione per la previsione dei prossimi conflitti, un organo di supporto al Consiglio di Sicurezza, entro cui gli USA avevano e hanno molto potere. I 5 Paesi vincitori della Seconda guerra mondiale sono membri permanenti con diritto di voto e di veto secondo un meccanismo perverso in base al quale non si può decidere nulla contro il loro volere, come dimostra il supporto alla guerra in Ucraina, che invece è stata condannata subito dall’Assemblea generale. Nairobi nel 1994 era una capitale pericolosissima: un funzionario dell’UNEP era stato appena ucciso in una aggressione per rubargli l’auto con cui stava andando al lavoro. Una mia amica del personale (una donnona tedesca di ferro) era appena arrivata in missione perché il personale si rifiutava di andare in ufficio e voleva che UNEP cambiasse sede. Quando la consultai su un mio trasferimento là con un bambino di quasi due anni mi chiese “se fossi matta”. Il comunicato che dovevamo passare sotto UNEP avveniva dopo un’attestazione dei governi scandinavi che eravamo la migliore istituzione al mondo per la protezione idrologica. Dava fastidio soprattutto che le Nazioni Unite denunciassero da anni che Israele toglieva l’acqua ai territori palestinesi… e i nostri idrologi migliori erano israeliani; quindi, non si poteva accusarli di essere di parte. Io mi occupavo di altri paesi, tipo India, Vietnam, ma nel settore architettonico (biodiversità idrologica, costruzione materiale di istituti e laboratori…).
Il capo dipartimento Mr. Edwards, con 3 figli ancora in età di studio, ebbe un infarto per il dolore e lo stress; il mio supervisor, suo vice, decise di andare in pensione. Gli esperti ovviamente si dislocarono in Israele, Scandinavia e Olanda. Io, nel mio piccolo, tornai in Europa. Racconto questo fatto incontrovertibile per dire che la nostra generazione ha provato a salvare la Terra, ma si è trovata contro il capitalismo più becero, ammesso che ce ne sia uno evoluto! Mia mamma ha voluto che le sue ceneri fossero a Canazei e io la Marmolada l’ho fatta l’ultima volta nel 1987: era, in estate, completamente innevata, adesso è irriconoscibile!

PALESTINA E RESISTENZA


Il muro dell'infamia del governo
israeliano in Palestina

"الأعرج" جعفر الطفّار إنتاج أسلوب. تصوير:أديب فرحات مونتاج:عبد الرحمن منصور فلوت: نيسم جلال أرشيف:تانيا النابلسي-ريتا حدرج شكر خاص :استوديو المخيمات صورة الغ...


Nel giorno simbolo della Resistenza un ricordo di chi ha resistito e ancora resiste in Palestina. Ho tradotto le parole della canzone così che possiate concentrarvi sulle immagini che mostrano i gloriosi resistenti che hanno combattuto e combattono tuttora contro l'occupante. [Carmela Ieroianni]


COME DESIDERAVI

Se tu sei paralizzato, eccoci disabili
Se non sei tu la cultura
Al diavolo una montagna di intellettuali
La tua voce è chiara
Ma siamo diventati sordi
Il tuo ricordo combatte meglio dei suoi testimoni
E la farmacia che hai abbandonato
Noi vi stiamo annegando
Siamo alla ricerca della nostra medicina
Che tu avevi trovato anni fa
Hai venduto tutto e comprato
Due fucili
Il tuo libro e la kefiah
Ma avevi esaurito le munizioni
Hai combattuto battaglie con scioperi della fame
Con sale e acqua
Dov'è l'Imam
Per cantare il combattente idolo
Grande differenza tra voi e loro
Autorità di falsi, ipocriti e odiatori
Che stringono le mani ai sionisti
Che vengono pagati milioni
Invece di proteggerti ti consegnarono per essere giustiziato
Pensarono di aver deformato il tuo aspetto
E portarono tuo padre a umiliarti
Ma tale padre tale figlio
Tuo padre avrebbe pianto se ti avessero catturato
Tutti sanno che tu sai
E quelli che avrebbero dovuto proteggerti
Ti hanno invece consegnato per essere giustiziato
Sequestrarono il tuo corpo perché fossi dimenticato
Ma la promessa venne mantenuta e tu sei stato sepolto
Chi ti insultò ti teme
Colpirono tuo padre con lo stesso bastone
I traditori ti perseguitarono
Invece di proteggerti
Ti consegnarono per essere giustiziato
Invece di proteggerti ( 7 volte)
Non ho mai visto mio figlio così bello
Coperto di sangue, prezioso
Sei martire
Come desideravi
Ma mio bene questo sonno non ti si addice
Se avessimo la tua forza di volontà
Se avessimo la tua forza di volontà
Tu saresti vivo e loro morti
Hai posto la Palestina nel cuore
Il fucile in una mano, il libro nell'altra.

 

LUTTI NOSTRI


Luigi Tranquillino
 
Luigi Tranquillino ci ha lasciato.
 
Siamo sconvolti da una terribile notizia. In uno spaventoso incidente stradale mentre stava andando in vacanza in Puglia, con la moglie Nadia, è morto Luigi Tranquillino, dirigente della Sezione Anpi Bassi Viganò della zona 2 di Milano. Luigi era una persona appassionata alla politica. Conosciutissimo a Milano - era stato Consigliere provinciale nel 2004 - si era occupato a lungo, nel Consiglio di Zona 2 delle questioni sanitarie. La sua passione erano le questioni internazionali, sulle quali era difficile avere identità di vedute. Luigi però aveva una dote: quella di saper ascoltare, pur mantenendo le proprie posizioni. Era una persona estremamente intelligente, che ricorderemo sempre per il suo profondo legame con la nostra Associazione e per il suo contributo mai banale che sapeva apportare al nostro dibattito interno.
Ci stringiamo con commozione e con affetto alla carissima sua compagna Nadia Schavecher, sempre vicinissima a Luigi. 
 
