UNA NUOVA ODISSEA...

DA JOHANN GUTENBERG A BILL GATES

Cari lettori, cari collaboratori e collaboratrici, “Odissea” cartaceo ha compiuto 10 anni. Dieci anni di libertà rivendicati con orgoglio, senza chiedere un centesimo di finanziamento, senza essere debitori a padroni e padrini, orgogliosamente poveri, ma dignitosi, apertamente schierati contro poteri di ogni sorta. Grazie a tutti voi per la fedeltà, per la stima, per l’aiuto, per l’incoraggiamento che ci avete dato: siete stati preziosi in tutti questi dieci anni di vita di “Odissea”. Insieme abbiamo condiviso idee, impegni, battaglie culturali e civili, lutti e sentimenti. Sono nate anche delle belle amicizie che certamente non saranno vanificate. Non sono molti i giornali che possono vantare una quantità di firme prestigiose come quelle apparse su queste pagine. Non sono molti i giornali che possono dire di avere avuto una indipendenza di pensiero e una radicalità di critica (senza piaggeria verso chicchessia) come “Odissea”, e ancora meno quelli che possono dire di avere affrontato argomenti insoliti e spiazzanti come quel piccolo, colto, e prezioso organo. Le idee e gli argomenti proposti da "Odissea", sono stati discussi, dibattuti, analizzati, e quando occorreva, a giusta ragione “rubati”, [era questa, del resto, la funzione che ci eravamo assunti: far circolare idee, funzionare da laboratorio produttivo di intelligenza] in molti ambiti, sia culturali che politici. Quelle idee hanno concretamente e positivamente influito nella realtà italiana, e per molto tempo ancora, lo faranno; e anche quando venivano avversate, se ne riconosceva la qualità e l’importanza. Mai su quelle pagine è stato proposto qualcosa di banale. Ma non siamo qui per tessere le lodi del giornale, siamo qui per dirvi che comincia una una avventura, una nuova Odissea...: il gruppo redazionale e i responsabili delle varie rubriche, si sono riuniti e hanno deciso una svolta rivoluzionaria e in linea con i tempi ipertecnologici che viviamo: trasformare il giornale cartaceo in uno strumento più innovativo facendo evolvere “Odissea” in un vero e proprio blog internazionale, che usando il Web, la Rete, si apra alla collaborazione più ampia possibile, senza limiti di spazio, senza obblighi di tempo e mettendosi in rapporto con le questioni e i lettori in tempo reale. Una sfida nuova, baldanzosa, ma piena di opportunità: da Johann Gutenberg a Bill Gates, come abbiamo scritto nel titolo di questa lettera. In questo modo “Odissea” potrà continuare a svolgere in modo ancora più vasto ed efficace, il suo ruolo di laboratorio, di coscienza critica di questo nostro violato e meraviglioso Paese, e a difenderne, come ha fatto in questi 10 anni, le ragioni collettive.
Sono sicuro ci seguirete fedelmente anche su questo Blog, come avete fatto per il giornale cartaceo, che interagirete con noi, che vi impegnerete in prima persona per le battaglie civili e culturali che ci attendono. A voi va tutto il mio affetto e il mio grazie e l'invito a seguirci, a collaborare, a scriverci, a segnalare storture, ingiustizie, a mandarci i vostri materiali creativi. Il mio grazie e la mia riconoscenza anche ai numerosi estimatori che da ogni parte d’Italia ci hanno testimoniato la loro vicinanza e la loro stima con lettere, messaggi, telefonate.

Angelo Gaccione
LIBER

L'illustrazione di Adamo Calabrese

L'illustrazione di Adamo Calabrese

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA

FOTOGALLERY DECENNALE DI ODISSEA
(foto di Fabiano Braccini)

Buon compleanno Odissea

Buon compleanno Odissea
1° anniversario di "Odissea" in Rete (Illustrazione di Vittorio Sedini)


"Fiorenza Casanova" per "Odissea" (Ottobre 2014)

giovedì 29 novembre 2018

COSTITUZIONE E SICUREZZA
di Franco Astengo

“Con l'approvazione del decreto sicurezza si stravolge di fatto la costituzione e l'Italia entra nell'incubo dell'apartheid giuridico. È davvero incredibile che sia accaduto un fatto simile, che sia stato sferrato un colpo così pesante al diritto di asilo, all'accoglienza, all'integrazione". Lo dice Carla Nespolo, presidente nazionale dell'Anpi.”
Con questa dichiarazione di Carla Nespolo l’ANPI si pone ancora una volta come barriera in difesa della Costituzione Repubblicana.
Si tratta di un intervento molto importante che apre sicuramente una stagione di battaglia politica dopo che, nei due anni che sono intercorsi dall’esito del referendum del 4 dicembre 2016, sono apparsi sotto traccia due punti fondamentali:
a) La prospettiva di un attacco diretto alla prima parte della Costituzione, quella riguardante i diritti e i doveri dei cittadini. Quest’attacco era stato annunciato da più parti, in particolare a partire dal momento in cui la Lega aveva assunto posizioni di governo. Adesso questa possibilità si concretizza ed è necessario farvi i conti fino in fondo. Fermo restando che anche la deformazione della seconda parte, prevista dal progetto del PD respinto proprio dal referendum già citato, toccando l’ordinamento dello Stato inficiava  il rispetto di articoli fondamentali della prima parte, in particolare all’articolo 3;
b) La necessità per la sinistra di trarre, dall’esito referendario del 2016, conclusioni più direttamente politiche anche sul piano della propria strutturazione di soggettività. Questo non è stato fatto lasciando milioni di elettrici e di elettori privi di un riferimento certo, in grado di produrre alternativa sul terreno della difesa della democrazia repubblicana e della saldatura tra questa e i principi di eguaglianza e di fuoriuscita dal regime di sfruttamento che una sinistra che si dichiari d’alternativa è chiamata a perseguire.


