UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

sabato 31 ottobre 2020

IL RITORNO DEL VUOTO
di Angelo Gaccione


 Edvard Munch
Skrik


Forse ci eravamo illusi troppo presto. Forse era talmente inconcepibile il vuoto fisico ed esistenziale in cui ciascuno di noi era piombato nei mesi di segregazione dovuta ad una pandemia che ci aveva presi a tradimento, deprivandoci di contatti fisici, di relazioni affettive, di dialogo diretto, di confronto, di visioni rassicuranti di volti e di luoghi, da non poter più tollerare questa dismisura. L’avevamo rimosso quel vuoto, tanto da non volerlo più accettare neppure col pensiero. Bergamo, Roma, Milano… la loro silente immota bellezza aveva fatto da contrappunto al silenzio attonito che la morte portava negli ospedali e nelle case; al requiem dei motori dei camion militari carichi di bare che si avviavano mesti verso i forni crematori. Ho ancora davanti a me gli angoli più amati di Milano immersi in un vuoto attonito, avvolti da un silenzio spettrale. Com’era vuota Piazza Santo Stefano, com’era vuota Via Festa del Perdono con la bella facciata di cotto rosso dell’Università Statale a me tanto cara; com’era vuoto il giardino dedicato a Camilla Cederna che gli sta davanti, soltanto qualche mese prima pieni di vita, di voci, di corpi. I portoni sbarrati, i cortili muti, i balconi serrati. Avevo trasgredito alle norme perché mi era divenuto intollerabile non vedere svettare almeno per pochi minuti il Campanile di San Gottardo, il fluire inarrestabile in Galleria, i fianchi della Cattedrale. E che colpo al cuore avevo avuto giungendo in Piazza Fontana! Pareva che un’altra disumana strage l’avesse colpita come cinquant’anni prima, e tutta la città ne fosse rimasta annichilita. Avevo capito che è il silenzio innaturale a creare il vuoto, e in contraddizione con ogni legge fisica, il vuoto esisteva, si faceva concreto, ti inghiottiva. Per un attimo mi era balenato davanti il dipinto di Munch, quell’urlo strozzato in gola, e avevo avuto anch’io voglia di gridare per frantumare quel vuoto; perché l’incantesimo che aveva paralizzato ogni cosa, l’oblio che aveva avvolto e addormentato la città si sciogliesse d’un tratto, e tutto riprendesse vita come avviene nelle fiabe. Un vuoto esistenziale profondo che si era andato formando nelle nostre anime e che con fatica stavamo tentando di colmare. Avremmo avuto bisogno di altro tempo, di molto più tempo, per potercene liberare. Ma non ne è stato concesso abbastanza alla nostra imprudenza. Al nostro sfrenato bisogno di vivere, come recita il verso di un poeta, la morte torna ad opporre il suo argine, le sue solide catene. Forse ci eravamo illusi troppo presto, forse abbiamo esagerato con la nostra impudente baldanza, e ora il vuoto ci minaccia di nuovo, sta inesorabilmente tornando. E con esso la mia malinconia, la mia nostalgia ferita. 

 

POVERO ERASMO…
di Franco Continolo

Erasmo da Rotterdam

Che cosa possa la legge internazionale nel campo degli armamenti nucleari lo si è già visto con il Trattato di Non-Proliferazione (NPT): non solo il disarmo nucleare è di là da venire, ma nuovi paesi - Israele, India, Pakistan e Corea del Nord - si sono aggiunti al club originario, composto dai membri permanenti del Consiglio di Sicurezza. Ciononostante, le Nazioni Unite non si arrendono; tre anni fa la Conferenza convocata dall’Assemblea generale ha votato a grande maggioranza (122 - 1, 1 astenuto) una mozione che mette al bando le armi nucleari ("Ban Treaty"), e nei giorni scorsi, con la ratifica parlamentare da parte dell’Honduras, si è raggiunto il numero di 50 ratifiche necessarie affinché il trattato diventasse legge internazionale. Dave Lindorff ne spiega l’importanza: d’ora in poi la detenzione di armi nucleari non è solo immorale, ma criminale. Da notare che l’Honduras, una semi-colonia americana, ha mostrato quel coraggio che manca ai paesi non-nucleari NATO, che, allineandosi a Washington non hanno partecipato al voto (in tutto una settantina i paesi non partecipanti). Da notare anche che il paese che ha votato No è l’Olanda che così ha confermato di essere il più servo tra i membri NATO. Il comunicato del parlamento europeo è interessante sia perché riassume in due parole la storia del nuovo trattato, sia perché sembra una fotocopia di quello NATO, se si eccettua la ridicola citazione della Corea del Nord presentata come il pericolo mondiale che giustifica il riarmo. Se qualcuno poi ritiene che il Parlamento Europeo sia un residuato della Guerra Fredda, non ha tutti i torti.