Roberto Cenati - Presidente Anpi Provinciale di Milano  
 
*
 
LA PERDITA DI UN MILITANTE APPASSIONATO


Luigi Tranquillino

L’ultimo intervento pubblico di Luigi Tranquillino è stato domenica 3 luglio alle ore 17, 30 in Piazza del Liberty a Milano, sotto il Consolato della Gran Bretagna dove ci eravamo dati appuntamento noi, un gruppo di irriducibili, per protestare, nonostante la giornata calda e afosa, in favore del giornalista Julian Assange incarcerato dal governo inglese e per la libertà di stampa. Perché quello di Assange è un reato di libertà di stampa, anche se quel pomeriggio a Milano di giornalisti non se ne è visto uno. Tranquillino ha fatto, come al solito, una dissertazione rigorosa e colta, con il suo linguaggio forbito, il suo modo tutto teatrale di argomentare, il suo tono di voce interrogativo. Un berretto calcato sulla testa, attentissimo alla regìa, e soprattutto a misurare bene ogni concetto, ogni parola. Contro la guerra, prima di tutto, contro gli apparati di repressione e di controllo ai quali va di traverso se giornalisti con la schiena dritta e coraggiosi denunciano le loro trame, i loro complotti, i loro crimini. C’era una presenza di polizia - parte in divisa e parte in borghese - abbastanza folta, considerato il nostro numero piuttosto esiguo. Ma si raccolsero molte firme e i passanti si fermavano volentieri ad informarsi. Le bandiere presenti erano le più curiose e le più insolite. Ci eravamo lasciati con l’impegno di fare un incontro su guerra e militarismo partendo dal mio pamphlet Scritti contro la guerra dopo l’estate. Il destino ha deciso diversamente.

Angelo Gaccione - direttore di Odissea


SE NE È ANDATO UN INDISPENSABILE

Luigi Tranquillino
 
Martedì 19 luglio 2022, il compagno ed amico Luigi Tranquillino ci ha lasciati a causa di un malore, mentre era in viaggio con la sua compagna Nadia. Un compagno “non comune”, dotato di temperamento e preparazione, con una rara lungimiranza politica e dall’inequivocabile metodo classico. Ha sempre anteposto la “causa” alla propria carriera politica e professionale. Nonostante i tanti nemici e avversari, Luigi era un uomo tutto d’un pezzo e coerente, pronto a lottare e sacrificarsi senza sosta per aiutare chi realmente chi ne aveva bisogno. Luigi non è stato soltanto il motore e uno tra i fondatori della Casa Rossa e del Comitato Contro La Guerra Milano, organizzazioni che si sono spese in questi anni a sostegno dei diritti sociali e dell’emancipazione internazionale, ma un uomo che ha lottato tutta la vita e che è stato promotore di vertenze in difesa della sanità, della casa e dei diritti dei lavoratori, riuscendo a conseguire importanti vittorie.
 Ci mancherai Luigi… sarà difficile, ma non insormontabile colmare il vuoto che hai lasciato, grazie al metodo e all’esperienza che ciascuno di noi ha appreso da te. Siamo consapevoli che, citando Bertolt Brecht, se ne è andato un “indispensabile”, oltre che un grande amico.
Ti salutiamo come eri abituato a fare sempre...
Un bel saluto Luigi ed un grande abbraccio alla compagna Nadia.

I compagni e gli amici della Casa Rossa
e del Comitato Contro la Guerra di Milano

   

giovedì 21 luglio 2022

LA JEUNE AFRIQUE
di Franco Astengo

 
La vittoria dei vietnamiti a Dien Bien Phu, lo spirito di Bandung, la rivoluzione cubana, la liberazione dell'Africa dal giogo coloniale: dalla metà dei '50 all'inizio dei '60 sul XX secolo sembrava aleggiare l'idea del cambiamento e dell'uscita dal clima soffocante provocato dalla ferrea logica dei blocchi contrapposti. L'unità europea non faceva parte di questa prospettiva di cambiamento: gli stessi "Trattati di Roma" (1957) erano apparsi come un suffragare di un'entità vista come avamposto degli USA, soggetto capitalista conservatore, messo lì a presidiare la cortina di ferro addirittura pensando al riarmo della Germania. Infatti fu l'ipotesi di riarmo della Germania a muovere l'opposizione alla CED svolta attraverso un grande movimento popolare poi raccolto dal parlamento francese pur in un'ottica di riflesso nazionalista. Poi ci pensarono il discorso di Kennedy a Berlino e la crisi dei missili di Cuba a ridimensionare quel quadro di ricerca di nuovi equilibri ma la liberazione dell'Africa, quasi completata dall'indipendenza algerina nel 1962, rimase come riferimento di speranza per una stagione che non fu semplicemente "terzomondista". "Internazionale storia" ha dedicato il numero di luglio 2022 alla fine dei grandi imperi coloniali ricordando anche i grandi pensatori (Gandhi, N'Krumah, Fanon, Lumumba, Cabral) che riflettevano sui modelli di stato e di società da adottare per creare un'alternativa a quello imperialista, basato sullo sfruttamento e sulle gerarchie razziali. Una scelta editoriale opportuna quella effettuata da "Internazionale" e quanto mai stimolante per costruire una memoria che serva nell'oggi in un momento nel quale - proprio nel senso dell'arretramento storico - reciproci imperialismi vanno di nuovo fronteggiandosi minacciosamente in un quadro di guerra soltanto al momento condotta "per procura".

