ROJAVA E LA SITUAZIONE CURDA
di Luigi
Vinci
Venerdì 15 novembre a Milano alla Fabbrica del
Vapore Davide Grasso ha ragguagliato a lungo il pubblico sulla situazione attuale
del Rojava e sui problemi drammatici in cui la sua popolazione, dopo avere
sconfitto i tagliagole dell’ISIS, sostenuti in tutti i modi dalla Turchia, oggi
si ritrova a difendersi dall’attacco di terra e dall’aria sia direttamente da
parte dell’esercito turco che da parte di milizie di supporto alla Turchia
composte dal riciclaggio dei residui delle varie bande islamiste. Nessuno come
Grasso, giornalista freelance vissuto a lungo accanto alle Unità di Protezione
del Popolo e di Protezione delle Donne, ivi compresi i momenti più crudi dei
combattimenti, può essere oggi in grado di ragguagliarci. Inoltre, di farlo riguardo
allo straordinario lavoro di costruzione di una società democratica
caratterizzata dalla partecipazione diretta, attiva, della sua popolazione.
Russia,
Stati Uniti, Unione Europea, come abbiamo visto hanno sostanzialmente
abbandonato i curdi del Rojava alle pretese turche, purché avvengano
gradualmente. Tradendo, così, chi aveva operato sul campo a tutela di quelle
realtà, e confermando, così, la fine di un ciclo storico, plurisecolare, nel
contesto del quale l’Occidente aveva preteso di essere portatore avanzato di
civiltà. Le Unità di Protezione sono arretrate di trenta chilometri rispetto
alla parte centrale del confine tra Turchia e Rojava, subendo così (né altro
potevano realisticamente fare) quanto concordato tra Russia e Turchia. Pattuglie
miste turco-russe pattugliano la totalità di questo confine per una profondità
di dieci chilometri. Nonostante l’accettazione da parte delle Unità di
Protezione di quanto concordato tra Russia e Turchia, sono sotto assedio turco
e bombardate città e villaggi dell’intera parte centrale del Rojava; inoltre
sono bombardati gli insediamenti delle Unità di Produzione. A loro volta
milizie islamiste ausiliarie della Turchia operano in lungo e in largo in
Rojava attaccando villaggi, massacrando contadini, violentando donne, uccidendo
cristiani siriaci o armeni; l’intenzione è fare terra bruciata. Obiettivo turco
oltre a essere quello di allargare il territorio già in qualche modo acquisito
è, infatti, anche di disporre di territorio nel quale collocare 2-3 milioni di
profughi arabi siriani: modificando così in radice la composizione etnica del
Rojava; di fatto, annettendosi parte del suo territorio, come già accaduto
riguardo a quasi tutto il cantone curdo occidentale di Afrin e alle contigue città
arabe di Jarabulus e Al Bab, diventate prevalentemente turche e turcomanne.
Agli 11
mila militanti delle Unità di Protezione del Popolo e di Protezione delle Donne
caduti combattendo contro l’ISIS e alle migliaia di civili massacrati e di
donne violentate oggi vengono aggiungendosene altre migliaia. I profughi curdi
in fuga verso sud e verso l’Iraq stanno avvicinandosi al mezzo milione.
Per la
Turchia i risultati territoriali raggiunti nel Rojava, benché parziali,
rappresentano un fondamentale successo: significano, grazie alla Russia
dapprima, grazie agli Stati Uniti poi (il ritiro dei loro soldati dal Rojava),
l’acquisizione della possibilità di continuare ad allargarsi territorialmente
in Siria senza subire contrasto adeguato: basta solo procedere a spizzichi. E tra
i primi spizzichi già campeggiano la dichiarata intenzione turca
dell’allargamento della fascia di trenta chilometri alle città di Kobane e di
Qamishli. Inoltre la Turchia ha appena dichiarato di riservarsi incursioni
militari su tutto il territorio della Siria orientale, onde distruggere la
totalità delle Unità di Protezione, in quanto “terroriste”. L’obiettivo concreto
è la città di Raqqa, è l’acqua dell’Eufrate, sono i giacimenti petroliferi
dell’estremo nord-est siriano.
Quanto
alla cooperazione tra Turchia e bande islamiste, occorre riferire come
l’attacco turco, impegnando lo spostamento delle Unità di Protezione alla sola
tutela della popolazione, stia consentendo la fuga dalla carcerazione del paio
di decine di migliaia di militanti islamisti detenuti nel Rojava: pronti quindi,
quanto meno in parte, a riprendere la loro guerra, a rovesciarsi verso il
Mediterraneo o verso l’Iraq o verso il Caucaso e la Russia.