 

 

SIPARIO
di Luigi Caroli


Attilio Fontana
pres. Regione Lombardia

Torna d’attualità a Milano l’ospedale raccomandato da Bertolaso a scopo preservativo. Pare però che manchino i bagni. Indossato il camice di “famiglia”, i pazienti faranno la pipì nella Fontana di Citylife. I medici indispensabili li hanno trasferiti dai “veri” ospedali milanesi che - questa volta - non potranno contare sull’aiuto di medici e infermieri cubani. Sono superimpegnati al loro Paese.

*** 

SENZA PUDORE

Non prese in cinque mesi
provvedimento alcuno;
peggio di lui non fe’ nessuno.
Covid alla riscossa
ormai regione è rossa.
Non prova lui vergogna?
Dura merta rampogna.

 

LIBRI E POETI
Silvano Trevisani


Silvano Trevisani

Il dolore

Il dolore
è l’argine entro il quale
siamo uomini.
Oltre il quale
siamo.
Le stagioni odorose
scalfivano il margine, passaggio
della prima
vera età del desiderio.
 In un languore oscillante
tra godimento e repulsa.
Dopo vennero gli anni.
Scavarono trincee
dentro
e anche oltre.
A rinserrare i fantasmi
della felice età.

*** 

Ungaretti a Taranto*
 
La macchina si fermò sulla marina,
gridavano al vento
i venditori di cozze e ti dava,
quel gridare, una smania
di Taranto senza pace.
Un’altra età conoscemmo
coi tuoi passi dentro le osterie
e chiedevi dov’erano le donne
perché, si sappia, qui tra noi “vivevi”.
Somministravi i premi con l’arguzia
paziente
del poeta pellegrino. Amasti
quegli odori pregnanti di sentina
e i volti colorati di mare.
Da queste strade passava la poesia
a quel tempo, quando poveri
si era soltanto a non saper amare.
Antonio* e gli altri
li tenevi a freno,
nelle ambizioni e a volte
acceleravi, sui loro sogni
e così confessasti
che in nessun altro posto
del mondo, le parole
meritavano applausi, come in questo.
 
Nota
Negli anni Cinquanta Giuseppe Ungaretti fu presidente del Premio Taranto che definì: “Il più bel premio del mondo”. Antonio a cui si fa riferimento è Rizzo, giornalista e operatore culturale che fu l’ideatore del Premio.


La copertina del libro

Silvano Trevisani
Le parole finiranno, non l'amore
Manni Ed. 2020
Pagg. € 13,00

Per richieste:
info@mannieditori.it
 

La fiaba in miniatura
TRAGEDIE MODERNE

 
"Cosa noti di così diverso ora che sei salito a vivere sugli alberi?",
domandò Sinforosa.
"La corsa continua di ogni uomo verso l'autodistruzione",
rispose Cosimo
"Scenderai?", chiese Sinforosa.
"Un attimo prima che il mondo finisca: sono un uomo anch'io",
concluse Cosimo.
Federico Migliorati

 

La Poesia
I giorni scorrono



I giorni scorrono senza
né capo né coda
Sospesi in un limbo
di statue indifferenti
senza occhi
senza mani
I giorni scorrono così
non c'è capo
non c'è coda
è il limbo degli ignari
in una latrina di ignavia...
Laura Margherita Volante

I TEMPI CAMBIANO



“Una volta non si dava pace ai preti per i matrimoni.
Oggi, agli avvocati per i divorzi”.
Nicolino Longo

La battuta d’Autore
COVID DA RICCHI



Speranzoso un pensionato si reca in farmacia 
dopo aver appreso degli effetti benefici della Lactoferrina: 
“Dottore, vorrei una scatola di Lactofferina, 
ho saputo che uccide il Covid. Quanto costa?”.
“Sono 70 euro, la prende?”
“No”, risponde il pensionato, 
“preferisco prendere il Covid, è gratis”.
Teodosio De Bonis