Il decreto cosiddetto “sicurezza” convertito in Legge dal Parlamento ha riproposto per intero il tema della difesa costituzionale proprio nella dimensione dell’attacco alla prima parte della nostra Carta fondamentale. In questa sede si evidenzia un solo punto tra quelli contenuti nel decreto appena tramutato in legge: “Viene cancellato il permesso di soggiorno per motivi umanitari (articolo 1), che aveva la durata di due anni e consentiva l'accesso al lavoro, al servizio sanitario nazionale, all'assistenza sociale e all'edilizia residenziale. Al suo posto vengono introdotti permessi per "protezione speciale" (un anno), "per calamità naturale nel Paese di origine" (sei mesi), "per condizioni di salute gravi" (un anno), "per atti di particolare valore civile" e "per casi speciali" (vittime di violenza grave o sfruttamento lavorativo).”
 Il tema dell’asilo, pur presentando profili di drammatica attualità, trova un referente normativo primario ed esplicito all’art. 10 della nostra Carta Costituzionale e, segnatamente, delle disposizioni di cui al secondo e terzo comma, laddove è statuito espressamente che “La condizione giuridica dello straniero è regolata dalla legge in conformità delle norme e dei trattati internazionali. Lo straniero al quale sia impedito nel suo paese l’effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, ha diritto d’asilo nel territorio della Repubblica, secondo le condizioni stabilite dalla legge”.
L’enunciazione in termini così puntuali dell’istituto in questione, infatti, si radica storicamente nell’esperienza vissuta durante il ventennio fascista dai Costituenti, molti dei quali avevano dovuto intraprendere personalmente la dura via dell’esilio ed erano pertanto ben determinati, al momento di redigere la nuova Carta costituzionale democratica, a prospettare una forma di accoglienza in Italia per quegli stranieri che avessero patito nel loro paese di origine una situazione di illibertà. In più occasioni è stata la stessa Corte Costituzionale ad affermare come lo stesso sia da annoverare tra i diritti inalienabili della persona umana e non a caso la sede prescelta è quella propria dei “diritti fondamentali” su cui si regge il nostro ordinamento. Il governo italiano sta lanciando, inoltre un nuovo segnale di chiusura al mondo sul tema delle migrazioni che non può essere sottovalutato anche sotto il profilo costituzionale. Nella giornata di mercoledì 28 novembre, infatti, il ministro degli Interni, Matteo Salvini, ha annunciato che, contrariamente a quanto sostenuto negli ultimi due anni, l’Italia non sottoscriverà il Global Compact for Migration, un documento redatto dalle Nazioni Unite in collaborazione con i Paesi maggiormente coinvolti nel fenomeno migratorio. A rafforzare questa scelta, il governo ha reso noto che non parteciperà alla conferenza intergovernativa sulle migrazioni che avrà luogo a Marrakech, in Marocco, il 10 e 11 dicembre prossimi.


Il Global Compact for Migration non è un testo vincolante, ma intende stabilire e ribadire alcuni principi nella gestione del fenomeno migratorio, dalle partenze all’accoglienza, così come richiesto da funzionari, operatori e studiosi del tema a livello globale. Non si tratta dunque di un insieme di proposte concrete, ma di uno strumento che pone 23 obiettivi, molti dei quali già integrati nel diritto internazionale, per una migrazione “sicura, ordinata e regolare” (articolo 16). Questo secondo punto riguardante il “Global Compact for Migration” non è materia di livello costituzionale, pur tuttavia sotto questo profilo non si può nascondere la preoccupazione per un’evidente retrocessione di ruolo dell’Italia rispetto al quadro di partecipazione agli organismi internazionali in difesa della pace previsto dall’articolo 11 della Costituzione.
Infatti: quale difesa della pace migliore si può trovare se non nel provvedere all’accoglienza da chi fugge da tremendi conflitti che provocano immani fenomeni di distruzione della stessa vita umana? C’è sufficiente materia, insomma, per una mobilitazione forte della parte più coerente della sinistra italiana: una mobilitazione da svilupparsi ancora una volta, attorno ad un obiettivo “vitale” come quello della difesa e dell’affermazione della Costituzione Repubblicana.

DESENZANO DEL GARDA
A Palazzo Brunati con
Federico Migliorati e Marzia Borzi

La locandina dell'incontro

 Ferrara, Bologna, Cesenatico, Verolanuova, Montichiari e, ora, Desenzano: prosegue venerdì 30 novembre alle 17,30 a Villa Brunati, sede della biblioteca comunale della città lacustre, il “tour” del giornalista Federico Migliorati per presentare Come nasce un poeta, volume da lui curato e edito da Minerva, il quale costituisce una sorta di “romanzo di formazione” che documenta l’emergere del poeta ferrarese Roberto Pazzi e che si apre con un'intervista a questi sulla poesia e sul sodalizio intellettuale da lui intrattenuto con Vittorio Sereni. Segue il fitto carteggio intercorso tra il 1965 e il 1982 tra i due letterati nel quale si rintracciano curiosità, aneddoti, richiami che offrono una panoramica di un’epoca nella quale la poesia si è mossa con alterne fortune. L'epistolario, totalmente inedito, è composto da 91 lettere che mettono in risalto anche il rapporto di amicizia intercorso tra Sereni e Pazzi, spezzato solo dalla morte del primo, avvenuta nel 1983. In molte missive emerge l’appassionato e talvolta contrastato coinvolgimento letterario che entrambi hanno vissuto, come una sorta di salvifico elemento dell’esistenza. Numerose le note a corredo: due le più significative che richiamano altrettante lettere inviate a Pazzi da Salvatore Quasimodo (due mesi prima della morte del Premio Nobel) e di Giuseppe Pontiggia. Chiude il volume una selezione di poesie dello scrittore e poeta ferrarese, scelte tra le prime e le più recenti in ordine di tempo, a contrassegnare un emblematico percorso nei versi di una vita. 