PERSEGUITANO CHI LAVORA, NON CHI LI SFRUTTA



Un nuovo pesantissimo attacco contro il Sindacato di classe e le lotte dei lavoratori.  
 
Piacenza. All'alba di stamattina, su mandato della procura di Piacenza, la polizia ha messo agli arresti domiciliari il coordinatore nazionale del SI Cobas Aldo Milani e tre dirigenti del sindacato piacentino: Mohamed Arafat, Carlo Pallavicini e Bruno Scagnelli. Le accuse sono di associazione a delinquere per violenza privata, resistenza a pubblico ufficiale, sabotaggio e interruzione di pubblico servizio. Tale castello accusatorio sarebbe scaturito dagli scioperi condotti nei magazzini della logistica di Piacenza dal 2014 al 2021: secondo la procura tali scioperi sarebbero stati attuati con motivazioni pretestuose e con intenti "estorsivi", al fine di ottenere per i lavoratori condizioni di miglior favore rispetto a quanto previsto dal contratto nazionale...
Sul banco degli imputati figurano tutte le principali lotte e mobilitazioni condotte in questi anni: GLS, Amazon, FedEx-TNT, ecc.
È evidente che ci troviamo di fronte all'offensiva finale da parte di stato e padroni contro lo straordinario ciclo di lotte che ha visto protagonisti decine di migliaia di lavoratori che in tutta Italia si sono ribellati al caporalato e condizioni di sfruttamento brutale.
È altrettanto evidente il legame tra questo teorema repressivo e il colpo di mano parlamentare messo in atto pochi giorni fa dal governo Draghi su mandato di Assologistica, con la modifica dell'articolo 1677 del Codice civile tesa a ad eliminare la responsabilità in solido delle committenze per i furti di salario operati dalle cooperative e dalle ditte fornitrici.
Ci troviamo di fronte a un attacco politico su larga scala contro il diritto di sciopero e soprattutto teso a mettere nei fatti fuori legge la contrattazione di secondo livello, quindi ad eliminare definitivamente il sindacato di classe e conflittuale dai luoghi di lavoro. Come da noi sostenuto in più occasione, l'avanzare della crisi e i venti di guerra si traducono in un'offensiva sempre più stringente contro i proletari e in particolare contro le avanguardie di lotta.
Contro questa ennesima provocazione poliziesca, governativa e padronale il SI Cobas e i lavoratori combattivi, al di là delle sigle di appartenenza, sapranno ancora una volta rispondere in maniera compatta, decisa e tempestiva. Invitiamo sin da ora i lavoratori e tutti i solidali a contattare i rispettivi coordinamenti provinciali per concordare le iniziative da intraprendere.
Seguiranno aggiornamenti.
Le lotte contro lo sfruttamento non si processano.
La vera associazione a delinquere sono Stato e padroni.
ALDO, ARAFAT, CARLO E BRUNO: LIBERI SUBITO!
SI Cobas nazionale
 

LUTTI NOSTRI

Sandro Bajini (a destra della foto)
assieme al regista e attore Massimo De Vita
durante un incontro al Teatro Officina
 
La scomparsa a Milano del commediografo Sandro Bajini amico e collaboratore di “Odissea”, in un ricordo di Ettore Buccianti.
 
Ieri 20 luglio, è uscito sul “Corriere della Sera” il necrologio annunciante la scomparsa di Sandro Bajini, una notizia che non avrei mai voluto leggere e che mi ha riportato alle frequentazioni nella sua casa milanese. Erano pomeriggi intensi pieni di vivacità che Sandro esprimeva con l’arguzia dei suoi aforismi e con una cultura che non era da semplice erudito, ma da vero, grande appassionato della lingua milanese come dei suoi amati autori francesi. L’apparizione della figlia Irina e del suo adorato nipote lo rendevano felice e sembrava una vecchiaia che non dovesse terminare mai, sempre resa viva dalla sua intelligenza e dai tanti interessi letterari. 
A leggere l’elenco dei suoi lavori si rimane quasi increduli dalla quantità della sua produzione: spiccano le opere teatrali, ma non mancano traduzioni, curatele, temi ed argomenti vari nei quali esprimeva una gioia di vita e un desiderio di conoscenza che sicuramente lo hanno sorretto negli ultimi anni. Passava il tempo al computer e riempiva pagine di annotazioni estemporanee, sempre puntuali e mai banali, che mi leggeva con soddisfazione. Il teatro era, credo, il suo più grande amore e conservava le locandine di alcune sue rappresentazioni. Importante, a questo riguardo è stata la sua collaborazione con il Teatro Filodrammatici e credo che fossero gli anni più felici.
Io ho perso un amico, con il rammarico di non averlo incontrato in questi ultimi anni a causa di miei impedimenti fisici, ma tutti noi abbiamo un grande vuoto. Ci mancherà il suo garbo, la sua conoscenza letteraria precisa e documentata da anni di studio e mai esibita, anzi trattenuta con pudore.
Ricordo che recentemente alla Biblioteca Sormani hanno messo a confronto le traduzioni in milanese del “Sabato del villaggio” di Leopardi nella traduzione milanese ad opera di vai autori. La traduzione di Sandro era quella più aderente al testo leopardiano, resa addolcita dal ricorso ad un milanese colto, ma scorrevolissimo e la traduzione di Sandro è anch’essa un capolavoro. Solo la sua preparazione e la sua sensibilità potevano arrivare a cogliere lo spirito del testo originario.
Addio Sandro, ci lasci l’insegnamento di uno stile di vita da prendere ad esempio per dedizione e impegno culturale e tanti aforismi sui quali meditare e prendere a insegnamento di vita.      

