NAZIONALISMO
di Franco Astengo
Stiamo assistendo al rapido
passaggio dall’ineluttabilità di un superamento dello “Stato Nazione” e della
velocità apparentemente impressa ai processi di cessione di sovranità a
organismi sovranazionali (dall’UE ai vari trattati di commercio e libero
scambio) al ritorno imperioso dei Nazionalismi. Un vero e proprio “salto nella
Storia” guidato addirittura dalla superpotenza che, a partire dall’ultimo
decennio del XX secolo, si era addirittura arrogata il compito di “esportatrice
della democrazia” e di “solo gendarme del mondo”.
Adesso invece gli USA riscoprono tutta la strumentazione
nazionalista sia sul piano economico, sia,
in previsione ma già annunciata, militare. Il fenomeno è in evidente
ascesa e nell’Occidente, complice anche il fallimento dei processi geo politici
tentati in varie direzioni, assume le forme di movimenti politici che se anche
non riusciranno a realizzare obiettivi di governo hanno già portato a mutamenti
culturali di grande rilievo e, per quel che riguarda l’Europa, al riaprirsi (se
mai potesse essere considerata chiusa) della “faglia” Est/Ovest: un punto di
rottura ben determinato tenuto anche conto del fatto che a Oriente, in molti
paesi importanti, le forze nazionaliste hanno assunto un ruolo di governo e
come sia in atto un confronto bellico in un paese di grandi dimensioni e
collocato al centro di quel settore strategico come l’Ucraina.
È bene quindi ripassare il concetto classico di “Nazionalismo”
perché attraverso questa rilettura è possibile riprendere piena consapevolezza
dei pericoli in atto (fondamentale sotto quest’aspetto il testo Nazioni e Nazionalismo di Ernest Gellner
oltre ai lavori di Stuart Woolf ed E.J. Hobsbawm). Un’assoluta identificazione
con la nazione e con l’interesse nazionale ha rappresentato, almeno a partire
dalla seconda rivoluzione industriale, il tratto più tipico del nazionalismo. L’ideologia
propriamente nazionalista è stata adoperata, a suo tempo, per contrastare il
processo di emancipazione e d’integrazione delle masse (con precipua propensione
di utilizzo del nazionalismo in funzione antisocialista). Alle masse sarà così
proposta da parte dei nazionalisti la piena identificazione con il destino
dello Stato.
Da questo principio sono derivati due fenomeni:
1). Quello dell’autoritarismo in
difesa dell’interesse nazionale
2). Quello della guerra conseguente
al primo come identificazione dell’interesse nazionale con l’intervento armato.
Il nazionalismo è stato accompagnato, in passato, dall’emanazione
di leggi antisociali e illiberali addirittura di origine biologista (leggi
razziali, leggi di discriminazione di genere) e presupponenti, in fondo, a una
vocazione di tipo colonialista (vi sono esempi da questo punto di vista
riguardanti il ruolo di paesi Europei in Africa nei tempi più recenti come la
Francia nel Mali e lo stesso comportamento italiano in Libia che ci ha fatto
rievocare il 1911). Si tratta di tensioni di natura che possono essere ben
considerate di natura neofascista e che si accompagnano con l’idea personalistica-assolutistica di detenzione del potere politico: un fenomeno che, in Italia,
si presenta ancora sulla scena con estrema pericolosità anche dopo aver
respinto il tentativo di modifica della Costituzione attraverso il voto del 4
dicembre 2016.
È evidente che a questo stato di cose, che si lega all’assoluto
fallimento degli obiettivi di governo della fase estrema della globalizzazione
portati avanti dai Paesi occidentali al di là delle specifiche formule
politiche di maggioranza o di minoranza, e dall’arretramento che è derivato
proprio dall’acquisizione acritica da ciò che si stava imponendo attraverso la
gestione del ciclo capitalistico, sulle condizioni materiali di vita e di
sicurezza sociale per popoli interi. Sarebbe necessario, allora, rispondere
portando avanti sul piano internazionale movimenti in grado di contrastare
efficacemente prima di tutto il riemergere dei pericoli di guerra e in secondo
luogo le ragioni universali della solidarietà e dell’uguaglianza.
Ragioni che risultano essenziali per definire un nuovo quadro di
progresso: termine sicuramente ambiguo che è però possibile usare di nuovo in
questo momento proprio per sottolineare l’esigenza di alterità rispetto al
processo di arretramento storico in atto.
Ragioni che non dispongono, nell’attualità, di una sufficiente
progettualità e di un’adeguata strutturazione sul piano politico.