Grasso
riferisce “dall’interno”, è testimone diretto di che cosa di fondamentale
consista l’esperienza politica e sociale del Rojava. Essa è la manifestazione
siriana dei movimenti di liberazione curdi obbligati alla lotta armata da oltre
un secolo di stragi dei poteri turchi, essendo obiettivo di questi poteri la
scomparsa delle lingue minoritarie. Non furono solo gli armeni a subire stragi
che ne eliminarono quasi completamente la presenza: vi furono gli assiro-caldei
(cristiani di lingua aramaica), e poi i curdi, e gruppi minori. Il colpo di
stato militare del 1980 segnò in Turchia il punto massimo della repressione:
oltre alle incarcerazioni, ai massacri, all’impedimento dell’uso corrente del
curdo nei villaggi del Kurdistan, la repressione colpì ogni associazione
democratica, le forze di sinistra, i sindacali, le associazioni a difesa dei
diritti umani.
Il
Partito dei Lavoratori Curdi (PKK), fondato nel 1978 da studenti curdi, si
apprestò, quindi, alla lotta armata, e l’avviò a fine 1983. Di orientamento
marxista-leninista e avendo a obiettivo la costituzione di uno stato
indipendente curdo comprensivo delle varie realtà territoriali di insediamento
di questa popolazione (Turchia, Iraq, Iran, Siria), il PKK nel 1999 correggerà,
guidato da Abdullah Öcalan, in carcere da poco oltre, la posizione iniziale,
optando per una forma di socialismo (il “confederalismo democratico”) basata
sulla partecipazione popolare diretta alle scelte e alla gestione della società,
rinunciando allo stato curdo indipendente, preferendo a esso una larga
autonomia dei territori curdi nel quadro delle formazioni statali esistenti.
L’economia ha carattere misto, non esclude, cioè, concretamente, la piccola
attività privata; la distribuzione della produzione alla popolazione avviene
per via collettiva. L’economia, inoltre, tende a rifarsi all’ecologia: ha
carattere “circolare”, non ricorre a materiali inquinanti, a concimi chimici,
ecc.
Nel
frattempo erano sorti, aderendo a questa linea, ma al tempo stesso
indipendenti, il PYD siriano e il PJAK iraniano (in Iraq operavano già dagli
anni Trenta specifici partiti curdi, guidati dall’eroe nazionale Mustafa
Barzani).
Le
circostanze siriane (la guerra civile orientata al sovvertimento del regime
autoritario degli Assad; l’entrata in campo di una quantità di gruppi
islamisti, supportati e armati da Turchia, Arabia Saudita, Emirati Arabi, poi
largamente coagulati in due grandi gruppi, poi la scissione di uno di questi,
al-Nusra-al Qaeda e dalla formazione dell’ISIS) oltre a impegnare il PYD a
propria autodifesa lo porterà a farsi carico della guerra agli islamisti in
tutta la Siria settentrionale e orientale, raccogliendo, così, anche arabi e
minoranze d’altra natura sia linguistiche che religiose.
Protagoniste
politiche e militari sono le Unità di Protezione del Popolo e le Unità di
Protezione delle Donne. Queste ultime coprono circa il 40% dell’apparato
politico-militare. Tra i loro compiti stanno anche la partecipazione alla
gestione delle attività economiche e sociali, alla soluzione, per via pacifica,
ricorrendo al dialogo, escludendo il più possibile mediatori esterni, delle
vertenze e delle liti. Giova notare come questa partecipazione femminile sia
forse l’elemento più significativo dell’esperienza del Rojava: avendo demolito
il retaggio barbarico di comportamenti antifemminili tipici dell’area. Ciò
avviene anche attraverso riunioni, dalle quali sono tenuti fuori gli uomini,
nelle quali le donne narrano le loro esperienze e formano tessuti di
cooperazione e di autodifesa. I ruoli politico-militari apicali competono
diffusamente anche a donne. Molti uomini vengono, così, rieducati. Giova, in
ultimo, anche notare come, in realtà, l’esperienza di unità politico-militari
femminili e l’affidamento loro di ruoli apicali sia cominciata a opera del PKK
in Turchia, già dagli anni Ottanta.
Per aiutare i Curdi
Iban. IT45N 01030 01656 00000 2624683
Monte dei Paschi di Siena agenzia 37
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