GUERRA E LEUCEMIA
di Laura Tussi
Sardegna devastata
Giulia
Spada, è autrice di un romanzo di forte denuncia (Sono morto come un vietcong, Ed. Sensibili alle Foglie) e coraggiosa presa di
consapevolezza e di autentica decisione di assunzione di una grande
responsabilità: la testimonianza per la pace. Giulia si considera giustamente
un’orfana di guerra. Suo padre è stato ucciso da una malattia che ha contratto
nella zona di Teulada. Un territorio dal 1950 teatro di guerre chiamate
“simulate”. E lei è convinta di questo omicidio causato dall'inquinamento
bellico. Si spara, si bombarda, dal mare, da terra, dall’aria proprio come in
Vietnam, in una geografia e tipologia della morte che è allucinante,
inverosimile, macabra. Un affronto, una ingiuria atroce alla Sardegna e alla
salute di chi è costretto a respirare le polveri cancerogene della guerra,
nelle zone militari e non solo, in un nefasto odore di morte. Ma Giulia non si arrende.
Giulia scrive e denuncia. Proprio la morte del padre, ucciso nel 2003 da una
leucemia, ha ispirato l’ultimo libro dell'autrice da qualche tempo trasferita a
Milano. Come tanti emigrati guarda con altri occhi una terra meravigliosa, la
sua Sardegna, con tante potenzialità paesaggistiche, culturali, artistiche, turistiche
e un patrimonio ambientale e umano unico che Giulia esprime soprattutto e in
modo molto dettagliato e pertinente nel suo romanzo: Sono morto come un vietcong.
Giulia era una bambina quando suo padre è morto. Nei discorsi nell'ambito della
famiglia l’argomento provoca ancora troppo dolore, perché sembra ancora
inverosimile morire di guerra, ma risulta sempre più una realtà spietata e più
che mai di stringente attualità.
Sono
morto come un vietcong è un
romanzo e soprattutto un autentico e vero racconto di denuncia e testimonianza
che vorrebbe aiutare i sardi e tutti gli attivisti per la pace a prendere
coscienza di quel che accade. Lo Stato ha deciso di sacrificare una parte del
territorio dell’Isola, che da Roma magari è lontano, ma che dalla geopolitica è
giudicato scarsamente popolato, e quindi utile per certi scopi. Che per adesso
sono solo militari, ma in futuro, molto probabilmente, teatro di guerra, di
lutti, carneficine, massacri, stragi.
Il
rischio non è solo quello di depositi di scorie nucleari in Sardegna.
I
poligoni militari sono stati il primo passo. Le persone devono sapere e
soprattutto prendere coscienza che l’Italia affitta a eserciti di tutto il
mondo - e soprattutto agli Stati Uniti e al Patto atlantico - la terra di
Sardegna con lo scopo che essa venga bombardata. E che il ritorno economico per
la Sardegna è nullo. Lo ammette lo stesso Stato riconoscendo degli “indennizzi”
alle comunità che devono sopportare la presenza delle servitù militari della
Nato più estese d’Europa. Pochi stipendi in cambio di un territorio unico da
bombardare. Con tutto quel che ne consegue, soprattutto le polveri della guerra
che provocano tumori, leucemie e molte altre patologie mortali e tanta
sofferenza. Il caso di Quirra è sconcertante. Sono morto come un vietcong
è un viaggio di coraggio, un racconto di decisa e ferma denuncia nella Sardegna
contemporanea militarizzata e colonizzata da eserciti di tutto il mondo, che
testano le armi utilizzate nei vari teatri di guerra. La voce narrante è il
padre dell’autrice. È un professore in un piccolo centro nel sud dell’Isola,
che racconta ciò che accade intorno a lui: persone che muoiono di leucemie e
tumori, animali che nascono deformi, a causa dell’attività della base militare
vicina. L’autrice sceglie la forma del racconto e del romanzo per sollecitare
una partecipazione sociale, al fine di dare un segnale di allarme alla comunità,
per testimoniare la pace, per prendere, anche in prima persona, posizione netta
contro la guerra, proprio intorno agli orrori della guerra nel nostro bel Paese,
e per riflettere sul fatto che in questi luoghi non si muore solo di leucemie e
tumori, ma di guerra appunto, e che dunque, chi rimane e continua a vivere nel
dolore e nella terribile assenza, nel lutto, nell’odio, sono orfani e vedove di
guerra.