MODA E MODI



“Sono in minoranza quelli che rifiutano il coinvolgimento
alla pubblicizzazione gratuita dei prodotti”.  
Giuseppe Denti

mercoledì 28 ottobre 2020

DE GUSTIBUS…
di Angelo Gaccione




A proposito di premi letterari


Non avrei mai pensato di occuparmi di un argomento tanto frivolo come i premi letterari, ma si dà il caso che negli ultimi tempi hanno riguardato alcuni miei libri, ed è per questa ragione che mi è venuta alla penna questa riflessione. Lasciamo da parte finalità e scopi di chi li istituisce, qualità letteraria, importanza delle tematiche, gusti personali e collettivi, e veniamo alla sostanza vera. E la sostanza vera si invera (bella questa assonanza) in un unico dato incontrovertibile: il confronto non avviene fra libri, ma fra case editrici; non avviene fra libri, ma fra autori. Le case editrici che si fronteggiano, schierano tutta la loro potenza di fuoco; le loro macchine da guerra che possono mettere sul campo. Va da sé che gli eserciti più agguerriti e meglio equipaggiati sono quelli delle maggiori sigle editoriali nazionali. Con la concentrazione editoriale, poi, molte di loro appartengono allo stesso cartello e fanno monopolio. Non dobbiamo dimenticare inoltre, che le giurie sono composte al 99% da giurati che sono autori di quelle stesse case editrici, e che critici, giornalisti e docenti universitari presenti nella stragrande maggioranza delle giurie, sono legati a nodo doppio con quelle editrici, con i loro giornali e riviste su cui scrivono, con tutti i benefici del caso. Aggiungiamo a tutto questo, il nome dei loro autori già rodati; noti da anni e obbligatoriamente recensiti, qualunque cosa pubblichino. Sono autori che godono di una vasta pubblicità sia nei giornali che in televisione. Molti di loro sono presenti in tutti i cosiddetti talk show; ospitati in trasmissioni popolari e di massa a disquisire di argomenti fra i più vari, con una competenza da tuttologi, e passano da una Rete televisiva all’altra con un ritmo superiore a quello impiegato da Nostro Signore per i sette giorni della Creazione.
Non c’è trasmissione, impegnata o di intrattenimento, dove non vengano ospitati a mostrarsi e a parlare dei loro libri. Questi autori sono oramai divenuti noti e popolari come un qualsiasi prodotto commerciale. Non si dice per l’appunto che la pubblicità è l’anima del commercio? Anche se è molto raro che di anima il commercio ne abbia una.
Avete a questo punto capito che un autore marginalizzato e senza poteri di sorta, non potrà mai competere con queste schiere. Semplicemente non c’è partita, per usare un abusato termine sportivo. Quando poi si verifica (in rarissimi casi) che dalle maglie strette della rete riesce a passare qualche pesciolino (una minuscola casa editrice, un autore poco noto o sconosciuto), la speranza di arrivare al traguardo è pari a zero. Se riesce ad ottenere una menzione “onorifica”, è già un miracolo.
Poiché non potete influenzare nessun giurato; poiché non potete vantare alcun contropotere; poiché non potete mettere sul piatto alcuna merce di scambio, non vi resta che una ironica rassegnazione.
Veniamo ora ai premi cosiddetti minori, anche se a giudicare dal fasto delle cerimonie di alcuni di loro, minori non lo sono affatto. Si permettono il lusso di costosissime soubrette e personaggi televisivi, di attori strapagati e così via. Vengono detti minori perché accettano autori poco noti, editori sconosciuti al grande pubblico e giurati di seconda fila. Alcuni di loro sono più opachi e scandalosi dei premi maggiori, ma molti altri si comportano bene e con serietà. Di alcuni si rimane a volte sconcertati dalle scelte, ma ci si può consolare ricorrendo al famoso motto latino: De gustibus non est disputandum. È giusto: i gusti non si discutono.
Però a volte, come sono di pessimo gusto, i gusti!

 