A destra della foto Federico Migliorati a Milano
Foto di Marzia Borzi

L'appuntamento a Villa Brunati, che rientra nel calendario mensile di iniziative della biblioteca desenzanese, vedrà Migliorati dialogare con la giornalista Marzia Borzi che si occuperà anche della lettura di stralci delle lettere e di alcune poesie dello stesso Pazzi. La partecipazione all'incontro è gratuita.


RIMAFLOW
Sostenere la lotta dei lavoratori

Lavoratori della Rimaflow in lotta


Milano
ORATORIO DI VIA REDI

La locandina dell'incontro


Milano
CASA ROSSA

La locandina dell'evento


Marconia.
I Sassi di Matera

La locandina dell'incontro


MILANO. Perugino a Palazzo Marino

Cliccare sulla locandina per ingrandire


Mentre viaggio alle radici del mio tempo
Giuseppe  Natale 

Mentre viaggio alle radici del mio tempo
mi giungono da lontano
echi che risuonano
di bombardamenti e di truppe americane
che dallo ionico mare sbarcano
in terra di Calabria di Puglia e di Lucania
alle calcagna delle nazifasciste belve
pronte alle stragi:
la prima nella città dei Sassi
che tenta civile resistenza.

Echi di racconti remoti,
voci di popolo contadino
prima incerte e flebili
poi sempre più forti e rabbiose
e corali e imperiose
che urlano basta guerra!
Che rivendicano Pane e Terra!
Lavoro Giustizia e Libertà!...

Echi dal buio dell’unica stanza
nella paura che l’abitava
in una notte di coprifuoco
del dicembre millenovecento quarantanove
nell’angosciosa attesa e nervosa
- Arrivano!  Arrivano!... -
Nel rumore ferrato degli scarponi
dei poliziotti di Scelba
sulle deserte strade e annichilite
del paese lasciato solo, e atterrito.

E sul selciato colpito a morte
il bracciante Giuseppe Novello.



BOLOGNA. OFFICINA DELLA POESIA
Martedì 4 dicembre ore 17.30
Librerie Coop Zanichelli
Piazza Galvani 1/H
Protagonisti dell’incontro saranno Gabriela Fantato, con il suo libro La seconda voce (Transeuropa, 2018) e Marco Munaro, che presenterà il volume Con l’ultimo treno della sera (Il Ponte del Sale, 2018), di Gianfranco Maretti Tregiardini, in sua memoria. Marco Munaro parlerà anche del progettato trasferimento dell'archivio poetico e intellettuale di Maretti Tregiardini presso il Centro Studi Sara Valesio. In dialogo con Alberto Bertoni e Paolo Valesio.
Segreteria Centro Studi Sara Valesio

Il logo del Centro Studi


mercoledì 28 novembre 2018

NOVEMBRE 1943:
GLI SCIOPERI OPERAI CONTRO L’INVASIONE NAZISTA
di Franco Astengo

I nartiri di Savona
  
In un’Italia ormai sul tramonto civile e morale è assolutamente il caso di ricordare la sollevazione operaia contro l’invasione nazista che ebbe inizio proprio 75 anni fa nel mese di novembre 1943, proseguendo poi per tutto il mese di dicembre quale prologo della grande agitazione del 1° marzo 1944, punto di snodo cruciale della partecipazione di massa alle vicende della Resistenza.
Nel novembre ‘43 iniziarono quindi i grandi scioperi operai che portarono a una grande destabilizzazione del regime giunto oramai alle strette. Le rivendicazioni degli operai, tutti antifascisti, furono tra le più importanti: la retribuzione dei periodi d’interruzione forzata dal lavoro, la fine del regime militare di produzione, la possibilità di non lavorare durante i bombardamenti e l’immediata liberazione di tutti i prigionieri politici. Le risposte del regime fascista e degli invasori nazisti furono durissime e devastanti per la loro molteplice crudeltà. Nei soli mesi autunnali del ’43 furono più di una decina gli operai giustiziati dalla polizia politica fascista, e dalle SS e gli operai di diversi reparti delle fabbriche del Nord - Ovest furono deportati in Germania nei campi di lavoro. Da ricordare come, dopo lo sciopero del 1° marzo 1944, le deportazioni fossero avviate invece nei campi di sterminio, principalmente Mauthausen partendo dal fatidico binario 21 della Stazione Centrale di Milano dal quale prendevano il via anche i treni che portavano al martirio gli ebrei rastrellati. In quell’autunno del ’43 in buona parte delle fabbriche si era già diviso un certo numero quadri sia del PCI clandestino, del CLNAI, e dei comitati clandestini sindacali.
L’antifascismo e la lotta all’occupazione nazista erano così diventate il nucleo centrale delle ragioni che portarono agli scioperi operai. Si può ben affermare che da quel momento la lotta al regime fu caratterizzata da un forte protagonismo operaio.
Il primo sciopero fu proclamato il 2 novembre alla Breda di Milano, il 18 dello stesso mese toccò alla FIAT a Torino e da lì Resistenza e lotta di classe si propagarono, come binomio inscindibile, per tutto il triangolo industriale fino a estendersi verso la fine di dicembre al nord-est, da Marghera ai cantieri di Monfalcone.
In realtà gli scioperi di novembre ’43 seguivano quelli del marzo dello stesso anno, momento fondamentale di grande impatto sulla via della disfatta del regime fascista.
L’esplodere e la diffusione su tutta la classe operaia della lotta partigiana, non sarebbe stato possibile senza una presa di coscienza di forza e di prospettive degli operai.
Sia nelle grandi che nelle piccole officine furono messi in pratica i sabotaggi della produzione.
E’ indicativo in questo senso ricordare come circolasse nelle fabbriche una sorta di "libretto rosso del partigiano” che raccoglie le istruzioni per un sabotaggio, su larga scala e di massa, del sistema produttivo italiano, avendo come obiettivo la conservazione dei macchinari pensando alla ripresa del dopo guerra.
Dal punto di vista della difesa dei macchinari e delle infrastrutture, successivamente nei giorni convulsi della Liberazione, la classe operaia scrisse pagine di vero e proprio eroismo.
Il tema della presa di coscienza da parte della maggioranza degli appartenenti alla classe operaia delle grandi fabbriche è tema cruciale da sottolineare ancora oggi: anzi ancor di più nel momento in cui, come adesso, spariti i grandi partiti di massa pare prevalere all’interno di una società sfibrata uno spontaneismo apparentemente ribellistico inquinato dall’uso dei mezzi di comunicazione di massa e dei social.
Eppure fu la capacità di prendere coscienza la leva fondamentale perché l’antifascismo non si risolvesse in una semplice ribellione ma provocasse, per il tramite dell’organizzazione politica, una presenza e una costanza di iniziativa che, nelle città, rappresentò il punto di saldatura con l’azione di montagna permettendo così che il 25 aprile l’epilogo della tragedia si svolgesse con la liberazione di Genova, Milano, Torino e la formazione immediata dei diversi livelli di governo e l’assunzione delle piene potestà istituzionali da parte dei CLN che nominò subito i sindaci e i prefetti.
Senza la lotta nelle fabbriche questo fatto fondamentale della liberazione delle Città e della loro immediata capacità di autogoverno senza subire il commissariamento da parte degli alleati non sarebbe avvenuto.
Ecco di seguito quello che fu il calendario degli scioperi negli ultimi due mesi del 1943:

