Mauro cerca
partner per far la guerra ai migranti
di Antonio Mazzeo
Afghanistan,
Siria, cacciabombardieri Joint Strike Fighter F-35 ma soprattutto “emergenza
migranti” e sicurezza nel Mediterraneo. Sono stati questi i temi dell’incontro
tenutosi a Washington il 15 gennaio scorso tra il Segretario della difesa Usa
Chuck Hagel e il ministro italiano Mario Mauro. “Mr. Hagel ha espresso pieno
apprezzamento per il contributo dell’Italia al rafforzamento delle democrazie
emergenti in Medio oriente e Nord Africa e per l’addestramento avviato a favore
delle forze di sicurezza libiche”, ha dichiarato il Capo ufficio stampa del
Pentagono, ammiraglio John Kirby, a conclusione di un vertice pressoché
ignorato dai media italiani. “I responsabili alla difesa dei governi d’Italia e
Stati Uniti - ha aggiunto Kirby - si sono trovati d’accordo a sottoporre la
questione dei rifugiati del Mediterraneo all’attenzione del prossimo meeting
del Comitato militare della Nato previsto a Bruxelles a fine gennaio”.
Il pericolo migrazioni è stato enfatizzato dal ministro
Mauro nel tentativo di ottenere un fattivo supporto statunitense all’operazione
“Mare Nostrum”, lanciata nell’ottobre 2013 dalle forze armate italiane nel
Canale di Sicilia. “Gruppi criminali con potenziali legami con il terrorismo
stanno facendo profitti con le imbarcazioni che trasportano migranti attraverso
il Mediterraneo sino alle sponde europee”, ha esternato il ministro ad alcuni
giornalisti di Washington. “Per questo chiediamo agli Usa di fare massima
attenzione al risorgente terrorismo islamico nella regione. L’Italia sta usando
anche i droni e i sottomarini contro il lucroso traffico di migranti
provenienti dal Nord Africa, che probabilmente sta finanziando il terrorismo”. “I
governi europei e l’opinione pubblica considerano quanto accade come un
problema d’immigrazione illegale, ma non è questa la mia visione”, ha aggiunto
Mauro. “Credo cioè che si tratti di un problema strettamente legato alla
sicurezza internazionale. È importante che gli Stati Uniti comprendano meglio
ciò che sta accadendo nel Mediterraneo”. Secondo il ministro, al “flusso”
d’imbarcazioni provenienti dalla Libia si è aggiunto quello dall’Egitto,
“gestito da organizzazioni criminali multinazionali”, con oltre 25.000 migranti
trasportati nel 2013. “I trafficanti stanno utilizzano navi madri che
rimorchiano imbarcazioni più piccole e meno idonee alla navigazione, su cui, a
200 km dalle coste italiane, vengono stipati sino a 1.000 passeggeri”, ha
aggiunto. “Ognuno di essi paga circa 3.000 dollari, cioè 3 milioni di dollari
per ogni viaggio, profitti che vanno nelle mani di organizzazioni criminali
internazionali con possibili legami con gruppi terroristici in Siria e
Somalia”. Le imbarcazioni, secondo Mauro, potrebbero essere utilizzate pure per
trasferire “terroristi” in Europa. “In Libia è difficile individuare le
differenze tra gruppi terroristici e gruppi criminali coinvolti nel traffico di
essere umani. Ci sono 28 brigate che possiamo definire jihadiste, ma dedite al
crimine. Alle frontiere meridionali della Libia regna il caos, e sono migliaia
i terroristi attivi”.
Per il
ministro italiano, le tensioni e i conflitti esistenti in Nord Africa e Medio
oriente impongono ai partner occidentali scelte e impegni precisi. “Sono
determinato nel voler convincere i nostri alleati a condividere una visione
comune a medio e lungo termine”, ha dichiarato. “Probabilmente abbiamo bisogno
di una nuova strategia per l’area ed elementi cruciali sono il ruolo degli
Stati Uniti e una partnership più forte tra Usa ed Europa”. Mauro non nasconde
tuttavia la delusione per quanto fatto sino ad oggi dall’Unione europea per
contenere e contrastare l’immigrazione “illegale”. “Lampedusa è la frontiera
dell’Europa e non solo dell’Italia, e siamo convinti che l’Europa possa e debba
fare di più per garantire la sicurezza nel Mediterraneo”, ha dichiarato. Alle
operazioni aeronavali di “Mare Nostrum” solo la piccola Slovenia ha offerto il
proprio contributo con la nave multiruolo “Triglav 11” (classe Svetlyak ).
L’unità, in grado di raggiungere i 30 nodi di velocità ed armata di mitragliere
e cannoncini, ha lasciato il porto di Koper lo scorso 12 dicembre ed è
approdata ad Augusta (Siracusa) tre giorni dopo, integrandosi nel “dispositivo
attivato per incrementare il livello di sicurezza della vita umana e concorrere
al controllo dei flussi migratori via mare”. La marina militare slovena, oltre
all’equipaggio di 44 uomini, ha inviato anche un team di collegamento presso la
sede del Comando delle forze da Pattugliamento (COMFORPAT) di Augusta. “Il
compito delle forze armate slovene è quello di sorvegliare la situazione in
acque internazionali”, spiga una nota del ministero della Difesa. “Il settore
di sorveglianza assegnato alla nave Triglav si trova a est della costa
siciliana e comprende un’area di dimensioni di 30 x 30 miglia nautiche
(approssimativamente 3.100 chilometri quadrati)”. Ignote tuttavia le regole
d’ingaggio e le modalità di consegna alle autorità italiane delle persone
tratte in salvo in mare.
La decisione slovena di partecipare all’operazione “Mare
Nostrum” è maturata durante un incontro - il 18 ottobre 2013 a Roma - tra il
ministro Mario Mauro e l’omologo alla difesa, Roman Jakic. Il 22 gennaio, il
Primo ministro della Repubblica Slovena, Alenka Bratusek, ha raggiunto Augusta
per visitare il contingente delle forze armate impiegato nella vigilanza del
Canale di Sicilia. Ad attenderlo, l’instancabile Mauro, che ha accompagnato
Bratusek pure per un sopralluogo al “centro di prima accoglienza” Umberto I di
Siracusa, uno dei tanti non luoghi dell’Isola dove sono stipati in condizioni
igienico-sanitarie sempre più critiche centinaia di migranti e richiedenti
asilo “salvati” in mare dalle unità da guerra.
In attesa che
Usa e Ue accolgano l’appello a condividere nel Mediterraneo l’intervento
militare di contrasto all’immigrazione, al vertice italo-russo di Trieste del
27 novembre 2013, il governo Letta ha chiesto al presidente Vladimir Putin un
“impegno comune” per affrontare l’emergenza umanitaria dei rifugiati siriani.
“Abbiamo discusso anche di Libia ed abbiamo messo in comune le nostre
preoccupazioni per la situazione di instabilità che investe l’area a sud e a
est del Mediterraneo”, ha spiegato Letta a conclusione del summit.