Ettore Buccianti 

PRESERVARE IL QUARTIERE HARAR

 
Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per la Città Metropolitana di Milano c.a. Ufficio Vincoli 

mbac-sabap-mi@mailcert.beniculturali.it


Segretariato regionale del Ministero per i beni e le attività culturali e per il turismo per la Lombardia 


Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero della cultura Servizio III - Tutela del patrimonio storico, artistico e architettonico mbac-dg-abap.servizio3@mailcert.beniculturali.it Servizio V - Tutela del paesaggio 

mbac-dgabap.servizio5@mailcert. beniculturali.it


Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della cultura Servizio III - Architettura contemporanea 

mbac-dg-cc.servizio3@mailcert. beniculturali.it


Milano, 20 luglio 2022 


OGGETTO: 

Richiesta di tutela dell’unità residenziale al Quartiere Harar, situata in via Harar 7, 7c a Milano, ai sensi dell’articolo 10 comma 3 lettera d) del D.Lgs. 42/2004. Richiesta di tutela paesaggistica del Quartiere Harar, ai sensi degli articoli 136 comma 1 lettere c) e d) e 138 comma 3 del D.Lgs. 42/2004.


Gentili signori, apprendiamo con preoccupazione la notizia di una proposta di rifacimento delle facciate dell’unità residenziale (1952-1955) degli architetti Luigi Figini e Gino Pollini al Quartiere Harar a Milano. Il Quartiere Harar (1950-1955) è uno dei più significativi esempi milanesi di edilizia popolare, realizzato in base a un piano urbanistico degli stessi Figini e Pollini in collaborazione con Gio Ponti, ed è uno degli esiti più alti del Piano INA Casa, che ha svolto un ruolo fondamentale nella cultura architettonica italiana del secondo dopoguerra. La varietà delle tipologie edilizie, la disposizione attorno ad ampie aree verdi e la dotazione di servizi conferiscono al quartiere una buona vivibilità, insieme alla presenza di soluzioni abitative sperimentali. L’edificio di Figini e Pollini si caratterizza per l’inconsueta lunghezza (145,22 metri), la distribuzione a ballatoio e la sovrapposizione di tre livelli di alloggi duplex con soggiorni a doppia altezza. Un altro carattere essenziale è il tema tipicamente razionalista del reticolo strutturale, che caratterizza il fronte sud e le testate. È evidente l’influenza di Le Corbusier, in particolare della celebre Unité d’Habitation (1947-1952) a Marsiglia. La proposta di rifacimento, motivata dall’applicazione del Superbonus 110%, prevede consistenti modifiche dell’architettura delle facciate, pervenute quasi integralmente nello stato originario. Si prospettano l’apposizione di cappotti termici sulle testate e sul fronte sud, e forse anche la demolizione e ricostruzione dei corpi delle cantine per adeguamento alla normativa antisismica. Analoghi progetti già realizzati hanno causato danni ad altri edifici del quartiere, in particolare quelli progettati da Paolo Antonio Chessa e Vito Latis, e da Piero Bottoni, Mario Morini e Carlo Villa. L’importanza del Quartiere Harar e dell’edificio di Figini e Pollini è dimostrata da numerose pubblicazioni e dalle schede del Censimento nazionale delle architetture italiane del secondo Novecento, consultabili ai seguenti link: https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture900/schede/p4010-00247/ https://www.lombardiabeniculturali.it/architetture900/schede/RL560-00033/ Il quartiere Harar è inoltre inserito nella selezione ristretta dello stesso Censimento, denominata “Atlante Architettura Contemporanea”, promossa sempre dalla Direzione Generale Creatività Contemporanea del Ministero della Cultura: https://www.atlantearchitetture.beniculturali.it/cristalli-di-architettura/
Chiediamo: l’avvio di un procedimento di dichiarazione dell’interesse culturale ai sensi degli articoli 10, comma 3, lettera d) del D.Lgs. 42/2004 sull’unità residenziale sita in via Harar n. 7, opera degli architetti Luigi Figini e Gino Pollini; chiediamo altresì l’avvio di un procedimento di dichiarazione dell’interesse pubblico ai sensi degli articoli 136, comma 1, lettere c) e d), e 138 comma 3 del D.Lgs. 42/2004 sull’intero Quartiere Harar.


[Seguono 231 firme fra intellettuali, accademici, uomini e donne di cultura]

mercoledì 20 luglio 2022

SCRIVERE
di Federico Migliorati



Reduce da una lunga serie di presentazioni che peraltro continueranno anche nel mese di agosto per lanciare il suo recente romanzo “Hotel Padreterno”, lo scrittore ferrarese Roberto Pazzi ha da poco congedato per Minerva Edizioni “Narrare ad occhi ben chiusi” (239 pagine, 18 euro), manuale di scrittura creativa che raccoglie sollecitazioni, suggestioni, consigli, suggerimenti forniti ad aspiranti scrittori, lui che ideò e diresse una realtà del genere per 4 anni e che per oltre 25 ha tenuto corsi in materia. Come e cosa scrivere, quale sia la trama più accattivante, che stile e linguaggio utilizzare, in quale epoca inserire i propri personaggi, in che modo formulare l’incipit: sono solo alcune delle domande a cui l’autore ferrarese, due volte finalista al Premio Strega e altrettante vincitore del Premio Selezione Campiello, risponde con dovizia di particolari offrendo un contributo valido per dilettanti e appassionati di letteratura che vogliano cimentarsi con la stesura di un romanzo. Se questo è, almeno in Italia, il genere che più a lungo ha faticato a imporsi, a differenza della poesia o del racconto, Pazzi, che ha all’attivo opere tradotte in tutto il mondo, dimostra come accanto a doti indubitabilmente innate e quindi non evocabili esiste la possibilità di dominare, padroneggiare e instradare una semplice passione arrivando a costruire una propria autonoma personalità di scrittore. Il volume di Minerva è ricco di rimandi, citazioni e accenni ai testi di ogni tempo (compresi quelli dello stesso ferrarese) che meglio esemplificano la narrazione. In appendice è pubblicata una nota dedicata a Ferrara e a Bassani che mette in luce la difficoltà di narrare in forme realistiche della città estense dopo la vasta produzione letteraria dell’autore degli “Occhiali d’oro”. “Scrivere – afferma Pazzi in questo suo manuale – è un costante esame di coscienza. Ci aiuta a capire chi siamo, chi eravamo, cosa siamo diventati; è una sorta di regolamento di conti con se stessi”.