- 15-22 novembre 1943 sciopero di tutte le officine metallurgiche di Torino;
- 23. novembre - sciopero generale a Genova;
- 27. novembre - sciopero dei tranvieri di Genova;
- 1. dicembre - nuovo sciopero delle officine metallurgiche di Torino;
- 10. dicembre - sciopero generale nel Biellese, nella Valsesia e nella Val d’Ossola
- 13-21. dicembre - sciopero generale nelle officine di Milano;
- 20. dicembre - nuovo sciopero generale nella Valsesia e nel Biellese;
- 16-20. dicembre - sciopero generale a Genova;
- 20-23. dicembre - sciopero a Savona, Vado Ligure e in tutta la zona industriale della Val Bormida;
- 23. dicembre - sciopero nei cantieri di Monfalcone, nelle officine di Padova e Porto Marghera;  

Cristoforo Astengo


Come post-scriptum deve essere inoltre ricordato come a Savona, proprio nei giorni degli scioperi operai si svolsero tragici fatti che debbono essere commemorati anch’essi ricordandoli come una delle pagine più sanguinose vissute in questo lembo di Liguria Occidentale.
La sera del 23 dicembre 1943, un ordigno fu lanciato nella Trattoria della Stazione in via XX settembre a Savona all'indirizzo dello squadrista Bonetto che rimase ferito e causò la morte di altre sette persone, fra cui un ufficiale tedesco.
I fascisti avrebbero voluto disporre un'immediata rappresaglia ma i tedeschi preferirono usare metodi diversi. Il 24 e 25 dicembre, infatti, c'erano parecchi prigionieri politici che affollavano le carceri di Sant'Agostino, le camere di sicurezza della Questura, le celle dei Carabinieri e della Milizia.
L'avvocato Cristoforo Astengo fu ricondotto subito a Savona dalle carceri di Marassi a Genova, mentre a Finalmarina il collega avvocato Renato Wuillermin, fu arrestato durante la messa. La notte di Natale e il mattino dopo, nella Federazione savonese i capi fascisti si riunirono per decidere i “provvedimenti da adottare”.
Erano quasi le ore 5 del 27 dicembre, quando sette arrestati furono prelevati dal carcere di S. Agostino e portati con un cellulare della Questura, nella caserma della Milizia di Corso Ricci, in cui si tenne di nuovo una "seduta straordinaria" di un sedicente Tribunale militare.
La condanna disposta fu pena di morte mediante fucilazione con esecuzione immediata. Un'ora dopo i prigionieri furono condotti al forte della Madonna degli Angeli, dove si trovavano ad attenderli un plotone di esecuzione formato da 40 repubblichini, comandati da Bruno Messa.
I morti furono:
Cristoforo Astengo, avvocato, di anni 58;
Renato Wuillermin, avvocato, di anni 47;
Carlo Rebagliati, falegname, di anni 47;
Arturo Giacosa, operaio, di anni 38;
Amelio Bolognesi, soldato, di anni 31;
Francesco Calcagno, agricoltore, di anni 26;
Aniello Savarese, soldato, di anni 21.
Per Astengo, Calcagno e Rebagliati fu necessario il colpo di grazia.

ALBA CONTRO TUTTE LE GUERRE
Domenica 2 Dicembre 2018 ore 15
Piazza Rossetti.
La manifestazione è stata organizzata dal Movimento Nonviolento di Alba e dall’ufficio per la Pace del Comune di Alba. Sarà portato in piazza il monumento contro tutte le guerre realizzato dall’amico Gino Scarsi. Del monumento parleremo in un prossimo articolo che ne ricostruirà la storia.


La locandina della manifestazione (pag. 1)
(Pag. 2)



IL CUORE DI UN POETA
di Nicolino Longo

Si dice sempre peste e corna dei medici e della Sanità pubblica, specialmente del Sud. Ma non è raro imbattersi in professionisti scrupolosi e preparati e soprattutto che abbiano conservato uno spiccato senso di umanità. Qualità che fra tutte noi preferiamo. Non è usuale che “Odissea” metta in prima pagina un elogio pubblico come quello che qui riproduciamo, ma per il poeta Nicolino Longo abbiamo fatto un’eccezione. I lettori e le lettrici del nostro giornale capiranno il perché. [A.G.]

