INQUINAMENTO DA TRIVELLE IN TUNISIA
Inquinamento da
petrolio in Tunisia: e meno male che le trivelle sono sicure!
Se qualcuno ha ancora qualche dubbio a votare SI
al referendum, quanto accaduto nel Mediterraneo il 14 marzo scorso, nel silenzio
generale dei mass media, dimostra la pericolosità delle trivellazioni
offshore riguardo agli esseri marini,
alla pesca, al turismo.
Il 17 aprile andiamo a votare, convinciamo altri a votare
SI al referendum per far capire ai nostri governanti che vogliamo e dobbiamo
cambiare pagina.
Amalia Navoni
I media italiani e tunisini stanno ignorando una
catastrofe ecologica che ha colpito le isole Kerkennah, in Tunisia. Mare nero
dappertutto e blocco delle attività di pesca. Un disastro ambientale ignorato
dai media tunisini e italiani. I petrolieri che condizionano la malapolitica
del nostro Paese temono che gli italiani si sveglino e, il prossimo 17 Aprile,
si rechino in masse alle urne per votare al referendum contro le trivelle. Mentre
in Italia si combatte una battaglia durissima, con la politica italiana al
soldo dei petrolieri che sta provando a far fallire il referendum del prossimo
17 Aprile che punta a bloccare le trivelle, un ‘pezzo’ di mare Mediterraneo,
lungo le coste della Tunisia, è stato invaso da una marea nera. Ne dà notizia
il quotidiano on line per un economia ecologica, greenreport.it (come potete
leggere qui).
Il 14 Marzo -scrive greenreport.it- una marea nera si è
riversata sulle coste delle isole Kerkennah, in Tunisia“. Notizia ignorata dai
media tunisini e anche italiani.
“Eppure -si legge sempre nell’articolo- l’arcipelago
delle Kerkenah è a soli 120 km a sud di Lampedusa, ed è noto a molti italiani
sia per le sue magnifiche spiagge, sia per la sua economia basata in gran parte
ancora sulla pesca”. Da qui le proteste dei pescatori della zona, che sono
praticamente bloccati dal mare inquinato.
“La pesca -si legge sempre su greenreport.it- è
l’attività principale dell’arcipelago. Da quando hanno iniziato a trivellare
nel Golfo di Gabes sono iniziati i problemi, perché l’inquinamento collegato
alle attività estrattive ha fatto diminuire drasticamente il numero delle
spugne e anche il pescato ha subito un calo. I kerkenni sono isolani pacifici e
accoglienti e tengono tantissimo al loro mare e alla qualità dell’ambiente; già
in passato sono state fatte battaglie contro le compagnie petrolifere e si sono
opposti con successo alla costruzione di un aeroporto che avrebbe cambiato il
loro stile di vita, senza farsi convincere da promesse di lavoro e ricchezza”.
Umberto Segni, di IsolaMondo, profondo conoscitore di
questi luoghi della Tunisia, sempre su greenreport.it, racconta che “lo
sversamento viene da una piattaforma a 7 km dalla costa. Gli organi di informazione
ufficiale e le compagnie petrolifere minimizzano, ma il problema è serio e la
gente dell’isola è arrabbiata e preoccupata”.
Su Kerkennah Islands, Alain Langar scrive sconsolato:
“Non so da che parte devo cominciare. Da anni ho sollevato questi problemi. Una
completa ignoranza e un’incompetenza dei responsabili nazionali e regionali:
silenzi radio. Sfortunatamente i Paesi in via di sviluppo adorano le
catastrofi! So bene di cosa parlo perché sono del mestiere e peso le mie
parole. Non pensano che al profitto finanziario, ecco i risultati. Nessuna
lezione dal passato, prima c’era stata la Npk a Sfax e oggi Bp! Non vi resta
che bussare alle porte delle assicurazioni, ancora!”.
“La sola e unica responsabile di questa catastrofe della
marea nera è il responsabile della municipalità -sottolinea sempre Alain Langar-:
perché ha dato l’autorizzazione all’esplorazione di questo giacimento sotto il
treno dittatoriale del vecchio regime! Ora deve rendere conto agli sfortunati
Kerkéniens. Come si dice, il denaro fa marcire le persone. Nessun rispetto per
la persona umana e per il suo ambiente. La natura non vi perdona. Sono molto
triste per la negligenza dei responsabili che ci ha fatto arrivare a questa
orribile catastrofe. Le nostre isole non meritano questo destino maledetto”.
Quello che sta succedendo dovrebbe far risvegliare tutti gli
italiani che il 17 Aprile -chi perché convinto che le trivelle non
costituiscono pericolo per il Mediterraneo (per fortuna un’esigua minoranza),
chi perché non informato- potrebbero non andare a votare. Quello che è successo
lungo le coste tunisine potrebbe succedere nel mare di Lampedusa, di Linosa, di
Pantelleria, nel Canale di Sicilia, nel mare di Trapani, Marsala, Mazara del
Vallo, Sciacca, Licata, Gela, nel mare di Ragusa e nel mare di Siracusa. E,
ancora, nell’Adriatico e in tutti i tratti di mare interessati dalle trivelle.
***
Marea
nera in Tunisia, viene da una piattaforma offshore. Nessuno ne parla
di Umberto
Mazzantini
Colpite le isole
Kerkennah, a 120 km a sud di Lampedusa
Il 14 marzo una marea nera si è riversata sulle coste
delle isole Kerkennah, in Tunisia, ma nonostante sia numerose pagine Facebook
(come Kerkennah Islands) sia qualche giornale on-line abbiano pubblicato le
foto del disastro (che in parte ri-pubblichiamo) la grande stampa tunisina ha
praticamente ignorato l’evento, e altrettanto ha fatto quella italiana.
Eppure l’arcipelago delle Kerkenah è a soli 120 km a sud
di Lampedusa, ed è noto a molti italiani sia per le sue magnifiche spiagge sia per
la sua economia basata in gran parte ancora sulla pesca. Mentre scriviamo, come
dice su Kerkennah Islands un cittadino tunisino, è stato fatto molto poco per
«un problema ecologico molto grave che bisogna risolvere il più rapidamente
possibile».
Umberto Segnini di IsolaMondo, che conosce molto bene le
Kerkennah, spiega che «lo sversamento viene da una piattaforma a 7 km dalla
costa. Gli organi di informazione ufficiale e le compagnie petrolifere
minimizzano, ma il problema è serio e la gente dell’isola è arrabbiata e
preoccupata». Sotto accusa è soprattutto la Petrofac, una compagnia britannica
specializzata nella fornitura di servizi all’industria petrolifera, ma Segnini
evidenzia che «la pesca è l’attività principale dell’arcipelago, da quando
hanno iniziato a trivellare nel Golfo di Gabes sono iniziati i problemi perché
l’inquinamento collegato alle attività estrattive ha fatto diminuire
drasticamente il numero delle spugne e anche il pescato ha subito un calo. I
kerkenni sono isolani pacifici e accoglienti e tengono tantissimo al loro mare
e alla qualità dell’ambiente; già in passato sono state fatte battaglie contro
le compagnie petrolifere e si sono opposti con successo alla costruzione di un
aeroporto che avrebbe cambiato il loro stile di vita, senza farsi convincere da
promesse di lavoro e ricchezza».