di Franco Astengo
La “prima volta” arriva
per tutti e così, senza neppur pensare per un attimo a esercitare un minimo
senso del pudore, Movimento 5 Stelle e PD si sono trovati, in Parlamento, a
ruoli rovesciati: i parlamentari del M5S a votare la fiducia al governo su di
un classico decreto “mille proroghe” (un momento topico sul quale,
indipendentemente dalla denominazione del provvedimento, tutti i governi da
Cavour in avanti hanno posto la questione di fiducia) e quelli del PD a
occupare l’aula gridando alla “morte della democrazia”.
Insomma,
davvero l’assunzione di un modello insuperabile nella vita parlamentare.
Tutto
questo in attesa dell’avvento di un despota illuminato cui consegnare
attraverso il web i nostri “like” evitando la fatica delle lunghe e noiose
sedute nelle aule sorde e grigie di Montecitorio e Palazzo Madama.
Dedico
a quest’avvenimento, vera e propria pietra miliare nella storia del Parlamento
Italiano, una rielaborazione tratta da un testo che mi era capitato di
compilare nel lontano 2007, scusandomi per l’autocitazione (sia pure parziale)
al riguardo della quale convengo circa l’assoluta ineleganza. Tant’è, con buona
pace del governo del cambiamento e ricordando anche il Marx del “governo qualunque esso sia è sempre il
comitato d’affari della borghesia”.
Ecco di seguito:
“In questi giorni (2007 n.d.r) si discute
molto di politica e antipolitica, si definisce il mondo politico come “casta”,
emergono orientamenti dell'opinione pubblica di pressoché totale sfiducia nelle
istituzioni, nel Parlamento e nel governo: l'andamento del dibattito è quello
tipico dei cicli della moda.
Probabilmente se ne
parlerà ancora per qualche giorno, poi il tutto sarà gettato alle spalle e si
affronterà, con lo stesso tono e lo stesso piglio, qualche altro argomento.
Vale la pena, però, di aggiungere a tutto questo tramestio (oppure di cercare
di mettere da un lato, quasi come promemoria) alcuni spunti di riflessione. La
politica e l'antipolitica: due termini quasi complementari, di cui è difficile
fornire definizione. Nella vulgata corrente, come ha già fatto notare qualcuno,
paiono appoggiarsi entrambe l'una all'altra per sopravvivere nel gran circo
mediatico: perché questo appare essere il punto, quello delle visibilità nel
gran calderone dell'immagine. All'altare dell'immagine sono stati sacrificati i
principi di fondo sui quali si basava la politica, come concezione del governo
della “res publica” nelle sue diverse forme.
Forme diverse per
diverse ideologie e per differenti schieramenti: questo è lo schema
definitivamente saltato, almeno all'interno del sistema politico italiano, per
far posto a una intercambiabilità che appare evidente. Sono scomparsi gli
“ismi”classici, sostituiti da altri più pericolosi: oggi ci accorgiamo di aver
forse sbagliato a formulare giudizi fondati sull'assunzione piena del concetto
di “governabilità” (ricordate? In molte nostre critiche aleggiava l'idea di un
esaurimento della politica all'interno del concetto di governabilità.) Ebbene
non si tratta neppure di questo: il dibattito di questi giorni (sempre quello
del 2007 n.d.r.) mostra come, per l'appunto in forma trasversale, politica e
antipolitica si muovano in sintonia realizzando il ritorno dell'antico
“sovversivismo delle classi dirigenti”: classi dirigenti che stanno in tutti i
luoghi, dalla politica, all'economia, all'informazione. Non sono, dunque, i
privilegi di una casta l'obiettivo cui riferirci, ma - davvero - l'idea (forte)
di governare la società imponendo, nella logica del post- moderna del dialogo
diretto tra il capo e la folla ( un capo plurale, ovviamente, che agisce
attraverso l'uso dei media), una chiusura drastica di qualsiasi possibilità di
trasformazione sociale, o soltanto, d’intervento della collettività nelle
scelte politiche.
Insomma: forse Orwell si
impone ancora come il profeta più lucido che il '900 abbia espresso. Siamo a una crisi più
profonda di quanto anche i politologi più accorti stiano avvertendo: una crisi
di prospettiva, di valori, di concezione del futuro. Se si pensa a una
sinistra, coerente e determinata, sarà necessario, usando il massimo possibile
di pessimismo dell'intelligenza, cercare di muoverci su questo terreno senza
farci ingannare da scadenze apparentemente più vicine e invitanti, ma in realtà
illusorie.”