Qui, all'opera, gran parte dell'équipe
Divisione Cardiovascolare
Istituto "Ninetta Rosano" di Belvedere Marittimo (CS)

Caro Angelo Gaccione (mio calabrese del Nord), mi devi permettere, cortesemente,  essendo ancora vivo, e per l’amicizia che ci lega da sempre, di poter ben ringraziare e magnificare -dalle pagine della tua “Odissea” (rivista politematica online da un seiennio, e, ormai, letta in tutta Italia e da tutti i calabresi nel mondo, e alla quale, dal 2003, io collaboro)- il salvatore della mia vita, e nostro illustre corregionale (essendo la sua provenienza dal Catanzarese), ovverossia il talentuosissimo dott. Domenico Bonofiglio, uno dei più grandi esperti, in Italia, in fatto di Emodinamica, Diagnostica e Terapia Interventistica Cardiovascolare, in forza, quale Responsabile del Laboratorio di dette discipline, all’agguerrita, e nutrita, Équipe di Cardiologia Polispecialistica di Eccellenza -nonché fiore all’occhiello di tutto il Sud Italia- a guida del luminare, N. H., prof., dott. Francesco Pasquale Cariello, presso l’Istituto “Ninetta Rosano”, Clinica Tricarico, in Belvedere Marittimo (CS). Il Reparto, con annesso UTIC, è comprensivo, quindi, di Laboratorio di Elettrofisiologia e Cardiostimolazione (studio delle Aritmie cardiache, impianto di Pacemaker e Defibrillatori bicamerali e tricamerali), Ergometria, Ecocardiografia bidimensionale color Doppler e Transeofagea, Ecostress, Holter ECG, Monitoraggio ambulatoriale della pressione arteriosa, Centro per la Terapia anticoagulante, Angiologia, Ecodoppler vascolare, Sincope UNIT, et alia. E questi ne sono gli altri illustri e  valenti medici: C. Fago, G. Ventura, S. Cassano, A. Colonnese, N. Gambadoro, G. Nava, O. Pascucci, A. Ritacco, M. Vasile. La Clinica, a conduzione privata, ma convenzionata, dispone, altresì, di padiglioni per Chirurgia Generale, Medicina Generale, Otorinolaringoiatria, Radiologia e diagnostica per immagini, Riabilitazione ortopedica, ecc., ed è dotata di una Elisuperficie, attigua al Pronto Soccorso.

L'emodinamista dott. Domenico Bonofiglio

Il grazie di cuore, di conserva con i meritatissimi elogi, va, ovviamente, e comunque, esteso, con somma e deferente gratitudine, per altrettanta non comune professionalità, anche a tutto il Team medico, e alla relativa Squadra paramedica, nonché al mio “Caduceato” di fiducia, da un ventennio, per l’assiduo e saggio supporto avutone, dott. Antonio Giordano (Ospedale di Cetraro), altro membro di spicco dell’alta Cardiologia moderna, con pregresse competenze oltreoceaniche. Quanto all'illustre Emodinamista, dott. Bonofiglio (calabrese, per nostra somma fortuna, non della diaspora), egli va profondamente ringraziato e ampiamente lodato, innanzi tutto,  per non aver mai dato adito a casi di malasanità, e, in secondo luogo (oltre che per la profonda sensazione di sicurezza che incute), per  avere, egli, ridato la vita a diverse migliaia di pazienti, affluiti anche da fuori regione: e ciò grazie alla sua altissima professionalità, e doti deontologiche, la cui portata e il cui portato, in tanti anni di assidua, zelante e proficua dedizione al suo mandato specialistico, possono essere brillantemente riconosciuti, evidenziati e magnificati, per l’appunto, in una miriade, esemplare, di interventi eseguiti in ambito coronografico (et alia), per i quali, verrebbe ben da dire, meriterebbe mille “corone” d’oro  in testa. Ma anche per avere, per quanto mi riguarda, fatto tornare, magicamente, il 16 novembre scorso, puranche nel cielo minaccioso e plumbeo del mio cuore, l’azzurro e il sole; e per avere, altresì, e altrettanto magicamente (ossia, senza far ricorso alla cardioversione), contribuito a far sparire (di concerto con la brillante Équipe di supporto) per giunta la fibrillazione “cronica” dal mio atrio sinistro. Di qui, dunque, l’ovvio “parto eutocico” del seguente, sentitissimo, mio aforisma, all’indirizzo dei suoi altissimi meriti: Il talentuosissimo ‘Emodinamista’, dott. Domenico Bonofiglio: 
il mio Dio in terra, che m’ha sottratto ad un infarto, che avrebbe di me fatto, sicuramente terra”.

martedì 27 novembre 2018

Milano. BIBLIOTECA SORMANI
Scalone d’onore
Via Francesco Sforza n. 7
Cerco un paese innocente
Imagini, parole e note della Grande guerra
Giovedì 29 Novembre 2018 ore 18
A cura di Giuseppe Langella
e Luigi Sansone.


La locandina della mostra


Marcia mondiale per la giustizia e la pace
Sui passi del Mahatma Gandhi, Martin Luther King, 
Nelson Mandela, Madre Teresa, San Francesco e Aldo Capitini.


