Ambrosoli: il prezzo dell’onestà
La vicenda
dell’avvocato milanese in uno spettacolo di teatro-canzone
di Angelo
Gaccione
La figura del conta storie o del racconta
storie, ha una tradizione antica. Nella memoria della mia infanzia se ne sono
sedimentate diverse. Arrivavano sulle piazze, spesso accompagnate dalla sola
voce, dal proprio canto; più raramente da qualche rudimentale strumento a
corde, magari una chitarra “battente”. In genere si portavano dietro dei
retablo dipinti con le scene più salienti, che esponevano allo sguardo della
folla che affascinata e incuriosita si accalcava per vedere e per ascoltare: il
canto ed il racconto. Erano in genere storie di soprusi, di violenza o di onore
offeso, di ribelli che riparavano torti, si ergevano fieri contro
l’ingiustizia.
Quello che più tardi è stato definito “teatro canzone”
discende da lì. Negli anni della grande contestazione e subito dopo Piazza
Fontana (la strage di Stato del 12 dicembre 1969), se ne ebbe una discreta
fioritura. Narrazioni e canti della tradizione anarchica e socialista, della
tradizione antimilitarista e popolare, si alternavano a veri e propri orditi
dalla trama coerente come un romanzo, come un racconto (u cuntu), con un inizio, uno svolgimento e una conclusione. E lo
spettatore capiva bene questo discorso di controinformazione, di verità, di
demistificazione, rispetto alle menzogne del potere e dei suoi officianti
(stampa, tivù, cinema asservito, teatro di intrattenimento, libri menzogneri);
si informava, scopriva un’altra verità.
Quanto sia stato importante per la coscienza di molti di
noi tale tipo di teatro, lo si può facilmente immaginare. Il successo decretato
agli spettacoli di Marco Paolini o Ascanio Celestini ne danno tuttora la
riprova. Quello approntato da Michela Marelli e Serenella Hugony Bonzano per
l’attore e musicista Luca Maciacchini e dedicato all’avvocato milanese Giorgio
Ambrosoli, rinverdisce questa nobile tradizione. Il testo prende semplicemente
il nome del protagonista “Giorgio
Ambrosoli” ed è costruito su materiali biografici autentici e su quanto è
emerso a partire dall’ignobile
assassinio. In un’ora o poco più, Luca Maciacchini, solo in scena, con
l’ausilio di due chitarre che suona magistralmente, ci racconta la figura
limpida di un uomo onesto, di un integerrimo professionista votato al rispetto
delle regole, della legalità fino al sacrificio della vita.
Un servizio al proprio paese compiuto con onore; la
difesa dell’interesse generale contro la voracità disonesta di gruppi di
pressione, di lobbies, di consorterie di ogni tipo, pagati con la vita, mentre
pezzi di istituzioni e uomini di stato intrattenevano rapporti con la mafia.
Se non abbiamo disperato del tutto in questi anni, è
perché in questo lurido Paese ci sono stati degli uomini (seppur rari) della
tempra di Giorgio Ambrosoli. Sono il seme buono dell’Italia migliore, quello da
cui potrà germogliare una rinascita morale, a patto che ne conserviamo la
memoria e ne difendiamo il sacrificio e la moralità. Questo spettacolo va in
tale direzione e bisognerebbe aiutarne la diffusione nelle scuole e nei
quartieri.
La narrazione disegna il clima storico; allinea i fatti;
definisce interessi e personaggi; svela retroscena; smaschera le figure del
complotto.
Alla fine la vicenda Ambrosoli si presenta come l’ennesimo
complotto italiano di poteri criminali, ma per nulla oscuri. Sono gli stessi,
sono i soliti, ed hanno come finalità le trame, per il mantenimento dei loro
privilegi particolari, per il denaro facile. Le vie sono le medesime: la
corruzione, le banche, la finanza, la politica, i killer. Il marcio si annida
lì. L’antidoto è la coscienza di ognuno, l’abnegazione e l’attaccamento al
proprio dovere. Come ieri, come sempre.
PS.
Girovagando qualche settimana fa, fra le viuzze intorno al Teatro alla Scala, ho
avuto un sussulto. Mi sono trovato davanti una viuzza, o piazzetta dedicata al
banchiere Cuccia. Mi è presa una stizza incredibile. Mi sono detto: ecco come
Milano onora la memoria di Ambrosoli! Poi sono andato a vedere lo spettacolo
con Luca Maciacchini al Teatro Ariberto di via Daniele Crespi n. 9,
un assolato pomeriggio di domenica, e proprio da
Maciacchini ho appreso che gli è stata dedicata una via ed è stata messa una
targa sul luogo dove lo hanno freddato. Di Ambrosoli resterà una grande
memoria, di Andreotti, Sindona, Marcinkus e company, il disprezzo.