Milano. Ieri
mercoledì 11 dicembre, in Piazzale Segesta, il Comune di Milano ha voluto
ricordare Giuseppe Pinelli piantando un albero e istallando quasi ai suoi piedi
un blocco di granito con una targa. Il sindaco Sala ha tenuto una breve
prolusione in cui a nome della città ha chiesto scusa ai familiari e ha
ribadito che Milano resta una città antifascista. Era presente il prefetto ed
erano presenti delegazioni partigiane (Anpi), consiglieri comunali,
associazioni anarchiche, gruppi di militanti della sinistra, esponenti del
mondo libertario, musicisti, cittadini fra i più diversi, parenti delle
vittime, televisioni e giornalisti. Questo che pubblichiamo è l’intervento di
una delle figlie, Silvia Pinelli.
Ringraziamo
tutta l'amministrazione comunale per aver voluto rendere omaggio a Giuseppe
Pinelli con un albero, una quercia rossa, simbolo universale della vita, simbolo
di accoglienza e protezione. Una Milano che 50 anni fa fu ferita in modo
indelebile da chi avrebbe voluto cambiare la storia di questo Paese, una Milano
che rispose con fermezza e dignità ad un piano criminoso che vedeva gli
anarchici responsabili di fatti terribili e che vide innocenti in carcere e
nostro padre volare giù da una finestra. All’epoca i primi che si mossero perché
venisse fatta luce su quei fatti e chiarezza sulla morte di nostro padre furono
i socialisti milanesi, e il primo firmatario il sindaco di allora Aldo Aniasi,
e oggi, dopo 50 anni l'amministrazione comunale, nella persona del Sindaco in
questo gesto e in questo dono alla città di Milano ci ricorda che Milano è e
resta una città antifascista e ricorda Pino
anarchico, staffetta partigiana e ferroviere con un gesto importantissimo
di cui noi come famiglia non possiamo che essere grati.
Lo
stesso omaggio che 10 anni fa la più alta carica dello Stato tributò a nostro
padre annoverandolo tra le vittime di Piazza Fontana, la diciottesima vittima e
vittima due volte, prima di pesantissimi e infondati sospetti e poi di una
improvvisa e assurda fine.
Ci
sono voluti tanti anni, la tenacia e la determinazione di nostra madre Licia e
delle persone che non credettero alle versioni ufficiali.
E
dopo 50 anni siamo ancora qui, anche con i familiari delle persone che morirono
in piazza Fontana, con la verità storica in mancanza di una verità giudiziaria
ma con la certezza che “ricordare è un impegno a non cedere, a continuare la
battaglia fino in fondo per raggiungere sì la verità (di cui questo Paese è
assetato) ma anche e soprattutto per cambiare il volto di questo Paese”
Grazie
a tutti voi, grazie a nostro padre e grazie a nostra madre Licia.
[Foto: Odissea]
[Foto: Odissea]