Durerà un anno. Dal 2 ottobre 2019 al 2 ottobre 2020. Partirà dall'India e si concluderà a Ginevra attraversando molti paesi. Arriverà in Italia tra luglio e agosto del 2020. È la Marcia mondiale per la giustizia e la pace che ieri è stata al centro dell'incontro tra il Comitato promotore Indiano e il Comitato promotore della Marcia Perugia-Assisi. Presenti Jill Carr-Harris, Avani Kumar e Flavio Lotti. L'intesa è stata straordinaria. Stessi obiettivi, stesso linguaggio, stesso metodo, stessa volontà di collaborazione. La Marcia mondiale per la giustizia e la pace si muoverà sui passi del Mahatma Gandhi, Martin Luther King, Nelson Mandela, Madre Teresa come la Marcia Perugia-Assisi si muove sui passi di Aldo Capitini e San Francesco.
La Marcia mondiale è denominata Jai Jagat 2020 che significa "Vittoria di un mondo inclusivo e pacifico", un mondo in cui nessuno viene lasciato indietro, nessuna persona, nessun gruppo, nessuna nazione e neppure nessun essere vivente. Al centro della Marcia c'è la volontà di promuovere il "benessere di tutti", la pace e la felicità di ciascuno attraverso la nonviolenza, una sempre maggiore inclusione sociale, politica, economica ed ecologica su scala planetaria, un nuovo modello globale di sviluppo "dal basso verso l'alto" e la realizzazione degli Obiettivi Onu di Sviluppo Sostenibile.
L'idea di organizzare una Marcia mondiale per la giustizia e la pace nasce dall'esperienza di un movimento popolare indiano chiamato Ekta Parishad (Forum dell'unità), noto per aver organizzato lunghe marce con le persone più povere e più emarginate dell'India in difesa dei loro diritti fondamentali.
L'incontro, che si è svolto a Perugia, nella sede del Comitato promotore della Marcia Perugia-Assisi, ha consentito di sviluppare una forte alleanza e un intenso piano di lavoro comune. Nelle prossime settimane, appena ultimata da fase di progettazione della Marcia, diffonderemo su perlapace.it tutte le informazioni per partecipare e collaborare alla sua organizzazione.
Ieri, Jill Carr-Harris e Avani Kumar hanno incontrato anche il Presidente della Provincia di Perugia, Luciano Bacchetta, che ha assicurato il pieno sostegno e collaborazione all'iniziativa.
Amelia Rossi.
Ufficio stampa Tavola della Pace  
3351401733

Milano. ALLA GALLERIA DI ARTE MODERNA
Con Interlinea e Chagall
Sogno di una notte di Natale
Martedì 27 Novembre 2018 ore 18
Via Palestro n. 16

Cliccare sulla locandina per ingrandire
Il libro è a cura di Chiara Gatti

Milano. SALA DEL GRECHETTO
Adriano Spatola alla Biblioteca Sormani
Mercoledì 28 Novembre 2018 ore 16,30
Via Francesco Sforza n. 7


La locandina dell'incontro
Cliccare sull'immagine per ingrandire


“L’INFINITO” DI ROBERTO VECCHIONI
di Mario Capanna

Guccini e Vecchioni

Potente, ricco e intensamente propositivo, l’ultimo album di Roberto Vecchioni.
Dodici canzoni che sono un inno alla vita. Liriche, elegiache, epiche.
E anche quelle d’amore, delicate e struggenti, danno messaggi di vertiginosa profondità.
L’amore e la vita, nella loro fondamentale bellezza (oltre ogni dolore, disavventura e avversità), vincono ogni affanno e, persino, tengono in scacco la morte.
Perché “(…)l’infinito non è al di là/ è al di qua della siepe”, dato che “l’infinito è nella tua emozione”.
Sì che “questo vivere è una festa”.
E la festa non è un divagare, ma è l’impegno, sempre, visto che “te lo fai tu il destino”.
Per questo sono stati “Formidabili quegli anni” - la seconda, meravigliosa, canzone dell’album - che non è per niente l’amarcord, ma il primo pugno nello stomaco della compilation, che sprona verso il futuro: “(…)Le libertà che avete / mica c’erano a quei tempi / noi ci siamo fatti il culo / tocca a voi mostrare i denti”.
E, alla fine di essa, le note incalzanti dell’armonica a bocca di Fabio Treves danno il passo di carica verso l’acquisizione di una nuova coscienza globale. E, dunque, di nuove lotte.
Indimenticabile il duetto Vecchioni-Guccini (in “Ti insegnerò a volare”).
Roberto, si sa, è un egregio e delicato poeta. E a me fa venire in mente Giorgio Gaber (oh!, quanto ci manca).
In mezzo alle passioni tristi e all’analfabetismo di ritorno di oggi, quando troppo spesso  si pensa… per sentito dire, qui ci sono cultura feconda e la gioia di pensieri felici.
In sintesi, direi a ciascuno: ascolta quest’album, perché… ti insegnerà a volare…

La copertina dell'album




domenica 25 novembre 2018

IL TEMPO DI SCELBA. LA STORIA RIMOSSA?
di Fulvio Papi

Mario Scelba

Scrivere storia dipende non poco dalla situazione sociale e culturale con cui la figura dello storico si trova di fatto a entrare in contatto più o meno diretto. Una qualsiasi bibliografia storica evidenzia con chiarezza questa condizione che, a sua volta, quasi necessariamente, è bene cercare di comprendere, senza farsi condizionare da alcun pregiudizio. Per esempio temevo che a una situazione etico-politica come la nostra, contemporaneamente pericolosa e volgare, potesse corrispondere un inaridirsi della ricerca storica. Non è affatto vero che gli storici più anziani conservano tutti la loro preziosa competenza e la misura del giudizio, i più giovani, rappresentati soprattutto da professoresse di notevole valore, sanno aprire la ricerca a spazi nuovi con domande eticamente elevate e con ricerche puntigliose. La televisione apre loro lo spazio di una rubrica storia quotidiana (“Rai Storia”) al cui appuntamento non manco mai con una aspettativa fiduciosa. Proprio per questo la serata dedicata alla figura di Mario Scelba, ministro degli Interni nel governo De Gasperi dopo la fine della collaborazione con PSI e PCI, e poi oltre, pur nei limiti televisivi, non mi è parsa esauriente. Il titolo della trasmissione era “Il ministro della Celere” e i protagonisti parlando di Scelba lasciavano scorrere una certa leggerissima ironia che andava oltre il messaggio centrale il quale diceva che il ministro, dopo le venture del nostro paese del ’43-’45, voleva restaurare l’autorità dello stato. Fino dai Greci sappiamo che c’è stato e stato, ma il problema è come “restaurare”. Ed era qui che la riflessione meritava un approfondimento che avrebbe portato qualche luce politica sull’Italia di allora. Nessuno può negare che in quel periodo non furono poche le manifestazioni pubbliche della sinistra e dei sindacati, talora turbolente ma mai eversive. Un politico di governo non poteva ignorare che il partito comunista aveva fatto una scelta costituzionale definitiva che veniva, non poco opportunisticamente, rappresentata dal rapporto Gramsci-Bordiga. Inoltre non vi era alcuna possibilità che la sinistra potesse alterare il rapporto di alleanze dello stato italiano. 