CURARE LA PERSONA
di Gabriele Scaramuzza



L’incontro col Cardinal Martini è stato significativo anche per chi non si potesse dire a pieno titolo credente, e tanto meno praticante. Non pochi sapranno leggere con profitto, ma anche con coinvolgimento, Curare la persona. In me suscita anche una qualche nostalgia: mi ricorda la “Cattedra dei non credenti”, che Martini ha tenuto nella nostra Università tra il 1987 e il 2002 e, per quanto potevo (fino al 1991 ho abitato a Padova), ho seguito, e non ero solo, con partecipazione. Spero le mie righe valgano come invito alla lettura di questa raccolta di scritti. Oltre a quelli di Lambertenghi e Garzonio, troviamo i contributi di Carlo Casalone, Mario Colombo, Mariella Enoc; tutti provenienti dall’area più illuminata del cattolicesimo; per lo più, ma non solo, milanese o lombarda.    
Curare la persona tocca un aspetto non molto frequentato dagli studiosi della personalità e del pensiero di Martini; non pochi comunque potranno ritrovarcisi, e non solo in questi tempi di emergenza. Il volume trae tuttavia spunto dai nostri giorni, e in essi acquista un’inedita incisività, dato che ci tocca da vicino. All’inizio della sua prefazione Marco Garzonio non a caso dà rilievo alla concomitanza del suo apparire col “verificarsi di un’attualità difficile, complicata, per non dire drammatica”, chiedendosi come il Cardinale vi avrebbe risposto.
Non potendo entrare da esperto nell’ambito dei problemi affrontati, toccherò solo qualche tema che più mi ha colpito. Condivido innanzitutto il modo non dogmatico, comprensivo, aperto in cui sono stati affrontati. Non mi sono mai trovato di fronte in questo libro a prese di posizione drastiche, quali nel mondo religioso purtroppo non sono mancate e non mancano; sempre mi ha preso l’apertura al dialogo, l’accoglienza verso chi pensa diversamente, la disponibilità insomma a “ragionare” insieme.  
Così nell’appendice sono riportati interventi (innanzitutto il bell’articolo di Martini stesso apparso su “Il Sole 24 Ore” il 21 gennaio 2007) sul tanto discusso caso Welby: un caso in cui si scatenarono veri e propri fanatismi, interessate prese di possesso partitiche, discutibili moralismi, rivendicazioni irresponsabili. I problemi che ha sollevato sono di vario ordine: da deontologici a morali ad antropologici a squisitamente filosofici e persino teologici - riguardano tutti, e sono ripresi benissimo nel capitolo finale curato dal Gruppo di studio sulla bioetica. Il dovere di non sacralizzare la dimensione biologica dell’esistere, la visione per cui “la nostra identità personale è costitutivamente relazionale”, come giustamente ricorda Carlo Casalone. I temi del fine vita (della morte dunque), dei limiti costitutivi dell’esistere; della differenza tra astensione dall’accanimento terapeutico ed eutanasia, la medicina palliativa, le disparità di destino (determinate dalle differenze sociali ed economiche) tra persone malate, tutte ugualmente bisognose di vicinanza e di aiuto.  
Nel suo scritto Giorgio Lambertenghi Deliliers raccoglie riflessioni ad ampio raggio. Per prima cosa colpisce il giusto rilievo che dà alla capacità del pensiero di Martini “di muoversi con la stessa competenza e il medesimo garbo tra argomenti di carattere teologico-spirituale e temi di natura etico-sociale, riuscendo sempre ad accendere le domande più vere e sostanziali: quelle che, di fatto, portano credenti e non credenti a dialogare fra loro senza chiudersi in rigidi schemi”. Questo riguarda anche Lambertenghi - come inclinazione di fondo, attiva su di un piano ovviamente diverso (data la diversità delle attività, anzi missioni, praticate). Appartiene ad entrambi la considerazione dei problemi economico-sociali: e con ciò l’attenzione allo stato sociale, la denuncia del piegarsi (attivo più che mai dalle nostre parti) delle istituzioni mediche a logiche aziendali e burocratiche. Non è solo di Martini, ma anche di Lambertenghi e degli altri collaboratori al volume, la sensibilità per temi che vanno oltre le questioni economiche, organizzative (che pur hanno un insostituibile rilievo): il richiamo per contrasto a una dimensione “umanistica” purtroppo messa in subordine da certa mentalità scientistica; e naturalmente per la dimensione spirituale, religiosa. A nessuno manca la capacità di apprezzare nella sua giusta e insostituibile portata la scienza e le più recenti tecnologie mediche, e la necessità di ricorrerci quando è utile. Nel saggio di Lambertenghi vengono riprese e commentate riflessioni di Martini: in modo personale, come del resto accade anche in altri scritti raccolti nel volume. Cito almeno le due “tesi di fondo” riprese da Lambertenghi di uno scritto di Martini: “quella per cui la dignità della persona non è affatto riducibile alla sua vita biologica; e quella per cui il malato non rappresenta soltanto un caso clinico, così che la professione del medico non possa concepirsi solamente nell’atto del ‘curare’, ma debba comprendere il gesto del ‘prendersi cura’. Anche su queste tematiche [il riferimento è ai casi Welby ed Englaro], aggiungeva il Cardinale, sarebbe stato opportuno ritrovare la capacità di un dialogo più stretto tra cattolici e non cattolici, tra credenti e non credenti, tra culture e sensibilità diverse”.        
Curare la persona reca chiaramente i segni di quel tipo di religiosità aperta, rara magari, ma con cui si può dialogare. Ed è assolutamente da sostenere, da mantener viva. Per tutti, praticanti o meno, credenti o meno, che siano.


