Estetica senza dialettica.
Un ricordo di Gillo Dorfles (1910-2018)
di
Gabriele Civello
Gillo Dorfles |
Un mio Amico patavino, ottimo esteta e giurista,
Marco Azzalini, al quale raccontavo periodicamente delle mie avventure
intellettuali e filosofiche con Gillo Dorfles, mi ha sorpreso qualche settimana
fa con una curiosa affermazione: «Che
Gillo sia destinato al Bello è già dimostrato icasticamente dal suo bel nome! ‘Gillo
Dorfles’ è già di per sé un dittico singolare, armonico, musicale, la cui
originalità lo rende unico al mondo, inconfondibile e praticamente immune da
qualsiasi rischio di omonimia». In effetti, sarà stato per il cognome dal
lontano sapore austro-ungarico, per la presenza di ben quattro consonanti
liquide (L-L R-L), per la sibillina metamorfosi di un tradizionale
"Angelo" nell’ermetico "Gillo", ma questo nome suscitava e
suscita ancora l'immagine di un personaggio fantastico, mitico, quasi uscito da
una saga nordeuropea o da una fiaba surreale. Ebbene, la singolare osservazione
dell’amico e collega coglieva una verità fondamentale: Gillo è proprio questo,
ossia originalità fatta persona, ove l’“originalità”
non va intesa, superficialmente, come semplice stravaganza o bizzarria, bensì –
etimologicamente – come la naturale capacità di dare, per l’appunto, origine a idee, concetti, forme. Questo,
a ben vedere, vale per tutta la vita
di Gillo, anche nei suoi gesti minimi e più impercettibili: quando Egli, nel
febbraio del 2017, prese tra le mani la mia copia del suo monumentale Estetica senza dialettica (Bompiani, 2016) – 2.617 pagine
contenenti gli scritti del Maestro dal 1933 al 2014 – e vergò su di essa la
dedica in mio onore, non si limitò a scrivere asetticamente il mio ‘nome e
cognome’ seguìto dalla solita frasetta stereotipata, ma riuscì incredibilmente
a far sì che persino una semplice dedica divenisse, in pochi secondi, una vera
e propria opera d'arte estemporanea: Gillo
cominciò, infatti, silenziosamente a scrivere il mio nome con la biro, senza
mai però sollevarne la punta dalla pagina iniziale del libro; poi, la linea
curva e arricciata proseguiva, liquida e spedita, in lungo e in largo per tutta la carta
giallina della Bompiani, senza soluzione di continuità, finché il mio nome e la
dedica si trasformarono magicamente in un arabesco,
un grande geroglifico improvvisato e misterioso fatto da un’unica e lunghissima
linea curva.
Gillo Dorfles |
Ecco, se la natura e l'animo
degli uomini si scorgono anche e soprattutto dai loro piccoli gesti, dalle
movenze, dalle posture, e persino dai loro tic,
questo è proprio Gillo Dorfles, cioè la spontanea capacità di scorgere il Bello
e anzi di produrlo in ogni minuscolo
momento, la capacità di rendere unico e irripetibile ogni istante che invece la
post-modernità grigia e omologante vorrebbe ridurre a una iterabile e iterata quantité négligeable.
Ma Gillo Dorfles non è
solo vulcanica creatività, originalità fuori dal comune e vis artistica; egli è anche rigore intellettuale, serietà
scientifica, professionalità estrema, come altri piccoli gesti quotidiani, cui
ho avuto il privilegio di assistere, dimostrano: per esempio, vado a trovare
Gillo un pomeriggio del 2017 e gli manifesto il desiderio di suonargli un Notturno di Chopin al suo splendido
pianoforte a coda. Egli mi ringrazia con il suo tratto di garbata signorilità,
ma a malincuore declina: il suo pianoforte è scordato e, dice, non è giusto che
la mia esecuzione venga rovinata dalla scordatura; vengo, quindi, invitato a
tornare un’altra volta, in attesa dell’accordatura dello strumento.