 

 

lunedì 18 luglio 2022

INCONTRI


Paolo Ferrero
 
Laura Tussi conversa con Paolo Ferrero. Occorre un soggetto plurale che si batta contro la guerra e non solo.  
 
 
Laura Tussi. È necessario costruire un innovativo soggetto plurale e alternativo al modo di far politica attuale, assolutamente senza l’accordo con i poteri forti, tra cui banche, fondazioni, assicurazioni, fondi finanziari e altri. Come? 
 
Paolo Ferrero. Penso che sia assolutamente necessario. Perché noi abbiamo avuto un tempo in cui in Italia la sinistra e in particolare Rifondazione Comunista erano stati la speranza del cambiamento. Noi abbiamo fallito sulla vicenda del governo Prodi e in seguito è stato il Movimento 5 Stelle che in qualche modo ha impersonato l'idea del cambiamento, ma sono falliti anche loro in modo drammatico perché il Movimento 5 Stelle aveva un consenso elettorale enorme e quindi avrebbe effettivamente potuto cambiare le cose e la situazione attuale. Nessuno attualmente impersona la necessità del cambiamento che invece è più forte di prima perché la gente sta peggio di prima. E quindi penso che bisogna aver chiaro che serve un soggetto dell'alternativa in grado di parlare, non su una base ideologica, non sulla base delle appartenenze di quello che eravamo, ma a partire dalla soddisfazione dei bisogni sociali. Quindi il problema nostro è riuscire a entrare in relazione con le domande sociali, soprattutto con quelle persone che giustamente protestano e si ribellano in nome di cose di buon senso: ad esempio che vogliono smetterla di regalare i soldi delle loro tasse per le spese militari che non servono a niente, anzi fanno enormi danni. Quei fondi vengono letteralmente tolti, sottratti alla sanità pubblica, all'istruzione, all'assistenza agli anziani, alla spesa per gli asili nido. Quindi la nostra idea è costruire un'unione popolare. Il nome parla di questo desiderio, di questa idea. Non ci definiamo su una base ideologica, ma sulla base dell'utilità sociale affinché le persone invece che essere da sole e disperate possano trovare un luogo, una comunità, un movimento politico che faccia valere le loro ragioni per riuscire a vivere perché questo è il problema. Quindi questa è l'idea e anche la necessità.

 

Tussi. Occorre un importante radicamento nella società civile e nelle varie istanze pacifiste. Anche questa è la nuova entità parlamentare per poter cambiare?
 
Ferrero. Occorre costruire un importante radicamento nella società a partire dai bisogni sociali. Occorre organizzare le persone in un movimento politico, a partire dai comitati sui territori. L'esperienza degli ultimi anni dimostra che non è sufficiente essere presenti in parlamento per cambiare le cose. Non basta nemmeno essere presenti nel governo. Per cambiare le cose è necessario un radicamento sociale, quindi una forza nella società su cui far leva. Se pensiamo all'Italia, il Partito Comunista, dall'opposizione, ha cambiato molto di più l'Italia che non noi dal governo. Perché se tu sei forte nella società, sei in grado di egemonizzare, di spingerti verso la cultura dei rapporti di forza. E la società nel suo complesso, e quindi noi, dobbiamo costruire un movimento politico che si ponga l'obiettivo di organizzare le persone, di non lasciarle da sole ma di costruire quello che giustamente si chiama una "forza politica". Rompere la solitudine e il senso di impotenza è il punto fondamentale perché se ci pensate oggi il problema drammatico che le persone vivono è che tutte provano uno stato di malessere, di spoliazione, di deprivazione, ma questo non ha delle forme collettive di risposta e di soluzione. Ognuno è davanti al suo televisore o davanti al computer. Allora il problema della politica è proprio quello che diceva don Milani, ossia di fronte a un problema sortirne da soli è l'egoismo, sortirne insieme è la politica. Abbiamo il problema di rompere questo isolamento, di rompere queste solitudini, di costruire comunità sui territori e di costruire comunità politica nel paese dell'Italia: questa è l'idea quindi di radicamento sociale, ma proprio nel senso della capacità di costruzione di comunità e sui livelli del territorio per rompere le solitudini, per rompere gli isolamenti che le persone vivono, i lavoratori vivono, i pensionati vivono, le casalinghe vivono. È necessario costruire un legame sociale positivo. 

Al centro Paolo Ferrero
con Laura Tussi e Cracolici

Tussi. Con l’assemblea tenutasi a Roma verso l’unione popolare cosa si vuole ottenere? 
 