Un conto è il dire e l’agitarsi e un altro quello che si può fare. In questa situazione l’interpretazione che il ministro diede all’autorità dello stato fu quella del dominio della piazza e della persecuzione possibile e anche violenta di ogni iniziativa delle opposizioni. In quella trasmissione è stato detto che Scelba cacciò dalla polizia gli ex partigiani come non affidabili ai suoi scopi. Ma quanti furono i fascisti o filo-fascisti che integrò nei ruoli? È incancellabile l’impressione che egli avesse una personale insofferenza nei confronti del movimento operaio e una totale contrarietà a quel clima politico che Nenni chiamò “vento del Nord”. La sua politica aggressiva e violenta fu certamente usata dalla DC per tenere alto il livello di scontro con la sinistra. E anche questo andrebbe osservato, ma il ministro vi aggiungeva la sua avversione propria di un notabile siciliano di bassa cultura. Il contrario del letterario principe di Salina ne Il gattopardo. Ci vorrebbe l’informazione di uno storico di professione per ricordare tutte le violenze che caratterizzarono il suo ministero che andavano al di là della garanzia dell’ordine pubblico. Qui ricorderò solo gli episodi di cui ho una informazione diretta: le ho viste anch’io le camionette della polizia a forte velocità contro i dimostranti, scena che è stata mostrata alla tivù; una disposizione che è un capitolo del suo stile complessivo. Non credo vada dimenticato l’atteggiamento assunto nel ’47 a Milano con l’allontanamento del prefetto Troilo, valoroso comandante partigiano. Ci fu certamente l’occupazione della prefettura e per qualche giorno in qualche zona un clima vagamente insurrezionale. Scelba diede ordine al comandante militare della piazza di Milano di riportare l’ordine.


Per fortuna e intelligenza il comandante militare non eseguì l’ordine che avrebbe anche potuto provocare una catastrofe. In fondo bastava che il ministro frenasse il furore per l’esistenza politica di “altri” e copiasse Giolitti al tempo ben più difficile dell’occupazione delle fabbriche. Certamente venne dal ministro degli Interni la decisione di sottoporre gli schedati militanti di sinistra e simili a un supplemento di indagini nella concessione del passaporto. Io stesso dovetti subire un interrogatorio - del resto più che benevolo - da parte dei carabinieri di un ufficio speciale nel Palazzo di Giustizia. Il passaporto escludeva il passaggio in Austria paese confinante con i paesi satelliti sovietici. A me il passaporto serviva per andare a Parigi, la Parigi di Sartre, Merleau Ponty, Camus, Simone de Beauvoir , ecc. Una cultura che il ministro chiamava “culturame” con il disprezzo tipico del “risentito” nei confronti di un livello di intelligenza che gli era precluso.  Quale distanza da un generale patriota e conservatore come De Gaule che sapeva a memoria passi di Racine e aveva un rispetto pieno nei confronti di scrittori e filosofi che gli erano contrari, e non poco!
E poi, capolavoro anti-democratico, la decisione (non so con quale apparato giuridico) di eguagliare la polizia all’esercito che, ovviamente, merita tutto il rispetto. Capitava così che una qualsiasi critica all’apparato della polizia da parte di giornalisti, era equiparata a una offesa all’esercito nazionale. La conseguenza era questa: il tribunale civile di fronte al “reato” si dichiarava incompetente e passava gli atti al tribunale militare. Ho assistito io stesso a questa scena. Finirò con due ricordi personali. Il 25 aprile del 48 andai in Piazzale Loreto, nel luogo dove nell’agosto del ’44 furono fucilati gli antifascisti prelevati da San Vittore, per celebrare la ricorrenza della Liberazione. La piazza era piena di gente del tutto pacifica. Improvvisamente la piazza venne circondata da autocarri dell’Arma dei carabinieri e altrettanto improvvisamente i militari scesero dagli automezzi e caricarono la folla usando i moschetti a rovescio come manganelli. Ci furono non pochi feriti. Lo stile era quello del ministro degli Interni, anche se l’ordine poteva provenire da un allievo locale (con nostalgie dello stato autoritario). 


Ricorderò poi una manifestazione in Piazza del Duomo attaccato dalla Celere che caricò sui suoi autocarri per portare i “prigionieri” in questura, forse solo per schedature e ammonizioni. Tuttavia circolava la convinzione che potessero essere anche picchiati da funzionari particolarmente zelanti. Nel tragitto un mio caro amico si mangiò la tessera del partito per rendere più difficile l’eventuale punizione. La cosa può far sorridere, ma questo era il clima instaurato dal ministro degli Interni. Di Scelba non ce ne importa niente, il clima sociale, politico e culturale (la polizia si presentava alla Casa della Cultura quasi dopo qualsiasi manifestazione) non va dimenticato. Appartiene alla nostra storia, né più né meno come l’operato di governi che hanno dissestato il bilancio dello stato. I silenzi o le approssimazioni non vanno bene. Se si fa così si segue l’onda prevalente dei tempi e si sbaglia, anche in buona fede quando si dimentica il granello di sabbia della critica.    

sabato 24 novembre 2018

CRESCITA DEMOGRAFICA E AMBIENTE
di Antonella Nappi

Simulazione della riapertura dei Navigli a Milano
 (particolare)