Curare la persona.
Medicina, sanità, ricerca e bioetica 
a cura di Giorgio Lambertenghi Deliliers
e con Prefazione di Marco Garzonio
Àncora, Milano 2020, pp. 133, € 16.  
nel pensiero di Carlo Maria Martini

La Poesia
Ideale d’amore  

     
 
Se fossi lì
ti amerei con tutta me stessa
anche se
non sapessi chi tu
sia veramente
Ti amerei
per una nostalgia d’amore
riflesso nel ricordo
di teneri colori
Se fossi lì e
anche tu non fossi
che un ideale
ti amerei...
allora non sapevo
chi fossi
non conoscevo ancora
né me né te se non
in un’attesa...
ora non resta che
una panchina vuota...
di notte la luna
si chiede perché
la sua stella
migliore se ne andò...
la luna vaga e sospira
Illuminando la panchina
sotto l’ombra di un pensiero...
la sua eco
canta amore nel vento...
Laura Margherita Volante

 

martedì 27 ottobre 2020

GOVERNO E POTERE
di Franco Astengo


Montesquieu

La ricerca di una nuova sinistra deve passare attraverso la capacità di mantenere tratti della propria memoria ma, allo stesso tempo, di alleggerirsi del fardello del fallimento dei tentativi di inveramento statuale del ‘900 e dal retaggio lasciato da quella che è stata la fase del compromesso socialdemocratico.
È un cunicolo stretto quello che ci sta mostrando la storia.
Nella crisi della democrazia occidentale non è stata ancora aperta una ricerca di nuove forme dell’azione politica.
Sembra del tutto insufficiente la capacità di analisi finalizzata a definire un adeguato quadro di contrasto rispetto agli effetti più deteriori che si stanno determinando nella modernità sul piano delle disuguaglianze, dello sfruttamento delle persone e del territorio, dell’uso delle nuove potenzialità tecnologiche.
In questo contesto di mutamenti epocali sono stati trascurati aspetti dell’azione politica che sembrano molto difficili da interpretare.
Ritorno su di un punto al riguardo della crisi delle forme storiche della democrazia occidentale e del loro scivolamento, in assenza di alternative, verso modelli di strutturazione autocratica nella gestione del potere.
Quali gli effetti di questa crisi?
Abbiamo assistito nel corso degli ultimi anni, almeno dal crollo finanziario del 2007, allo stringersi di un intreccio tra “governo” e “potere” fino quasi al punto da generare una sovrapposizione nella pratica concreta.
È stata questa, dell’intreccio e della sovrapposizione tra “governo” e “potere” la causa dell’incentivarsi del populismo.
È emersa una forma di populismo diversa da quelle del passato.
Il populismo di oggi non transita attraverso le espressioni attraverso le quali, in passato, si era cercato semplicemente di ridurre l’azione politica alla forma del rapporto diretto tra il Capo e le Masse.
Molto più sottilmente gli interpreti della necessità di “ridurre”, in senso decisionista il rapporto tra la politica e la complessità sociale, hanno confuso la “testa” con la “guida”. Ci si pone alla “testa” delle masse per assecondarne le istanze più apertamente corporative rinunciando alla “guida”.
È ormai assente l’idea di una “guida” che si esprima attraverso l’elaborazione di un progetto di definizione della società e delle principali istanze da realizzarsi proprio sulla base di una interpretazione del senso dell’uguaglianza, della libertà politica, della solidarietà sociale, della visione del futuro.
Se manteniamo fermo il concetto di potere inteso come capacità di condizionare il comportamento di altri uomini va ripensata, probabilmente, l’accezione ristretta del concetto di governo inteso come organo cui è attribuita dall’ordinamento giuridico la funzione di un indirizzo politico di uno Stato e di presiedere alla sua attuazione.
Abbiamo visto quanto illusoria sia stata l’idea di superare il ’900 attraverso una globalizzazione presieduta dalla finanza e accompagnata dalla progressiva cessione di sovranità da parte dello “Stato-Nazione”.
L’utilizzo della tecnologia in campo comunicativo ha creato nuovi livelli di dominio sovranazionali e sovrastatuali: probabilmente i veri centri dove governo e potere si sono intrecciati.
La democrazia “classica” sembra ridotta a simulacro e gli interpreti ristretti nella sua estrema forma “recitativa”.
È probabile che la costruzione di una nuova sinistra passi attraverso una rielaborazione del concetto di rappresentanza: quel concetto di rappresentanza che rimane quello fondamentale di espressione della democrazia. Servirà ancora una rappresentanza capace di distinguere tra le diverse funzioni della “politica”.
Una idea della rappresentanza da destinarsi a costruire una dimensione “visibilmente distinta" tra i diversi livelli dell’agire politico.
Partire dalla “distinzione della visibilità" dunque per ricercare un ruolo oggi possibile per soggetti che cercano il potere e per i compiti delle istituzioni all’interno delle quali il potere stesso può essere assegnato ed esercitato.
Servirebbe però una riflessione al riguardo della quale non sembrano emergere sedi e spunti minimamente adeguati.

