Fiabe
La Leggenda dell'Asino
Volante
di Giovanni Lodi
Giovanni Lodi |
C'era una volta, tanto tempo fa,
quando quasi tutta la riviera delle Terre d'Abruzzo era costituita da immensi
boschi confinati da fitte pinete con un alternarsi di acquitrini salmastri, una
moltitudine di gitani di tutte le etnie, senza fissa dimora, proveniente
dall'Est e dal lontano Oriente, che stava attraversando quella zona allora
impervia, selvaggia e pressoché disabitata.
Fatto sta
che, ad un tratto, tutti i capi carovana di questo lungo fiume di genti e di
animali, furono costretti a fermarsi, a riunirsi e a prendere una decisione.
Pioveva
ininterrottamente da molti giorni ed erano tutti diretti al Grande Mercato del
Bestiame, dei Metalli e delle Pietre Preziose di Kroton, a molti chilometri più
a sud oltre le Terre d'Abruzzo. Le loro genti erano così numerose da coprire,
come un lungo tappeto variopinto, uno spazio del litorale Adriatico: dalla cittadina di Alba Adriatica a quella di
Pineto degli Abruzzi. Infiniti e interminabili carri carichi d'oro, d'argento,
di rame e di pietre preziose di ogni tipo, alcune, di inestimabile valore
tirati da cavalli di ogni razza e da ogni tipo di animale da traino. Senza contare
mucche, galline, capre, maiali, pecore e di asini provenienti dall'Eurasia e da
altre parti del mondo conosciuto.
Il raduno
dei trecento capi carovana durò tre giorni e tre notti per decidere se tornare
indietro o se proseguire a sud in direzione di Kroton. Il mal tempo continuava
a imperversare e lo strato di fango, di sabbia e di acqua aumentava i disagi di
tutti: uomini e animali. La riunione stava diventando fonte di scontri e di
litigi. C'era chi voleva andare a sud ugualmente, chi voleva ritornare indietro
e chi voleva rimanere lì con tutte le famiglie e gli animali. 100 capi votarono
per andare a sud, 100 capi votarono per tornare indietro e i rimanenti 100 per
fermarsi. In questo modo ogni decisione era paralizzata, e la situazione andava
deteriorandosi. Tutti erano scuri in volto, amareggiati, stanchi e abbastanza
nervosi. Il momento era critico, al limite di un possibile scontro che avrebbe
potuto essere rovinoso per l’intera comunità. In quel mentre, alcuni bambini
che giocavano con una palla di stracci tra i riflessi del tramonto del sole, la
calciarono nel fitto della pineta circostante. Uno dei bambini, per riprendere
il pallone finito in cima ad un pino, iniziò a gridare con stupore misto a
entusiasmo: “C'è un asino che vola! Guardate! Guardate lassù.” E tutti bambini
e tutti i capi carovana si misero con il naso all'insù a guardare tra nuvole e
cielo.
Il bambino
che urlava si mise a correre dietro a quell'apparizione. I suoi amici lo
seguirono entusiasti. Anche i capi carovana si misero a correre per seguire
quell’insolito spettacolo. La notizia si sparse immediata da un capo all’altro
dell’accampamento e tutti si misero a correre, e dietro questo corri corri la
pioggia cessò di colpo. Tutta l'immensa carovana si mise a correre per
inseguire il volo dell’asino, e, seppure a fatica, finalmente aveva ripreso il
viaggio. Durante
la notte la posizione della corsa cambiò. Il bambino e i suoi amici correvano
davanti mentre dietro di loro c'era una moltitudine di cani, di gatti, di galline
e di uno scoiattolo intruso che si era infiltrato nella folla; poi c'erano le
pecore e le capre, più lente, che però avevano sorpassato i trecento capi
stanchi, e poi c'erano le mucche.
Corsero tutti, chi più chi meno, per tutta la notte, e corsero anche
carri, carretti e carrettelle con guidatori con e senza bretelle. E quelli che
guidavano con il gilet quella volta non si presero neppure un tè.
Arrivati in
zona 'Faro', stremati, si fermarono tutti più o meno dove ora c'è il confine
tra le città delle Terre d'Abruzzo di Montesilvano e di Pescara. Il bambino
disse a fil di fiato: “Ecco, l'Asino Volante deve essere atterrato da queste
parti perché poi non l'ho visto più. Diamo un’occhiata qui in giro”. Un altro
bambino confermò più o meno la stessa cosa: “L’ho visto anch'io cadere dalle
nuvole più o meno qua. Cerchiamolo tutti. Forse è tra quegli alberi”.
Con molta
sorpresa tra la pineta trovarono un'Asina Volante molto stanca, un’Asina
femmina e non un Asino maschio come s'intitola la leggenda.
Ma anche se
era realmente un'Asina, la leggenda, come voi sapete, è tradizione, è legge, e
non si può cambiare a piacere. Non c'è bisogno di chiedere il parere ai maestri
o alle maestre, perché se la leggenda è legge significa che è immutabile;
significa che ormai si è radicata nella fantasia e nel cuore degli uomini e
delle donne, ed è così anche nei libri delle fiabe. Sarà pure sbagliato il
titolo di questa leggenda dell'Asino Volante, ma ormai è così dalla notte dei
tempi e così rimane.
Ed anche a me non dispiace affatto.
Nel
frattempo il tempo era tornato bello e quell'evento aveva cambiato le cose. I trecento
capi carovana si riunirono in assemblea e così decisero: duecento carovane si sarebbero
dirette a Sud continuando la loro vita errante, ma cento decisero di rimanere lì
in modo stanziale, nei pressi dell'attuale chalet a cui fu dato il nome di “Faro
dell'Asino Volante”.