Riflessioni a margine della riapertura dei Navigli

La bellezza dei Navigli nelle foto d’epoca ci dice che si, faremmo la fila per un selfie nella storia di Milano; certo io non conosco i costi del recupero né quali inestetismi dovrebbero poi attrarre gente pagante per rendere la spesa conveniente. Ma restituirli tutti alla città, seppure con il tempo, a me sembra un fatto obbligatorio e riparatorio del vandalismo commesso; l’opera d’arte urbana era stata donata a generazioni di cittadini e al mondo e il suo recupero potrebbe influenzarci culturalmente ora che la bellezza cittadina la dobbiamo andare a ritrovare nel passato, confusi come siamo da opere mastodontiche piazzate come monumenti nel vuoto. Nell’utopia possibile vorrei tornassero balneabili come nel passato, secondo l’esigenza di una vita urbana rispettosa delle risorse ambientali e della ricreazione fisica a portata di tutta la popolazione. Lo dico nell’ottica utopica appunto ma corrispondente alle esigenze ormai emerse di ridurre il consumo di energia per rispondere alle crisi ambientale e climatica, di ridurre lo spostamento di merci e persone per inquinare meno e per riguadagnare la salute che stiamo demandando sempre più alle cure mediche e chirurgiche. Starebbe alla politica preparare le città ad una vita più equilibrata nel suo complesso, e più salubre, disinquinando le acque e i territori che circondano le aree abitate, bonificando le campagne. Avere più tempo, spazio e bellezza urbana può ricompensare della diminuzione dei consumi, indispensabile per risparmiare le materie prime in esaurimento nel pianeta.
Media e politici continuano a dare spazio invece alle richieste dei potentati economici che pretenderebbero l’incessante crescita delle produzioni e della popolazione per moltiplicare i loro introiti. Proprio la crescita demografica, continuamente invocata, dovrebbe trovare una informazione veritiera, e così il suo legame con le guerre, le carestie e la povertà!
Nel 1972 fu pubblicata in Italia la ricerca internazionale: “I limiti dello sviluppo”, vi si scriveva della crescita esponenziale che connotava la popolazione mondiale, e dell’imminente raddoppio, che è avvenuto; del suo legame strutturale con l’esaurirsi delle risorse nel pianeta. Influenzò molti giovani e studiosi, anche la sinistra politica ma nel giro di un decennio la questione fu del tutto tacitata.

Esplosione demografica. Nel 2050 la popolazione mondiale
arriverà a circa 10 miliardi.

Anche per gli ambientalisti italiani l’esplosione demografica ritornò presto ad essere un tabù; prese piede la comoda aspettativa sociologica che con il benessere in tutto il mondo la natalità sarebbe decresciuta. Se la politica del figlio unico in Cina ha fatto sì che il paese più popoloso del mondo triplicasse, negli stessi decenni il pianeta nel suo complesso è quadruplicato e senza politica demografica ancora s’appresta a raddoppiare. Alcuni studiosi, come Giovanni Sartori, hanno cercato di coinvolgere la politica mondiale in un ripensamento economico e demografico che considerasse positivamente la diminuzione della popolazione e le politiche di contenimento delle nascite senza riuscirvi.
Nel nostro paese i media e i politici hanno continuato a lamentare l’invecchiamento della popolazione senza apprezzarne la causa: la sparizione delle mortalità precoci, tanti bambini nascono, ugual numero di vecchi divengono. L’aumento della popolazione è un aumento di tutte le età adulte, un cambiamento enorme della struttura demografica che avviene in tutto il mondo; ci chiede di riprogettare la società perché possano convivere molte generazioni: partecipare al lavoro e alla socialità lungo tutto l’arco della vita. Era una misura opportuna ritardare l’età del pensionamento o lasciare che ciascuno faccia quel che vuole. Dovrebbero essere encomiati gli italiani che hanno messo le premesse per una riduzione della popolazione al 2045 (previsione ISTAT), e anche per l’opportunità che abbiamo di accogliere i migranti con i loro bambini e i ragazzini che vengono fatti espatriare da soli da paesi dove la violenza sulle donne le vede mettere al mondo in media sei figli ciascuna. Al contrario continuano ancora oggi articoli sui principali giornali che disinformano la popolazione.   
La piramide dell’età potete vederla a questo indirizzo (Istat Grafici dinamici, popolazione, premere piramide d’età abitanti), con la diminuzione delle morti precoci diviene, al 2061 un rettangolo. L’Italia ha la più alta densità di popolazione in Europa: 200 abitati per Km quadrato, nonostante le montagne; quella di Milano è 7439 abitanti al Kmq (al 2016, Statistiche del Comune), quella della provincia è 2042; quella della Lombardia, la più alta con la Campania in Italia: 422 abitanti per Km2. Da questa cifra iniziano le più alte densità nel mondo, difficili da gestire. Anche bambini ne abbiamo tanti a Milano al 2017: 176.000 centosettantaseimila, l’intera popolazione di Milano al 1861 era di 260.000, eppure non ci siamo estinti.

Milano. Idroscalo

Tornando a parlare delle acque, l’idroscalo era il mare dei milanesi, ci si poteva nuotare in lungo e in largo; da vent’anni l’hanno reso inavvicinabile per non avere incidenti, salvo una pozzetta per fare due bracciate rasente la riva; tornare a lasciare balneabile l’area sarebbe una grande risorsa e così per l’acqua delle cave, e del Lambro. La lega Lombarda ha permesso che il fiume Lambro continuasse ad essere ricettacolo di veleni al punto che avvicinandosi alle sue sponde immediatamente il respiro si fa sgradevole e si infiamma la gola. Da quarant’anni: gruppi, associazioni e studiosi hanno fatto il possibile perché si risanassero le acque di questo fiume ma evidentemente le forze politiche hanno altri lidi, altre estati, altre case fuori dalla città, e i bambini che vanno in quel Parco continuano ad inalare solventi. Chissà che per le elezioni regionali acque pulite e popolazione stabile possano rinnovare la politica.


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