SPORANDO…


Issei Watanabe

Abbiamo deciso di pubblicare queste spiritose composizioni di Luigi Caroli, unitamente al messaggio di Giuseppe Melzi (Pino), arrivati dopo il pomeriggio di “Versi e armonie” tenuto alla Basilica di San Carlo al Corso, per i sentimenti di amicizia e affetto che contengono. Sentimenti che stanno divenendo sempre più rari e perciò tanto più preziosi.  


CATTIVELLO…
(dopo il trionfo sabatico del 24 ottobre) 
 
Il libro tuo è raro
e un sol par l’abbia in mano. 
Forse altrove invano
ricercar lo vorresti?
Uno sol l’ha in mano,
ed il libraio è questi.
 
PENTITO
Se taluno spera in “Spore”
è per Angelo* un onore.
Or che langue la città
di più brilla sua umiltà. 
Luigi Caroli
 
*Lo scrittore Angelo Gaccione ha presentato il suo ultimo libro di poesie “Spore” sabato nella Sala Verde della Basilica di San Carlo al Corso. Alternandosi al microfono con un giovane e bravo violoncellista giapponese, Issei Watanabe Splendida la sua composizione finale “Ave Maria”.


La copertina del libro

Caro Angelo,
Le “Spore” hanno fertilizzato un pomeriggio di aforismi che danzano, come scrive la comune amica Lella Costa. Esaltati dagli intermezzi del violoncello.
Complimenti, un bell’incontro, intimo tra amici.
Giuseppe Melzi (Pino)

 

PREVISIONI



“La Confindustria dice:
- 10% di Pil nei primi 6 mesi
- 6% totale nella seconda parte dell’anno.
Ripresa lenta nella seconda metà del 2020.
Ma poiché la sede è in via Dell’Astronomia,
la ripresa piena la vedremo con il binocolo!”.
Teodosio De Bonis


MASS MEDIA



“La cattiva informazione genera ribelli senza causa”.
Laura Margherita Volante

MODA E MODI


“L’abito più riuscito è la donna”.
Giuseppe Denti

CURVE


“Le curve delle donne raddrizzano
le curve degli uomini”.
Nicolino Longo

lunedì 26 ottobre 2020

UN PASSO AVANTI
Cinquantesima ratifica Trattato proibizione armi nucleari TPAN.