Ferrero. L'assemblea del 9 luglio a Roma è stata semplicemente un momento di lancio con molte persone che hanno sottoscritto un appello, promosso l'assemblea e in qualche modo hanno fatto partire il movimento. Adesso si continuano a raccogliere le firme sull'appello perché sono molte di più le persone che vogliono firmare e vogliono promuovere questo movimento e dobbiamo far partire completamente questa innovativa entità politica. Penso che la strada concreta saranno tante assemblee in giro per l'Italia e quindi quello che si è fatto a Roma va riprodotto su scala nazionale andando a discutere in tutte le città, in tutti i paesi del Paese e mettere insieme tutte quelle persone che sono da sole a lottare contro la guerra, a lottare contro le ingiustizie, a lottare per l'ambiente e a fare comunità. Tutto questo significa mettersi insieme in un percorso che parta dalle istanze sociali fondamentali. Invece di mettere al centro i profitti e le richieste di pochi, mettiamo al centro il benessere dei tanti, la redistribuzione della ricchezza, la difesa dell'ambiente. Quindi a Roma si è promossa la partenza di questo movimento e adesso occorrerà, città per città, territorio per territorio, costruire nei prossimi mesi questo movimento politico di massa.

 
Tussi. Con la rappresentanza del nuovo soggetto politico alternativo e con tutto il mondo pacifista affermiamo l’opposizione al pensiero unico e bellicista e guerrafondaio di Draghi. Come sarà possibile?
 
Ferrero. È necessario superare una cosa che oramai si è radicata nella testa della gente, ossia la mentalità da tifo calcistico. Tutto viene ridotto ad uno schieramento tra due squadre: una buona e l'altra cattiva. Adesso ti dicono: stai con Putin o con la Nato? No, io non sono per la Nato e non sono per Putin: sono contro tutti e due, fanno tutti e due parte del problema e non della soluzione. Noi dobbiamo sottrarci a questa divisione manichea e penso che gran parte dell'attività politica e culturale che dobbiamo fare è spiegare questo: le alternative che ci vengono proposte non sono le vere alternative, ma semplicemente ci chiedono se vogliamo stare nella padella o cadere nella brace e tra queste due vi è sempre un'alternativa in termini pacifisti tra uccidere ed essere ucciso. Esiste un'alternativa pacifista che è vivere e noi proprio questo dobbiamo affermare. Il problema non è se stai con Putin o con la Nato, perché bisogna essere contro tutti e due, contro la logica della guerra. Il problema non è se stai con un paese contro l'altro, perché il problema vero è di riuscire a prendere i soldi a quelli troppo ricchi e di utilizzarli per le persone più povere che sono italiane, francesi, tedeschi, spagnoli. Questa è la logica che dobbiamo attivare. È questa sorta di nazionalismo economico e bellicista in cui sembra che il mondo di nuovo sia diviso di qua o di là. No. Il mondo è diviso, ma non per nazioni o etnie, ma è diviso tra i ricchi e i poveri, se stai sopra o stai sotto e chi sta sopra, quel 10% troppo ricco, vive sulle spalle di chi sta sotto. Il nostro problema esattamente è quello. È distribuire le risorse, difendere l'ambiente, produrre dei diritti che valgano a partire dai più deboli perché la società e la civiltà di una società la si misura sempre solo sui diritti dei più deboli.

SULLA VISITA DI BIDEN AI PAESI DEL GOLFO  


Il muro della vergogna del governo
israeliano in Palestina
 
Ho seguito la parte pubblica della riunione dei paesi arabi del Golfo più Egitto, Giordania e Iraq, con Biden in Arabia Saudita. Non c'è stato un solo tiranno petrolifero, re, principe o dittatore presidente arabo che non abbia sottolineato la centralità della causa palestinese e della necessità di un accordo di pace basato sul ritiro d'Israele dai territori occupati nel 1967, il ritorno ai confini del 1967 e la nascita ed il riconoscimento di uno stato palestinese con capitale Gerusalemme Est. Biden ha dovuto ascoltare tutti e ribadire la stessa posizione: tutti questi despoti, tiranni e dittatori arabi hanno dichiarato che è possibile rinunciare al 72% della terra della Palestina in cambio di uno Stato palestinese nei territori occupati nel 1967 con capitale Gerusalemme Est. Nessuno ha detto che Israele ha costruito insediamenti in questi territori e che non resta ormai ai palestinesi che il 10% della Palestina storica dove costruire il loro Statino. Nessuno ha ricordato i profughi palestinesi che sono stati espulsi dalle loro terre nel 1948, nel 1967 e che continuano a vivere in campi profughi nei paesi arabi limitrofi e nella stessa Palestina occupata nel 1967. Nessuno ha parlato di smantellamento degli insediamenti di coloni sionisti costruiti sul 50% dei territori occupati nel 1967 dai quali Israele dovrebbe ritirarsi secondo il loro piano di pace e secondo le risoluzioni del Consiglio di sicurezza dell'ONU e del diritto internazionale. Nessuno ha menzionato l'esistenza di uno stato razzista e d'occupazione, nessuno ha ricordato i palestinesi che vivono all'interno di questo stato d'apartheid israeliano (secondo Amnesty International) e del razzismo che soffrono e dovranno soffrire in futuro all'interno di questo stato d'apartheid ebraico di coloni bianchi europei costruito come base militare del colonialismo bianco occidentale in Palestina nel 1948. Questa è la versione pubblica di un evento in cui tiranni e dittatori arabi sembrano aver capito che siamo entrati in una nuova era, che l'era del dopo guerra fredda è finita, che ora c'è l'opzione russa e possono chiedere al loro signore Biden qualcosa in più di quanto finora offerto loro. Ma sono sicuro che dietro il sipario si siano espressi diversamente.
 
Fares Ghassan [giornalista arabo residente in Italia]

 

 

GIUDICI E MINISTRI


Speranza
 
Idra a fianco della magistratura: inaccettabile attacco del ministro Speranza alla giudice Zanda. L’associazione fiorentina chiede un incontro urgente al prefetto di Firenze.
 