E ancora: il 7 febbraio
2018 vado a trovarlo – ahimè, per l’ultima volta – e gli porto l’estratto della
rivista Materiali di estetica, a cura
di Rosalba Maletta e Gabriele Scaramuzza, in cui è stato pubblicato un mio
breve scritto dal titolo: La cifra
teoretica della metafora. Il pensiero di Giambattista Vico nella filosofia
estetica di Gillo Dorfles. Va detto, per inciso, che Gillo aveva già letto
e approvato la bozza provvisoria del mio articolo nel 2017, e si era
compiaciuto per la sua prestigiosa collocazione editoriale, ma io tenevo comunque
a consegnargliene brevi manu la
versione definitiva e ‘ufficiale’. A questo punto, Gillo mi replica fermamente
che non può darmi la sua ultima opinione sul mio scritto, perché deve prima
rileggerlo attentamente, e mi invita dunque a ripassare a casa dopo due ore,
per consentire nel frattempo alla sua premurosa collaboratrice di leggergliene
la versione definitiva.
Gillo Dorfles |
Ecco, proprio questo è
Gillo Dorfles: una scorza di freschezza quasi agrumata, di leggerezza aerea,
di apparente estemporaneità, sotto la quale giace un ‘nocciolo duro’ di studio,
applicazione e sacrificio. Nulla in Gillo è lasciato al caso o all’acerba improvvisazione,
poiché anche il suo gesto apparentemente più spontaneo e impulsivo cela,
invece, dietro di sé un faticoso percorso umano, intellettuale, culturale e
artistico. Ciò è dimostrato, fra le varie cose, dall’acribìa con cui il Nostro
ha sempre raccolto e studiato le fonti filosofiche di riferimento – da Platone
e Aristotele, da Lui giudicati come imprescindibili, a Giambattista Vico, sino
ai filosofi moderni e contemporanei – prima di esprimere il proprio pur minimo pensiero,
contro la tendenza odierna all’affastellamento talvolta casuale delle
molteplici doxai soggettive, spesso sprovviste
di un solido basamento storico ed ermeneutico.
Gillo Dorfles |
Una cosa oggi, in
verità, impressiona: se Franz Schubert e Giacomo Leopardi fossero stati longevi
come Gillo Dorfles, essi avrebbero lasciato il mondo dei vivi rispettivamente
nel 1904 e nel 1905; lo stesso vale per Dmitrij Šostakovič, che ci avrebbe
lasciato nientemeno che nel 2013! Questi calcoli assurdi e immaginari credo
siano capaci di scolpire sinteticamente l’animus
col quale tutto il mondo assisteva sino ad oggi incredulo alla corsa di Gillo
verso l’Eternità.
Gillo era nato nel 1910,
nell’allora Trieste austro-ungarica, vigenti ancora (per poco) l’Impero
Ottomano, l’Impero Russo e l’Impero Tedesco: Jackson Pollock doveva ancora nascere! Quando
Gillo aveva 8 anni, moriva Claude Debussy; quando Egli aveva 14 anni, moriva
Giacomo Puccini. Due guerre mondiali e poi tutta la storia che conosciamo, giù
giù fino al triste venerdì 2 marzo 2018, pochi giorni prima del suo 108°
compleanno.
L’altro giorno, l’ultimo
nostro giorno, Gillo mi aveva anticipato l’imminente sua pubblicazione di un
nuovo lavoro monografico, di varie centinaia di pagine, che a questo punto
tutti noi attendiamo di leggere, anzi di divorare, con profonda trepidazione.
A mio parere, ogni
filosofo di oggi – non solo estetico – dovrebbe studiare attentamente le quasi
tremila pagine di Estetica senza
dialettica, le quali parlano molto più di mille biografie o didascalie. Lascio
a loro, dunque, nonché alle copiosissime creazioni artistiche e letterarie del
Nostro, di raccontare la persona e il personaggio di Gillo Dorfles, perché ogni
altra mia povera parola restituirebbe a chi legge solo una piccola scintilla del
bagliore che il grande Gillo ancora emana gloriosamente e gioiosamente.