Ringrazio il Direttore di “Odissea” per la pubblicazione di questo annuncio pubblicato ieri in prima pagina e che dovrebbe riguardare tutti i cittadini del mondo e di cui forse i giornali, le televisioni non parleranno o "annegheranno" la notizia come come un accadimento qualsiasi. Come è stato nel 2017 quando 122 Stati ONU lo hanno sottoscritto e il tutto è passato sotto un quasi, glaciale silenzio. Il Trattato diventerà operativo tra 90 giorni come previsto dalle sue regole. Queste vale solo per chi lo ha firmato. Rimane il fatto che mai nella Storia si era arrivati al punto di affermare che il possesso, la trasformazione, la cessione di certe armi, fosse un reato. È un obbligo storico, che abbiamo la convenienza e la determinazione ad affrontare, pena, addirittura, la possibile scomparsa della nostra specie umana. Ripeto ancora: c'è la consapevolezza che una guerra nucleare tra uno o più Stati riguarderebbe anche tutti gli altri del mondo? Siamo consapevoli che i fumi radioattivi, quelli provocati dagli incendi di materiali infiammabili (e ce n'è in abbondanza), non ci sono doganieri che possano fermarli? E l'inverno nucleare che ne potrebbe sortire, non avrebbe enormi ripercussioni sull'agricoltura e sul quotidiano, di eventuali superstiti? Dunque, questa proibizione, invece potrebbe salvarci tutti, abitanti di ogni Paese, uomini, donne e bambini di ogni nazione. Dobbiamo farlo sapere al mondo e gridarlo gran voce ai nostri governanti (militari in primis ) che non riuscirebbero a salvare la patria, lo stato, e sarebbero cancellati loro stessi.
C' è un aspetto di questo avvenimento che vorrei evidenziare e che a qualcuno potrebbe sembrare sorprendente. Ci sono diversi nomi di stato di cui difficilmente si parla per qualche cosa di importante. Ne cito alcuni: Nauri, Tuvalu, Palau, Vanuatu, Niue, Kiribati, Isole Cook che insieme ad altre isole hanno firmato. Sono isole del Pacifico che già in precedenza si erano mosse contro il nucleare. Erano nell' area in cui Stati di evidente superiore civiltà, come Francia Inghilterra, Stati Uniti hanno effettuato 300 esperimenti nucleari in atmosfera, sottosuolo, e sott'acqua dal 1946 al 1996 con le varie conseguenze del caso. Avevano provato sulla loro pelle cosa vuol dire nucleare. Risulta anche che abbiano subito pressioni politiche da parte americana, affinché non aderissero al Trattato, ma evidentemente il ricordo delle sofferenze patite ha prevalso. Credo doveroso un nostro grazie e anche, se con il senno di poi, le nostre scuse di "occidentali" per quanto avvenuto, e che non dovrebbe mai più accadere. Adesso con l'ultima ratifica non scatterà la Pace, ma si aprirà, sperabilmente, qualche percorso diplomatico che possa avvicinarcisi. La Cina, ad esempio, voleva partecipare agli incontri per la sua stesura nel 2017, ma ne fu dissuasa da interventi russi e americani. E i popoli di Stati nucleari che non hanno firmato, come ad esempio il nostro, non hanno nulla da dire? La firma del trattato che proibisce le armi di distruzione di massa non può voler dire che è l'unico modo, attuale, di salvare la vita di tutti i nostri cittadini e quelli di tutti gli altri stati?  
Giuseppe Bruzzone

  

TRATTATO SULLA PROIBIZIONE
DELLE ARMI NUCLEARI
 


Con 50 ratifiche di Stati, grazie all'ultimissima - proprio ieri 24 ottobre - proveniente dall'Honduras (vedi quadro di adesioni sotto riportato), il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari (TPAN) raggiunge un traguardo cruciale: l'entrata in vigore quale strumento riconosciuto della normativa internazionale (tecnicamente bisogna però aspettare ancora 90 giorni, quindi gennaio)! L'entrata in vigore significa che tutti i paesi che hanno ratificato il trattato saranno vincolati da esso. Bisognerà poi sostenere gli altri percorsi negoziali, coinvolgenti anche i Paesi non firmatari, e specialmente le potenze nucleari, che conducano all'eliminazione effettiva di tali ordigni che pesano come una spada di Damocle sulla sopravvivenza stessa dell'Umanità.
Riteniamo sbagliato e riprovevole che gli Stati Uniti, in questo momento, stiano pressando i paesi firmatari perché ritirino formalmente il loro sostegno. L'ICAN, International campaign to abolish nuclear weapons, la rete delle organizzazioni di base che promuove e spinge l'iniziativa (premiata nel 2017 con il premio Nobel per la pace), afferma che il crescente nervosismo che l'amministrazione Trump mostra ha un preciso significato: gli stati nucleari stanno davvero iniziando a temere che le armi nucleari saranno presto bandite dal diritto internazionale. Subiranno da subito un effetto di “stigmatizzazione” da parte dell’opinione pubblica mondiale il cui impatto non potrà essere trascurato.
In linea con gli scopi della campagna internazionale, in Italia i Disarmisti esigenti, insieme a WILPF Italia, membri ICAN, in una conferenza stampa, titolo "La tecnologia male usata (AI, 5G) aumenta il rischio di guerra nucleare per errore!", tenuta al senato (sala Nassirya) il 25 settembre 2020, con la collaborazione della senatrice Loredana De Petris, hanno proposto di lanciare in Italia i comitati Petrov: ricordare l'eroe, che evitò lo scoppio di una guerra nucleare per falso allarme dei computer il 26 settembre 1983, intitolandogli vie, biblioteche, giardini, monumenti, così sensibilizzando l'opinione pubblica sull’inaccettabile rischio nucleare.
Noi riteniamo necessario bandire la “deterrenza”, fuoriuscire dalla condivisione nucleare NATO (no B-61-12 a Ghedi ed Aviano, no F35), convertire gli arsenali in ospedali e in spese sociali ed ambientali (6 miliardi in armi dobbiamo destinale al servizio civile per la difesa nonviolenta, al welfare verde, alla cooperazione internazionale contro la fame e la povertà), investire nella pace come modello di società.
L'Italia, dissociandosi dalla condanna sentenziata dai vertici NATO, deve anch'essa ratificare il TPAN e sostenerlo in tutte le sedi internazionali, a partire da quelle europee.
In questa strategia sinergicamente rientra la promozione di un referendum digitale mondiale che proponiamo all'ONU e ai suoi governi costituenti. Vuoi il disarmo nucleare adesso? Vuoi l'abolizione non solo legale ma efficace delle armi nucleari? Approvi i negoziati internazionali per portare a tali risultati? Sono queste le domande da porre al voto dei miliardi di cittadini di ogni angolo del globo che frequentano il web.

