ONDE GRAVITAZIONALI
Donato Di Poce |
“Forse
la poesia è un vento d'umanità
Che
accarezza l'Anima del mondo”
Le
onde gravitazionali sono come piccole increspature del tessuto dello
spazio-tempo che permea tutto l’universo. Secondo Einstein la gravità stessa è
dovuta alla curvatura dello spazio-tempo causata dalla massa. Le onde
gravitazionali sono prodotte dal movimento di corpi dotati di massa nello
spazio-tempo.
Nel
2016 a distanza di un secolo dalla teoria di Einstein, la fisica ha confermato
che le onde gravitazionali esistono davvero e che la teoria di Einstein era
giusta.
I
due buchi neri osservati, prima di fondersi hanno percorso una traiettoria a
spirale per poi scontrarsi a una velocità di circa 150 mila chilometri al
secondo, la metà della velocità della luce. Il fenomeno è stato accompagnato
della fusione di un sistema binario di buchi neri.
Premesso
che non ho né la conoscenza né la competenza di un fisico nucleare ma solo la
curiosità e suggestione per ogni forma di movimento e di vita cosmica, mi è
venuto naturale fare il parallelo tra le onde gravitazionali e le parole che
compongono una poesia. Ovvero le parole esistono perché nascono dal silenzio e
tentano di arginare i buchi neri della ragione.
Non
è forse vero che le sillabe assomigliano a un sistema binario di senso? E non è
forse vero che la parola una volta rivelata, scoperta e messa in circolo nel
sistema testo poetico, determina una variazione nel sistema poetico e
culturale? Non è forse vero che la poesia è un sistema talmente complesso e
potente da resistere e sopravvivere persino all’uomo stesso che lo ha generato,
creato, scoperto?
Nel
mio libro c’è una poesia con il titolo omonimo del libro, il resto è composto
da acrostici civili e sociali come sistemi stellari e mondi inesplorati
“diversamente abili”, ascolti e interrogazioni al senso della vita, della poesia
e dei poeti (in particolare il dialogo di tutta la terza sezione del libro con
il mio amico cosmico Ulisse Casartelli).
Il
libro ha l’intento di avvicinarsi a una ricerca di silenzio creativo (accostarsi
alla parola minimale, onde d’inchiostro gravitazionali che tracciano segni
emozionali dopo l’ascolto del silenzio del mondo), una poetica dell’invisibile (far
vedere ciò che solitamente non vediamo), una testimonianza esistenziale e
civile, e di un altro dire (dire emozioni e matrici di senso in modo diverso, nuovo
e altro), che tenga insieme memoria e desiderio, realtà e visionarietà, alfabeti
ed emozioni, polvere cosmica e dissensi creativi.
[Donato
Di Poce]
La copertina del libro |
TESTI
LETTERA DA MILANO
a
mio Padre
Nella piccionaia degli esuli
Nessuno vede i cumuli
Di neve azzurra
Nessuno vede i volti smossi
Come zolle di dolore
Né gli occhi senza fine
Di tanti eroi muti, immemori
Vinti nell’attesa di destini
Nati mai.
Nessuno sente il grumoso
Mio sentire la vita
E i giorni posarsi sul futuro
Come un mantello bruciato.
Solo tu Padre
Resti in me
Con il tuo dissipato amore.
Tu mi hai dato spazio, sole
E ingenuo errare.
In te mi dissolvo
Sterminato dolore
Non c’è puro
Più puro di te.
LA FELICITÀ
La felicità è un nido
nascosto
Sull’albero più grande
Del bosco della vita
Da lì i poeti imparano a
volare
Ma devono prima
attraversare
Il Bosco e arrampicarsi
sul nido.
LA LENTA CAREZZA DI UN
PADRE
Da tempo ormai ha appeso
la vita al chiodo.
Ma il corpo indomito
continua a sanguinare dolore
Baluginii di sguardi e
gesti invisibili.
Nel buio percepisco gli
occhi azzurri di mio padre
Che guardano il buio e
lascia cadere
Nell’azzurro della sua
Una carezza lenta come un
Addio
Mentre gli posavo la mano
sul cuore
E nascondevo nell’abbraccio
le lacrime.
E ogni giorno metto nella
tasca del domani
Una cassetta di gesti
invisibili/impossibili
Un cesto di sguardi
parlanti
Una stanza colma di
ricordi
E tre gocce d’azzurro
insanguinate di poesia.