MODERNITÀ E CONCEZIONE DEL POTERE
di
Franco Astengo
Lo
scontro aperto tra il Governo e la Magistratura rappresenta in questo momento
il punto più delicato emergente dalla crisi della nostra democrazia
costituzionale e dal presentarsi di quello che potremmo definire
tranquillamente "spostamento a destra" del contesto istituzionale.
Altri
elementi appaiono di fronte stridore in un contrasto che oltrepassa il
riferimento politico e investe in pieno quello ideologico sul terreno della
concezione dello Stato: ad esempio quello dell'educazione.
Da
qualche parte nell'affrontare questo tema della concezione dello Stato si tende
ad assimilare l'iniziativa della destra oggi al governo in Italia ad un
classico "ritorno all'indietro" analizzando i fattori (che pure si
presentano studiando i diversi passaggi) che ci richiamano alla tradizione
politico - culturale patrimonio del partito di maggioranza relativa: quella del
fascismo (anche se qui ci sarebbe da distinguere essendo la matrice missina
legata alla Repubblica di Salò mentre nell'immaginario del partito di
maggioranza relativa si sommano altri elementi abbastanza inquietanti come
quelli esoterici).
Per
affrontare questo stato di cose non basta però riflettere sul presentarsi di
elementi di indubbio "pragmatismo di governo" intesi quali punti di
contrasto con una visione rivolta all'indietro accreditando così l'azione di
governo alla "modernità" e relegando in secondo piano la visione
ideologica.
Il punto di partenza per un ragionamento di merito riguarda proprio
la Magistratura che ha svolto sempre di più funzioni di supplenza al riguardo
della determinazione degli equilibri politici e degli stessi orientamenti
legislativi, intervenendo addirittura su temi di diretta pertinenza al
riguardo delle fonti stesse di legittimazione delle sedi legislative: si pensi
al tema della legge elettorale senza addentrarci in temi di stretta attualità.
Inoltre i confini del potere politico appaiono confusi rispetto a
quelli del potere economico: su questo punto è avvenuto, sempre per restare
nell’ambito dell’Occidente e ancor più in specifico del “caso italiano”, una
surrettizia (e non completata) “cessione di sovranità” verso le
istituzioni monetarie e finanziarie dell’Unione Europea (queste, tra l’altro,
prive di una legittimazione politica complessiva che dovrebbe essere proprietà
soltanto del Parlamento Europeo, provvisto però di una capacità d’incidenza
concreta molto limitata, come abbiamo ben verificato nel corso degli ultimi
episodi di fortissima crisi internazionale).
Questa labilità dei confini tra l'economico e il politico è tra
l'altro tra le cause di una situazione post-globalizzazione che sta generando
quella realtà contrassegnata da eventi bellici e di nuova guerra commerciale
che troviamo all'ordine del giorno.
Uno spunto di riflessione ulteriore può essere suggerito, a questo
punto, da un aggiornamento d’analisi al riguardo della teoria della
“microfisica del potere” elaborata a suo tempo da Michel Foucault per
rispondere proprio all’evidenziarsi di quella “confusione tra i poteri” cui si
è appena accennato.
La teoria del filosofo francese considera il potere come una
risorsa che circola attraverso un’organizzazione reticolare.
Il potere non si concentra più al vertice ma si disperde nella
società attraverso gli individui: è la tesi della “inflazione del potere” cui
Luhmann risponde considerandola come fonte dell’ingovernabilità con la teoria
della riduzione del rapporto tra politica e società, e di conseguenza con
una sorta di ritorno a forme “decisionistiche” di tipo quasi assolutiste.
Si tratterebbe in sostanza di prendere atto della necessità di un
potere sovraordinato rispetto al venir meno di confini netti tra potere
economico, politico, ideologico, tra poteri costituenti e poteri costituiti
oppure ancora tra esecutivo, legislativo, giudiziario.
Sorge però a questo proposito una domanda cruciale: come potrà
costituirsi, nel concreto, questo potere sovraordinato?
Una possibile risposta può venire proprio dall’analisi
dell’attualità del caso italiano.
La risposta può venire dalla finzione, dalla messa in scena di un
potere esclusivamente immaginario esercitato in via personale da un attore
capace di interpretare il flusso degli strumenti mediatici (orientati, tra
l’altro, sempre più verso il consumo individuale di notizie e di fittizi
rapporti sociali e di trasmissione di idee).
Nel "caso italiano" è già stato tentato (e fallito) il
salto diretto dalla presidenza del consiglio a quella della repubblica che
potrebbe essere ritentato nella prossima occasione utile considerate le
difficoltà che l'ipotesi di premierato sta incontrando sia nelle valutazioni di
merito sia sul piano più propriamente politico.
Il
punto di una possibile saldatura nell'azione di governo tra una sorta di
"ideologia dell'immaginario" e un "pragmatismo della
modernità" si troverebbe invece in un cambiamento radicale nella
concezione del potere rispetto alla tradizione liberale: ed è un punto di
assoluta pericolosità per l'avvenire della democrazia (nella fattispecie di
quella repubblicana sancita dalla Costituzione del 1948).

E. J. Sieyès
Forse vale la pena riflettere al meglio su questi elementi di
novità al fine di comprendere davvero ciò che sta accadendo attorno a noi.
L’obiettivo dovrebbe essere quello di attrezzarci al meglio
sul piano teorico: sicuramente, sotto quest’aspetto il concetto e la
conseguente percezione esterna del potere sono mutati nella valutazione di
larga parte dell’opinione pubblica, almeno in Occidente.
Un elemento sul quale, con ogni probabilità, il fattore
globalizzazione ha inciso in maniera inferiore rispetto ad altre tematiche
come, invece, quelle riguardanti la finanziarizzazione dell’economia, la
standardizzazione dei meccanismi comunicativi, l’apertura ai flussi di
migrazione: tutti fenomeni che nell’ultimo ventennio hanno registrato un forte
incremento nel loro peso specifico sulla realtà politica, economica, sociale.
Nello sviluppo del pensiero umano il concetto di potere è sempre
stato suddiviso in “comparti” (per così dire).
Nella modernità attorno al concetto di potere abbiamo trovato
espressi fattori come potenza, forza, influenza tutti utilizzati al fine di
realizzare il condizionamento sociale per trovare obbedienza a un comando che
contenga un determinato contenuto.
Su queste basi era maturato il concetto fondamentale di
separazione dei poteri (Locke, Montesquieu, Sieyès) destinata a diventare il
cardine dello Stato di diritto.
In particolare l’abate Sieyès, con la sua teorizzazione dei
rapporti tra potere costituente e poteri costituiti, pone le basi per la teoria
moderna della Costituzione.