La conferenza stampa al Senato può essere visionata al seguente link:
https://we.tl/t-v3Ej4AEeTL
L'adesione all'iniziativa dei Comitati Petrov può essere data online:
https://www.petizioni.com/ricordiamo_petrov_no_rischio_nucleare
Per informazioni sul referendum mondiale digitale:
https://www.facebook.com/groups/2294228570670422
  
I seguenti paesi hanno ratificato il Trattato delle Nazioni Unite sulla proibizione delle armi nucleari (TPAN), adottato a New York il 7 luglio del 2017 con l’approvazione di 122 Stati:
 
1- Antigua & Barbuda
2- Austria
3- Bangladesh
4- Belize
5- Bolivia
6- Botswana
7- Isole Cook
8- Costa Rica
9- Cuba
10- Dominica
11- Ecuador
12- El Salvador
13- Fiji
14- Gambia
15- Guyana
16- Santa Sede
17- Irlanda
18- Kazakhstan
19- Kiribati
20- Laos
21- Lesotho
22- Malaysia
23 -Maldive
24- Malta
25- Messico
26- Namibia
27- Nuova Zelanda
28 -Nicaragua
29- Nigeria
30- Niue
31- Palau
32- Palestina
33- Panama
34- Paraguay
35- St Kitts e Nevis
36- Santa Lucia
37- St Vincent & Grenadine
38- Samoa
39- San Marino
40- Sud Africa
41- Thailandia
42- Trinidad & Tobago
43- Uruguay
44- Vanuatu
45 - Venezuela
46- Vietnam
Abbiamo ora le ultime ratifiche che ci portano a quota 50:
47 - Tuvaku
48 - Jamaica
49 – Nauru
50 - Honduras


DA PARTE DI ALFONSO NAVARRA
PORTAVOCE DEI DISARMISTI ESIGENTI (cell. 340-0736871)
ADRIANO CICCIONI  
INIZIATIVA WORLDWIDE REFERENDUM
AGAINST NUCLEAR WEAPONS (cell. 335-8423588)
TRA I MEMBRI ICAN
WWW.DISARMISTIESIGENTI.ORG

Sia Alfonso che Adriano sono disponibili a rilasciare interviste. Ricordiamo ai nostri lettori che “Odissea” è parte integrante di questa sacrosanta battaglia, e che se non si vince questa non c’è futuro per null’altro.

domenica 25 ottobre 2020

DISARMARE ORA!


 

Gli Stati non nucleari firmano il trattato, quelli nucleari 
se ne guardano bene. 


La Jamaica ed il Nauru hanno appena ratificato il Trattato di Proibizione delle Armi Nucleari (TPAN). Quindi attualmente 49 Stati hanno ratificato il TPAN: ne manca solo uno per la sua entrata in vigore! Questo sarà probabilmente l’Honduras che dovrebbe ratificare il TPAN questa sera stessa.  



Dear campaigners,
 
I’m delighted to inform you that Honduras just ratified the Treaty on the Prohibition of Nuclear Weapons, becoming the 50th state to do so! The treaty will enter into force 90 days from today, on 22 January 2021. This is a major milestone in the development of the global norm against nuclear weapons. Congratulations to everyone who has worked so hard since the treaty was adopted in 2017 to convince states to sign and ratify it!
 
https://www.icanw.org/historic_milestone_un_treaty_on_the_prohibition_of_nuclear_weapons_reaches_50_ratifications_needed_for_entry_into_force
 
Thanks, in particular, to Maria Eugenia for her work over the past year to bring Honduras on board! And to everyone else who helped this week to get them over the line! More to come! Kind regards,
Tim


International Campaign to
Abolish Nuclear Weapons
Nobel Peace Laureate 2017 
+61 (0)400 967 233
@timmileswright
 

 

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