Il commento incauto che il ministro della Salute Roberto Speranza ha rilasciato, su una rete televisiva nazionale, a proposito dei contenuti di un decreto emesso dalla giudice di Firenze Susanna Zanda con cui è stato restituito il diritto al lavoro, alla retribuzione e alla dignità personale a una psicologa sospesa perché indisponibile a sottoporsi a un trattamento iniettivo contro Sars Cov 2 in base al DL 44/21, preoccupa per i riflessi che può suscitare nell’opinione pubblica. Il ministro, utilizzando peraltro un vocabolo improprio (‘sentenza’ piuttosto che ‘decreto’), ha dichiarato: «Di solito per cultura politica, per formazione, sono molto rispettoso rispetto ai lavori dei magistrati, ma questa sentenza è sinceramente irricevibile e priva di ogni evidenza scientifica, in contrasto con tutte le indicazioni della comunità scientifica internazionale. È una sentenza di cui sinceramente dobbiamo vergognarci». Il ministro ha ritenuto quindi di fare a meno, in questo caso, delle buone regole che gli derivano dalla cultura politica e dalla formazione che dichiara appartenergli. Si tratta infatti di un attacco diretto non solo alla giudice fiorentina, alla quale desideriamo esprimere qui la nostra solidale vicinanza, ma all’intera magistratura. In contemporanea, il ministero della Salute e, di conserva, le Regioni, col supporto di un’amplificazione mediatica solidamente acritica, avviano una quarta campagna di inoculazione di un prodotto che, nell’analisi della giudice Zanda e di una copiosa letteratura, con la somministrazione più o meno forzata delle prime tre dosi non solo non ha conseguito i risultati attesi (quelli di assicurare il contenimento del contagio e di garantire condizioni di sicurezza in ambito sanitario) ma, secondo accreditate ricerche condotte in ambito rigorosamente scientifico, sarebbe suscettibile di indurre persino immunità negativa nei soggetti trattati.
Il combinato disposto del messaggio di disprezzo da parte del ministro, e della insistenza che si registra nell’adottare una politica sanitaria sospetta di causare danni massivi alla salute della popolazione, spinge Idra a chiedere quindi oggi un nuovo incontro urgente al prefetto di Firenze (dopo il colloquio del 3 maggio scorso) perché trasmetta sollecitamente al ministro, anche nell’esercizio dell’ordinaria amministrazione, la richiesta di considerare seriamente l’opportunità di una revisione radicale delle indicazioni fornite alla cittadinanza, alle autorità sanitarie locali e agli ordini professionali, così diligenti nell’applicare a occhi chiusi le direttive ricevute piuttosto che nel verificarne l’accettabilità. Il crescente sospetto, nella cittadinanza, alla luce della contraddittorietà dei dati e dei messaggi che provengono dalle autorità, e della diffusa consapevolezza dell’insuccesso delle politiche sanitarie adottate, può infatti produrre un sentimento di allarme sociale che una saggia amministrazione della cosa pubblica è chiamata a prevedere e a prevenire.
In particolare Idra chiede al prefetto di promuovere nella provincia di Firenze - attraverso attività ispettive e procedure di farmacosorveglianza attiva presso le strutture sanitarie e gli ordini professionali - misure efficaci di monitoraggio degli effetti avversi delle inoculazioni fin qui attuate, e di censimento statistico indipendente del grado di efficacia delle inoculazioni stesse ai fini della prevenzione e della tutela dal contagio.
Associazione di volontariato Idra

LUCE SUL MURO

Giuseppe De Vincenti
"Luce sul muro"

Il rettangolo di cielo azzurro che incornicia un brandello di muro su cui si posa la luce, non è sulla finestra che vuole richiamare la nostra attenzione. Il pittore è interessato alla luce, a nient’altro che alla luce, e la solidità del riquadro di muro gli serve solo come base su cui imprimerla. De Vincenti stesso me ne dà conto nei pochi righi che accompagnano l’immagine: “Il quadro è un olio su tela di 50 x 70 cm. Probabilmente è un quadro della seconda metà degli anni 90 ma che ho ripreso l’anno scorso (2021 ndr) facendogli delle velature di blu. (…) Inconsciamente questo quadro si ispira più di altri alla pittura di Hopper. Infatti nelle interviste che dava ripeteva spesso: Quello che vorrei dipingere è la luce del sole sulla parete di una casa”. E quanta luce, Giuseppe De Vincenti ha dipinto sui muri e non solo, in questo e in altri quadri! (A. G.)

domenica 17 luglio 2022

ASTENSIONISMO 
di Luigi Mazzella


Perché aumenta l’astensionismo.
 
Gli uomini che si dedicano all’attività politica dovrebbero avere antenne più sensibili di altri e soprattutto capaci di captare i cambiamenti di umore della gente. Se l’astensionismo alle votazioni elettorali cresce, la colpa non è degli elettori che non vanno alle urne ma delle forze politiche che non hanno saputo cogliere i desiderata di gente che ormai non ha più voce nel sistema mass-mediatico, che non legge più nemmeno i giornali e che chiude la Tv per non assistere ai sonnolenti talk-show di tutte le reti, private e pubbliche, nessuna esclusa. È gente che non ha amato Mario Draghi per i suoi sussulti bellicosi, che taluno ha considerato “all’unisono” con i banchieri che, in Occidente (Vecchio e Nuovo Continente) alimentano l’industria delle armi, ma non può condividere neppure i medesimi moti dell’animo volti al conflitto armato della sua principale avversaria, Giorgia Meloni, guerrafondaia dell’opposizione. È gente che non ama il servilismo delle forze politiche italiane verso Joe Biden ma che non condivide neppure il plauso di Donald Trump alla Corte Suprema americana sul tema dell’aborto che considera una conquista di civiltà e che ritiene che un Paese con alle spalle il mondo greco-romano non può osannare ai discendenti dei cercatori di auree pipite e di petrolio, “liberatori” del suolo americano dalla presenza degli indiani aborigeni. È gente che ha sofferto o ha letto di sofferenze per gli orrori della Seconda guerra mondiale, conclusasi con le bombe atomiche sganciate su Hiroshima e su Nagasaki e dopo  le distruzioni di meravigliose città italiane, rase al suolo dalle bombe sganciate dalle fortezze volanti americane a causa dell’insana sfida di un fascista impazzito e fiducioso nella potenza dei nazisti tedeschi, sicuro di poter sconfiggere il colosso anglo-americano, e che non vuole, quindi, seguire le tristi vicende di un comico (probabilmente non più saggio del maestro elementare di Predappio) nello sfidare il gigante russo, fiducioso nel sostegno degli Statunitensi in consueta funzione sobillatoria di guerre lontane dai suoi atlantici confini. È gente che ha letto e visto serie televisive sul declino spaventoso della Svezia per le sue numerose forme di reddito elargite a scansafatiche e a nulla-facenti e per l’immigrazione selvaggia permessa dai governi di quel Paese e che non vuole seguire ex venditori ambulanti e sociologi da strapazzo nella folle corsa verso l’autodistruzione della forza lavoro del proprio Paese. È gente che non ama andare a votare per eleggere rappresentanti del popolo e membri di governo che dipendono dalle decisioni sostanziali di due viceré di Wall Street e della City, posti ai vertici di un’Unione Europea che non ha nulla di democratico, di autonomo e di indipendente. È gente che vorrebbe una riforma della giustizia in Italia che non consista nei soliti pannicelli caldi (tali sono quelli fin qui escogitati) che riconduca i giudici sotto la legge, come gli altri due poteri dello Stato, e i pubblici accusatori nei gangli della pubblica amministrazione, sottratta alle ipoteche politiche volute dal Re Sole, dal suo Ministro Colbert e condivise da Napoleone, da Mussolini e dagli antifascisti italiani del secondo dopoguerra mondiale. È gente che vorrebbe vedere restaurata la dignità laica di uno Stato che non è più quello Pontificio, che è stanco di assistere alle improvvisazioni dei suoi vertici o concionanti lungo le coste italiane per invitare gli scafisti a proseguire nella loro opera di corruzione e di auto-arricchimento o arrampicandosi come acrobati in veste talare sulle pareti di edifici dello Stato per dare elettricità ai suoi occupanti abusivi e che è altrettanto arcistufa di leader politici che senza nessun rispetto per la “a-religiosità” di tanti cittadini non credenti scendono in piazza stringendo nelle mani corone del rosario. È gente, inoltre, che è stanca di essere ritenuta “minus habens” cui va sottratto con tutti gli artifici possibili il diritto di voto con la scusa di un “Annibale” che è costantemente alle italiche porte! È gente, infine, che vorrebbe riconoscere l’esistenza di un coraggio a trecentosessanta gradi in quegli uomini politici che accusano il popolo di mancanza di coraggio se non va a votare. Modesta proposta per prevenire: Perché una legge non impone di ripetere le elezioni, considerandole nulle, se il numero dei NO chiaramente scritto sulle schede superi una certa percentuale?

 

ALGERIA
di Franco Astengo
 


La crisi politica italiana, frutto della cultura del "particulare", si trasferirà domani per un giorno in Algeria dove il presidente del consiglio dimissionario cercherà di trovare qualche aggancio utile per affrontare la crisi del gas innescata dagli esiti dell'aggressione russa verso l'Ucraina e relative conseguenze determinate dal balletto delle "reciproche sanzioni". Però: quale Algeria? Un'Algeria dove non passa settimana senza che la stampa riferisca di partenze in massa e di naufragi. I giovani se ne vanno perché non hanno alcuna prospettiva, né lavoro né un tetto e pochissimi svaghi. I più grandi perché la loro situazione materiale è diventata insostenibile. Ad aggravare tutto il regime blinda il campo politico e le libertà individuali. Non sono solo le condizioni economiche a indurre a partire. È un malessere diffuso che pesa sulla vita quotidiana. Ne scrive diffusamente l'edizione italiana di "Le monde diplomatique" di luglio in un articolo di Lkhadar Benchiba.
Nel catenaccio l'articolo recita: "Il 5 luglio 1962 la Francia lasciava l'Algeria dopo più di un secolo di dominazione coloniale. La celebrazione di questo sessantesimo anniversario sopraggiunge in un cupo clima sociale. Mentre si accentua il movimento di immigrazione clandestina, principalmente verso le coste spagnole, il regime rinvigorito da una prosperità finanziaria dovuta all'aumento degli idrocarburi si prodiga per impedire il ritorno delle manifestazioni popolari del 2019 (quelle promosse dal movimento Hirak tra il febbraio 2019 e il marzo 2020)."
In conclusione sembra proprio che il gioco perverso delle sanzioni favorisca dittature e psuedo "democrature" (Turchia, Algeria) alimentando anche il caos libico dove, incautamente, apprendisti stregoni occidentali (in testa il nostro sedicente ministro degli esteri) hanno ripetutamente sparato a salve annunciando pacificazione nazionale e (impossibili) libere elezioni.
Rimane il ricordo dei sessant'anni dalla Liberazione dell'Algeria: con quanto slancio i giovani democratici europei avevano seguito quella vicenda e quante ipotesi di uscire dallo schema dell'equilibrio del terrore erano state alimentate, all'epoca, dal processo di decolonizzazione dell'Africa (Ben Bella, N'Krumah, Senghor per non dimenticare Lumumba erano diventati popolari quanto Fidel Castro) e dal movimento dei non allineati. A quel ricordo l'appena descritta constatazione dell'oggi in Algeria diventa ancora più amara.

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